FinTech e la V direttiva antiriciclaggio: gli operatori del mercato delle valute virtuali e la novellata compliance legale di adeguata verifica

FinTech e la V direttiva antiriciclaggio: gli operatori del mercato delle valute virtuali e la novellata compliance legale di adeguata verifica

Il 10 novembre 2019 è entrato in vigore il D.lgs. n. 125 di recepimento della Direttiva 843/2018, c.d. “V Direttiva antiriciclaggio”. La stessa ha apportato notevoli modifiche al previgente D.lgs. n. 231/2007, già modificato dal D.lgs. 90/2017 che, nel 2015, recepiva le novità introdotte dalla c.d. IV Direttiva antiriciclaggio.

Tali innovazioni apportate dalla successione tra le due direttive europee è il corollario delle necessità di regolamentazione che emersero dal crescente allarme sociale causato dal susseguirsi di numerosi attacchi terroristici. 

Tali spiacevoli avvenimenti hanno evidenziato l’emergere di nuove tendenze, in particolare per quanto riguarda le modalità con cui i gruppi terroristici finanziano e svolgono le proprie operazioni. Taluni servizi basati sulle moderne tecnologie sono, infatti, diventati sempre più popolari come sistemi finanziari alternativi:essi restavano al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, talvolta, beneficiando di deroghe all’applicazione di obblighi giuridici già previsti.

Per stare al passo con queste nuove tendenze si è resa, dunque, assolutamente necessaria da parte del legislatore europeo una revisione delle misure volte a garantire la maggiore trasparenza delle operazioni finanziarie, delle società e degli altri soggetti giuridici, allo scopo di migliorare il previgente quadro di prevenzione e di contrastare più efficacemente il finanziamento del terrorismo.

Tra le principali novità apportate dalla V Direttiva Antiriciclaggio vi è quella che obbliga i prestatori di servizi, la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale] (c.d. exchange) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale (c.d. wallet providers) di individuare le attività sospette in ambito di riciclaggio e finanziamento al terrorismo.

Al fine di comprendere la rilevanza delle innovazioni apportate dalla Diettiva de qua occorre sottolineare che, prima del recepimento della stessa, non erano – soggetti all’obbligo dell’Unione di individuare le attività sospette in ambito di riciclaggio e finanziamento al terrorismo.

In concreto, i gruppi terroristici potevano, infatti, essere in grado di trasferire denaro verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato su queste piattaforme. In tal modo, si potevano facilmente dissimulare le tracce da cui si poteva desumere l’origine del danaro investito e la relativa origine criminosa.

La ratio dell V Direttiva è stata quella, dunque, di estendere – a scopo preventivo (realizzando secondo alcuni una anticipazione della tutela, alla luce della rilevanza del bene giuridico tutelato) l’ambito di applicazione della normativa europea di contrasto al riciclaggio e al terrorismo, in modo da includere i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale.

Al contempo, la V Direttiva ha il pregio di esaminare l’annosa problematica generata dell’anonimato fornito da questi nuovi sistemi di scambio valute, in quanto ne consente il potenziale uso improprio – a scopo dissimulativo o distrattivo- anche da parte dei singoli utenti per scopri criminali. Per tali ragioni – oltre all’inclusione dei suddetti prestatori di servizi di cambio e di portafoglio digitale tra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio – viene prevista la possibilità per le Financial Intelligence Unit (FIU), di ciascun Paese membro di ottenere ed elaborare quelle informazioni che consentano di associare gli indirizzi della valuta virtuale alla reale identità del proprietario della stessa, prevedendo anche la possibilità di consentire agli utenti di presentare su base volontaria “un’autodichiarazione alle autorità designate”. In tal modo, si cerca di inibire quel fenomeno di anonimato che era prodromico al fenomeno di dissimulazione, talvolta, di denaro proveniente da altri delitti (presupposti).

Sotto tali aspetti, il recepimento in Italia della V Direttiva vede, anzitutto, l’integrazione dell’art. 3 del D.lgs. 231/2007 relativo ai soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio: in particolare, se da un lato il Decreto – nella sua precedente formulazione – conteneva già il riferimento agli exchange quali destinatari degli obblighi antiriciclaggio, con le modifiche apportate dal D.lgs. n. 125/2019 si estende la definizione di prestatori di servizi all’utilizzo di monete virtuali, attraverso il riferimento ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.

Questi ultimi sono definiti come «la persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche on line, servizi di salvaguardia dei chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali».

Contestualmente, viene ampliata anche la definizione di prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale anche alle persone fisiche e giuridiche che forniscono a terzi a titolo professionale e on line servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio e alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conservazione in valute aventi corso legale «in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali, nonché in servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle stesse valute».

Con tale tecnica legislativa, dunque,ia i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale sia quelli di servizi di portafoglio digitale vengono fatti rientrare nella categoria dei soggetti obbligati nella categoria degli “altri operatori non finanziari”: in particolare, essi risultano direttamente soggetti agli obblighi antiriciclaggio.

Occorre rilevare, altresì, che la loro attività, transitante attraverso i conti bancari propri o dei propri clienti, è oggetto di adeguata verifica ed eventuale segnalazione da parte degli intermediari bancari

La Direttiva medesima estende ai «prestatori di servizi di portafoglio digitale» l’obbligo di iscrizione in una sezione speciale del registro dell’OAM, analogamente a quanto già previsto per i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di monete virtuali

La V Direttiva, peraltro, definisce la valuta virtuale come la «Rappresentazione di valore digitale non emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non in possesso dello status giuridico di valuta o moneta, ma accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio che è suscettibile di essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente».

Le monete virtuali entrano così per la prima volta a livello europeo negli obblighi connessi al riciclaggio di denaro, con l’obiettivo di monitorare – attraverso i soggetti obbligati – l’uso delle stesse secondo il principio di proporzionalità. La ratio dell’introduzione di tale definizione è quella di salvaguardare i progressi tecnici e l’elevato livello di trasparenza raggiunto in materia di finanziamenti alternativi e di imprenditorialità sociale.

La Direttiva chiarisce, inoltre, come le valute virtuali non debbano essere confuse con la moneta elettronica (articolo 2, punto 2, della Direttiva 2009/110/CE), con il più ampio concetto di “fondi” (articolo 4, punto 25, della Direttiva 2015/2366/UE) con il valore monetario utilizzato per eseguire operazioni di pagamento (articolo 3, lettere k) e l), della Direttiva 2015/2366/UE), né con le valute di gioco che possono essere utilizzate esclusivamente all’interno di un determinato ambiente di gioco.

Sulla scia, quindi, delle disposizioni comunitarie, viene ridefinita in modo più analitico la nozione di “valuta virtuale” contenuta alla lettera qq) del D.lgs. 231/2007, quale «rappresentazione digitale di valore non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».

La novella de qua, dunque, incide notevolmente sul mercato europeo, sul Fintech, nonché sul mercato delle criptovalute. Infatti, l’esplicita estensione della normativa antiriciclaggio anche alle operazioni con monete virtuali pone fine a qualsiasi dubbio circa la loro estraneità al circuito regolamentare in tale ambito.

Al contempo, incrementa il livello di attenzione e di adeguata verificadegli stessi operatori -tenuti ad adeguarsi quanto prima agli obblighi previsti dalla normativa – e delle Autorità di vigilanza su un fenomeno che – sebbene ormai di ampia scala – era fino ad oggi rimasto in una zona d’ombra regolamentare, con la possibilità da parte delle organizzazioni criminali di operare con relativa facilità in fenomeni dissimulativi.


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