Furto in supermercato e stato di necessità

Furto in supermercato e stato di necessità

La tematica oggetto della presente disamina è l’applicabilità della scriminante dello stato di necessità in un caso di furto al supermercato compiuto da un soggetto straniero senza lavoro e fissa dimora.

Il caso impone di analizzare la possibilità di applicare la scriminante dello stato di necessità a chi ruba in supermercato in quanto spinto dalla fame.

La fattispecie implica, altresì, alcune riflessioni sulla possibilità di considerare la condotta dell’agente priva di offensività, ovvero di applicare l’art. 131 bis c.p., previa diversa qualificazione giuridica del fatto in furto tentato ed esclusa l’aggravante del mezzo fraudolento.

La rispondenza ai limiti di pena (5 anni di pena detentiva solo o congiunta a pena pecuniaria) rappresenta soltanto la prima delle condizioni per l’esclusione della punibilità, che infatti richiede congiuntamente la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

Al giudice si richiede di rilevare se, sulla base della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133 comma 1 c.p., sussista “l’indice – criterio” della particolare tenuità dell’offesa e con questo sussista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso, si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità.

Quanto alla consumazione del reato di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco, sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ed il conseguente intervento difensivo a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito neppure momentaneamente l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo (Cass. Pen. Sez. Un. 16 dicembre 2014, n. 52117).

Resta da analizzare la configurabilità nel caso di specie dell’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento. L’art. 625 comma 1 n. 2 c.p. delinea una condotta posta in essere nel corso dell’iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, volta a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le difese che questi ha apprestato a tutela della cosa.

Tale insidiosa efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale ed ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a tutela del bene (Cass. Pen. Sez. Un. 18 luglio 2013, n. 40354).

Quanto invece allo stato di necessità, la causa di giustificazione è disciplinata dall’art. 54 c.p., che stabilisce la non punibilità di chi abbia “commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

Con riguardo all’applicazione della causa di giustificazione ex art. 54 c.p. nella fattispecie del reato di furto, la giurisprudenza è in linea generale orientata nel senso che lo stato di bisogno economico non è idoneo a configurare la scriminante dello stato di necessità, atteso che alle esigenze degli indigenti e dei bisognosi si può provvedere con la moderna organizzazione sociale per mezzo degli istituti di assistenza.

Con una pronuncia del 2016, la Corte di Cassazione ha invece stabilito che nel caso di furto in supermercato di generi alimentari di modico valore compiuto da soggetto privo di dimora e di occupazione, la condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che l’agente ha commesso il fatto per far fronte ad una immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo, quindi, in stato di necessità (Cass. Pen. 7 gennaio 2016, n n 18248).

Pertanto, in considerazione di quanto esposto è possibile concludere quanto segue.

Nel caso di specie, sussiste la scriminante dello stato di necessità. Ma non solo. Sarebbe altresì possibile valutare l’irrilevanza del fatto per mancanza di offensività in concreto.

Non pare ravvisabile il furto consumato, ma solo quello tentato. La consumazione del reato di furto previsto dall’art. 624 c.p. presuppone infatti l’impossessamento della cosa. La fattispecie di reato si caratterizza per la condotta dell’impossessamento che deve essere illecito, realizzato cioè mediante la sottrazione.

Non può parlarsi invece di furto consumato, ma solo tentato, allorquando vi sia stato il monitoraggio nell’attualità dell’azione furtiva avviata. In tale ipotesi, infatti, si impedisce la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito neppure momentaneamente l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo.

Parimenti non è ravvisabile l’uso di mezzo fraudolento, posto che mancherebbe quel quid pluris chiesto dalla giurisprudenza affinché l’aggravante possa ritenersi sussistente, caratterizzata da una particolare attitudine ingannatoria della condotta tenuta dall’agente.

Sulla base di tali premesse, non si rinvengono ostacoli sull’eventuale applicazione dell’art. 131 bis c.p.  sotto il profilo oggettivo, sussistendone i requisiti sia per quanto riguarda il reato sia in relazione ai limiti edittali di pena. Verificata la non abitualità della condotta, la causa di non punibilità potrà essere in astratto invocata.

Da ultimo, resta da precisare che, considerate le modalità tramite le quali la condotta è stata posta in essere, sembrerebbero sussistere i presupposti per l’applicazione della fattispecie del furto lieve per bisogno, di cui all’art. 626 comma 1 n. 2 c.p..


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Francesca Fumagalli

Avv. Francesca Fumagalli nata a Lecco nel 1992, dopo il diploma di maturità scientifica, ha conseguito a pieni voti la laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca nel luglio 2016. Iscritta all'albo degli avvocati presso l'Ordine degli Avvocati di Lecco. Presta consulenza e assistenza nella fase stragiudiziale e contenziosa su tutto il territorio nazionale nell'ambito del diritto civile, con particolare riguardo alle materie di famiglia, successioni, responsabilità medica, responsabilità civile, diritti reali e condominio, contrattualistica, recupero crediti ed esecuzioni, nonché diritto penale, diritto minorile sia civile che penale e diritto dell'immigrazione.

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