Giustizia riparativa nel rito minorile

Giustizia riparativa nel rito minorile

La giustizia riparativa rappresenta un modello di giustizia autonomo che ha come obiettivo la riparazione del danno e della sofferenza che si genera a seguito di un conflitto. Negli atti normativi sovranazionali la troviamo sotto l’espressione giustizia riparativa: una giustizia che cura, ripara.

Nel tempo è così cambiata la prospettiva con cui è sempre stato visto il reato, trasformando le modalità con le quali lo Stato risponde all’illecito e riconsiderando la finalità rieducativa della pena per come costituzionalmente garantita ex art. 27 comma 3.

La risposta al reato si individualizza e viene calibrata in relazione al fatto illecito commesso e alla persona che ne è responsabile. La giustizia riparativa risponde sì all’esigenza di sanare l’offesa, ma attraverso azioni che siano utili anche alla vittima del reato.

L’obiettivo deve essere quello di connettere e avvicinare le persone per riparare le relazioni; non tutto ha un prezzo da saldare attraverso un ristoro economico.

Il rito minorile in questo senso ha fatto da apripista per la sperimentazione di strumenti di giustizia riparativa rappresentando un terreno particolarmente fertile proprio perché è preminente il superiore interesse del minore che permea tutto il DPR 448/88; è necessario al minore il pieno sviluppo della sua personalità, delle sue capacità, la sua educazione, e anche il più importante reinserimento sociale, sia esso vittima che autore del reato. Tutto per accompagnarlo nel cammino di responsabilità che lo porti ad assumere un <<ruolo costruttivo [1] >> nel mondo.

Questo rappresenta sicuramente un limite a interventi punitivi, ma porta ad uno spalancamento verso forme di giustizia che siano responsabilizzanti e costruttive come il modello proposto dalla giustizia riparativa. In questo senso si cerca di limitare fortemente il ricorso afflittivo per sostituirlo con modelli differenti e più dialogici. Allo stesso tempo, non si deve dimenticare il minore offeso dal reato ed attuare, quindi, percorsi che siano costruttivi e finalizzati a ridurre le sofferenze e le insidie ​​che si celano dietro i rischi della vittimizzazione secondaria.

L’obiettivo, che si è posta anche l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza con un Documento di studio e proposta del 2018 [2] , è quello di edificare una child-friendly Justice ; che non significa solo costruire una giustizia a misura di minore, ma una giustizia amica del suo destino al fine di riappacificare il conflitto che si è originato con la legge.

Tutte le disposizioni contenute nel DPR 448/88, infatti, vanno applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minore. Il rito minorile risulta essere quindi in equilibrio tra l’obiettivo istituzionale di accertamento delle responsabilità penali e la finalità educativa.

Il procedimento penale minorile, per tutti questi motivi, si presta meglio di altri a favorire l’ingresso di strumenti di giustizia riparativa. Si pensi all’istituto della messa alla prova previsto all’art. 28 dello stesso DPR, che favorisce l’ingresso della giustizia riparativa in maniera pratica e legittimante. Prevede la possibilità per il giudice minorile di sospensione, mediante ordinanza, il processo penale a carico del minore per sottovalutare la sua personalità all’esito di un programma di messa alla prova. La norma specifica in particolare in particolare in particolare possono, con lo stesso provvedimento, essere impartite delle dirette a riparare le conseguenze dal giudice del reato stesso ea promuovere la conciliazione con la vittima. Per tale ragione l’art. 28 ha costituito per la mediazione penale il primo fondamentale varco nel sistema penalistico, costituendo tutt’oggi una delle principali vie di ingresso della mediazione – ma anche di altri percorsi di giustizia riparativa –   pur nell’assenza di specificazioni su modi, forme e tempi.

Altra via di ingresso è rappresentata dall’art. 9 dello stesso DPR 448/88 il quale disciplina gli accertamenti sulla personalità del minore. La norma richiama, quali soggetti legittimati al compimento delle indagini personologiche, esclusivamente la figura del giudice e del pubblico ministero; nella prassi la raccolta di tali elementi viene svolta ad opera dei servizi minorili, come canale principale, anche se non esclusivo. Ma a cosa serve l’indagine sulla personalità di un minore che ha commesso un reato?

Le indagini sulla personalità richieste dall’art. 9 sono funzionali non soltanto all’accertamento della capacità di intendere e di volere del minore, ma anche all’individualità della risposta più adatta alle difficoltà sociali e personali che egli ha in qualche modo reso evidente commettendo un fatto penalmente rilevante. È necessario comprendere l’animo del ragazzo, l’ambiente in cui è cresciuto, come reagisce a scuola e come si relaziona all’interno di un gruppo; un coacervo di informazioni che siano allo stesso tempo utili e funzionali ad individuare la risposta penale più adeguata alle esigenze di sviluppo e recupero sociale del minore autore di reato; una tappa fondamentale per la valutazione della sua personalità (essendo ancora egli in età evolutiva).

La lettura dell’art. 9 non sembrerebbe suggerire meccanismi di giustizia riparativa, ma nella prassi ha offerto un primo spazio applicativo alla mediazione, praticabile peraltro già in una fase preprocessuale. Il secondo comma dello stesso articolo ha fornito un appiglio per poterla attuare; infatti, il pubblico ministero può richiedere agli operatori dell’ufficio di mediazione di assumere informazioni sul minore al fine di valutare l’opportunità di ottenere un incontro tra il minore autore di reato e la vittima. Questo meccanismo è l’unica vera dichiarazione, una strada che consente di allocare l’esperienza di mediazione ancora “al di fuori”, perché immediatamente prima del processo.

Gli artt. 9 e 28 del DPR 448/88 hanno così rappresentato gli spazi normativi principali attraverso i quali si è assistito all’innesto di strumenti riparativi, tra i quali la mediazione penale, che risulta essere quello più efficace per far acquisire al minore autore di reato coscienza e consapevolezza del disvalore arrecato alla vittima con l’illecito commesso. Il minore deve essere indirizzato verso una maggiore responsabilizzazione per arrivare ad una riappacificazione con la società nel suo complesso; l’obiettivo che si pone la giustizia riparativa è proprio quello di giustiziare le relazioni sociali che si sono interrotte con il reato.

 

 

 

 

 


[1] artt. 40 comma 1 Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
[2] Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza , La mediazione penale e altri percorsi di giustizia riparativa nel procedimento penale minorile , documento di studio e di proposta , pubblicato il 14/12/2018, Roma. https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/mediazione-penale-giustizia-riparativa-minori.pdf

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Martina Franci

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