Gli effetti del tempo sul reato: le ragioni dell’estinzione per prescrizione

Gli effetti del tempo sul reato: le ragioni dell’estinzione per prescrizione

Gli effetti del tempo sul reato coinvolgono il momento estintivo dello stesso, nello specifico quello conseguente all’operatività della prescrizione, istituto che meglio di ogni altro esprime il rapporto il diritto e il tempo. Questo, infatti, per il solo fatto di trascorrere, separa fino a dividerli il tempus commissi delicti da quello della punizione, rendendo priva di giustificazione qualsivoglia sanzione. Conseguenza logica di questa presunzione giuridica è che la prescrizione operi automaticamente[1] dunque, fatta salva la possibilità per l’imputato che speri in una pronuncia assolutoria di rinunciarvi e di richiedere un accertamento sul merito, in linea di massima al giudice non è consentito alcun apprezzamento: è il decorso della quantità di tempo prevista dalla legge che consente di ipotizzare ex ante l’inopportunità della pena.

Le ragioni che giustificano l’effetto estintivo muovono da una duplice prospettiva, una garantistica, l’altra utilitaristica. Letta in chiave garantista, la prescrizione del reato risponde all’esigenza di tutela dell’autore del fatto tipico, la cui personalità, finanche egli sia colpevole, dovrebbe costituire sempre il cardine del sistema penitenziario[2]. Il consolidamento della democrazia e, in particolar modo, lo sviluppo di una morale umana libera dai retaggi dello Stato inquisitorio hanno fatto sì che il concetto di “persona” divenisse il fulcro di diritti e libertà, fungendo da limite all’applicazione di pene de-socializzanti e poco conformi all’intransigente dettato costituzionale, che ne impone il fine rieducativo. L’inevitabile influenza che lo scorrere del tempo esercita sulla persona umana, infatti, ne provoca un cambiamento tale da dissolvere l’esigenza di prevenzione generale, non giustificandosi così l’applicazione di alcun tipo di sanzione. Nella fase di irrogazione della pena e di bilanciamento con le relative circostanze aggravanti e/o attenuanti, l’adempimento del dettato costituzionale dovrebbe intimare all’individuazione di un quantum di tempo sufficiente a far presumere che la persona umana possa subire, nel corso di questo, quel processo di maturazione necessario a comprendere il disvalore della propria condotta e tale da dissuaderla dall’eventualità di una nuova violazione.

Da un punto di vista prettamente utilitaristico, invece, la prescrizione può essere definita come un istituto di delimitazione temporale dell’intervento punitivo, con ciò esternando il venir meno dell’interesse dello Stato alla persecuzione di un reato quando lo scorrere del tempo ne abbia attenuato l’allarme sociale e la conseguente rinuncia alla sua pretesa punitiva[3]. Il trascorrere di un notevole lasso temporale, infatti, fa ragionevolmente presumere che l’equilibrio sia stato ristabilito e che il ricordo del reato si sia ormai affievolito, fino a scomparire dalla coscienza pubblica.

Tanto è vero che, sebbene taluni sostengano che il rigido principio di attuazione della giustizia imponga l’irrogazione della pena come conseguenza inevitabile della commissione del reato[4], sarebbe come andare contro una legge inesorabile di natura disconoscere tale azione corroditrice del tempo.


[1] G. Marinucci, E. Dolcini, G. L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, S. Silvani, Il giudizio del tempo. Uno studio sulla prescrizione del reato, Bologna, 2009. Per la conoscenza più analitica dei termini di prescrizione, v. A. Bastianello, Guida pratica alla prescrizione penale, Milano, 2018.
[2] E. Dolcini, La rieducazione del condannato: un’irrinunciabile utopia? Riflessioni sul carcere ricordando V. Grevi, in Diritto penale contemporaneo, 2011.
[3] V. Manzini, Trattato di diritto penale, Torino, 1983, 3, p. 528 ss.
[4] Relazione al progetto definitivo per un nuovo Codice penale con relazione del guardasigilli on. Alfredo Rocco, in Lavori preparatori al Codice penale e di procedura penale, Roma, 1929, V, I, p. 206, nella quale si afferma che tale principio non debba subire alcuna deroga, neanche quella dipendente dal decorso del tempo.

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