Google di nuovo sotto i riflettori della Procura milanese

Google di nuovo sotto i riflettori della Procura milanese

Stavolta il colosso di Mountain View non è l’unico protagonista nell’inchiesta del Pm di Milano, Gaetano Ruta, che ha coinvolto in totale quattordici tra dirigenti e funzionari indagati per i reati di riciclaggio, frode fiscale e corruzione tra privati.

La vicenda riguarda la società Leonardo e una sua fornitrice, Trans-Part Holding s.r.l., la quale al momento vede indagati quattro dei suoi dirigenti. La holding con sede a Milano è una società intermediatrice nella distribuzione di materiale ed equipaggiamenti in vari settori tra quello militare, aereospaziale, dei trasporti, dell’industria, petrolchimico.

Secondo le indagini quattro tra manager e dipendenti della Trans-Part, tra il 2014 e il 2019, avrebbero corrisposto a dieci dipendenti di Leonardo “mazzette” sotto forma di regalie, quali buoni carburante o per acquisti in negozi di elettronica, e di compensi per fittizi contratti di consulenza dai 1.500,00 euro al mese fino a 25/30 mila euro l’anno, pari ad una percentuale di provvigioni sull’aggiudicato che va dall’1,5 al 3,5 per cento. Le tangenti sarebbero state elargite al fine di ottenere informazioni riservate e frodare i bandi di gara per il conseguimento delle commesse.

Secondo le indagini, le operazioni illecite sarebbero cominciate nel 2015: la Trans-Part avrebbe pagato le tangenti con denaro proveniente da alcuni fondi neri costituiti da commesse (lecite) da parte di società estere. Il complicato meccanismo prevede il dirottamento dei proventi delle commesse ottenute lecitamente (in tutto circa 6 milioni di euro) verso una consociata statunitense che, a sua volta, tra il 2012 e il 2018, avrebbe ritrasferito il denaro su tre società off-shore con sede a Panama, nel Regno Unito e in Irlanda, facendo così sparire il denaro. Un fondo nero costituisce una riserva di denaro mantenuta occulta per poterne fare un uso completamente libero (non è iscritto in bilancio) e che generalmente ha natura illegale.

Nella vicenda, Leonardo risulta parte offesa nel procedimento e ha collaborato alle indagini, mentre per i dipendenti della stessa è stata formulata l’imputazione per il reato di corruzione tra privati ex art. 2635 c.c.[i]

L’inchiesta della procura milanese oltre la Trans-Part e le quattordici persone fisiche, tra manager e dipendenti, ha coinvolto altre due società appartenenti al gruppo di Mountain View: Google Ireland Ltd e Google Payments Ltd. Queste ultime sarebbero entrate in gioco al fine di permettere il ritorno in Italia delle somme oggetto di frode fiscale, frapponendo, di fatto, un ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del denaro. Due riciclatori avrebbero provveduto al trasferimento delle somme tramite la piattaforma Google Pay (gestita dalle summenzionate società del gruppo); si tratta di un nuovo metodo di pagamento perfettamente regolare, che tuttavia permette di non rivelare il mittente, mostrando soltanto il disponente. Utilizzando tale metodo di pagamento i riciclatori avrebbero agilmente nascosto la provenienza del denaro dai fondi neri.

In tale procedimento le due società del gruppo Google, in particolare Google Payments Ltd, avrebbero consentito ai riciclatori di utilizzare il sistema di pagamento Google Pay per compiere le transazioni frutto di corruzione, tuttavia l’indagine contro nei loro confronti non è per riciclaggio ma per l’illecito amministrativo ex D.Lgs. 231/2001.

La prevenzione e il contrasto al riciclaggio non sono oggetto esclusivamente di sanzioni penali, come quelle previste dal D.Lgs 231/2001 (peraltro, spesso soggette al rischio di ineffettività a causa del difficile soddisfacimento in termini probatori relativamente alla provenienza delittuosa del bene oggetto di riciclaggio). Il D.lgs 231/2007 ha modificato il dlgs 231/2001 introducendo la responsabilità amministrativa per le imprese nel caso di comportamenti fraudolenti da parte di loro dipendenti e collaboratori anche per i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. In tal senso, il D. Lgs 231/2007 ha contribuito a completare la normativa antiriciclaggio, sia in ambito internazionale che interno, rafforzando i meccanismi di prevenzione del fenomeno criminale tramite un comportamento collaborativo dei soggetti potenzialmente coinvolti nelle operazioni di reimpiego di capitali illeciti.

In riferimento alla disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs 231/2001 è attribuita importanza fondamentale ai modelli organizzativi, ai fini dell’esonero da responsabilità e della riduzione del trattamento sanzionatorio applicabile. In capo agli enti è posto il dovere di adottare un Modello 231 e di dotarsi di un Organismo di Vigilanza (ODV) che ne garantisca l’attuazione e vigili su di essa.

In seguito, il D.Lgs 25 maggio 2017, n. 90 in attuazione della IV Direttiva (Ue)2015/849 relativa alla “prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività criminali e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006” ha riscritto il decreto legislativo del 2007, secondo i principi della IV Direttiva.

La disciplina attuale impone obblighi di verifica adeguata della clientela al fine di assicurare la identificazione dei soggetti che dispongono delle somme di denaro e di conservazione dei documenti, anche in relazione ai rapporti intrattenuti e all’attività di rilevazione e segnalazione di operazioni sospette. La verifica della clientela è posta a scopo preventivo del realizzarsi di operazioni di riciclaggio. Il dovere di identificazione del cliente è stato rafforzato tramite il D.Lgs 231/2007 con l’introduzione del Risk Based Approach della IV Direttiva e diventa sempre più un anello fondamentale nella catena di regolazione e verifica della clientela a seconda del rischio di riciclaggio associato al tipo di cliente o alla tipologia di operazione che intende effettuare.

Nel senso che qui ci interessa, la novella ha previsto obblighi di adeguata verifica della clientela attraverso l’identificazione del cliente e la verifica della sua identità tramite il riscontro di documenti di identità (nel caso di persona fisica) o di qualsiasi altro documento, dato o informazione affidabile e indipendente.

In attesa di ulteriori sviluppi, Google, in ogni caso, ha annunciato l’intenzione di mantenere un rapporto di piena collaborazione alle indagini.

 

 

 


[i]L’art. 2635 c.c. prevede il delitto di corruzione tra privati, secondo cui “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.
Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

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