I “poteri” di Polizia Giudiziaria delle Guardie Particolari Giurate

I “poteri” di Polizia Giudiziaria delle Guardie Particolari Giurate

Le previsioni normative italiane concedono compiti di “alta specializzazione” alle Guardie Giurate, con una precisa collocazione nel panorama giuridico e nel “sistema di sicurezza” italiano, volto alla prevenzione (in qualche sparuto caso alla repressione) dei reati anche di stampo terroristico.

La Pubblica Sicurezza e le Guardie Giurate. L’Autorità (Nazionale e Provinciale) di Pubblica Sicurezza: “veglia al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni. Per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati[1]. Per questi compiti utilizza perlopiù[2] le forze di Polizia[3] che a loro volta si radicano nel territorio anche con la collaborazione degli Istituti di Vigilanza, così come previsto dall’art.139 del TULPS per il quale “gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza”.

Le Guardie Particolari Giurate non rivestono alcuna qualifica di Pubblica Sicurezza, tuttavia, rappresentano una “riserva” da cui l’Autorità potrebbe attingere in ogni momento, prosegue l’art.139 TULPS: “i loro agenti (le G.P.G.) sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria”. In questa visione e non certo in una deminutio capitis delle G.P.G. deve essere considerato quest’ultimo passaggio.

Questa previsione riguarda “tutte le richieste” di cui un agente o ufficiale di P.S o di P.G., in difficoltà o per ragioni operative, possa aver bisogno. Al di là delle numerosissime resistenze da parte delle guardie giurate a questa previsione, si deve affermare che se un agente di P.S. o di P.G., a qualsiasi titolo, dovesse chiedere ad una G.P.G., a titolo d’esempio, di allontanarsi dal luogo di servizio (anche fosse una banca) per un’attività del richiedente, cedere l’arma o prendere il controllo del furgone portavalori, la G.P.G. dovrebbe immediatamente soddisfare la richiesta a pena della previsione di cui all’art. 140 TULPS che prevede l’arresto fino a due anni e l’ammenda fino a 619 euro.

E’ ovvio che la Guardia Particolare Giurata dovrà informare (non chiedere il permesso) la sala operativa del suo Istuto per una pronta risposta operativa al fatto in corso (es. invio di una pattuglia alla banca o di un furgone portavalori sul posto) e non potrà essere accusata di nessun comportamento giuridicamente (anche a livello disciplinare[4]) sfavorevole, in quanto giustificata dall’art. 51 C.P. (Esercizio del Diritto ed Adempimento di un dovere), che, come noto, recita: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità, del reato risponde il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine”.

I “poteri” di Polizia Giudiziaria delle Guardie Giurate

Obbligo di denuncia. Le G.P.G. sono vere e proprie “sentinelle della legalità”, in quanto, l’essere incaricati di pubblico servizio, garantisce un flusso di informazioni verso l’Autorità Giudiziaria, sotto forma di formale denuncia che dovrebbe permettere una facile repressione dei reati.

Le guardie giurate[5] hanno, ai sensi dell’art. 331 C.P.P., obbligo di presentare denuncia per quei reati procedibili d’ufficio di cui sono venuti a conoscenza, a causa o nell’esercizio del loro servizio. Il legislatore ha reputato così importante questa funzione che ha associato all’omessa o ritardata denuncia il delitto di cui all’art. 362 C.P. che punisce con una multa, il trasgressore. Una G.P.G. che dovesse incorrere in questo reato non avrebbe più le qualità per svolgere il lavoro di Guardia Giurata cosi come previsto dall’art. 138 TULPS.

Grazie alle Guardie Particolari Giurate, tantissimi reati (e le loro circostanze) potrebbero essere portati a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria, facendo diminuire molte “cattive abitudini” penalmente rilevanti, tipiche di alcuni settori. Ad esempio: quanti furbetti del cartellino, impiegati nel pubblico, hanno “badgiato” per loro stessi e per i colleghi assenteisti di fronte alle guardie giurate, le quali per ignoranza (quella della mancanza di formazione è un problema reale) o per paura di essere allontanate da una comoda sede di servizio[6] non hanno denunciato? Evidentemente molte, considerando che nessuna indagine relativa all’assenteismo nel pubblico impiego è partita da denunce delle G.P.G., le quali sono però regolarmente impiegate per la vigilanza in (praticamente) tutte le sedi oggetto di investigazione, da parte delle forze dell’ordine, per reati contro la P.A.

Da non dimenticare che l’obbligo di denuncia  è inserito anche nel DM 269/10 e ricordato nei regolamenti di servizio dei Questori. Tuttavia queste ultime due previsioni non riguardano solo i reati procedibili d’ufficio ma anche “ogni altra informazione degna di particolare attenzione per l’ordine e la sicurezza pubblica”, a sottolineare una richiesta di “notizie di polizia” tra l’Autorità di Pubblica Sicurezza e la vigilanza privata che va ben al di là della repressione dei reati ma spazia in una vera e propria collaborazione per mantenere la “sicurezza pubblica”.

Il controllo di Sicurezza. Le Guardie particolari giurate non sono in alcun modo considerati “forza pubblica” e di conseguenza, categoricamente, non possono effettuare perquisizioni ai sensi dell’art. 352 c.p.p.[7] o in virtù di altre leggi quale, ad esempio, cd. Legge “Reale” [8]. Si deve considerare quale perquisizione la funzione tipica della P.G. volta a “ricercare e trovare il corpo del reato o cose pertinenti il reato sull’altrui persona”, attività che si sostanzia grazie alla semplice volontà di chi perquisisce, nei casi che sono previsti dalla legge. Nel caso in cui un privato cittadino dovesse “perquisirne” un altro, si renderebbe responsabile del reato di cui al 610 CP (Violenza privata).

Molte guardie giurate sono convinte che “mettere le mani addosso” per controllare qualcuno non sia permesso. In via generale è esatto, tuttavia, è garantita loro, al realizzarsi di alcune circostanze, la possibilità di effettuare controlli di sicurezza.

Il DM 85/99 e 154/09, le previsioni del Programma Nazionale di Sicurezza aeroportuale e quello di Sicurezza Marittima e dei Porti, concedono alle G.P.G. la possibilità di effettuare controlli di sicurezza, prima di far accedere passeggeri ed operatori in zone riservate, dette sterili.

Questi controlli  hanno una giustificazione dal punto di vista giuridico, grazie all’art. 50 C.P. (Consenso dell’avente diritto) per il quale “ Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può̀ validamente disporne”. Il consenso deve essere dato in forma esplicita (basta solo la forma orale) da persona maggiorenne e capace d’intendere o volere. Nel caso in cui il passeggero o l’operatore (in ambito portuale o aeroportuale) rifiuti il controllo, gli sarà impedito l’accesso[9] nelle aree sterili.

Dal punto di vista pratico, i gesti manuali della perquisizione non differiscono dal controllo di sicurezza, anche se per quest’ultimo è previsto il “pat down”, una serie di tastatine ravvicinate, in luogo del passaggio continuo delle mani sul corpo del perquisito. E’ bene chiarire che con il “consenso dell’avente diritto”, chi fa il controllo di sicurezza può utilizzare la modalità che preferisce, senza alcuna paura per le conseguenze giuridiche. Addirittura con il “consenso dell’avente diritto” una G.P.G. maschio potrebbe fare un controllo di sicurezza ad una donna e viceversa. Caso difficilissimo ma comunque giustificabile ai sensi dell’art.50 del Codice Penale.

Al di fuori dei sedimi aeroportuali e portuali che sono normati appositamente, nel caso della protezione di un qualsiasi sito, se il committente della vigilanza ed avente diritto, imponesse ai visitatori di subire un controllo di sicurezza, prima di poter accedere, le G.P.G. potrebbero tranquillamente richiedere il consenso e procedere. Chiunque dovesse rifiutarsi gli sarebbe semplicemente negato l’accesso. E’ ovvio che questa attività non si potrebbe richiedere per un ufficio pubblico ma per un sito privato ad accesso limitabile (dal proprietario o dal gestore) non esistono norme che vietano di applicare controlli di sicurezza all’entrata (con il consenso degli aventi diritto). In alcuni siti sensibili, i security manager richiedono controlli di sicurezza all’entrata e all’uscita, questi ultimi, se rifiutati, non giustificano in alcun modo la limitazione del movimento ad uscire di chi non accetta il controllo.

Una Guardia Particolare Giurata non potrà mai effettuare perquisizioni (la ricerca di qualcosa senza il consenso dell’avente diritto) salvo (ma è argomento dibattuto) i casi di arresto ai sensi del 383 c.p.p. al fine di tutelare la propria o altrui incolumità in “quel breve momento” in cui la giurisprudenza gli riconosce “la veste di organo di polizia, sia pure straordinario e temporaneo[10].

Guardie Particolari Giurate: il controllo dell’immobile. Gli art 133 e 134 TULPS impongono alle Guardie Particolari Giurate la vigilanza sui beni mobili e immobili; queste hanno, di conseguenza, il dovere di proteggere fisicamente cose e luoghi ove si estende la loro attività. Hanno, ad esempio, il dovere di bloccare[11] il ladro che ha rubato dei beni, come hanno l’obbligo di “mettere alla porta” chi, illegittimamente, è presente in un sito da essi vigilato. Tale comportamento delle Guardie Particolari Giurate è giustificato ai sensi dell’art. 51 C.P. per il quale: “L’esercizio di un diritto … esclude la punibilità”.

Appare di tutta evidenza che il diritto che si esercita debba essere garantito da una legge, un regolamento, un atto amministrativo, un provvedimento giurisdizionale, un contratto di diritto privato e addirittura dalla consuetudine[12]. Esercitato dal titolare o da persona da esso indicata, al quale si estende l’esimente relativa. Se per il primo esempio non ci sono molti dubbi tra le GPG, per il secondo, i dubbi sono numerosi e spesso si fa ricorso alle forze di polizia su problemi di sicurezza che potrebbero essere risolti in proprio.

Nello specifico, se qualcuno si trattiene illegittimamente in un luogo[13], la GPG che vigila sullo stesso ed incaricata ad esercitare lo “Ius excludendi” dal titolare del diritto, si potrà invitarlo ad uscire. Potrà invitarlo di nuovo, ma alla fine il “clandestino” dovrà essere trasportato “fisicamente” all’esterno. E’ un caso in cui non si può, ragionevolmente, ricorrere ad un giudice e trasportare fisicamente vuol dire “non far uso di violenza” (spintoni, calci, prese di arti marziali) ma spostare, sollevare e far accomodare fuori la persona dall’area vigilata. In questo caso, con ragionevole certezza, non si sostanzia il reato di cui all’art.393 C.P[14] e nemmeno quello di cui al 610 C.P.[15]

Nel caso di una reazione violenta di chi viene fatto uscire, si potrà applicare il reato di cui al 337 CP (resistenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio); inoltre si procederà con la denuncia (obbligatoria) all’A.G. nel caso in cui la persona, introdottasi abusivamente, lo abbia fatto con violenza sulle cose, sulle persone o sia in possesso di armi[16].

Varrà lo stesso ragionamento per la Guardia Particolare Giurata in servizio anti-intrusione o occupazione di uno stabile, il quale respingerà fisicamente i tentativi di un singolo o di un gruppo che volesse entrare illegalmente in un luogo in cui non è permesso l’accesso (dalla normativa o dagli aventi diritto). Ovviamente il travalicare le modalità di esecuzione non giustifica il reato: picchiare a sangue una persona pacifica, per farla uscire da una sala d’aspetto, è reato e nessuna causa di giustificazione potrà essere addotta.

Al fatto di poter gestire l’ambiente da sorvegliare è legata anche la richiesta di generalità o di documenti da parte della Guardia Particolare Giurata. E’ pacifico, perché normato dai Programmi Nazionali di Sicurezza Aeroportuale e Marittima (e dei porti), che la G.P.G. possa richiedere il titolo di viaggio[17] (ed eventualmente il documento di identità o riconoscimento per effettuare un confronto) per far accedere il passeggero ai controlli di sicurezza o un trasportatore in zone ad accesso limitato, lo è altrettanto la possibilità di richiedere un documento per far accedere una persona ad un piano o ad un ufficio, se la richiesta provenga dal committente che è anche titolare del diritto.

In tutti gli altri casi non esiste alcun divieto per la G.P.G., nell’esercizio delle sue funzioni, a richiedere le generalità o un documento ai cittadini, i quali possono, tuttavia, opporre il rifiuto senza conseguenze[18]. E’ infatti reato solo il fornire generalità false (anche agli incaricati di pubblico servizio) ai sensi dell’art. 496 C.P., o non fornire affatto le generalità ma ai soli Pubblici Ufficiali (Art. 651 CP).

E’ bene sottolineare che fuori dei casi previsti dal controllo accessi o piani di sicurezza nazionali, sono pressoché pari a zero i casi di necessità (ed opportunità) in cui una G.P.G.[19] debba identificare una persona; di conseguenza appare più che congrua la previsione normativa esistente.

La Legittima difesa. Uno dei punti più controversi tra le Guardie Particolari Giurate è quello che dovrebbe garantire le modalità di difesa. Come possono difendersi da un aggressore? Possono sparare se l’aggressore è armato di un coltello? E se è disarmato?

La legittima difesa è una facoltà (non un obbligo) garantita dall’art. 52 del C.P. che recita: “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall’articolo 614[20], primo e secondo comma (in caso di violazione di domicilio n.d.r.), sussiste il rapporto di proporzione … se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Affinché si configuri una situazione di legittima difesa, occorre trovarsi in presenza dei seguenti elementi:

– un diritto proprio o altrui (non necessariamente deve trattarsi di un diritto alla vita o all’incolumità personale, ma può semplicemente trattarsi di un diritto di natura patrimoniale);

– una minaccia o una aggressione al diritto;

– l’ingiustizia della minaccia o dell’aggressione;

– la contestualità del pericolo (la legittima difesa non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione di doversi solo difendere, ma agisce successivamente per risentimento e ritorsione contro chi ritiene lo abbia offeso);

– la reazione deve essere necessaria a preservare il diritto e deve essere proporzionata all’offesa. La proporzione non va considerata in relazione ai mezzi utilizzati per difendersi ma in relazione al contesto generale della minaccia o aggressione[21].

Una Guardia Giurata potrebbe tranquillamente invocare la legittima difesa se minacciata da una persona con un coltello e non avendo alcuna possibilità di fuga (in modo da limitare la contestualità del pericolo) ed a tiro di un fendente con conseguenze mortali, facesse fuoco. Alla stessa stregua, la Guardia Giurata, magari donna, non prestante fisicamente e senza possibilità di fuga, che fosse attaccata da 2 energumeni decisi ad ucciderla che la stanno strozzando, se facesse fuoco, sarebbe ragionevolmente giustificata dall’art.52 C.P. .

Anche nel caso di intrusione illegale in un sito (al pari di una privata abitazione) difeso da Guardie Giurate, nel caso in cui il ladro dovesse minacciare ed aggredire fisicamente l’incolumità degli astanti (dipendenti, clienti) oppure, sorpreso mentre ruba non solo non dovesse scappare (desistenza) ma venisse incontro per aggredire, l’uso dell’arma sarebbe giustificabile.

E’ ovvio che salvaguardare la vita altrui è sempre auspicabile e non si usa un’arma da fuoco contro una persona che si può sopraffare facilmente oppure utilizzando uno strumento da autodifesa come uno spray urticante[22].

Il problema nasce quando il ladro vede la G.P.G. armata e scappa; quest’ultima, invece di calmarsi, pensa a vendicarsi e gli spara, il più delle volte alle spalle. Al meglio della situazione si configura “l’eccesso colposo” di legittima difesa, cioè quella situazione in cui si ha il superamento per “colpa” (imperizia, imprudenza, negligenza ed inosservanza delle norme) dei limiti della legittima difesa. Nondimeno, sparare ad un ladro che scappa, distante 100-200 metri mentre corre come Usain Bolt, è legittimamente configurabile come omicidio volontario.

In entrambi i casi chi ha fatto (illegittimamente) uso delle armi, è (giustamente) passibile del risarcimento del danno causato. Chi spara ad un ladro che scappa non si sta difendendo, si sta solo vendicando (il nostro ordinamento ancora non ammette “la faida”).

Anche lo sparo in aria a scopo intimidatorio (tanto in voga in alcune G.P.G.) è un errore, per tre motivi:

– l’esperienza ci dice che chi è in fuga non si intimidisce e non si ferma, anzi scappa ancora più velocemente e si assume rischi nella fuga ancora maggiori (con il pericolo di ferirsi ed uccidersi);

– il proiettile potrebbe ferire persone innocenti o danneggiare cose;

– il codice penale punisce gli spari in luogo pubblico[23].

C’è da ricordare che la legittima difesa è una facoltà e di conseguenza non esiste nessun obbligo giuridico per intervenire fisicamente per difendere le persone che sono all’interno dell’immobile custodito, sia uno stabile privato, un ufficio pubblico o un ospedale. Rimane invece un obbligo, denunciare le aggressioni procedibili d’ufficio (es. 336, 377 o 582 CP in presenza di circostanze aggravanti).

Bloccare e mettere in sicurezza una persona: mezzi di contenzione. L’unica occasione per le GPG di arrestare dei malviventi, è prevista dall’art. 383 c.p.p.[24] (arresto da parte del privato) ed in questo caso si pone un problema, se sia per loro possibile usare i mezzi di contenzione fisica, più banalmente le manette, soprattutto se l’arrestato non avesse alcuna voglia di attendere “docilmente” l’arrivo delle Forze dell’Ordine cosi come prevede la norma.

Ad una domanda sul sito istituzionale della Polizia di Stato, la P.A. risponde:

Volevo chiedere se le guardie giurate sono autorizzate all’uso delle manette nel caso di porre in stato di fermo una persona o cosa si può utilizzare in sostituzione.

Preliminarmente la informiamo che il servizio delle guardie particolari e le sue modalità di esecuzione sono posti sotto la diretta vigilanza del Questore. Ciò posto, si rappresenta che la qualifica di guardia giurata non comporta lo svolgimento di funzioni di agente di polizia giudiziaria e pertanto tali operatori non dispongono di poteri di intervento e di coercizione fisica diversi da quelli accordati a tutti i consociati dall’art.383 del codice di procedura penale. Si ritiene quindi che pur non essendovi un espresso divieto normativo sia comunque inopportuno che le guardie giurate vengano dotate ed utilizzino le manette. Ciò detto è di tutta evidenza che niente altro può essere utilizzato in sostituzione[25].

Ed ancora ad una domanda simile sullo stesso sito:

In un’associazione di vigilanza non armata si possono portare le manette e i lampeggianti di colore blu e segnale acustico sulle autovetture?

per quanto riguarda poi l’uso delle manette si osserva che questo è consentito solo a quei soggetti (ufficiali e agenti di P.G. e P.S.) che dispongono di poteri di intervento e di coercizione fisica[26].

La volontà dell’Autorità di Pubblica sicurezza che sovraintende la vigilanza privata è chiara: per le G.P.G. l’uso delle manette è vietato. Tuttavia rimane il problema già descritto.

Nel caso di arresto del privato in cui secondo Giurisprudenza consolidata, chi lo compie, nel breve lasso di tempo in cui consegna l’arrestato, assume la funzione di pubblico ufficiale (Sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 22.4. 1970)[27]. Per cui in caso di arresto ai sensi dell’art.383 del c.p.p. la Guardia Particolare Giurata[28] potrebbe cosi come previsto dall’art 53, in caso di violenza nei suoi confronti, fare uso di “mezzi di coazione fisica”, appunto le manette.

La cronaca giudiziaria ci riporta che le violenze contro le Guardie Particolari Giurate sono all’ordine del giorno e seppur ricadono nelle fattispecie previste agli artt. 336 (violenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) e 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio), l’unico modo per fermare un aggressore indomito sembra essere uno scontro fisico con l’applicazione di non piacevoli (per chi le subisce) leve articolari, al fine di tenerlo fermo fino all’arrivo delle forze di polizia. E’ possibile affermare, con ragionevole certezza, che bloccare un violento che ci sta picchiando, anche con le manette, potrebbe rientrare nella previsione dell’art 54 CP[29]. Occorre ricordare che le manette (definite “di sicurezza”) sono mezzi di contenzione fisica e non armi o strumenti atti ad offendere e sono di libera vendita, detenzione, trasporto ed addirittura porto.

Dal punto di vista penale allora potrebbe essere possibile per una Guardia Particolare Giurata utilizzare le manette di sicurezza per fermare un’aggressione contro la sua persona da parte di un arrestato o da parte di un violento non in stato di arresto[30]. In linea di massima nessun rilievo penale dovrebbe essere mosso alla G.P.G. che adottasse siffatto comportamento, tuttavia, le G.P.G., come ricordava anche la risposta F.A.Q. della Polizia di Stato, sono sottoposte al regolamento di servizio del Questore della provincia dove svolge il servizio la Guardia Particolare Giurata.

L’orientamento dei Questori, in passato concedeva il porto delle manette purché “in maniera occultata” [31], è attualmente cambiato in quanto sono ora gli Istituti di Vigilanza a presentare il proprio regolamento che poi viene adottato dall’Autorità Provinciale di P.S.  Di conseguenza se una G.P.G., anche nei casi giustificabili penalmente, dovesse far uso di manette (il cui porto non gli è consentito dal regolamento), sarebbe comunque sanzionato disciplinarmente. Esiste perciò una disparità di possibilità nel modus operandi delle G.P.G. tra le province ma anche tra diversi Istituti di Vigilanza in cui sussiste il divieto di porto delle manette e quelle in cui lo stesso divieto non esiste. E’ pur vero che la legge non vieta al “privato cittadino”, seppur G.P.G., di trasportare un paio di manette all’interno di uno zaino personale[32] che non fa parte della divisa o della dotazione d’istituto e di usarle nei casi giustificati dallo “stato di necessita” normato dal nostro Codice Penale.

In caso di necessità, come si ferma un violento fino all’arrivo delle forze dell’ordine a cui consegnarlo perché in stato di arresto o da denunciare per i reati violenti contro un incaricato di pubblico servizio? La risposta sembra scontata: utilizzando le manette ove non ci sia un divieto al porto nel regolamento dell’Istituto ed invece, dove il divieto fosse inserito, sarebbe possibile per una G.P.G., utilizzare un qualsiasi altro strumento di contenzione fisica (nastro da pacchi, corda) che non rientri nella definizione di “manette”[33] ma che trovi una giustificazione nell’art. 54 CP.

Altri “poteri” della Guardia Giurata. Molte G.P.G. lamentano il fatto di non avere “poteri”. In realtà la qualifica di Incaricato di Pubblico Servizio e  la normativa – come si sta via via dimostrando- forniscono loro tutti i poteri di cui hanno bisogno. Uno di questi è relativo alla gestione dell’emergenza.

In caso di effettiva emergenza, la Guardia Particolare Giurata potrà richiedere ai privati cittadini un aiuto e questi non possono rifiutarsi, senza giustificato motivo. E’ infatti l’art. 652 del C.P.[34] prevede che: “Chiunque, in occasione di un tumulto o di un pubblico infortunio o di un comune pericolo, ovvero nella flagranza di un reato, rifiuta, senza giusto motivo, di prestare il proprio aiuto o la propria opera, ovvero di dare le informazioni o le indicazioni che gli siano richieste da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5000 a euro 15.000”. Ovviamente la G.P.G. prima tenterà di risolvere la situazione di emergenza[35] anche interagendo con le forze di Polizia e di soccorso, solo poi si dedicherà alla eventuale identificazione e contestazione, tramite il ricorso all’Autorità Giudiziaria, di chi ha trasgredito alla previsione dell’articolo citato.

 

 

 

 

 


NOTE
[1] Art 1 TULPS.
[2] Ad eccezione della tutela della proprietà in cui sono chiamate in via complementare anche le Guardie Giurate
[3] Ed anche altre figure a cui è riconosciuta la qualifica di agente di P.S. come ad esempio i militari dell’operazione “Strade Sicure
[4] Come previsto dal CCNL “l’abbandono del posto” è uno dei motivi di licenziamento “per giusta causa” ma è inapplicabile in presenza dell’art. 139 TULPS.
[5] Al pari di tutti gli altri incaricati di pubblico servizio.
[6] C’è da ricordare che le GPG sgradite al committente sono spesso allontanate dal titolare.
[7] Art. 352 c.p.p. – Perquisizioni. “Nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso”.
[8] Art. 4 L. 22 Maggio 1975 n. 152: “Art. 4. In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell’autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che all’identificazione, all’immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili”.
[9] Così come prescrivono i regolamenti portuali ed aeroportuali.
[10] Sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 22.4. 1970.
[11] Fino al pronto intervento delle Forze di Polizia.
[12] Così Fiandaca-Musco.
[13] Privata dimora è anche assimilabile, secondo giurisprudenza consolidata, il luogo di lavoro (studio professionale ma anche luogo aperto al pubblico) e aree riservate.
[14] Articolo 393. Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. “Chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente (“di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo” cosi l’art 392 CP), e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito con la reclusione fino a un anno. Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a lire quattrocentomila. La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi”.
[15] Articolo 610. Violenza privata. “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
[16] Art. 614 C.P.
[17] Eventualmente un documento di riscontro.
[18] Il Rifiuto di generalità ex art. 651 C.P. si sostanzia solo per l’opposizione, a declinarle, ad un pubblico ufficiale e non ad un incaricato di pubblico servizio come una G.P.G.
[19] Tranne che al momento non siano investiti della qualifica di pubblico ufficiale, come negli esempi forniti in precedenza.
[20] Art. 614 C.P. – Violazione di domicilio. “Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno”.
[21] Per esempio: l’aggressione di più persone contro un solo individuo può portare quest’ultimo ad impiegare strumenti di difesa o di minaccia anche superiori a quelli utilizzati o minacciati dagli aggressori.
[22] Di libero porto quando nei limiti di cui al DM 12 maggio 2011, nr 103 ed autorizzato per le G.P.G. dal regolamento di alcuni Questori (ad esempio Bergamo, Reg. Servizio 2016).
[23] Articolo 703. Accensioni ed esplosioni pericolose. “Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l’ammenda fino a lire duecentomila”.
[24] Facoltà riconosciuta a chiunque, in tutti i casi in cui per la Polizia Giudiziaria è previsto l’Arresto obbligatorio ai sensi dell’art. 380 c.p.p.
[25] Del 25/09/2003, su http://poliziadistato.it/articolo/1803, visitato il 14.7.2017.
[26] Dell’ 11/05/2007, su  http://poliziadistato.it/articolo/2107, visitato il 14.7.2017.
[27] “é da ritenere che la facoltà conferita al privato dalla norma in contestazione non opera una vera estensione della portata propria della disposizione costituzionale, in quanto il privato, allorché agisce in presenza delle condizioni e rimane nei limiti stabiliti dalla norma stessa, assume la veste di organo di polizia, sia pure straordinario e temporaneo, ed in conseguenza viene a godere, nell’esercizio delle funzioni pubbliche assunte, della stessa speciale posizione giuridica conferita agli ufficiali di polizia giudiziaria, come risulta dal n. 2 dell’art. 357 del codice penale. Ciò non diversamente da quanto avviene nell’ipotesi prevista dall’art. 652 del codice penale che impone al privato, sotto comminatoria di sanzioni penali, di prestare, se richiesto, il proprio aiuto o la propria opera nella flagranza di un reato” (sentenza 89, del 22.4. 1970)
[28] Divenuta “pubblico ufficiale” per il tempo strettamente necessario della consegna alle Forze dell’Ordine.
[29] Nella previsione in cui “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
[30] Che dovrà poi essere denunciato per i reati ex artt. 336 e 337 C.P.
[31] Regolamento di servizio per gli istituti di Roma e Provincia – Art. 2 (UNIFORMI)
…c) Non è consentito, per ragioni di opportunità, l’uso delle manette anche se opportunamente occultate. Questo regolamento provinciale è ora sostitui
[32] Lo stesso dove si custodisce il pranzo, un libro, o la bottiglia d’acqua.
[33] Anche se sembrerebbe escluso dalla risposta citata su  http://poliziadistato.it/articolo/1803 e già richiamata.
[34] Rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto.
[35] L’incendio, l’inondazione, il naufragio, il disastro, il reato grave.

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Leandro Abeille

Sociologo, istruttore certificato di Maritime Security, OSCE law enforcement instructor, docente formatore dei formatori certificato in security.

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