I regolamenti amministrativi illegittimi: la tutela giurisdizionale e la posizione dei terzi-controinteressati

I regolamenti amministrativi illegittimi: la tutela giurisdizionale e la posizione dei terzi-controinteressati

I regolamenti rientrano tra le fonti di secondo grado del nostro ordinamento giuridico, quali provvedimenti normativi subordinati alla Costituzione e alla legge ordinaria, oltre che improntati al pieno rispetto del diritto comunitario, come dimostra la presenza nel nostro ordinamento giuridico del principio generale di primato  del diritto comunitario, sancito nella sentenza C.G.U.E. Costa contro Enel del 15 luglio 1964, cui consegue la disapplicazione del diritto interno con il diritto comunitario contrastante. Il primato del diritto comunitario assicura una protezione uniforme dei cittadini europei da parte del diritto europeo su tutto il territorio dell’U.E.

Occorre sin da subito evidenziare che la centralità del diritto comunitario,  per quanto concerne l’emanazione dei regolamenti, è posta in rilievo dall’art. 117 5°comma della Costituzione, dal quale traspare con tutta evidenza il potere sostitutivo dello Stato nelle materie di competenza concorrente, con specifico riferimento alla partecipazione delle regioni e delle province autonome alle decisioni volte alla formazione degli atti normativi comunitari, ovvero, all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’unione europea.

I regolamenti sono degli atti amministrativi generali a contenuto normativo, tale definizione emerge dal D.P.R. 1199/1971 che all’art. 14, in materia di ricorsi amministrativi, ci fornisce tale indicazione, in virtù della quale la dottrina maggioritaria qualifica i regolamenti come atti dalla doppia natura: formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi.

La potestà regolamentare è attribuita (art. 117 6°c. cost.) allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni, alle quali spetta in ogni altra materia, con l’ulteriore precisazione che i comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

I regolamenti quali fonti secondarie del nostro ordinamento giuridico presentano i caratteri naturali delle fonti ordinamentali, in particolare: l’astrattezza, la generalità e l’innovatività.

Tali caratteristiche consentono di distinguere gli atti normativi, tra cui rientra il regolamento, dagli atti amministrativi generali. Tale distinzione non rileva semplicemente sul piano teorico, bensì, assume importanza pratica e applicativa a diversi fini, che in questa sede mi limito a menzionare senza pretesa di esaustività.

Innanzitutto, occorre premettere che la distinzione tra atti normativi, quali sono i regolamenti, da un lato, e gli atti amministrativi generali, dall’altro, rileva quanto all’applicazione dei principi iura novit curia ed ignorantia legis non excusat, principi questi, riferibili esclusivamente all’atto normativo.

Ulteriori distinzioni attengono al piano dell’efficacia dei due atti, nonché, al procedimento di formazione e di interpretazione degli stessi.

Quanto all’efficacia, la violazione dell’atto normativo ad opera dell’atto applicativo dello stesso, comporta l’illegittimità di quest’ultimo per violazione di legge, invece, la violazione dell’atto amministrativo generale ad opera dell’atto applicativo costituisce figura sintomatica dell’eccesso di potere.

Quanto all’interpretazione, diversi, sono i parametri interpretativi, in particolare, per l’interpretazione dell’atto normativo occorrerà far riferimento ai criteri contenuti nell’art. 12 disp. Prel. c.c., invece, per quanto concerne gli atti amministrativi generali le regole interpretative da seguire sono quelle contenute nel codice civile riguardanti il contratto, il riferimento è all’art. 1362 c.c. e ss.

Quanto infine al procedimento di formazione, e in disparte le ulteriori differenze riguardanti l’esperibilità del ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., piuttosto che la sottoposizione tassativa a tutte le regole del procedimento amministrativo ex L. 241/90, occorre evidenziare che la procedimentalizzazione ad opera della L. 400/1988 riguarda esclusivamente l’emanazione dei regolamenti governativi e non anche gli atti amministrativi generali.

In particolare la l. 400/88, prevede quello che è il procedimento di formazione dei regolamenti, oltre che le varie tipologie, il riferimento è ai regolamenti di esecuzione, di attuazione e integrazione, di organizzazione e funzionamento, ovvero, ai regolamenti di delegificazione e di riordino e per finire ai regolamenti indipendenti.

Importanza centrale per l’emanazione del regolamento assume la legge, nello specifico l’assenza di investitura legislativa determina, secondo alcuni, l’illegittimità del regolamento, secondo la dottrina maggioritaria, invece, determina la nullità dell’atto, rilevabile d’ufficio e senza necessità di impugnazione entro i termini decadenziali.

Comunque, in disparte le varie tipologie di regolamenti e l’importanza dell’investitura legislativa, ciò che accomuna le varie tipologie di regolamenti è la tutela giurisdizionale. Essa costituisce elemento imprescindibile di ogni ordinamento democratico, i cui referenti costituzionali sono rinvenibili negli artt. 111, 113, 103 e 24 della Costituzione, espressivi del giusto processo regolato dalla legge, svolto in contraddittorio tra le parti, dinanzi ad un giudice terzo e imparziale che assicuri la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, lesi direttamente o indirettamente dal regolamento, senza limitazioni o esclusioni, attraverso l’esercizio del diritto di difesa e con le modalità dalla legge previste.

La tutela giurisdizionale  consiste essenzialmente in un sindacato sulla legittimità dei regolamenti ad opera del G.O. (Giudice ordinario), il quale conosce dell’illegittimità in via incidentale, nel senso che la questione oggetto del giudizio attiene, non al regolamento in sé per sé considerato, bensì, riguarda i diritti soggettivi cui tuttavia il regolamento è legato in termini di presupposto necessario.

In questo caso, visti i limiti derivanti dagli artt. 4 e 5 della L.A.C. (Legge n.2248/1865), il G.O. può soltanto disapplicare gli atti amministrativi illegittimi, i quali verranno privati della loro efficacia limitatamente al caso concreto, non assumendo la decisione valore di giudicato, perché oggetto di un sindacato incidentale.

Altro fronte della tutela giurisdizionale attiene al sindacato del G.A. (Giudice amministrativo) secondo le regole del processo amministrativo avverso i provvedimenti. In particolare, la dottrina tradizionale e parte della giurisprudenza, qualificando i regolamenti come atti soggettivamente amministrativi non ha mai dubitato dell’applicazione di tale tutela, la quale comporta, visto il carattere impugnatorio del giudizio amministrativo, la sua azionabilità entro un certo termine decadenziale previsto dalla legge.

Tuttavia in quanto si tratta pur sempre di atti normativi la loro impugnazione diretta è ammissibile nel caso in cui il regolamento incida direttamente, prima e indipendentemente dall’adozione del relativo atto attuativo, sulla posizione giuridica del soggetto.

Secondo tale teoria è necessario, in tale ottica, operare una distinzione tra i regolamenti cd. volizione-azione e i regolamenti cd. volizione-preliminare.

Nel primo caso si realizza una lesione diretta e immediata della situazione giuridica del singolo, ragion per cui solo nominalmente vengono definiti regolamenti ma in realtà il loro regime impugnatorio segue pedissequamente quello dei provvedimenti amministrativi, con decorrenza del termine di impugnazione dalla loro pubblicazione in gazzetta ufficiale.

Nel secondo caso, invece, il regolamento è un vero e proprio atto normativo connotato da astrattezza e generalità, ragion per cui la lesione della sfera giuridica dell’interessato si realizzerà soltanto per il tramite del relativo atto attuativo, l’unico idoneo a rendere attuale la lesione da cui  decorrerà il termine decadenziale utile all’impugnazione.

Per completezza occorre indicare anche la categoria dei regolamenti misti, i quali partecipano di entrambe le connotazioni facenti capo alle due categorie regolamentari analizzate dalla dottrina tradizionale e rispetto ai quali il regime dell’impugnazione varierà a seconda della loro immediata o mediata lesività per il tramite del provvedimento attuativo.

Quanto al problema della disapplicazione dei regolamenti ad opera del G.A., l’orientamento tradizionale della dottrina si è mostrato ostile alla disapplicabilità, fondando tale assunto su una pluralità di ragioni: 1) la mancanza di una previsione analoga a quella contenuta negli artt. 4 e 5 della L.A.C.; 2) il necessario rispetto dei termini per l’impugnazione che verrebbe sostanzialmente eluso; 3) i principi generali della domanda e della certezza giuridica.

La giurisprudenza, invece, anche sulla scorta della spinta comunitaria e del principio del primato del diritto comunitario, opta per la disapplicazione, quale strumento utilizzabile dal G.A. in caso di regolamento illegittimo, sconfessando in sostanza le ragioni addotte dalla dottrina tradizionale.

Rispetto alla sentenza di annullamento del regolamento, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che essa produca effetti erga omnes ed ex tunc, in deroga a quanto affermato dall’art. 2909 c.c., con conseguente superamento dei limiti soggettivi del giudicato, ciò, a parere dei più, potrebbe comportare la caducazione di atti applicativi favorevoli a soggetti non intervenuti in giudizio, dunque ai cd. terzi controinteressati.

I controinteressati vengono individuati all’art. 41 c.p.a., quali destinatari della notifica del ricorso amministrativo e ciò avviene perché tali soggetti ricevono un vantaggio dal regolamento, oppure, hanno interesse alla conservazione del relativo atto applicativo.

Dunque, affinché possa rinvenirsi la figura del controinteressato, secondo la giurisprudenza, si necessita di due requisiti: un requisito formale, rappresentato dall’identificazione del soggetto nell’atto impugnato; un requisito sostanziale, rappresentato dal vantaggio scaturente dall’atto impugnato e conseguentemente dall’interesse alla conservazione dello stesso.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che nel caso di impugnazione di un regolamento, a difettare, con specifico riferimento all’individuazione di soggetti controinteressati, sarebbe il requisito sostanziale, vista la natura normativa dello stesso e quindi l’impossibilità circa l’individuazione di soggetti che ricavino un beneficio diretto da esso.

Tuttavia, occorre rilevare che la giurisprudenza, in alcune ipotesi, ha affermato la possibile individuazione di soggetti controinteressati, in particolare, ciò accadrebbe nel caso in cui il regolamento produce effetti concreti e diretti nella sfera giuridica dei destinatari e dei terzi controinteressati, come avviene nell’ipotesi dei cd. regolamenti volizione-azione ed è con riferimento a queste ipotesi che ci si è interrogati circa gli strumenti utilizzabili da costoro.

In particolare la giurisprudenza, ormai unanimemente, ritiene utilizzabile lo strumento dell’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., soprattutto dopo l’avvenuta codificazione agli artt. 108 e 109 c.p.a. e il primo correttivo, che accogliendo le istanze della giurisprudenza ha eliminato dal 1° comma dell’art. 108 c.p.a. l’espressione: “titolare di una posizione autonoma ed incompatibile”.

Tale modifica ha consentito di incentrare la titolarità della legittimazione attiva unicamente sul concetto di pregiudizio e conseguentemente annoverare tra i soggetti pregiudicati non solo, o non più esclusivamente, i titolari di una posizione giuridica autonoma e incompatibile, bensì, anche coloro che più in generale intendono difendere una posizione incisa comunque dalla sentenza opposta, che abbiano ricevuto una lesione diretta, concreta e attuale da una sentenza passata in giudicato senza che abbiano potuto contraddire. Il riferimento è ai controinteressati.

In conclusione, tirando le fila del discorso, occorre evidenziare che la tutela giurisdizionale nei confronti dei regolamenti illegittimi si dipana dinanzi al G.O., ovvero, dinanzi al G.A.

Nel primo caso la questione oggetto del giudizio riguarda i diritti soggettivi rispetto ai quali la legittimità regolamento si mostra come antecedente logico necessario, ovvero, come presupposto degli stessi.

Nel secondo caso il giudizio impugnatorio dinanzi al G.A., secondo l’impostazione tradizionale, muove essenzialmente dall’essere i regolamenti atti soggettivamente amministrativi.

Tuttavia, in entrambe le ipotesi potrà procedersi a disapplicazione, almeno secondo la giurisprudenza prevalente. Quanto ai controinteressati, ove concretamente individuabili, lo strumento che l’ordinamento giuridico attribuisce loro è l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., strumento oggi codificato agli artt. 108 e 109 c.p.a.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Avv. Mauro Milano

Avvocato iscritto all'ordine degli avvocati di Roma, abilitato nel 2014. Specialista in professioni legale presso la SSPL dell'Università la Sapienza di Roma. Tirocinio formativo e di orientamento presso la Corte di Appello di Roma 3a sez. civile con relativa attestazione del magistrato affidatario ai sensi della delibera 23/01/2008 del C.S.M.

Articoli inerenti