L’accesso ambientale non esime dalla dimostrazione dell’interesse

L’accesso ambientale non esime dalla dimostrazione dell’interesse

T.A.R. Campania – Napoli, sez. VI, 14.01.2016, n. 188

a cura di Claudia Tufano

Il d.lgs. n. 195 del 2005, ha previsto un accesso facilitato per le informazioni “ambientali”, al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati. Sebbene tale istanza possa essere esercitata da chiunque, ciò non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere è un interesse ambientale ed è volto quindi alla tutela dell’integrità dello stesso, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con specifiche determinate finalità si faccia uso per scopi diversi.

Il fatto

Il ricorrente, un comitato civico costituito “per tutelare i diritti dei cittadini e concorrere all’azione amministrativa comunale con funzione di proposta e consultazione…”, proponeva ricorso al fine di ottenere l’annullamento del diniego espresso da Comune convenuto, in relazione ad un’istanza di accesso alla documentazione amministrativa presentata dalla società ricorrente. Secondo l’Ente pubblico, l’istanza era stata presentata ai sensi dell’art. 22 ex l. 241/1990 e mancava l’interesse concreto, attuale e diretto richiesto dalla stessa norma. La ricorrente affermava, invece, che l’istanza di accesso era stata presentata ai sensi dell’art. 3 co. 1 d.lgs. 33/2013, il quale estende la legittimazione attiva della richiesta a chiunque ne abbia interesse.

La decisione

Il T.A.R. Campania, dichiarava annullato e respingeva il ricorso presentato dal comitato. Il Collegio prende le mosse dalla differenza tra i due tipi di accesso, quello “classico” di cui all’art. 22 l. 241/90 ed il c.d. accesso civico ex d.lgs. 33/2013. Il primo è relativo al diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di “documenti amministrativi”, intendendosi per “interessati” i soggetti che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento a cui si rivolge l’accesso, cosicché in funzione di tale interesse l’istanza di accesso deve essere motivata. L’accesso civico, invece, attiene alla più ampia accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle P.A, nel rispetto del principio di imparzialità, buon andamento e trasparenza della pubblica amministrazione, obbligando la stessa a pubblicare, nei propri siti istituzionali, una serie di documenti, dei quali chiunque può prenderne visione, senza autenticazione né identificazione. In relazione agli atti oggetto di tale ultimo tipo di accesso, è prevista la possibilità per il richiedente di poter cumulare l’accesso civico con quello “ classico” ex l. 241/90. Tuttavia, una volta esercitata la facoltà di avvalersi esclusivamente di uno degli istituti sopraindicati mediante la presentazione della relativa specifica istanza, non è possibile poi far valere, con la pretesa automaticità, le prerogative di tutela previste per l’altro procedimento, siccome giammai attivato dal soggetto interessato; ciò, anche in un’ottica di leale collaborazione tra le parti, dal momento che l’istanza del richiedente, orienta il comportamento concretamente esigibile dall’Autorità adita.

Premessa questa distinzione, occorre rilevare che, in primis, l’oggetto della richiesta dell’istante erano relativo ad atti e procedimenti, amministrativi e contabili, oramai esauriti sul piano dell’efficacia alla data dell’entrata in vigore del d.lgs. 33/2013; in secundis, non può essere condivisa la pretesa attorea relativa all’esistenza di presupposti per la configurabilità di un accesso “diffuso” alla documentazione oggetto di istanza in ragione delle possibili implicazioni di tipo ambientale. In relazione a tale ultimo aspetto, i giudici rilevano che l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 195 del 2005, ha previsto proprio un accesso facilitato per le informazioni “ambientali”, al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati. L’istituto in questione prevede un ampliamento della legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, e dal punto di vista oggettivo attiene ad informazioni che concernono esclusivamente lo stato dell’ambiente e i fattori che possono incidere sullo stato dell’ambiente, sulla salute e sulla sicurezza umana. Tuttavia, per l’ampiezza sia dell’aspetto soggettivo che oggettivo dell’istituto, la giurisprudenza ha chiarito che l’istanza di accesso, pur se astrattamente riguardante un’informazione ambientale, non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere è un interesse ambientale ed è, quindi, volta alla tutela della matrice ambientale.

Sulla base delle argomenti finora esposte, il Collegio chiariva che, nel caso di specie, le istanze della ricorrente non evidenziavano alcun diretto aggancio allo stato dell’ambiente, come aveva cercato, invece, di sostenere la richiedente.

Né poteva sostenersi la pretesa del ricorrente che riteneva di essere titolare di una situazione giuridica differenziata perché portatore di un interesse diffuso. Il Tribunale, specifica che l’accertamento della legittimazione di associazioni, che si assumono portatrici di interessi diffusi, deve avvenire in concreto, ovvero attraverso la verifica della sussistenza di una pluralità di indici, riferiti, in particolare, oltre che alle finalità statutarie, al grado di rappresentatività, alla maggiore o minore risalenza temporale dell’associazione, alle iniziative ed azioni intraprese per la tutela degli interessi di cui la stessa si proclama portatrice, nonché al concreto e stabile collegamento con un dato territorio. Tuttavia ciò non è sufficiente, perché è necessario dimostrare un effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza di atti che incidono in via diretta e immediata e non già in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi collettivi degli associati. Nel caso di specie, a parer dei giudici, non era stata dimostrata la legittimazione ad agire del ricorrente, ma ciò che emergeva era solo un mero interesse di fatto (ossia il fine statutario) che non può assurgere a situazione giuridicamente rilevante in grado di legittimare l’istanza di accesso.

Sulla base di tali argomentazioni suindicate, il Collegio respingeva le istanze del comitato ricorrente.

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Claudia Tufano

Nata a Napoli nel 1987, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel luglio 2012, presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Commento alla sent. TAR Umbria n. 23/2010. L'abusivismo edilizio", relatore Prof. Lorenzo Liguori. Da novembre 2012 a maggio 2014 inizia il tirocinio forense presso uno studio legale, occupandosi prevalentemente di contenzioso amministrativo e civile. Nel luglio 2014 consegue il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali. Nel gennaio 2016 è abilitata all'esercizio della professione forense.

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