Il caso Superlega e le accuse di anticoncorrenzialità alla UEFA

Il caso Superlega e le accuse di anticoncorrenzialità alla UEFA

Sommario: 1. Le società protagoniste del caso – 2. Le accuse di condotta anticoncorrenziale rivolte alla UEFA e l’ordinanza sospensiva del Tribunale di Madrid – 3. I precedenti giurisprudenziali: i casi Bosman e ISU – 4. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

 

1. Le società protagoniste del caso

L’improvviso annuncio di dodici club calcistici – tra cui tre squadre italiane, tre spagnole e sei inglesi – di essere divenuti i “club fondatori” della nuova competizione Superlega ha quasi monopolizzato l’attenzione dei media nazionali ed europei lo scorso aprile. La Superlega nasce come competizione alternativa alla Champions League, torneo tra club europei della Union of European Football Associations (UEFA), società svizzera che svolge il doppio ruolo di regolatore del settore calcistico e di soggetto economico che vende in maniera centralizzata i diritti tv e di sponsorizzazione.

Molto si è detto sulla vicenda; da un lato, in virtù del fatto che costituisce un primato – mai prima di allora si era prefigurata una vera alternativa ad un torneo UEFA -, dall’altro, a causa delle grandi differenze tra le due competizioni relativamente ai requisiti d’accesso: mentre la Champions League è un torneo che vede come partecipanti le squadre che ogni anno si classificano nelle posizioni più alte nei vari campionati nazionali (la Serie A, in Italia), alla Superlega parteciperebbero le sole squadre fondatrici (in un numero previsto di massimo quindici club) più altre cinque squadre ammesse ogni anno in base ai risultati della stagione precedente.

Da una parte, quindi, ci sono le questioni relative alla mancata meritocrazia della neonata competizione che non si sono fatte attendere. Vere e proprie proteste si sono sollevate non solo dai vertici della UEFA – che non avrebbero più visto come partecipanti al proprio torneo gran parte delle squadre più titolate d’Europa – ma anche da tifosi e da alcuni calciatori delle squadre affiliate al progetto. Il torneo della Superlega ha avuto un’eco ancora più accentuata soprattutto perché nato durante la pandemia da COVID-19, crisi sanitaria che ha avuto un grande impatto anche sulla situazione finanziaria delle società di calcio: le normative anti-assembramento hanno avuto un effetto diretto sulla partecipazione agli stadi di calcio e sul deterioramento della redditività dei diritti economici derivati delle competizioni sportive di calcio all’interno dell’Unione europea.[1] In conclusione, il progetto è stato visto come un modo per affermare l’idea di un calcio dei potenti, sempre più aristocratico. Il clamore delle proteste così sollevate ha poi portato nove delle dodici squadre fondatrici ad abbandonare il progetto – nonostante nel cda siano ancora sedute le proprietà dei dodici club – dopo pochissimi giorni dal suo annuncio: delle dodici squadre fondatrici, ad essere ancora fedeli al piano iniziale sono solo i club Barcellona, Real Madrid e Juventus.

Ad incentivare le nove squadre a lasciare il progetto non è stato solo il clamore delle proteste ma anche l’entità delle sanzioni minacciate dalla UEFA che, all’indomani dell’annuncio del neonato torneo, ha annunciato di essere intenzionata ad impedire ai club interessati alla Superlega di “giocare in qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale, e di negare ai propri giocatori l’opportunità di rappresentare le loro squadre nazionali.”

2. Le accuse di condotta anticoncorrenziale rivolte alla UEFA e l’ordinanza sospensiva del Tribunale di Madrid

I tre club rimasti fedeli al neonato progetto hanno subito dichiarato di essere intenzionati a far valere le proprie ragioni davanti alla giustizia ordinaria e sportiva, evidenziando i profili anticoncorrenziali propri della condotta della UEFA.  A loro avviso, l’entità della sanzione minacciata fungerebbe da deterrente e da impedimento per l’organizzazione libera di un torneo alternativo: in questo modo, la confederazione UEFA starebbe abusando della propria posizione dominante nel mercato dell’organizzazione dei tornei calcistici ostacolando la nascita di un vero e proprio sistema concorrenziale nel mercato delle competizioni europee.

Nei comunicati dei tre club, peraltro, viene evidenziato come la volontà di costituire un torneo alternativo alla Champions League sia nata dopo diversi e vani tentativi di modificare il torneo per club UEFA al fine di migliorarne l’appetibilità e di soddisfare le esigenze dei fan e delle nuove generazioni, necessità ancora più pressante a causa della crisi che sta attualmente colpendo il settore. I tre club hanno poi parlato della bontà del torneo in relazione allo sviluppo sostenibile del calcio europeo, tra cui il “reinvestimento nella piramide del calcio attraverso pagamenti di solidarietà continui e consistenti, pagamenti che crescerebbero automaticamente con i ricavi complessivi della lega e saranno più di tre volte superiori ai pagamenti provenienti dall’attuale campionato europeo”.[2]

D’altro canto, la UEFA vede nelle azioni dei tre club Superlega una chiara violazione del suo Statuto; nello specifico, la UEFA si riferisce all’art. 49 che le riconosce il potere esclusivo di organizzare o abolire competizioni internazionali in Europa a cui partecipano i club a lei affiliati; lo stesso articolo statuisce che sia necessaria una preventiva approvazione della UEFA qualora i club abbiano intenzione di organizzare partite o tornei ulteriori rispetto a quelli da lei già predisposti nel territorio di sua competenza. Unitamente a ciò, i vertici della Confederazione lamentano anche una violazione dell’articolo 51 del suo statuto che vieta la costituzione di alleanze tra membri UEFA senza la sua preventiva autorizzazione.

La reazione della Confederazione all’annuncio dei tre club di voler rimanere saldi al progetto Superlega convince le squadre in questione ad agire per vie legali per portare avanti la tesi della condotta anticoncorrenziale della UEFA. Nell’aprile 2021 viene adita la Corte Commerciale di Madrid, competente in quanto la società Superlega è stata costituita in Spagna; la Corte ha poi emesso l’ordinanza sospensiva n. 14/2021 con cui ha accolto le istanze dei vertici Superlega e ordinato alla UEFA di astenersi da qualsiasi iniziativa in grado di penalizzare la neonata società, in attesa della definizione del procedimento di merito.

Nello specifico, il giudice valuta le sanzioni minacciate come altamente restrittive della concorrenza in quanto ingiustificate e sproporzionate: l’irrogazione di tali sanzioni causerebbe danni irreparabili a questi club vanificando la protezione che potrebbe essere concessa loro in un eventuale giudizio favorevole; il giudice richiama, peraltro, anche diversi articoli dello Statuto FIFA, Federazione internazionale a cui fa capo la UEFA: a suo avviso, queste norme rinforzano ulteriormente lo sfruttamento abusivo della posizione dominante della Federazione, dal momento che prevedono che i club che partecipano a una competizione internazionale debbano cederle i diritti commerciali relativi alla propria partecipazione.

3. I precedenti giurisprudenziali: i casi Bosman e ISU

È prematuro prevedere quale sarà l’esito della vicenda Superlega ma è indubbio che avrà grandi impatti sul calcio europeo. Di seguito, verranno sinteticamente presentati due precedenti giurisprudenziali che hanno diversi elementi in comune con la vicenda oggetto di questa trattazione.

Il primo tra questi, il caso Bosman, condivide con la vicenda Superlega il “palcoscenico” – il calcio europeo, appunto – ma anche il fatto per cui è giunto dinanzi la Corte di Giustizia Europea tramite un rinvio pregiudiziale, così come effettivamente sta per accadere per la Superlega. La sentenza Bosman del ’95 ebbe un impatto a dir poco dirompente nel calcio europeo e di cui ancora si discutono gli effetti; prima di questa pronuncia – che prende il nome dell’ex calciatore belga che fece causa alla UEFA – i club che avevano intenzione di tesserare un giocatore avrebbero dovuto pagare una cifra alla sua squadra di provenienza nonostante il suo contratto con la squadra fosse già scaduto. La Corte di Giustizia stabilì che quelle procedure di compravendita dei calciatori costituissero una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori. Grazie a questa sentenza, molte sono le squadre ad aver acquistato e ad acquistare calciatori “a parametro zero”, ossia giocatori il cui contratto con la precedente squadra è già scaduto: questa condizione permette al nuovo club di contrattare il solo ingaggio con il calciatore, evitando ulteriori contrattazioni con il suo club di provenienza.[3]

Il secondo caso, decisamente più recente, ha diversi punti di contatto con il progetto Superlega nonostante non abbia nulla a che vedere con lo sport del calcio. In questo caso, la protagonista della vicenda è l’ISU (International Skate Union), federazione che organizza gare nell’ambito delle più importanti competizioni di pattinaggio internazionali. Così come la UEFA nel calcio europeo, l’ISU nel mondo del pattinaggio determina le regole di affiliazione a cui i vari atleti debbano attenersi. Sono diverse le similitudini tra le due federazioni anche per ciò che riguarda le condotte da loro poste in essere: così come la UEFA, anche la federazione di pattinaggio non ha autorizzato una nuova competizione terza costringendo la società proprietaria ad abbandonare il progetto (che, peraltro, risultava molto più redditizio a livello finanziario). La massima sanzione comminabile al pattinatore che avesse voluto partecipare alla competizione terza avrebbe potuto essere addirittura la sua esclusione a vita da qualsiasi competizione ISU, sanzione valutata dal Tribunale UE come sproporzionata ed eccessivamente arbitraria. Ad avviso del Tribunale, inoltre, le norme in materia di ammissibilità dell’ISU sono “incompatibili con le norme di concorrenza dell’Unione (articolo 101 TFUE) in quanto hanno lo scopo di limitare le possibilità dei pattinatori di velocità professionisti di partecipare liberamente a gare internazionali organizzate da terzi e privavano quindi tali terzi dei servizi degli atleti che erano necessari per organizzare dette competizioni.”[4]

In definitiva, il Tribunale dell’Unione Europea considera la condotta realizzata dall’ISU come oggettivamente restrittiva della concorrenza perché connotata da un “grado di dannosità sufficiente per pregiudicare il buon funzionamento del gioco della concorrenza stessa.”

4. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Come già anticipato, la Corte Commerciale di Madrid si è avvalsa dello strumento del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE; evidentemente, il giudice di merito ha ritenuto indispensabile conoscere l’interpretazione autentica delle norme dei Trattati nel caso specifico della Superlega prima di pronunciarsi sul merito della vicenda. Com’è noto, l’interpretazione della Corte di Giustizia vincolerà poi tutti i giudici nazionali, non solo il giudice che ha operato il rinvio.

Sono state diverse le riflessioni del giudice spagnolo avanzate nell’ordinanza prima di presentare le questioni pregiudiziali rivolte alla Corte di Giustizia: innanzitutto, afferma che l’eventuale autorizzazione della UEFA che permetterebbe ad un club di organizzare un nuovo torneo sia altamente discrezionale e mancante di criteri oggettivi e noti in anticipo. Il giudice lamenta, in sintesi, una mancanza di trasparenza dal momento che queste norme statutarie – oltre a non contenere criteri oggettivi – non evitano neanche la sopravvenienza di effetti discriminatori o conflitti di interesse; ad avviso del giudice, inoltre, le misure disciplinari annunciate da FIFA e UEFA potrebbero portare a una violazione delle libertà comunitarie, tra cui la libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE), la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), la libera circolazione di capitali (art. 63 TFUE) e la libera circolazione dei lavoratori (art. 45 TFUE), dal momento “che impedisce ai giocatori di fornire i propri servizi attraverso la partecipazione alla Super League” (richiamando, in questo caso, un’analogia tra la vicenda giudiziaria Bosman e quella in esame).

Il giudice, inoltre, riflette sul problema del doppio ruolo incardinato dalla UEFA e che si ripresenta anche nel caso ISU prima analizzato: in quella sede, il Tribunale dell’Unione Europea ha affermato che quando una normativa affida ad una stessa persona giuridica il potere di sfruttare e organizzare commercialmente talune competizioni, nonché il potere di designare i soggetti autorizzati a organizzare dette competizioni e di fissare le condizioni alle quali queste ultime sono organizzate, non si fa altro che conferire a tale ente un evidente vantaggio sui suoi concorrenti.[5] Il giudice sul punto conclude che FIFA e UEFA, i quali esercitano un monopolio nel mercato rilevante, agiscono come società che sfruttano esclusivamente il settore delle competizioni calcistiche e della commercializzazione dei diritti economici da esse derivati, e allo stesso tempo come organismi di regolamentazione con potere normativo.[6] In definitiva, il ruolo delle due federazioni – UEFA e ISU – e le condotte da loro realizzate risultano avere diversi punti di contatto, stante però l’enorme diversità dei volumi di affari dei due sport di cui sicuramente andrà tenuto conto nel riscontro dell’effettiva analogia delle due vicende.[7] [8]

Il giudice spagnolo solleva quindi una serie di questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia con cui si interroga sulla compatibilità della condotta tenuta dalla UEFA – nonché di diverse disposizioni statutarie UEFA e FIFA – con gli articoli 101 e 102 TFUE, che sanciscono il divieto di intese restrittive della concorrenza e di abuso di posizione dominante, oltreché con gli artt. 45, 49, 56 e 63 del TFUE prima richiamati. Nello specifico, il giudice si interroga sulla compatibilità con tali norme parametro dell’autorizzazione preventiva altamente discrezionale per l’organizzazione di nuove competizioni paneuropee, delle sanzioni che reputa prive di criteri oggettivi e trasparenti e di quelle norme statutarie che attribuiscono a UEFA e FIFA i diritti economici derivanti dalle competizioni il calcio in modo assoluto e senza limiti di tempo.

Il giudice iberico, però, nelle questioni pregiudiziali si chiede anche se possa operare l’eccezione di cui al terzo paragrafo dell’art. 101 TFUE nel caso in esame. L’art. 101 TFUE, che sancisce la nullità delle intese restrittive della concorrenza, prevede infatti che le intese che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico non siano soggette alla sanzione della nullità. La UEFA e la FIFA dovranno quindi dimostrare che le sue regole di autorizzazione preventiva rientrino nell’ambito di questa eccezione perché funzionali a proteggere l’integrità dello sport del calcio e perché non direttamente restrittive della concorrenza.

Insomma, la questione rappresenta un unicum nella giurisprudenza comunitaria e che non vedrà una sua definizione in tempi brevi. Proprio in virtù della sua particolarità, sarà interessante conoscere quella che sarà l’interpretazione autentica della Corte di Giustizia per comprendere ancor di più non solo i confini applicativi della disciplina eurounitaria sulla concorrenza, ma anche per constatare quali saranno le conseguenze – rectius, se ci saranno delle conseguenze – nel sistema dell’organizzazione di competizioni calcistiche in Europa.

 

 

 

 

 


[1] Si stima che la sola Serie A abbia avuto perdite per 700-800 milioni di euro a causa della pandemia (periodo di riferimento: febbraio 2020 – febbraio 2021) https://www.calcioefinanza.it/2021/01/12/serie-a-impatto-covid/
[2] Il Guardian ha in esclusiva svelato il contenuto di un documento degli intenti propri della società Superlega https://www.theguardian.com/football/2021/apr/19/revealed-unpublished-super-league-document-justifying-breakaway
[3] Per ulteriori approfondimenti sugli effetti della sentenza Bosman sul mondo del calcio: https://www.ilpost.it/2015/12/15/cosa-fu-la-sentenza-bosman/
[4] Causa T-93/18 del Tribunale dell’Unione Europea, p. 32.
[5] Causa T-93/18 del Tribunale dell’Unione Europea, p. 70.
[6] Rinvio pregiudiziale della Corte Commerciale di Madrid n. 17, incardinato nel giudizio C-333/21, p. 48
[7] Secondo Deloitte, il calcio europeo nel periodo precedente all’emergenza sanitaria da Covid-19 aveva un valore di affari di quasi 29 miliardi di euro https://www.ilsole24ore.com/art/il-calcio-europeo-pre-covid-vale-quasi-29-miliardi-ADjCDVX ; inoltre, il fatturato lordo della UEFA Champions League, UEFA Europa League e UEFA Europa Conference League e della Supercoppa UEFA 2021 è stimato in 3,500 miliardi di euro per la stagione 2021/22: https://www.calcioefinanza.it/2021/06/24/uefa-ricavi-quanto-incassano-club/
[8] Il fatturato dell’ISU si aggira intorno a 32 milioni e mezzo di euro (2018): https://en.wikipedia.org/wiki/International_Skating_Union

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Carmen Naclerio

Laureata in Giurisprudenza con lode presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata con una tesi in Diritto Amministrativo intitolata "Natura, compiti e vigilanza dell'ANAC sugli appalti pubblici e i suoi poteri nel precontenzioso". Svolge poi un tirocinio presso l'Autorità Nazionale Anticorruzione e consegue la Laurea Magistrale in Economia e Management presso lo stesso ateneo. Ora corsista nel Master di II Livello in Diritto della concorrenza e dell'innovazione presso l'Università LUISS Guido Carli.

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