Il concetto di “ingente quantità” di sostanza stupefacente (art. 80 co. 2 d.P.R. 309/1990)

Il concetto di “ingente quantità” di sostanza stupefacente (art. 80 co. 2 d.P.R. 309/1990)

L’art. 80, comma 2, del DPR 309/1990 rappresenta una circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto dispone un aumento “dalla metà a due terzi” della pena da applicarsi in concreto ove il fatto riguardi “quantità ingenti” di sostanza stupefacente, la cui ratio legis è da ravvisare nell’aumento del pericolo per la salute pubblica. La questione, per diverso tempo, oggetto di contrasti giurisprudenziali ha riguardato l’esatta portata da attribuire al concetto di “ingente quantità”, tenuto conto delle rilevantissime conseguenze derivanti dall’applicazione o meno della relativa aggravante; infatti, il legislatore già per le ipotesi “ordinarie” ha stabilito un quadro sanzionatorio di estrema severità (reclusione dai sei ai venti anni oltre ad una multa dai 20.000 ai 260.000 euro), quadro che con l’applicazione dell’aggravante in esame viene aumentato dalla metà ai due terzi, giungendo, così, fino a trenta anni di reclusione nel caso in cui le sostanze, oltre ad essere di quantità ingente, siano anche adulterate o commiste ad altre. Inoltre, altre conseguenze, ovviamente sfavorevoli per il soggetto che si vede riconoscere l’aggravante in esame, si riferiscono all’ampliamento dei termini di custodia cautelare, all’ampliamento dei termini di durata massima delle indagini preliminari, all’inasprimento del trattamento penitenziario, oltre all’esclusione dall’indulto (concesso con la legge n. 241 del 2006). Prima di analizzare il risultato cui sono approdate le SS.UU. di Cassazione, è importante ripercorrere i diversi orientamenti seguiti, nel tempo, dalla giurisprudenza in relazione al criterio cui attenersi al fine di ritenere sussistente o meno l’aggravante dell’ingente quantità.

1. ORIENTAMENTO ORIGINARIO: IL PROFILO MERCANTILISTICO E LA SATURAZIONE DEL MERCATO

La Cassazione, in primis nella sentenza sez. 4, n. 7204 del 22/05/1997 e, successivamente, nella sentenza sez. 6 n. 8287 del 09/05/1996 ed in altre[1], si è espressa nel senso della sussistenza dell’aggravante in esame nei casi in cui i quantitativi di sostanza stupefacente si presentavano idonei al consumo da parte di un numero elevato di fruitori e alla conseguente saturazione di una rilevante porzione del mercato clandestino. Il giudice di merito, secondo questa impostazione, avrebbe, quindi, dovuto “stabilire di volta in volta le condizioni in base alle quali può dirsi realizzata tale saturazione del mercato”, determinando per un verso “quale sia l’area di mercato nella quale la droga detenuta è destinata (…) e la presumibile quantità di domanda cui l’offerta dello stupefacente sarà destinato” e, per altro verso, “quale sia il periodo nel quale possa durare la saturazione del mercato[2]. Il riferimento al mercato quale criterio per valutare la sussistenza dell’aggravante, che questo primo orientamento aveva utilizzato nel tentativo di ricercare un aggancio oggettivo al dato normativo, è stato, però, presto abbandonato per due principali ragioni:

  • in primis, essendo il mercato della droga un mercato illegale, e quindi clandestino, non è possibile rilevare con accuratezza nessuna credibile dinamica della domanda-offerta (è, infatti, un mercato che si sottrae ad ogni tipo di censimento e controllo);

  • inoltre, se il riferimento è, come è inevitabile che sia, “ai mercati”, piuttosto che “al mercato”, (posto che la saturazione avviene con tempistiche e con quantitativi di sostanza stupefacente diversi da zona a zona), si rischia di violare il principio costituzionale di eguaglianza, finendo per effettuare valutazioni arbitrarie, attribuendo così rilevanza, in termini di aggravante, ad una circostanza in un determinato contesto e non in un altro.

2. ORIENTAMENTO: L’ABBANDONO DEL PROFILO MERCANTILISTICO:

accanto all’opinione sopra sintetizzata, nella giurisprudenza di merito ed in particolar modo con la Sentenza delle Sezioni Unite di Cassazione n. 17 del 2000, ricorrente Primavera, si è venuto a delineare un diverso indirizzo, in base al quale, pur senza far riferimento al mercato e alla sua eventuale saturazione, l’aggravante in questione ricorre ogni volta che il quantitativo di sostanza stupefacente, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da rappresentare un pericolo effettivo per la salute pubblica e sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti[3], secondo l’apprezzamento del giudice del merito che, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza. Orbene, le SS.UU., pur non abbandonando del tutto, in realtà, il riferimento al mercato, hanno enunciato un principio teso a conferire maggior rilevanza al numero di consumatori che la sostanza stupefacente è in grado, potenzialmente, di raggiungere; la sentenza sottolinea, infatti, l’importanza che la quantità di sostanza stupefacente sia oggettivamente di notevole quantità, ovvero superi “con accento di eccezionalità” la quantità usualmente trattata in transazioni di questo genere, anche se non raggiunga il valore massimo (valore che, in realtà, proprio perché riferito a quantità, rimane sostanzialmente indeterminabile, in quanto ampliabile all’infinito). Dunque, “poiché l’aggravante in questione esprime l’esigenza di reprimere più severamente fatti di accresciuto pericolo per la salute pubblica in relazione al rilevante numero di tossicofili cui un determinato quantitativo di droga è potenzialmente destinato, ciò che conta è, appunto, il numero di fruitori finali e non l’area dove essi insistono”; tutto ciò in quanto, in realtà, il mercato della droga ha caratteri globali e, normalmente, non riceve significativi connotati da una determinata area territoriale piuttosto che da un’altra. A questa pronuncia si sono uniformate, nel tempo, moltissime altre pronunce[4].

3. ORIENTAMENTO: IL CRITERIO DEI LIMITI PONDERALI

Più recentemente, una parte della giurisprudenza al fine di circoscrivere l’ambito di apprezzamento rimesso al giudice e di evitare, così, “critiche di opinabilità di valutazioni, se non di casuale arbitrarietà” ha cercato di sviluppare criteri oggettivi cui ancorare la nozione di “ingente quantità”. In particolare, in seno alla VI sezione penale, a partite dalla sentenza di Cassazione n. 20119 del 26/03/2010[5] si è delineato un nuovo orientamento[6], che, riprendendo il principio enunciato dalle SS.UU. Primavera, secondo cui “ciò che conta è (…) il numero di fruitori finali e non l’area dove essi insistono”, ha subito ricordato che “la nozione di quantità ingente esprime semanticamente un significato oggettivo” e tale significato consiste nel valore ponderale ed in particolare nel numero di dosi aventi effetto stupefacente. Orbene, attraverso i dati della comune esperienza, conoscibili e valutabili proprio dalla Corte di Cassazione[7], la predetta Sezione è, quindi, giunta all’individuazione di limiti ponderali al di sotto dei quali la quantità di stupefacente non possa, di regola, dirsi ingente:

  • per quanto riguarda le cosiddette “droghe pesanti” (eroina e cocaina in primis), non possono definirsi ingenti, quantitativi i cui valori ponderali[8] siano al di sotto dei 2 kg;

  • in relazione alle “droghe leggere” (in particolare hashish e marijuana), invece, non sono ingenti quantitativi che non superino i 50 kg., sempre in considerazione della percentuale media di principio attivo. 




4. ORIENTAMENTO: LA CRITICA AL PRECEDENTE ORIENTAMENTO

il criterio ponderale fatto proprio dalla VI sezione, non è stato condiviso dalla IV sezione della Corte; alcune sentenze di questa sezione hanno, infatti, espressamente respinto il criterio dei limiti ponderali, riconoscendo l’aggravante anche per quantitativi inferiori ai parametri stabiliti dalla VI sezione (in particolare per la detenzione di 10, 20 e 28 kg di hashish[9]). Anche sentenze della III[10] e della V[11] sezione, inoltre, hanno respinto il criterio dei limiti ponderali, ritenendo legittima la scelta del legislatore di riservare al giudicante il potere di considerare un fatto aggravato o attenuato in relazione agli innumerevoli, e mai predeterminabili, casi della vita”, e richiamando le pronunce della IV sezione[12]. In questo quadro, particolare rilevanza hanno assunto due sentenze della Cassazione, Sez. IV, la sentenza n. 24571 del 03/06/2010 e la sentenza n. 9927 del 01/02/2011, ove si legge, come critica al precedente orientamento, che non sarebbe consentito al giudice, nel silenzio del legislatore, “fissare predeterminati limiti quantitativi minimi, al fine di ritenere configurabile la circostanza aggravante in questione” in quanto questa operazione risulta di esclusiva pertinenza del legislatore, il quale, però, non si è espresso sul punto.

4.1. LA RISPOSTA ALLA CRITICA

A tale critica è giunta risposta dalla VI sezione di Cassazione, la quale nella sentenza 19 maggio   2011, n. 31351 ha affermato che le soglie indicate (2 kg per le droghe pesanti e 50 kg per le droghe leggere) non sono da intendere quali “valori assoluti o immutabili”, rappresentando, invero, semplici parametri indicativi, tratti dalla casistica apprezzata dalla Corte di legittimità. La Cassazione nella sentenza sez. IV, n. 9927/2011 ha, inoltre, aggiunto per un verso, che è ovvio che le quantità da considerare “ingenti” sono così definite, caso per caso, in relazione a una specifica realtà temporale e territoriale del mercato degli stupefacenti e per altro verso, che tali parametri possono essere ritenuti dal giudice di merito non aderenti al caso di specie, purché venga fornita specifica indicazione dei criteri di riferimento cui ha inteso aderire. Si ricordi, in aggiunta, che anche in altre ipotesi[13] il legislatore ha fatto ricorso ad espressioni verbali generiche al fine di indicare una maggiore/minore gravità della condotta ed in tali occasioni, la giurisprudenza di legittimità, non ha ritenuto necessario fissare un tetto quantitativo, espresso in precisi termini numerici; la giurisprudenza di merito, per parte sua, risulta aver elaborato parametri idonei all’individuazione delle fattispecie circostanziate, sulla base dei giudizi di fatto, che attengono, appunto, al merito. Inoltre, la Cassazione precisa che il compito della giurisprudenza è (anche) quello di rendere concrete, calandole nella realtà fenomenica, previsioni legislative, non solo astratte, ma apparentemente indeterminate e questo attraverso il richiamo al diritto vivente che si manifesta nell’interpretazione giurisprudenziale. In conclusione, quindi, quest’ultima Cassazione ha sostenuto che i parametri finora utilizzati dalla giurisprudenza “consentono di dare alla norma una concretezza che vale ad escludere il rischio di genericità e consentono altresì al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo”; ancora, conclude la Corte, “l’agente è a conoscenza – o dovrebbe esserlo – che se il suo illecito traffico ha per oggetto chili o decine di chili di sostanza stupefacente la sua condotta può essere ritenuta aggravata ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2”.

Alla luce dell’analisi sin ora svolta sui criteri per applicare o meno l’aggravante in esame, occorre soffermarsi ancora un attimo su un dato rilevante: si osservi, infatti, come la norma cui all’art. 80 comma 2 DPR 309/1990, in realtà, non risulti sicuramente chiara ed immediata: e ciò alla luce della stessa giurisprudenza di legittimità che non è stata affatto uniforme e che, di fatto, ha riconosciuto la sussistenza di questa aggravante in casi quantitativamente anche molto diversi tra loro:

  • è stata riconosciuta, ad esempio, in caso di detenzione di mezzo chilo, un chilo e 1,5 chili di cocaina[14], e di 10 kg di hashish[15] (oltre che, ovviamente, in relazione a quantità più elevate, quali 126, 287 e addirittura 8.762 chili di hashish[16], 72 e 170 chili di cocaina[17], 2.500 kg di canapa indiana[18]);

  • è stata, invece, esclusain casi analoghi, quali la detenzione di 10 e 18 chili di hashish[19]; la Corte ha, inoltre, annullato con rinvio per nuova valutazione sentenze che avevano riconosciuto l’aggravante in relazione a 30 e 40 kg di hashish[20], 4,5 kg di cocaina[21], 850 grammi di eroina pura[22].

LA CASSAZIONE A SEZIONI UNITE N. 36258 DEL 2012

Proprio in relazione a questa continua mancanza di certezza interpretativa, la IV sezione di Cassazione trovandosi a dover giudicare in merito all’aggravante in oggetto[23] ha, dunque, ritenuto opportuno rimettere, con ordinanza del 11 ottobre 2011 n. 38748, alle Sezioni Unite la seguente questione: “se, per il riconoscimento della circostanza aggravante speciale dell’ingente quantità di sostanze stupefacenti, si debba fare ricorso al criterio quantitativo con individuazione di limiti ponderali minimi per tipo di sostanza, ovvero debba aversi riguardo ad altri indici che, al di là di soglie quantitative prefissate, valorizzino il grado di pericolo per la salute pubblica, derivante dallo smercio di un elevato quantitativo, e la potenzialità di soddisfare i numerosi consumatori per l’alto numero di dosi ricavabili”. Le Sezioni Unite con sentenza del 20 settembre 2012 n. 36258, hanno sostanzialmente accolto l’orientamento che sostiene l’importanza dell’individuazione di limiti ponderali minimi, affermando il seguente principio di diritto: “l’aggravante cui all’art. 80, comma 2, DPR 309/1990 non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore massimo espresso in milligrammi (valore-soglia che altro non è che la Q.M.D.), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice del merito, quando tale quantità sia superata”. In particolare la Corte ha, così, affermato il criterio dirimente nella metodica del multiplo della dose giornaliera secondo cui:

  • può sussistere l’aggravante di cui all’art. 80 comma 2 D.P.R. 309/90 allorquando il reato abbia ad oggetto sostanze stupefacenti in misura superiore alle 2000 dosi giornaliere;

  • siffatto criterio, però, rivela soltanto l’offensività in astratto della condotta, comportando così che, è in ogni caso rimessa alla discrezionalità del giudice la verifica in concreto, della sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità, anche quando siano superate le 2000 dosi giornaliere.

Pertanto, il valore così individuato dev’essere inteso come soglia volta ad escludere la configurabilità dell’aggravante quando questa non sia superata, non essendo invece ammissibile uno speculare automatismo “in malam partem[24]. Orbene, la Corte ha ritenuto corretto ragionare, anziché in termini di peso complessivo della sostanza, in termini di “dosi-soglia” (calcolate sulla base dell’effettiva quantità di principio attivo riscontrata nella sostanza detenuta); soltanto operando in questo modo è, infatti, possibile tenere conto dell’effettiva efficacia drogante della sostanza, in conseguenza del diverso grado di purezza della stessa. Per determinare la quantità di principio attivo idonea a costituire una dose[25], ed individuare così la quantità di dosi in concreto confezionabili, la Corte ha utilizzato i criteri forniti dalla tabella ministeriale[26] unica introdotta con il D.L. n. 272/2005. I motivi a sostegno di tale decisione possono riassumersi nei seguenti punti:

  • come premessa, partendo dall’analisi della norma e delle sue conseguenze in termini di risposta repressiva, tale Corte ha sostenuto che il legislatore abbia volutamente riferirsi solamente ai “casi di estrema gravità”, con riferimento alla “figura criminale del grossista”;

  • entrando nel vivo del ragionamento, la Corte ha valorizzato, da un lato, il dato “statistico” relativo ai quantitativi di sostanze stupefacenti emergente dal materiale giudiziario a disposizione dell’Ufficio del Massimario[27] e, dall’altro, il sistema tabellare;

La Corte, constatando l’importanza che il sistema tabellare riveste nel sistema vigente, ha tratto come conclusione la necessità di individuare un parametro numerico anche per determinare il concetto di “ingente quantità”, così affermando: “se il legislatore ha positivamente determinato la soglia quantitativa (…) di punibilità (dunque un limite “verso il basso”,) consegue che l’interprete ha il compito di individuare una soglia al di sotto della quale, secondo i dati offerti dalla fenomenologia del traffico di sostanze stupefacenti, non possa parlarsi di ingente quantità (un limite, quindi, “verso l’alto”)”. Dunque, il dato quantitativo è determinante:

  • per stabilire, ai sensi del comma 1-bis, lett. a), dell’art. 73, la soglia al di sotto della quale si presume l’uso personale;

  • per individuare l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 (unitamente ad altri dati, parimenti valutabili da parte del giudice);

  • per configurare l’ipotesi aggravata di cui al comma 2 dell’art. 80.

All’interprete, quindi, spetterà svolgere un’attività di tipo ricognitivo e non normativa, partendo dai dati concretamente disponibili ed utilizzando come metro di valutazione i dati tabellari. In definitiva, tale soglia quantitativa altro non rappresenterà che un valore “eccezionale”, uno “strappo” al criterio di regolarità.

ULTIME NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

A seguito della pronuncia della Consulta n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge n. 49/2006 Fini-Giovanardi[28], è tornata in vigore la precedente normativa, la legge Jervolino-Vassalli (con la quale è stato introdotto il DPR 309/1990) che differenziava il sistema sanzionatorio a seconda che la condotta avesse ad oggetto droghe “leggere” o droghe “pesanti”:

  • per i reati del primo tipo era prevista una forbice edittale tra i 2 e i 6 anni di reclusione;

  • per i reati del secondo tipo la pena era dagli 8 ai 20 anni di reclusione.

La riconducibilità di una specifica sostanza tra le droghe leggere ovvero tra quelle pesanti era rimessa alle Tabelle ministeriali (specificatamente, la n. 2 e 4 definivano le droghe leggere, le tabelle n. 1 e 3 quelle pesanti). A seguito della decisione della Consulta diverse sono state le riforme legislative intervenute; in particolare giova ricordare il D.L. n. 36/2014, convertito con la Legge n. 79/2014, che ha previsto un nuovo sistema multi-tabellare delle sostanze stupefacenti: i novellati artt. 13 e 14 del T.U. prevedono:

– una tabella I, relativa alle c.d. droghe pesanti;

– una tabella II, relativa alle c.d. droghe leggere;

– una tabella III ed una tabella IV relative alle sostanze medicinali equiparate ai fini sanzionatori rispetti alle droghe pesanti e alle droghe leggere;

– infine, una tabella dei c.d. medicinali[29].

Per l’effetto di tali modifiche, sia la giurisprudenza che la dottrina si sono interrogate in ordine alla possibilità di continuare ad applicare il criterio del multiplo della dose giornaliera per il riconoscimento dell’aggravante dell’ingente quantità, così come stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 2012. Due i principali orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto:

  1. un orientamento minoritario il quale sostiene l’anacronisticità del criterio aritmetico delle dosi giornaliere e la necessità di una rivalutazione dell’impostazione avvallata dalle Sezioni Unite Biondi; muove in questa direzione, in particolare[30], la sentenza della Cassazione n. 1609/2016 la quale ha affermato che “la riferita impostazione…deve intendersi rapportata al sistema tabellare che il decreto legge n. 272 del 2005, convertito con modificazione con la legge n. 49 del 2006 (…)aveva introdotto tramite art. 4-viciester, nel testo unico degli stupefacenti, sostituendoalle originarie quattro tabelle (…) un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti”.

  2. un orientamento maggioritario[31], il quale, invece, partendo dall’espressa reintroduzione[32]della nozione di quantità massima detenibile (per uso esclusivamente personale), prevista dal comma 1 bis, dell’art. 75, D.P.R. n. 309/1990, come modificato dalla citata legge 16 maggio 2014, n. 79, riconosce piena validità alla modulazione aritmetica delle dosi giornaliere; in tal senso, si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 47978/2016, laddove il ricorrente adduceva l’erronea applicazione dell’aggravante cui all’art. 80, comma 2, DPR 309/1990 sul presupposto che il ripristino della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti non consentisse più l’applicabilità del criterio matematico elaborato sul presupposto dell’identità, ai fini sanzionatori, di tutte le sostanze stupefacenti.

Soffermandoci proprio su quest’ultima pronuncia si osserva che tre sono gli argomenti a supporto di tale impostazione:

  1. la sentenza della Consulta n. 32/2014 dichiara l’illegittimità della legge Fini-Giovanardi per ragioni procedurali[33], senza discostarsi dalla ratio legis su cui riposava la considerazione unitaria delle diverse tipologie di sostanze ai fini del trattamento sanzionatorio;

  2. la modifica del sistema tabellare non ha inciso sui parametri quali-quantitativi su cui si è fondata la pronuncia delle SS.UU. Biondi;

  3. per di più, l’intervento del legislatore del 2014, che ha “reintrodotto” il concetto di quantitativo massimo detenibile, ha definitivamente sancito la validità dell’opzione ermeneutica utilizzata dalle SS. UU. Biondi, il cui concetto costituisce pietra angolare del ragionamento seguito.

Unico aspetto su cui la Corte con la sentenza n.47978/2016 ha affermato la necessità di rivedere il criterio aritmetico è il riferimento alle droghe “leggere” (hashish, nel caso di specie) a seguito dell’annullamento ad opera del Tar Lazio (sentenza 2487/2007) del d.m. 04.08.2006, il quale aveva elevato di 40 volte la dose giornaliera, modificando così il precedente d.m. 11.04.2006; in questa sentenza, il giudice amministrativo ha ridotto, in generale, il quantitativo di principio giornaliero massimo relativamente alla detenzione di droghe “leggere”, dimezzandolo nel caso specifico dell’hashish (500 mg). Orbene, è chiaro che al fine di rispettare il criterio delle 2000 dosi giornaliere il principio attivo di sostanza stupefacente “deve ora essere necessariamente pari al doppio di quello (erroneamente) indicato e dunque a 4.000 (e non 2.000) volte il quantitativo di principio attivo che può essere detenuto in un giorno”.


[1] Ex multis cfr. Cass., sez. VI, 6 marzo 1998, n. 2868; Cass., sez. VI, 24 settembre 1998, n. 10722 ove si afferma che: la quantità di sostanza stupefacente veniva rapportata “all’area di mercato considerata in un determinato momento storico e al periodo di tempo necessario per quel mercato di assorbire od esaurire la quantità destinata allo spaccio”; era, quindi, considerata ingente quella idonea “a saturare una vasta area di mercato per un apprezzabile periodo di tempo”.

[2] Cfr. Cass., sez. VI, 6 marzo 1998, n. 2868.

[3] In tale ottica è chiaro come la figura criminale che, attraverso la previsione di tale aggravante, il legislatore ha voluto individuare è quella del “grossista”: non necessariamente, insomma, l’importatore in grado di movimentare quantità rilevantissime di sostanza stupefacente, ma certo neanche lo spacciatore di medio livello, in grado di acquistare, stoccare e smerciare quantità pur ragguardevoli di droga, ma non certo ingenti.

[4] Ex pluris cfr. sent., sez. IV, n. 44518 del 2003; cfr. sempre della sez. IV, le sentenze n. 45427 del 09/10/2003, n. 30075 del 21/06/2006, n. 12186 del 27/11/2003, n. 11510 del 02/12/2003, n. 47891 del 28/09/2004, n. 43372 del 15/05/2007, n. 36585 del 18/06/2009.

[5] La Corte, nel caso di specie, ha escluso la sussistenza dell’aggravante in un caso di detenzione di circa 950 grammi di cocaina pura, pari a circa 4.000 dosi singole droganti.

[6] Ex pluris cfr. le sentenze della medesima Sezione n. 27128 del 25/05/2011; n. 34382 del 21/06/2011; n. 12404 del 14/01/2011.

[7] In ragione del fatto che essa è da ritenere quale “terminale di confluenza” dei moltissimi casi che si verificano su tutto il territorio nazionale.

[8] Il valore ponderale di una sostanza stupefacente è considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, e, quindi, delle singole dosi aventi effetti droganti.

[9] Anche in casi in cui anche il criterio ponderale avrebbe portato al riconoscimento dell’aggravante, del resto, la Corte ha voluto espressamente respingere tale orientamento: a tal proposito cfr. Cass., sez. IV, 3 giugno 2010, n. 24571, ove il quantitativo di 3 kg di eroina era idoneo a confezionare 9.200 dosi mentre quello di cocaina, 2.400 dosi.

[10] Cfr. Cass., sez. III, 14 luglio 2011, n. 30237; Cass., sez. III, 13 luglio 2011, n. 35144; Cass., sez. III, 18 marzo 2011, n. 16447 (che ha ravvisato l’aggravante in un caso di detenzione di 2,4 kg di cocaina con percentuale elevata di principio attivo, idonea a confezionare 15.800 dosi medie singole).

[11] Cfr. Cass., sez. V, 14 luglio 2011, n. 36362.

[12] Cfr. Cass., sez. IV, 1 febbraio 2011, n. 9927; Cass., sez. IV, 29 settembre 2011, n. 38794; Cass. sez. IV, 12 luglio 2011, n. 33314.

[13] Ad esempio, il danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61 n. 7 c.p.)

[14] Cfr. Cass., sez. IV, 13 marzo 2004, n. 12186; Cass., sez. IV, 11 marzo 2004, n. 11510 (in questo caso si trattava di sostanza pura al 44% ed idonea a confezionare 8.740 dosi); Cass., sez. VI, 21 settembre 2011, n. 35572.

[15] Cfr. Cass., sez. IV, 1 febbraio 2011, n. 9927

[16] Cfr. Cass., sez. VI, n. 42897, del15 novembre 2011; Cass. Sez. VI, 5 ottobre 2011, n. 37933; Cass., sez. IV, 10 luglio 2008 n. 40792.

[17] Cfr. Cass., sez. IV, 12 ottobre 2011, n. 42012 e Cass., sez. VI, 13 luglio 2011, 30202.

[18] Cfr. Cass., Sez. VI, 19 ottobre 2004, n. 7254.

[19] Cfr. rispettivamente Cass., sez. VI, 8 luglio 2011, n. 26073 e Cass., sez. VI, 5 novembre 2010, n. 9029 (dal quantitativo di sostanza potevano ricavarsi circa 6.500 dosi).

[20] Cfr. Cass. sez. VI, 19 maggio 2011, n. 3135 (dalla sostanza potevano ricavarsi circa 66.000 dosi singole) e Cass. sez. VI, 14 gennaio 2011, n. 12404;

[21] Cfr. Cass., sez. VI, 16 marzo 2010, n. 19085 (si trattava di cocaina pura al 50-55%).

[22] Cfr. Cass., sez. VI, 2 marzo 2010, n. 20119 (la sostanza era pari a circa 33.000 dosi singole droganti).

[23] All’imputato Biondi era stata addebitata la detenzione di un quantitativo di 14 chilogrammi di cocaina, con una purezza del 14 %. La sostanza conteneva, dunque, un quantitativo di principio attivo puro di circa 2 chilogrammi, superando così ampiamente i parametri ponderali adottati dalla Sezione VI (che fanno rifermento ad una sostanza non pura, tale da presentare “una percentuale di principio attivo media” (che risulta, per la cocaina, del 50 %, come indicato dalle SS. UU. in questa sentenza), nonché (seppur con meno ampiezza) le quantità normalmente ritenute ingenti dalle pronunce afferenti al diverso orientamento (cfr. ad esempio Cass., sez. IV, 13 marzo 2004, n. 12186; Cass., sez. IV, 11 marzo 2004, n. 11510; Cass., sez. VI,, 21 settembre 2011, n. 35572).

[24] A tal fine deve sempre, infatti, “soccorre la valutazione in concreto del giudice di merito”; a tale proposito cfr. Cass., sez. IV penale, 17 marzo 2013, n. 10618; idem 20 ottobre 2014, n. 43771.

[25] Il limite quantitativo massimo si ricava attraverso la moltiplicazione della dose media giornaliera (indicata negli allegati in milligrammi) dato di peso variabile relativamente ad ogni specifica sostanza per un coefficiente stabilito da un’apposita commissione ministeriale; ad esempio, per quanto attiene alla cocaina la Q.M.D. è pari a mg. 750, risultato ottenibile dalla moltiplicazione della d.m.g. di mg. 150 per il coefficiente 5. La Corte utilizza, come riferimento per il concetto di “dose”, ciò che nella tabella ministeriale è indicato come “quantitativo massimo” detenibile per uso personale, ossia 750 mg per la cocaina, 250 mg per l’eroina, 1000 per l’hashish.

[26] Orbene è da osservare che il ricordato decreto-legge n. 272 del 2005, introducendo criteri tabellari, ha dato primario risalto proprio al dato quantitativo, in relazione alle dosi ricavabili.

[27] Statistiche effettuate dall’Ufficio del Massimario presso la Corte di Cassazione in relazione al periodo 2011-2012:

– quanto alle ‘droghe pesanti’, si va dai 100 chilogrammi di cocaina, ritenuti quantità ingente dall’autorità giudiziaria milanese, ai 15 grammi, ritenuti integrare l’aggravante de qua dall’autorità giudiziaria napoletana (in tale ultimo caso, questa Corte, annullando sul punto, ha escluso l’aggravante in questione); dai 767 grammi, sequestrati a Foggia e ritenuti quantità ingente, ai 512 grammi, sequestrati a Taranto, giudicati quantità non ingente; – analogo divario è stato segnalato per l’eroina (dai 106 grammi, ritenuti quantità ingente dall’autorità giudiziaria catanese, con conseguente annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, ai 45,270 chilogrammi sequestrati a Milano); – con riferimento all’hashish, la valutazione spesso è effettuata in relazione alle dosi confezionate (es. 12.532 dosi, giudicate quantità ingente dall’autorità giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere, giudizio che è passato indenne al vaglio di questa Corte), ma anche al valore ponderale, con frequenti annullamenti – con o senza rinvio – in relazione alla ritenuta aggravante (7 chilogrammi a Bologna, 6 chilogrammi a Paola, 600 grammi a Enna ecc); – quanto alla marijuana, potendo essa essere prodotta in Italia, il più delle volte, i sequestri hanno riguardato le piantagioni, più che il ‘prodotto finito’, con la conseguenza che, data la notevole estensione degli appezzamenti di terreno coltivati, la quantità ingente è quasi sempre stata ritenuta

[28] Introdotta nel 2005, superava la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti ed introduceva un sistema tabellare unico. Il nuovo regime sanzionatorio prevedeva, così, per i reati aventi ad oggetto qualsiasi tipo di sostanza stupefacente la pena della reclusione da un minimo di 6 ad un massimo di 20 anni; l’art. 73, co. V, D.P.R. 309/90 consentiva al giudice di ridurre la pena riconoscendo l’attenuante della condotta di lieve entità.

[29] tutti gli stupefacenti e le sostanze psicotrope sono iscritti in cinque tabelle che vengono aggiornate ogni qualvolta si presenti la necessità di inserire una nuova sostanza o di variarne la collocazione o di provvedere ad una eventuale cancellazione. Le tabelle sono aggiornate generalmente con Decreto ministeriale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana)

[30] Tra le altre sentenze rilevanti per questo orientamento Cfr. Cass., Sez. 3, n. 25176 del 21/05/2014; Cass., Sez. 3, n. 45458 del 01/10/2014; Cass., Sez. 3, n. 1609 del 27/05/2015 tutte concordanti sul fatto che la modifica del sistema tabellare, realizzata per effetto del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, impone una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante dell’ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con un’interpretazione tendenzialmente solo aritmetica di tale aggravante.

[31] Ex multis Cfr. Cass., Sez. 4, n. 32126 del 20/06/2014; Cass., Sez. 4, n. 43465 del 02/07/2014; Cass., Sez. 4, n. 3799 del 05/12/2014; Cass., Sez. 6, n. 6331 del 04/02/2015; Cass., Sez. 6, n. 44596 del 08/10/2015.

[32] Questo concetto viene, infatti, espressamente recuperato, dopo l’abrogazione del comma 1 bis dell’art. 73, da parte della sentenza 32 della Corte Costituzionale.

[33] Le disposizioni impugnate, introdotte dalla legge di conversione, mancherebbero del requisito di omogeneità con quelle originarie del decreto-legge. Detto requisito, infatti, è richiesto dall’art. 77, secondo comma, Cost. che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 22 del 2012), istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare e semplificato rispetto a quello ordinario. La legge di conversione, pertanto, rappresenta una legge “funzionalizzata e specializzata” che non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine eterogenei (ordinanza n. 34 del 2013), ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. Nella specie, ha osservato il Collegio rimettente, le disposizioni originariamente contenute nel decreto-legge riguardavano la sicurezza e i finanziamenti per le Olimpiadi invernali (che di lì a poco si sarebbero svolte a Torino), la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno e il recupero di tossicodipendenti recidivi. Invece, le disposizioni impugnate, introdotte con la sola legge di conversione, non avrebbero nessuna correlazione con le prime, in quanto volte ad attuare una radicale e complessiva riforma del testo unico sugli stupefacenti e del trattamento sanzionatorio dei reati ivi contenuti.


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Susanna Maderna

Laureata presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi di diritto civile dal titolo "Nuovi profili della responsabilità medica". Attualmente in Tirocinio formativo presso il Tribunale di Milano, Sezione VI Penale, specializzata in "criminalità organizzata".

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