Il fenomeno del greenwashing e le normative per contrastarlo nel mondo

Il fenomeno del greenwashing e le normative per contrastarlo nel mondo

a cura di Simona Paggi e Alessia Agostini

Sommario: 1. Introduzione – 2. Alcune norme a contrasto del fenomeno nel mondo – 3. Conclusioni

 

1. Introduzione

Negli ultimi anni è aumentata la sensibilità dei consumatori e dei produttori per il tema dell’ecosostenibilità. Sul mercato troviamo sempre più spesso articoli che si presentano come ecosostenibili, realizzati nel rispetto dell’ambiente.

Spesso, però, “ecosostenibilità” rimane solo una parola, una chimera. Stiamo parlando di greenwashing.

Che cos’è? È una strategia di comunicazione perseguita da aziende che presentano come ecosostenibili le loro attività, cercando di nascondere l’impatto ambientale negativo. Questa tecnica serve a creare un’immagine green dell’azienda, con lo scopo di attirare i consumatori, sensibili al tema dell’ecosostenibilità, a comprare i prodotti offerti aumentando così i fatturati.

Quando nasce? Questo fenomeno nasce negli anni ’80, il termine venne coniato dal giornalista ambientalista Jay Westerveld dopo lo scandalo di alcune catene alberghiere che, in quegli anni, sollecitavano i loro clienti a diminuire il consumo degli asciugamani, con la scusa di ridurre l’impatto ambientale derivato dal loro lavaggio. Il motivo che stava dietro a questa richiesta era l’abbattere i costi della lavanderia.

Come riconoscerlo? Omissioni di informazioni o informazioni imprecise, l’uso continuo di parole codificate per attirare l’attenzione dei consumatori come ecogreen, eco-friendfly, ecosostenibile. I prezzi bassi sono un ulteriore campanello d’allarme.

Questo fenomeno, in rapida espansione a livello globale, ha portato alla necessità dell’introduzione di normative che contrastino il greenwashing a tutela del consumatore.

2. Alcune norme a contrasto del fenomeno nel mondo

– ISO 14021:2016 – Auto-dichiarazioni ambientali

È la norma internazionale, nata nel 2016 per regolamentare le comunicazioni delle performance ambientali, che dovrebbero sempre essere supportate da dati scientifici verificabili.

La normativa specifica i requisiti per le asserzioni ambientali auto-dichiarate, comprendendo dichiarazioni, simboli e grafici, riguardanti i prodotti e si può riassumere nei seguenti principi; l’asserzione sulle eco-etichette deve essere accurata, verificabile, significativa.

Per evitare di fornire al consumatore comunicazioni non corrette e creare confusione nel mercato sono previsti vari tipi di “Dichiarazione Ambientale” tra cui il produttore può scegliere; secondo la classificazione ISO 14020, si possono distinguere tre tipologie di dichiarazioni ecologiche:

1º TIPO (ISO 14024) Etichette ecologiche, sono sottoposte a certificazione esterna. Deve dunque essere verificabile da parte di un ente di terza parte, che può essere privato o pubblico, che valuti la coerenza, l’affidabilità e la correttezza delle informazioni riportare; basate su un sistema che considera l’intero ciclo di vita del prodotto. I criteri fissano dei valori soglia, da rispettare per ottenere il rilascio del marchio.

2º TIPO (ISO 14021) Etichette e dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni ambientali dichiarate da parte di produttori, importatori o distributori, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione (tra le quali:” Riciclabile”, “Compostabile”, ecc.). La norma prevede comunque una serie di vincoli da rispettare sulle modalità di diffusione e i requisiti sui contenuti dell’informazione.

3º TIPO (ISO 14025) Dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni basate su parametri stabiliti che contengono una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto calcolati attraverso un sistema LCA (analisi del Ciclo di Vita, utilizzata per la valutazione degli impatti ambientali dei prodotti). Sono sottoposte a un controllo indipendente e presentate in forma chiara e confrontabile.

– ICC Code of Advertising and Marketing Communication Practice della Camera di Commercio Internazionale (ICC)

ICC è la più grande organizzazione mondiale delle imprese, fondata a Parigi nel 1919, a rappresentanza degli interessi economici imprenditoriali di oltre 100 Paesi nel mondo.

Ha come obbiettivo la promozione e la diffusione di elevati standard etici nel settore marketing e pubblicità mediante linee guida di autoregolamentazione e il Codice ICC “Advertising and Marketing Communications Code” il quale formula raccomandazioni in merito a iniziative governative che possano avere ripercussioni sul marketing, sulla pubblicità e sulla protezione dei consumatori.

– Negli Stati Uniti la Federal Trade Commission – Green Guides (FTC Guides for the Use of Environmental Marketing Claims)

Negli USA si conferma il trend verso la crescente attenzione del consumatore nel cercare prodotti ecologici, poco impattanti per il pianeta. Le aziende americane hanno prontamente risposto per soddisfare questo bisogno dei loro stakeholders pubblicizzando i loro prodotti con un marketing “verde”.

A dettare le linee guida è la Federal Trade Commission. Le “Green Guides” sono state pubblicate per la prima volta nel 1992 e riviste nel 1996, 1998 e 2012. Va sottolineato che le “Green Guides” non sono giuridicamente vincolanti.

Lo scopo è sempre, fornire i principi generali che si applicano a tutte le dichiarazioni di marketing ambientale; L’ultimo aggiornamento delle Guide della FTC è progettato per renderle più facili da comprendere e utilizzare per le aziende.

– Nell’Unione europea il settore è disciplinato dalla Direttiva sulle pratiche commerciali sleali (dir. 2005/29/CE)

Proprio la Commissione europea con un comunicato stampa del 28 gennaio 2021, ha fatto sapere i risultati di uno screening sui siti web, ossia dell’indagine a tappeto effettuata ogni anno per individuare violazioni del diritto dell’UE in materia di tutela dei consumatori nei mercati online, concentrandosi appunto sul “greenwashing“.

A parere delle autorità nazionali di tutela dei consumatori il “greenwashing” è aumentato, nel 42 % dei casi vi era motivo di ritenere che le affermazioni fossero esagerate, false o ingannevoli e potessero potenzialmente configurare pratiche commerciali sleali a norma del diritto dell’UE.

– In Italia c’è il Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale, dell’Istituto Autodisciplina Pubblicità (AIP)

Lo scopo è sempre assicurare la corretta comunicazione commerciale, il Codice definisce le attività in contrasto con le finalità suddette, ancorché conformi alle vigenti disposizioni legislative.

È vincolante per tutti gli enti firmatari che si impegnano ad osservare ed a far accettare dai loro associati le norme del Codice stesso e dei Regolamenti auto disciplinari.

Il rispetto è garantito grazie, all’inserimento da parte di ciascun soggetto nei propri contratti di una speciale clausola di accettazione del Codice, dei Regolamenti auto disciplinari e delle decisioni assunte dal Giurì, anche in ordine alla loro pubblicazione, nonché delle ingiunzioni del Comitato di Controllo divenute definitive.

– Nel Regno Unito, Green Claims Code della (Cma)– Competition and Markets Authority

A seguito dei dati contenuti nel comunicato stampa del 28 gennaio 2021 da parte della Commissione europea precedentemente citato, si è arrivati alla pubblicazione il 21 maggio 2021 del Green Claims Code a opera dell’Autorità per la concorrenza e i mercati del Regno Unito (Cma – Competition and Markets Authority), autorità che in UK corrisponde all’Antitrust italiana.

Fornisce le linee guida per le aziende, indipendentemente dal settore, che facciano dichiarazioni ambientali; si estende alle dichiarazioni fatte in pubblicità e etichettatura.

Il regolamento è basato su sei principi fondamentali: veridicità e accuratezza; chiarezza e non ambiguità delle affermazioni contenute; completezza delle informazioni (es. fonte e provenienza dei materiali, packaging, trasporto); comparazioni leali e pertinenti; life-cycle assessment, deve considerare l’intera “vita” del prodotto; fondatezza scientifica.

La Cma ha già programmato una revisione completa delle affermazioni green ingannevoli sia online che offline a partire da gennaio 2022 per dare la possibilità a tutti i brand di adeguarsi; sottolineando la finalità di prevenzione e di riduzione dei rischi di contestazioni e contenziosi giudiziari.

3. Conclusioni

L’attenzione sempre più crescente dei consumatori verso l’ecosostenibilità, porta come sua conseguenza naturale da parte delle aziende, a delle campagne di marketing incentrate su tale tema.

Come si è visto nel corso dell’articolo non sempre queste campagne corrispondo poi ad una reale attenzione all’ambiente, da parte dell’azienda, creando dunque una situazione di inganno o di scarsa trasparenza nei confronti del consumatore.

Questo avviene per svariati motivi, tra cui il principale, è rappresentato da uno scontro tra le logiche imprenditoriali delle aziende, volte a ridurre i costi e massimizzare i profitti e le necessità del marketing le quali spingono nella direzione di una pubblicità incentrata sul modello “green”, non sempre economico per l’azienda.

Questo paradosso spinge molte aziende a intraprendere campagne pubblicitarie ingannevoli che danno vita al fenomeno del greenwashing.

Risultata evidente la necessità di vigilare su tale fenomeno e l’unico modo per contrastarlo efficacemente, è l’introduzione di una normativa chiara e trasparente e di un sistema di controllo efficace che punisce chi attua il greenwashing.

Diversi passi, come descritto nell’articolo, sono già stati fatti in questa direzione, ma ancora molto deve essere fatto, il fenomeno del greenwashing è in aumento e per contrastarlo urgono aggiornamenti delle normative che portino ad un modello industriale effettivamente ecosostenibile.

Questo tema di forte attualità, sfruttato per interessi meramente economici, cela dietro di sé un’importanza fondamentale, che va oltre alla sola questione legale delle pubblicità ingannevoli verso il consumatore (che resta comunque importante) e sfocia in tematiche di rispetto ambientale, molto più ampie e mostra come siamo ben lontani da una vera presa di coscienza universale.

 

 

 

 

 

 


Bibliografia:
  • Sito web: ICC Italia Camera di Commercio Internazionale.
  • Sito web: IAP Istituto dell’autodisciplina Pubblicitaria.
  • Commissione europea – Comunicato stampa, “Greenwashing”: lo screening dei siti web rivela che la metà delle affermazioni ecologiche è priva di fondamento, Bruxelles, 28 gennaio 2021.
  • CMA, Competition & Markets Authority. Draft guidance on environmental claims on goods and services, CMA139, (21/05/21).

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