Il fenomeno del turismo sessuale all’estero e le condotte punibili in Italia

Il fenomeno del turismo sessuale all’estero e le condotte punibili in Italia

L’articolo che segue analizza una serie di condotte “etichettabili” come turismo sessuale che determinano la punibilità del cittadino italiano per un fatto commesso  in territorio estero, in deroga al principio di territorialità della legge penale italiana.

 

Il principio generale sull’efficacia nello spazio della legge penale prevede il criterio della territorialità, basato sulla perseguibilità da parte dello Stato Italiano dei fatti commessi nel proprio territorio. L’art. 604 del codice penale, in deroga a tale principio, prevede che lo Stato Italiano possa perseguire il cittadino che ha commesso reati di natura sessuale nei confronti di minori in uno stato estero; la ratio è quella di rafforzare la lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori e reprimere il fenomeno del turismo sessuale. Tale fenomeno ricomprende una serie di comportamenti, alcuni dei quali irrilevanti sul piano penale. Verranno di seguito analizzate alcune delle condotte connesse al fenomeno della prostituzione  e della pornografia minorile, tralasciando quelle più gravi di violenza e adescamento.

Riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.)

La fattispecie di cui all’art. 600 c.p., ovvero riduzione o mantenimento in schiavitù viene di regola non ritenuta applicabile al turista poiché la medesima richiede uno stato di soggezione continuativo incompatibile con una presenza di carattere temporaneo in uno stato estero. Contrariamente a quanto affermato in passato da una giurisprudenza minoritaria, deve escludersi che la fruizione della prestazione occasionale possa considerarsi sfruttamento della prostituzione, poiché il cliente non apporta un contributo significativo dal punto di vista causale al mantenimento della prostituta nello stato di soggezione continuativa il quale sussiste a prescindere dalla singola prestazione sessuale.

Ci si domanda se la fattispecie sia configurabile nel caso di prestazioni reiterate della stessa prostituta nei confronti dello stesso cliente per un lasso apprezzabile di tempo. Sul punto si rileva che la semplice dazione di denaro in cambio di prestazioni sessuali, anche se reiterata e contraria al buon costume, non rileva come riduzione o mantenimento in schiavitù, essendo necessario che la volontà della vittima sia coartata attraverso una delle condotte descritte dal comma 2.

Tuttavia chi compie atti di disposizione del proprio corpo in cambio di denaro, anche se non costretto da un agente esterno, versa quasi certamente in uno stato di indigenza, soprattutto in quei paesi dove le condizioni di miseria riguardano la maggior parte della popolazione. Volendo equiparare la consapevolezza da parte del cliente dello stato di indigenza della vittima ad un vero e proprio approfittamento resta il fatto che  la temporaneità della permanenza in territorio estero e’ inidonea a produrre quello stato di soggezione continuativa tipico della schiavitù, che si realizza concretizzandosi in un vero e proprio mutamento dello stile di vita della vittima. Lo stesso soggetto che si prostituisce e’ consapevole della permanenza solo temporanea del cliente, il che attenua di molto lo stato di soggezione che invece può invece essere esercitata in modo più efficace da un soggetto radicato sullo stesso territorio della vittima. Anche qualora volesse ritenersi integrato l’elemento oggettivo,  mancherebbe comunque l’elemento soggettivo della fattispecie, poiché il turista si prefigge di usufruire di prestazioni sessuali solo per la durata del viaggio, intenzione incompatibile con il proposito, ben più radicale, della riduzione in schiavitù.

Prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.)

L’art. 600-bis prevede due fattispecie distinte. La prima relativa a chi recluta, induce minori a prostituirsi o favorisce, sfrutta, organizza o gestisce la prostituzione minorile; non è richiesto lo stato di soggezione come per la fattispecie di cui all’art. 600; qualora infatti vi fosse una coercizione sul minore di tipo continuativo troverebbe applicazione l’art. 600 aggravato ex art 602-ter c.p. e non il 600-bis.

La seconda fattispecie meno grave è quella relativa al compimento di atti sessuali in cambio di un corrispettivo con il minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni ed è più facilmente configurabile per il turista. Qualora il minore abbia meno di 14 anni si applica la norma di cui all’art. 609-quater che stabilisce la sessa pena della violenza sessuale. La norma non distingue tra il minore già dedito alla prostituzione e il minore che, pur non essendo dedito abitualmente alla prostituzione, attratto dal compenso, compie atti sessuali con il turista. Nel primo caso non sussistono dubbi sull’applicazione della fattispecie di cui all’art. 600-bis co. 2: non e’ stato infatti il cliente ad indurre il minore a svolgere questo tipo di attività, trovando applicazione la fattispecie meno grave.

Occorre invece chiarire se l’offerta di denaro ad un minorenne, magari indigente, non abitualmente dedito alla prostituzione, in cambio di prestazioni singole o reiterate possa ritenersi una condotta “induttiva” alla prostituzione, poiché in tal caso troverebbe applicazione la più grave fattispecie cui all’art. 600-bis co. 1.

Non sussistono richiami nella citata norma alla continuità come per la riduzione in schiavitù. Tuttavia alcune delle condotte elencate nel primo comma come il reclutamento, la gestione, l’organizzazione e lo sfruttamento, richiamano un fenomeno continuativo o quantomeno progettato per essere continuativo. Tali condotte non sembrano compatibili con quelle del turista consapevole di trattenersi solo per poco in un certo stato; ne consegue che poiché l’induzione viene equiparata, dal punto di vista punitivo, alle altre condotte elencate, deve escludersi la configurabilità della medesima per il turista. Nel caso di reiterazione del compimento di atti sessuali con soggetti minori nel corso di un viaggio potrà trovare applicazione la disciplina sul reato continuato che prevede un aumento di pena fino al triplo della sanzione inflitta per il reato più grave. La condotta del turista, anche se reiterata, non e’ sussumibile dal punto di vista qualitativo e quantitativo come prostituzione minorile; mancherebbe, ad ogni buon conto, l’elemento soggettivo di indirizzo verso la creazione di un fenomeno abituale.

Pornografia minorile (art. 600-ter c.p.)

L’art. 600-ter c.p. prevede distinte fattispecie. Mentre le condotte elencate nei primi sei commi che riguardano la realizzazione di materiale pornografico con soggetti minori, la commercializzazione e la diffusione di materiale pornografico non sono strettamente collegate alla figura del turista, la fattispecie di cui al comma 7, che riguarda una delle condotte più comuni nell’ambito del fenomeno del turismo sessuale, punisce chi assiste a spettacoli pornografici di minori. Tale reato prevede una multa che va da 1.500 a 6.000 euro.

Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.)

L’art. 600-quinquies, introdotto nel 1998, per far fronte alla crescente rilevanza del fenomeno del turismo sessuale, spesso supportato da iniziative organizzate, punisce chiunque organizza o propaganda  viaggi finalizzati a fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tali attività. All’organizzazione di tali viaggi corrisponderà un traffico di prostituzione nel territorio di destinazione dei viaggi. Si tratta quindi di una fattispecie collegata teleologicamente ad altri reati commessi in luoghi diversi. Non sembra infatti che la fattispecie possa configurarsi in assenza di un corrispondente traffico della prostituzione; ciò è desumibile  dall’entità della pena  prevista nonchè da una interpretazione conforme al principio di offensività.

L’organizzatore di tali viaggi sarà quasi certamente imputabile anche per il reato di prostituzione minorile, con conseguente applicazione dell’aggravio di pena ex art. 81 c.p.. Il soggetto che organizza viaggi infatti trae profitto dall’esistenza di un fenomeno di prostituzione minorile, violando pertanto anche la norma all’art. 600-bis co. 1 n. 2).

La fattispecie all’art. 600-quinquies c.p. potrebbe rilevare  anche come reato di natura transnazionale, producendo effetti sostanziali in altri stati, trovando in tal caso applicazione l’aggravante speciale di cui all’art. 4 della L. 146/2006, applicabile ai reati con pena non inferiore nel massimo ad anni 4 ai quali ha dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato in più stati.


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