Il licenziamento del socio lavoratore e la competenza del giudice del lavoro

Il licenziamento del socio lavoratore e la competenza del giudice del lavoro

L’attività lavorativa dei soci di cooperative aventi scopo mutualistico trova la propria disciplina nelle disposizioni di cui alla L. 142/2001, così come modificate dalla L. n. 30/2003, nonché nelle regole definite dal regolamento che le cooperative hanno l’obbligo di redigere e di depositare presso la Direzione Provinciale del lavoro territorialmente competente.

In particolare, l’art. 1 comma 3 della normativa in parola prevede che il socio lavoratore di cooperativa stabilisce, contestualmente o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, volto a contribuire al raggiungimento degli scopi sociali. Tale attività lavorativa può assumere forma subordinata, autonoma o qualsiasi altra forma, inclusa la collaborazione coordinata non occasionale.

La normativa pre-riforma stabiliva all’art. 5, secondo comma, che le controversie tra soci e cooperative relative ai rapporti di lavoro in qualsiasi forma rientrano nella competenza funzionale del giudice del lavoro, con conseguente applicazione delle norme di rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile, mentre le controversie  inerenti al rapporto associativo sono di competenza del giudice civile ordinario.

A seguito della riforma normativa avvenuta con L. n. 30/2003, è stata prevista l’eliminazione dall’art. 1 comma 3 della L. 142/2001 dell’aggettivo “distinto”, riferito appunto al rapporto di lavoro, lasciando invece quello di “ulteriore”, ed il comma 2 dell’art. 5 di cui alla previgente disciplina è stato così modificato “Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile. Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario”.

La previsione dell’immediata estinzione del rapporto di lavoro con il recesso o l’esclusione del socio, disposti sulla base di previsioni statutarie o codicistiche, ha dunque sancito la stretta correlazione tra le due tipologie di rapporto instaurabili tra soci e cooperativa, ovvero quello associativo e quello lavorativo.

Ne consegue che il rapporto di lavoro non può sopravvivere a quello associativo, ragion per cui la cessazione del secondo trascina ineluttabilmente il primo.

Il collegamento unidirezionale tra rapporto associativo e rapporto di lavoro non è, tuttavia, tale da privare quest’ultimo della rilevanza e dell’autonomia che l’aggettivo “ulteriore”, non intaccato dall’intervenuta riforma, pure gli attribuiscono.

Sotto il profilo processuale come è noto il d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 1, ha istituito le “sezioni specializzate in materia di impresa” e, per quanto di interesse, ha previsto la competenza del tribunale delle imprese per le cause e i procedimenti relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario nonchè per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con riferimento al cumulo dì cause vertenti sul rapporto mutualistico e lavorativo del socio di cooperativa.

Tuttavia, l’interpretazione costituzionalmente orientata della nuova disciplina ha condotto ad escludere la competenza della sezione specializzata qualora si controverta di diritti sostanziali e previdenziali del lavoratore.

La Suprema Corte di Cassazione già con sentenza n. 805 del 2005 ha, infatti, affermato che la competenza del Tribunale ordinario deve ritenersi limitata alle sole controversie tra socio e cooperativa relative alla “prestazione mutualistica”, da intendersi in senso rigido come riguardanti la vita sociale e le sue peculiari caratteristiche, come il pagamento della quota sociale, la partecipazione alle assemblee ecc., con conseguente impossibilità di estensione alle cause inerenti il rapporto di lavoro e, dunque, rientranti tra quelle indicate negli artt. 409 e 442 c.p.c..

A tale conclusione si è giunti tenendo conto del carattere generale e preminente dell’art. 40, 3° comma c.p.c. in ragione degli interessi di rilevanza costituzionale che la norma processuale è preordinata a garantire.

Ai sensi della suddetta norma, dunque, nell’ipotesi di connessione tra cause aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e quello lavorativo, è fatta salva l’applicazione del rito speciale quando una di esse rientri tra quelle di cui agli artt. 409 e 442 cod. proc. civ., con conseguente attribuzione delle cause connesse alla competenza del giudice del lavoro.

La questione, tuttavia, è stata a lungo tutt’altro che incontroversa, vero è che nel 2014 la Suprema Corte, a distanza di pochi giorni, è stata chiamata a pronunciarsi in sede di regolamento di competenza, con ordinanze nn. 24917 del 21.11.2014 e 25237 del 27.11.2014, in relazione a fattispecie riguardati soci lavoratori esclusi dalla cooperativa, oltre che per motivi afferenti alla prestazione mutualistica, anche per ragioni prettamente lavoristiche.

In entrambi i casi il Supremo consesso ha ritenuto che, in mancanza di una espressa deroga al principio generale della prevalenza della competenza del giudice del lavoro di cui all’art. 40 c.p.c., comma 3 e comunque in una lettura costituzionalmente orientata della nuova disciplina, anche la più recente norma di cui al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 che ha introdotto ipotesi speciali di modificazione della competenza per ragioni di connessione incontra il limite rappresentato dalla connessione con le cause demandate alla cognizione del giudice del lavoro, poichè in tale ipotesi torna a prevalere la speciale competenza per connessione di cui al terzo comma, seconda parte, dell’art. 40 c.p.c..

Alle medesime conclusioni conducono, altresì, ulteriori considerazioni.

E’ evidente, infatti, l’insanabile ed irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti e lavoratori soci di cooperativa che deriverebbe dalla prospettazione di una vis attractiva della competenza in capo alle Sezioni Specializzate in materia di Impresa anche in relazione alle controversie lavoristiche di licenziamento.

Sul punto, come recentemente evidenziato dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Bergamo sez. lavoro ordinanza n. 14 del 02.01.2018) “Sarebbe altrimenti troppo facile per le cooperative, semplicemente non provvedendo al formale licenziamento ma limitandosi adottare la delibera di esclusione dalla compagine sociale, sottrarsi all’imperatività delle norme lavoristiche, con sacrifico totale e irragionevole dell’esigenza di protezione del socio lavoratore, contraente debole, che invece sia la legislazione in materia che la giurisprudenza hanno nel tempo sempre cercato di contemperare con la particolarità legata alla coesistenza del rapporto mutualistico”.

Tra l’altro diversamente opinando, ovvero demandando alla competenza delle Sezioni Specializzate in materia di Impresa a decidere anche in merito all’estinzione del rapporto lavorativo, il socio lavoratore si troverebbe a dover sopportare spese di giudizio certamente più elevate rispetto a quelle previste a carico dei ricorrenti lavoratori non soci.

In particolare, per i processi di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa il contributo unificato da versare per l’iscrizione a ruolo della causa è raddoppiato, mentre per le controversie individuali di lavoro il contributo unificato è ridotto del 50%  ed è, altresì, prevista l’esenzione del relativo versamento entro i limiti di reddito di cui all’art. 9 comma 1 bis D.P.R. 30/05/2002 n. 115.


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Avv. Maria Rosaria Pernice

Ha conseguito nel 2010 la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università di Napoli Federico II, con successivo svolgimento a Milano della pratica forense e del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Abilitata all'esercizio della professione di avvocato nel 2013, ha svolto attività di assistenza giudiziale e stragiudiziale in materia di diritto del lavoro, recupero crediti, procedure concorsuali, responsabilità medica, nonché attività di consulenza legale, negoziazione, redazione e revisione dei contratti funzionali alle diverse aree dell’attività d’impresa. Nel 2019 ha conseguito il Master di Giurista di impresa nell'era digitale presso la Scuola di Formazione Ipsoa - Wolters Kluwer. Nel 2019-2020 ha frequentato il corso biennale “Tecnica e deontologia dell’avvocato penalista per le difese d’ufficio” organizzato dalle Camere Penali di Milano. Dal 2021 dipendente presso l'Università Statale di Milano, Direzione Generale-Ufficio Qualità dell'Amministrazione e Controllo dei Processi.

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