Il paradosso iudex peritus peritorum

Il paradosso iudex peritus peritorum

I risultati dell’indagine peritale sono, al pari di ogni altra risultanza probatoria, sottoposti al vaglio del giudice di merito.

Da questa circostanza discende l’esigenza di porsi il seguente quesito: l’organo giudicante può discostarsi dalla valutazione tecnica fornitagli dall’esperto all’uopo nominato?

Ebbene, dal tentativo di dare una concreta risposta a tale quaestio discende l’oramai noto paradosso Iudex peritus peritorum.

Sul punto, appare opportuno evidenziare che con la locuzioneperitus peritorum”, si intenda indicare l’organo giudicante quale “perito dei periti” collocandolo in una posizione di vertice rispetto agli altri soggetti che popolano le Aule di Giustizia.

La ratio, dunque, è quella di voler porre il Giudice, nell’ambito del processo penale, al di sopra di ogni altro soggetto che vi interviene e dunque anche dello stesso perito da lui all’uopo nominato[1].

Il paradosso che ne discende, tuttavia, è il seguente: se si ritiene che il giudice sia in grado di individuare da solo un criterio specialistico, allora per quale motivo egli deve ricorrere alla nomina di un esperto? D’altro canto, se, invece, si ritiene che il giudice sia privo di determinate specifiche capacità, e dunque necessiti di affidarsi alle competenze di un esperto, perché poi gli si da la possibilità di sindacarne le relative conclusioni?

Si è, pertanto, cercato di dare una risposta a questo fascio di interrogativi puntando l’attenzione sul ruolo che il giudice ricopre all’interno dell’ordinamento italiano: egli, invero, rappresenta l’unico soggetto ad avere l’ultima parola circa la  colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, basando la  propria scelta, in un senso o nell’altro, unicamente sul principio del libero convincimento[2].

In quest’ottica, dunque, l’organo giudicante si pone un gradino più in alto rispetto al perito che seppur dotato di particolari competenze tecniche, scientifiche o artistiche, si inquadra sempre e solo come un mero ausiliario del giudice che lo ha nominato.

Orbene, da questa circostanza discende la seguente conclusione: sebbene il giudice abbia, di fatto, la facoltà di avvalersi delle specifiche competenze di un esperto egli non è, tuttavia, vincolato dal risultato dell’indagine da questi condotta, potendo, in ossequio al principio del libero convincimento, discostarsi o disattendere le relative conclusioni. Vige, tuttavia, in capo al cd. “Perito dei periti” l’obbligo di dover comunque fornire un’ adeguata motivazione circa la contrarietà della sua scelta rispetto alle risultanze peritali.

Peraltro, sul punto appare opportuno evidenziare che oltre alla possibilità di nominare un nuovo perito per ottenere un differente “punto di vista”, il giudice ha finanche la possibilità di ritenere più convincente una consulenza tecnica di parte, fermo restando, tuttavia, in tal caso, l’obbligo di  motivare le ragioni per cui non ritiene attendibile la perizia da lui stessa disposta.

In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, in ossequio al principio judex peritus peritorum, è possibile  affermare che il giudice non è vincolato da quanto emerge dalla relazione finale del perito.

Invero, l’organo giudicante ben può disattendere, motivandone le ragioni, le conclusioni a cui è giunto l’esperto, effettuando una scelta contraria ai risultati delle indagini peritali[3].

Il magistrato, pertanto, è chiamato a dimostrare di aver adeguatamente valutato le differenti ricostruzioni tecniche compiute nel corso del processo e di averle scartate o accettate sulla base di motivi oggettivi: solo in tal modo egli potrà essere inteso come “custode e garante” della verità processuale e non, invece, come un semplice servus peritorum.

 

 


[1] AA.VV., Procedura penale, edizione 2014, G. Giappichelli Editore, Torino
[2] G. Conso,V. Grevi, M. Bargis, Compendio di procedura penale, 2014, Cedam Editore, Padova
[3] A.A.V.V., Memento, edizione 2020, Giuffrè Francis Lefebvre Editore, Milano

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Angela Malafronte

Angela Malafronte è nata a Vico Equense nel 1990 e vive in Provincia di Napoli. Laureata in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli, in Cooperazione Giudiziaria: “Gli strumenti di cooperazione giudiziaria e la lotta al terrorismo nell’ambito dell’Unione Europea”. Dopo aver terminato il periodo di Tirocinio forense presso uno studio legale penale, si è dedicata allo studio di Concorsi Nazionali presso la Pubblica Amministrazione e in modo particolare al Concorso a cattedra per la classe A-046 (Scienze Giuridiche ed Economiche). Nello specifico, con riferimento al ramo scolastico ha, peraltro, conseguito il Corso annuale di perfezionamento e aggiornamento professionale in “Metodologie didattiche per Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)” e pur essendo docente presso un istituto paritario continua a dedicarsi allo studio di concorsi presso gli enti locali, grazie ai quali ha avuto modo di approfondire lo studio del Diritto Amministrativo e del Testo Unico degli enti locali allargando ancora di più i propri orizzonti. Autrice di "Anticorruzione e trasparenza nella pubblica amministrazione. Il Segretario dell'ente locale quale Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza", pubblicata con Diritto Futuro Editore, Montesilvano 2020, ISBN 978-88-31212-14-4 , attualmente, collabora nell’area redazionale di alcune delle più importanti Riviste giuridiche online con contributi attinenti alle materie di Diritto processuale penale e di Diritto amministrativo.

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