Il principio del contraddittorio nel processo civile: aspetti generali e nuove regole nell’era del COVID-19

Il principio del contraddittorio nel processo civile: aspetti generali e nuove regole nell’era del COVID-19

Sommario: 1. Aspetti generali del principio del contraddittorio – 2. L’ordine di integrazione del contraddittorio nel processo con pluralità di parti – 3. Nuovi strumenti di contraddittorio nell’era del COVID-19: il contraddittorio telematico – 4. Conclusioni

 

1. Aspetti generali del principio del contraddittorio

L’udienza è il luogo di ascolto in cui, nell’ambito di un giudizio innanzi all’autorità giudiziaria, si concretizza il contraddittorio attraverso il compimento, in forma orale, delle attività processuali ad opera delle parti e del giudice. Il principio del contraddittorio è codificato dall’art. 101, comma 1, c.p.c., in virtù del quale “Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”.

L’art. 101 c.p.c. contiene, dunque, la nozione del principio del contraddittorio, richiamato nel testo dell’art. 111 Cost. In particolare, tale norma costituzionale individua quali principi del giusto processo – applicabili ad ogni tipo di processo sia esso civile, penale, amministrativo, tributario -, quelli del contraddittorio e della parità delle parti, del giudice terzo ed imparziale e della ragionevole durata del processo. Pertanto, nel prevedere che la giurisdizione si attui mediante il giusto processo regolato dalla legge, si fa riferimento ad una serie indeterminata di principi applicabili all’esercizio di qualsiasi forma di processo.

Parlando di principio del contraddittorio, rilevante è che la parte convenuta sia stata posta dall’attore in condizioni di contraddire e di esercitare le proprie difese, e non già che lo abbia effettivamente fatto, costituendosi in giudizio. Già prima della riforma costituzionale del giusto processo, l’art. 101 c.p.c. aveva acquisito una notevole capacità espansiva con l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, in particolare con il riconoscimento dell’inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi del secondo comma dell’art. 24 Cost. Quindi, tale norma deve consentire alle parti, in ogni momento del giudizio, su base paritaria e in contraddittorio tra loro, di esercitare le prerogative del diritto di difesa nel contesto di un ruolo attivo nell’espletamento di ogni attività procedimentale che conduce alla decisione finale.

Dunque, è chiaro che al principio in esame deve essere riconosciuto un ruolo centrale, in quanto è un palese strumento di garanzia e di attuazione del diritto costituzionale di difesa. Strumento, altresì, posto a favore non solo delle parti costituite in giudizio, ma anche a tutela della parte contumace e del suo diritto di essere a conoscenza degli atti del processo ai fini del successivo diritto di difesa. A tal proposito, nella prima udienza, il giudice deve verificare la regolarità del contradditorio, verificare che tutte le parti siano costituite in giudizio ed, in caso contrario, dichiararne la contumacia che può riguardare sia l’attore che il convenuto, come disciplinato dagli artt. 290 a 294 c.p.c.

Nell’art. 101 c.p.c. leggiamo “salvo che la legge disponga diversamente”, ma ciò non significa che il giudice possa statuire sulla domanda senza contraddittorio; in realtà, con tale inciso si consente, in casi eccezionali, un contraddittorio differito nel senso che il giudice può emanare la decisione inaudita altera parte, cioè in assenza di contraddittorio a condizione, però, che venga riconosciuta al soggetto il potere di opporsi, instaurando un giudizio che si celebri nel contraddittorio tra le parti (come accade per il decreto ingiuntivo disciplinato dagli artt. 633 e ss. c.p.c. il quale, essendo un provvedimento rapido, viene emanato in assenza di contraddittorio fra le parti, ma il soggetto passivo nel termine di 40 giorni dal momento in cui gli viene notificato il decreto ingiuntivo, ha l’onere di proporre opposizione, di instaurare, cioè, con atto di citazione [1], un giudizio di cognizione ordinaria, nel corso del quale si dovrà accertare o negare il diritto fatto valere nella sede sommaria monitoria) o che si imponga al soggetto che ha ottenuto il provvedimento inaudita altera parte di notificare, unitamente allo stesso, il decreto di fissazione dell’udienza dinanzi al giudice all’esito della quale, nel contraddittorio tra le parti, quel provvedimento deve essere “sostituito” con un’ordinanza di conferma, modifica o revoca (come accade nel processo cautelare  con riferimento all’art. 669-sexies c.p.c.).

Ma, continuando l’analisi della norma processuale, ai sensi del secondo comma dell’art. 101 c.p.c., il principio del contraddittorio va, altresì, inteso nel senso che esso vincola il giudice ad aprire il dibattito tra le parti su ogni questione che egli stesso sollevi d’ufficio nel corso del processo. Ciò sancisce un principio molto importante, in virtù del quale il giudice, all’esito della fase della decisione, andando a rilevare d’ufficio una questione non portata a conoscenza delle parti all’interno del processo, non può pronunciarsi e, cioè, non può decidere su nulla che non sia stato oggetto di contraddittorio delle parti. Pertanto, innanzitutto, la domanda deve essere notificata alla controparte e, in secondo luogo, qualsiasi questione rilevabile d’ufficio, sorta nel processo, deve essere svolta e decisa nel contraddittorio delle parti.

2. L’ordine di integrazione del contraddittorio nel processo con pluralità di parti

Il contraddittorio tra le parti prevede che tutti i partecipanti di un processo debbano poter interloquire tra di loro e far valere le loro pretese dinanzi ad un giudice. Dunque, tutti i soggetti devono essere posti in condizione di partecipare al giudizio e, cioè, i c.d. litisconsorti necessari, titolari delle situazioni giuridiche di cui si controverte e, in quanto tali, destinatari diretti degli effetti del provvedimento finale del processo. Il processo con pluralità di parti, come il termine stesso ci suggerisce, è un processo che nasce, appunto, con una pluralità di parti, dunque più attori e più convenuti. A tal proposito, l’art. 102 c.p.c. disciplina il litisconsorzio necessario, in base al quale necessariamente più parti devono partecipare al processo. Al secondo comma, tale norma sancisce l’ipotesi in cui il litisconsorzio non sia stato attuato, quindi un litisconsorte sia stato pretermesso e, cioè, escluso dal giudizio. Questo è il caso in cui il giudizio sia stato promosso solo da alcuni soggetti, escludendone altri.

In tale circostanza, il giudice dovrà verificare l’integrità del contraddittorio, cioè verificare che tutte le parti siano state messe in condizione di esercitare il proprio diritto di difesa. Preliminarmente, dunque, egli dovrà verificare che manchi uno dei litisconsorti. Il giudice pone in essere questa verifica perché deve giungere alla definizione nel merito e, per far sì che ciò avvenga, è necessario che tutte le parti partecipino al processo. Qualora rilevi la mancata partecipazione di una parte che doveva essere presente, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito. Pertanto, dispone che il contraddittorio deve essere integrato entro un determinato termine, ma non sarà il giudice a chiamare le parti in giudizio, bensì le altre parti. Difatti, il soggetto che provvede all’ordine di integrazione del contraddittorio è la parte cd. diligente, cioè la parte che ha interesse alla prosecuzione del giudizio. Ciò avviene mediante un atto che ha le forme dell’atto di citazione, da notificare al litisconsorte pretermesso.

L’ordine di integrazione del contraddittorio può essere posto in essere su specifica eccezione della parte o rilevata d’ufficio dal giudice. Ebbene, qualora sia la parte ad eccepire l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, non può, semplicemente, limitarsi ad affermare che ci siano dei litisconsorti pretermessi e che debbano essere integrati, ma, a pena di inammissibilità dell’eccezione, sulla medesima parte incomberà l’onere non solo di sollevare l’eccezione di difetto di mancata integrazione del contraddittorio, ma anche di indicare analiticamente quale parte sia stata pretermessa e dare prova dei presupposti di fatto e di diritto che rendano necessaria l’integrazione e, cioè, i titoli in base ai quali i soggetti pretermessi assumono la veste di litisconsorti necessari.

A tal proposito, si è espressa la Cassazione: [2] “Colui che eccepisca la non integrità del contraddittorio ha l’onere, qualora questa non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti, non solo di indicare i soggetti che rivestono la qualità di litisconsorti necessari asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto dell’invocata integrazione e, quindi, i titoli in forza dei quali essi assumono tale qualità. Ne consegue che chi deduca la mancata “vocatio in ius” di uno degli eredi del “de cuius” è tenuto a dimostrare l’avvenuta accettazione di eredità ad opera dello stesso”.

Quanto all’ordine di integrazione del contraddittorio da parte del giudice, questo può essere rilevato non solo in prima udienza o nel corso del giudizio, ma anche in fase di decisione. In tal caso, il giudice, verificata la mancanza dei litisconsorti necessari, rimette la causa sul ruolo per decidere, successivamente, insieme a tutte le parti. Qualora l’organo giudicante di primo grado non se ne avveda, ma lo farà il giudice del grado successivo, la norma di riferimento è l’art. 354 c.p.c. rubricato “Rimessione al primo giudice per altri motivi”, secondo cui il giudice di appello non può rimettere la causa al primo giudice, tranne nei casi in cui riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio. Pertanto, dato che in quel giudizio doveva essere integrato il contraddittorio, rimette la causa al primo giudice. Altre volte, tale ipotesi può essere anche rilevata in Cassazione ex art. 383 c.p.c., terzo comma, ed anche in questo caso avviene la rimessione al giudice di primo grado.

Come già accennato, l’ordine di integrazione del contraddittorio avviene entro un termine perentorio, cioè non prorogabile. Ma se non si adempie a questo obbligo e non viene chiamato in causa il litisconsorte pretermesso, si verifica la mors litis, cioè il processo si estingue. Dunque, la “sanzione” è la più grave: la morte della causa e l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 307 c.p.c. In questa circostanza, il rigore del legislatore si giustifica con il riconoscimento dell’assoluta impossibilità della prosecuzione del processo e della conseguente pronuncia della decisione di merito senza la partecipazione di tutte le parti.

3. Nuovi strumenti di contraddittorio nell’era del COVID-19: il contraddittorio telematico

Durante l’emergenza epidemiologica che purtroppo stiamo ancora vivendo, le udienze civili sono state ritenute luogo di assembramento e, dunque, potenziale occasione di trasmissione del contagio. Pertanto, per garantire un contraddittorio tra le parti processuali, il legislatore ha individuato un nuovo schema di udienza civile, in cui l’onere di partecipazione personale dei difensori viene soddisfatto attraverso lo scambio telematico di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni teoricamente proponibili in udienza, a cui segue il provvedimento del giudice. Lo scambio di atti tra le parti processuali è, dunque, riproposto come modalità alternativa di attuazione del contraddittorio. Infatti, non potendosi conservare l’udienza, intesa come luogo fisico di interlocuzione e trattazione della causa alla presenza dei difensori delle parti, l’attività in essa prevista è stata sostituita dal deposito di note scritte.

In tal modo, si è inteso operare una netta deroga al principio di oralità esistente nel nostro ordinamento processuale, istituendo un contraddittorio scritto tra le parti. Il deposito della nota scritta nel fascicolo telematico sembra di per sé perfettamente idoneo a soddisfare l’esigenza di realizzazione del contraddittorio. Il deposito, infatti, ha il duplice effetto processuale di perfezionare l’acquisizione del documento agli atti del fascicolo telematico processuale e, al contempo, consentirne la ricezione nella sfera di conoscenza di controparte, che può prontamente prenderne visione. D’altronde, lo scambio telematico di scritti non è altro che un surrogato del contraddittorio d’udienza.

Questa nuova modalità di udienza, introdotta dal legislatore nel periodo emergenziale, prevede, dunque, il deposito di atti nel fascicolo telematico fino a 5 giorni prima dell’udienza, il giorno dell’udienza il giudice leggerà le note dei rispettivi difensori (depositate nel fascicolo telematico) ed emanerà il provvedimento. Nel caso in cui le note scritte siano depositate successivamente e, quindi, tardive rispetto al decorso del termine assegnato dal giudice nell’ordinanza dispositiva dell’udienza scritta o quando la parte si costituisca senza redigere note scritte, anche in tali ipotesi, il principio del contraddittorio non potrà considerarsi violato se, all’esito di ciò, il giudice si limiti a rinviare le attività d’udienza per dare modo, a chi voglia, di depositare controdeduzioni.

A questa prima modalità alternativa dell’udienza civile adottata ai tempi del COVID-19, c.d. udienza cartolare, ne è stata introdotta una seconda che prevede, invece, la trattazione da remoto utilizzata per le sole udienze che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione e, comunque, deve svolgersi con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. A conclusione dell’udienza, è redatto verbale in cui si dà atto della partecipazione personale e del rispetto del contraddittorio, nonché della regolarità dello svolgimento di tutte le pregresse operazioni. Del detto verbale viene, infine, data lettura oralmente, mediante l’utilizzo della funzione “condivisione schermo”. Tutto ciò per evitare che, anche con la trattazione da remoto, non venga violato il principio del contraddittorio, nonostante non si possa svolgere l’udienza secondo le forme tradizionali.

Tali modalità alternative dell’udienza civile, pur essendo qualcosa di lontano dal concetto di trattazione orale che fino ad oggi è stato elemento cardine del processo civile e del contraddittorio tra le parti ed il giudice, ha comunque evitato una paralisi totale del sistema giudiziario e, di conseguenza, ha evitato un accumulo di arretrato procedimentale garantendo, allo stesso modo, un contraddittorio telematico. [3]

4. Conclusioni

Molte volte abbiamo sentito discutere su un’ipotizzabile riforma della giustizia civile il quale, però, dovrebbe incidere, soprattutto, sui mezzi e sull’organizzazione della stessa più che sulla modifica di norme del codice di rito. In primis, si potrebbe partire aggredendo l’arretrato procedimentale con modalità straordinarie e potenziando, altresì, la digitalizzazione degli uffici e del processo stesso.

Ulteriori speranze di accelerazione del processo civile, oltre che di riduzione dei suoi connessi costi economici e amministrativi, sono riposte dal legislatore nella piena attuazione del processo telematico, il cui avvio risale al D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123. [4]

L’introduzione del processo civile telematico (PCT), nell’ordinamento italiano, consente che gli atti di parte ed i provvedimenti del giudice possano essere validamente compiuti nella forma di documenti informatici, sottoscritti con firma digitale e trasmessi alla cancelleria con modalità telematiche, al fine della formazione di un fascicolo informatico del processo. Infatti, essendo in piena era di processo civile telematico, si è necessariamente creata una vera e propria digitalizzazione del processo. Pensiamo, ad esempio, ai depositi telematici, alle PEC, alle piattaforme per le videoconferenze, udienze da remoto, all’accesso digitale agli uffici, alle notificazioni elettroniche degli atti, etc. Dunque, proprio la digitalizzazione, che è già parte del presente, deve essere una delle priorità dell’immediato futuro.

Con tale premessa sul PCT, possiamo meglio capire come quest’ultimo comporti innovative potenzialità, i cui riflessi applicativi si possono riverberare sui principi giuridici fondamentali, tra cui quello del rispetto del contraddittorio, oggetto della nostra analisi. Infatti, come già detto all’inizio del presente contributo, esso implica che ciascuna parte processuale debba essere messa in condizione di conoscere ogni richiesta e deduzione dell’altra parte e di formulare le proprie osservazioni in proposito, sulla base del reciproco riconoscimento di una posizione di parità, anche attraverso i nuovi strumenti del contraddittorio telematico.

A conclusione di tale disamina, è chiaro che l’evoluzione informatica e l’utilizzo sempre più diffuso della tecnologia devono subentrare nel sistema della giustizia. Anche gli effetti del COVID-19 hanno accentuato la necessaria evoluzione digitale, mediante l’adozione di misure urgenti e straordinarie per contrastare l’emergenza epidemiologica e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria. Grazie a queste modalità, è stato possibile svolgere attività che anni addietro ed, a maggior ragione, in questo periodo di emergenza, si sarebbero dovute semplicemente sospendere, facendo sì che venisse meno non solo il contraddittorio tra le parti, in condizione di parità e davanti ad un giudice terzo ed imparziale, ma anche il diritto di difesa così come disciplinato dalla nostra carta costituzionale.

 

 

 

 

 


[1] L’atto introduttivo del processo di opposizione a decreto ingiuntivo può essere anche il ricorso, se per quella specifica tipologia di controversia la legge prevede tale atto. Ad esempio, se il decreto ingiuntivo reca la condanna al pagamento di un credito di lavoro, la relativa opposizione si instaurerà con ricorso, trattandosi di una controversia in materia di lavoro.
[2] Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 10/05/2018, n. 11318.
[3] Sul punto, in tal senso, C. MANCUSO, Nuovi strumenti per un contraddittorio telematico. Le modalità alternative dell’udienza civile., in Il processo civile solidale. Dopo la pandemia., a cura di A. Didone e F. De Santis, Wolters Kluwer Italia, 2020.
[4] Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti.

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