Il principio del migliore interesse del minore: come si traduce nel nostro ordinamento

Il principio del migliore interesse del minore: come si traduce nel nostro ordinamento

Numerosi trattati internazionali si sono occupati della delicata figura del minore. 

La necessità di tutelare il minore in modo unitario all’interno della comunità internazionale, è certamente un’esigenza condivisa da tutti gli Stati, che hanno cercano di garantire parità di condizioni tra soggetti minori d’età nei diversi Paesi. 

Le tutele che riguardano il minore all’interno del nostro ordinamento sono disposte su un multi livello di fonti normative: internazionali, comunitarie, costituzionali e leggi ordinarie, che ci limiteremo ad accennare per esaminare gli effetti che queste hanno all’interno del nostro ordinamento.

La convenzione di New York del 1989 (o convenzione ONU) si è occupata dei diritti dell’infanzia, ed è stata ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n° 176. La convenzione in questione afferma l’importanza di garantire parità di diritti a tutti i minori, prescindendo da razza, sesso, nazionalità e religione; ma fa anche riferimento all’importanza degli affetti e dell’amore familiare, come elementi essenziali per poter garantire al minore una vita dignitosa e felice. 

L’articolo 3, in particolar modo, stabilisce l’obbligo per gli stati aderenti alla convenzione, di rispettare il “principio del migliore interesse del minore” in tutte le decisione che lo vedono coinvolto. Questa affermazione è di fondamentale importanza, in quanto determina le fondamenta di una giurisprudenza e di una dottrina, che ha posto le basi per un orientamento che incentra il minore come soggetto attivo del diritto e non più come oggetto di esso. 

Altre convenzioni internazionali si occupano della tutela del minore, come la convenzione dell’Aja del ’93 e del ’96, e anche queste fanno un riferimento all’essenzialità dell’interesse del minore come punto fermo per le decisioni che lo vedono coinvolto. Viene inoltre sottolineata l’importanza dell’ascolto del minore, come requisito essenziale che deve essere rispettato, prima di assumere qualunque atto nei confronti del soggetto minore d’età. 

L’articolo 24 della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, ribadisce tutte le tutele presenti nelle convenzioni internazionali, ed in particolar modo l’importanza del rispetto dell’interesse del minore e del suo ascolto. 

Anche la Costituzione italiana ci parla, dei doveri costituzionali del genitore nei confronti dei figli (art.30) e delle tutele che lo Stato deve applicare nei confronti dei meno abbienti per garantire pari dignità sociale (art.31).

Il Codice Civile è ancora più incisivo sulla tutela del minore, basti pensare all’articolo 315 bis, che prevede il diritto ad essere “mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”. Ecco che la norma, facendo riferimento alle inclinazioni naturali e alle aspirazioni del minore, mette in evidenza l’importanza del suo ascolto; a questo punto non resta che chiederci: come si traduce tutto questo all’interno del nostro ordinamento?

Ebbene, il giudice adito in un caso che vede coinvolto il minore (che si tratti di richiesta di adozione, di affidamento o persino in ambito penalistico) dovrà sempre ricercare la soluzione più adatta a garantire il suo migliore interesse. 

Convenzioni e trattati (oltre che leggi nazionali), vincolano direttamente e indirettamente il giudice ad assumere decisioni che siano in grado di ottenere il miglior vantaggio per il minore. La volontà dei genitori, pertanto, è sempre destinata a passare in secondo piano di fronte all’importanza di ottenere il miglior risultato possibile per il benessere del minore stesso.

Elemento certamente essenziale per poter riconoscere ciò che è meglio per la felicità e il benessere del minore, è il suo ascolto.  Il giudice ha il dovere di ascoltare il minore, tenendo conto della sua capacità di discernimento, in ogni questione che lo vedrà coinvolto. 

Sono sempre meno i casi in cui i giudici riconoscono l’affidamento esclusivo del minore ad uno solo dei genitori, e questo perché alla luce delle convenzioni su menzionate, è importante riconoscere al minore il diritto di vivere all’interno della propria famiglia e di mantenere un sano rapporto con entrambi i genitori. Solamente in casi di particolare gravità, dove appunto si riscontra un pericolo per l’interesse del minore, il giudice potrà disporre un affidamento di tipo esclusivo (fatti salvi quei casi particolari, in cui entrambi i genitori concordano per la richiesta di affidamento esclusivo in favore di uno solo di essi).

Il principio del migliore interesse del minore, pertanto, domina su tutto lo scenario che ha ad oggetto il minore e la sua tutela; è infatti proprio questo principio che sta alla base delle decisioni che hanno riconosciuto l’adozione di minori a coppie omoaffettive.


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Riccardo Speciale

Dottore in Giurisprudenza, praticante avvocato presso il Foro di Palermo. Laureato Magistrale presso l'Università degli Studi di Palermo. Tesi di laurea in Diritto Civile e Diritto penale: "Il principio del migliore interesse del minore: strumenti e tecniche di tutela di tipo civilistico e penalistico". Corso di Perfezionamento in DNA e cadaveri eccellenti: educazione forense, presso l'Università degli Studi di Palermo. Masterizzando in Risk Management e organizzazione sanitaria (Master Internazionale di II livello presso l'Università degli Studi di Palermo).

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