Il proprietario può far spostare dai suoi fondi le condutture elettriche?

Il proprietario può far spostare dai suoi fondi le condutture elettriche?

Prima di analizzare la questione è opportuno soffermarsi sulla servitù di elettrodotto.

Norma di riferimento è l’art. 1956 del Codice Civile secondo il quale “ogni proprietario è tenuto a dar passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia”. Tale norme, insieme al “Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”, ovverosia il Regio Decreto n.1775 del 1933, rappresenta il cardine della servitù di elettrodotto.

Come si evince dalla disposizione, tale tipo di servitù è da considerarsi coattiva che, a differenza delle servitù volontarie, può essere imposta anche contro la volontà del fondo servente.

La caratteristica della “coattività” tuttavia non significa che il proprietario di un fondo dominante possa arbitrariamente costituire tutte le servitù che vuole su altro fondo servente, ma solo che egli ha diritto di farne domanda ad un Giudice il quale, in un ordinario processo di cognizione, valuterà tutti gli elementi del caso e, se ne ricorreranno i presupposti necessari, disporrà la costituzione della servitù.

Tali servitù coattive, possono essere formate anche per volontà delle parti; il proprietario del fondo servente, sapendosi soccombente, ben potrebbe evitare la fase processuale accettando volontariamente la costituzione di servitù sul proprio fondo.

In ogni caso, sia nell’ipotesi di costituzione volontaria che mediante sentenza, la servitù dovrà essere costituita mediante atto scritto e dovrà essere previsto un indennizzo, a norma dell’art. 44 del D.P.R. n.327 del 2001, per il diminuito valore del fondo.

Le servitù coattive così costituite vanno a soddisfare delle esigenze che la legge fa prevalere rispetto a quello del proprietario che lo deve subire; esse infatti sono destinate a soddisfare una necessità e non una utilità del fondo dominante.

Tuttavia è importante considerare che,a norma dell’art. 122 del R.D. 1775/1933, la imposizione della servitù di elettrodotto non determini alcuna perdita di proprietà o di possesso del fondo servente, tanto è vero che le imposte prediali e gli altri pesi inerenti al fondo rimangono in tutto a carico del proprietario stesso.

Difatti, salvo diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù, il proprietario ha facoltà di eseguire sul fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorché essi obblighino l’esercente dell’elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per ciò sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell’esercente medesimo.

In tali casi il proprietario, deve offrire all’esercente, in quanto sia possibile, altro luogo adatto all’esercizio della servitù.

Dalla lettura della norma si evince un’altra caratteristica della servitù di elettrodotto: quella della amovibilità.

Infatti la Corte di Cassazione, con sentenza n.7883/1994 riconosce l’amovibilità come regola generale e comune alle servitù di elettrodotto, potendo essere esclusa o da uno specifico patto in tal senso, o quando la servitù riguardi condutture con tensione pari o superiore a 220.000, o quando le particolari modalità strutturali dell’impianto installato ne rendano di fatto impossibile la modificazione o lo spostamento.

In conclusione, seguendo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’art. 122, comma 4, R.D. n.1775/1933 configura un vero e proprio diritto soggettivo che legittima la pretesa di ottenere la rimozione o diverso collocamento nel caso in cui il proprietario voglia eseguire innovazioni, costruzioni o impianti senza oneri, spese e indennizzi a favore del gestore della rete.


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