Il rapporto tra confisca e procedure esecutive civili

Il rapporto tra confisca e procedure esecutive civili

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n°28242 del 10.12.2020, si è occupata di esaminare il rapporto insistente tra l’istituto della confisca e delle procedure esecutive civili.

Un tema intorno al quale si è recentemente acceso un aspro dibattito tra gli operatori di diritto e la cui esegesi, come si potrà facilmente intuire, risulta foriera di dirompenti effetti pratici nella sfera giuridica dei soggetti privati.

Ivi si assiste, infatti, ad un conflitto tra l’interesse pubblico, volto ad acquisire a titolo definitivo al patrimonio dello Stato il bene mobile e/o immobile appartenente a soggetti e/o organizzazioni che si siano resi responsabili di particolari tipi di illeciti, e l’interesse privato dei terzi che sui medesimi beni rivendichino la soddisfazione dei propri diritti creditori.

Le problematiche interpretative, come quasi sempre accade, sono figlie di un acquis legislativo non sempre chiaro e completo.

Se da un lato, infatti, il legislatore, nel d.lgs. n°159/2011, ha espressamente formalizzato la tendenziale primazia della confisca sulle procedure esecutive civili, relativamente alle altre branche e settori ordinamentali regna il silenzio.

Una lacuna non di poco conto se si pensa alle molteplici ipotesi di confisca che trasversalmente affasciano oggi le articolazioni dell’intero sistema giuridico.

Illuminato il nocciolo della questione, è d’uopo disvelare il principio di diritto statuito dalla Suprema Corte.
I Giudici Ermellini, per quanto evidenziato, anzitutto, affermano la difficoltà odierna per l’interprete di confrontarsi con l’istituto della confisca.

Essi, in maniera condivisibile, hanno asserito che il d.lgs. n°159/2011 rappresenta una disciplina speciale nel nostro sistema, pertanto escludendo che ivi possano cristallizzarsi principi di carattere generale.

In altri termini, la primazia riconosciuta all’istituto della confisca sulle procedure esecutive civili (pignoramenti e confische) trova giustificazione nell’estrema pericolosità sociale del fenomeno della criminalità organizzata.

Ciononostante, a guisa di valvola di sicurezza, anche in tali ipotesi non è del tutto esclusa la tutela dei soggetti terzi creditori laddove gli stessi dimostrino, in sede di procedimento di prevenzione e/o di esecuzione penale, la propria buona fede oggettiva.

Tale impostazione non trova terreno fertile d’elezione fuori dall’ambito applicativo del testo di legge citato, ove nel pieno rispetto dei principi che affasciano il sistema ordinamentale nostrano, nel silenzio del legislatore, il rapporto tra confisca e procedure esecutive civili è assoggettato al generale principio della successione temporale della formale iscrizione nei pubblici registri.

Sicché, a titolo esemplificativo, se la trascrizione del sequestro e della confisca sono successivi al pignoramento immobiliare, recessivo risulta essere l’istituto di carattere pubblicistico, con piena soddisfazione dei diritti creditori del terzo creditore pignorante.

Un’impostazione condivisibile, atta a conseguire un sapiente punto di equilibrio tra gli opposti interessi sottesi alla vicenda, alla quale, a parere dello scrivente, era prevedibile approdare mediante l’applicazione del principio di romanistica memoria secondo cui “Ubi lex voluit dixit, Ubi noluit tacquit”.

Ciò a dimostrazione della valenza dei crismi generali sotto la cui egida l’interprete deve sempre rimettere la propria analisi ermeneutica.


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