Il reato di falso ideologico nelle dichiarazioni sostitutive

Il reato di falso ideologico nelle dichiarazioni sostitutive

La Corte di Cassazione Penale, sez. V, con la sentenza n. 47391 del 16 ottobre 2017 ha affermato che integra il delitto di cui all’art. 483 c.p., la condotta di colui che in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attesta falsamente di non aver mai riportato condanne penali, dovendosi equiparare tale dichiarazione del privato ad un atto pubblico destinato a provare la verità dello specifico contenuto della dichiarazione (nella specie l’imputata, nella richiesta di licenza per l’installazione di apparecchi e congegni da gioco all’interno di un bar, aveva attestato falsamente di non essere sottoposta a procedimenti penali, omettendo di dichiarare la convivenza con il marito, condannato per reati di criminalità organizzata ed in stato di detenzione domiciliare).

La vicenda trae, quindi, origine da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata a suo tempo dall’imputata e disciplinata dal noto d.P.R. 445/2000. All’interno dell’atto, come di consueto in questo casi, veniva richiesto al soggetto compilatore il non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardassero l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa e di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali.

Il gestore, a tal proposito, ometteva di comunicare la presenza di un carico penale pendente nei suoi confronti e veniva imputato a giudizio ai sensi dell’art. 483 c.p. Il processo, giunto sino in Cassazione, si è concluso confermando la sentenza di condanna dei primi due gradi di giudizio poiché è stata considerata priva di pregio la tesi dell’inconsapevolezza perorata dal difensore dell’imputata.

Invero, il falso ideologico si ha nei casi in cui il documento, non contraffatto né alterato, contiene dichiarazioni menzognere e, infatti, il Legislatore esprime il concetto mediante l’espressione “attesta falsamente”.

Sussiste, poi, una distinzione con il falso materiale, in quanto le falsità materiali sono sempre punibili in quanto siano giuridicamente rilevanti, a differenza delle falsità ideologiche, che per essere sottoposte a pena, oltre la rilevanza giuridica, richiedono anche che l’autore del falso sia venuto meno all’obbligo giuridico di attestare o far risultare il vero [1].

Ritornando all’art. 483 c.p. gli elementi costitutivi del reato appaiono consoni a configurare la violazione commessa dal gestore, sia dal punto di vista oggettivo, poiché l’atto da redigere obbligava al dovere giuridico di dichiarare veridicamente, sia attraverso l’elemento oggettivo fondato dalla volontà cosciente e non coartata di omettere la presenza di carichi pendenti.

Dopo aver visionato sommariamente il disposto normativo, sembra opportuno anche esaminare la tesi difensiva dell’imputata fondata principalmente sull’inconsapevolezza della condotta.

Gli atti compilabili ai sensi del d.P.R. 445/2000 possono essere facilmente rintracciabili online sia in formato già precompilato con il mero lavoro di spunta delle voci di attestazioni richieste, sia con righe vuote da compilare manu propria. Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le Amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.

Ed, infatti, l’avviso specifico che viene rinvenuto in essi è: “consapevole delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci e formazione o uso di atti falsi ai sensi dell’art. 76 D.P.R. 445/2000, nonché della decadenza dagli eventuali benefici acquisiti in caso di non veridicità del contenuto della dichiarazione ai sensi dell’art. 75 D.P.R. 445/2000” . Il dettato trascritto, secondo la Corte di Cassazione, si mostra esser chiaro e preciso e, quindi, la scusante dell’inconsapevolezza non può avere reggenza nella duplice finalità sia cognitiva iniziale (compilazione) ossia omettendo la presenza dei carichi pendenti, sia in quella cognitiva secondaria sulle conseguenze penali che una dichiarazione menzognera/omissiva può avere in sede di presa visione da parte dell’ente.

Gli Ermellini hanno, quindi, affermato che <<appare del tutto inverosimile una pretesa inconsapevolezza della sussistenza dei precedenti penali. E ciò, in considerazione delle garanzie di legge, incentrate sull’informativa dell’imputato>>. E’ risultato evidente alla Corte, la precisa condotta del gestore di celare quanto a sua esclusiva conoscenza ed imprescindibilmente rilevante ai fini dell’ottenimento di una licenza.

Va da sé, infine, che la rilevanza penale per codeste autocertificazioni, non è afferente esclusivamente alla comunicazione della propria situazione penale, ma tutti le voci richieste in sede di compilazione.


[1] F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale – Parte generale, Milano XVI ed., 2003.


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Alberto Maria Acone

Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II" Diploma Accademico presso LUMSA Master School in "Cybercrime i lati oscuri della rete. Corso di Diritto Penale dell'Informatica" Corso di Perfezionamento in tecnica e Deontologica dell'Avvocato Penalista presso la Camera Penale Irpina Winter school presso Università degli Studi di Napoli "Federico II"- Spazio Giuridico Europeo e tutela dei diritti dell'imputato tra processo e carcere" Corso di Perfezionamento in Scienze Penalistiche Integrate presso Università degli Studi di Napoli Federico II Esercita la propria attività professionale presso lo Studio legale Associato Acone in Avellino

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