Il ricorso incidentale e la dibattuta questione dell’ordine di trattazione con il ricorso principale

Il ricorso incidentale e la dibattuta questione dell’ordine di trattazione con il ricorso principale

Il ricorso incidentale è uno strumento che assume rilevanza nelle procedure concorsuali, tra cui rientra anche la materia degli appalti pubblici, in cui più soggetti concorrono per uno stesso interesse.

Ai sensi dell’art. 42 del d.lgs 104/2010, cosiddetto codice del processo amministrativo, le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande, mediante ricorso incidentale, il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale.

Si tratta, quindi, di uno strumento volto a paralizzare l’azione del ricorrente e conservare i vantaggi derivanti dal provvedimento impugnato. Da ciò deriva che ha una natura accessoria rispetto al ricorso principale.

Il ricorso incidentale è uno strumento di difesa attiva, cioè, diversamente dalla mera contestazione dei vizi e motivi dedotti dalla controparte, il ricorrente incidentale amplia il thema decidendum impugnando in una diversa fase il provvedimento oggetto dell’impugnazione in via principale.

Ovviamente l’effetto difensivo può essere molto forte. A titolo esemplificativo può considerarsi una graduatoria: il secondo classificato impugna l’atto amministrativo; a sua volta il concorrente aggiudicatario originario, che subirebbe un nocumento dall’annullamento della procedura, può ammettere fondati i motivi dedotti dal concorrente, ma impugnare lo stesso provvedimento deducendo ulteriori vizi e motivi, che se accolti gli garantirebbero il mantenimento del proprio vantaggio.

Non è mai stata in discussione la legittimazione a proporre ricorso incidentale del soggetto controinteressato, il quale riceve una specifica utilità dal provvedimento e ha quindi interesse alla sua conservazione.

Più dibattuta, invece, è la questione della legittimazione della stessa Pubblica Amministrazione che abbia emanato l’atto amministrativo impugnato. Netta è la frattura causata dal codice del processo amministrativo.

Tradizionalmente, infatti, si riteneva che la PA non potesse proporre ricorso incidentale, basandosi sulla argomentazione per cui questa potesse agire in via di autotutela per risolvere errori del provvedimento da essa emanato.

Con l’art. 42 c.p.a., però, è stato fatto un passo in avanti poiché si estende la legittimazione attiva anche alla PA, nello specifico nel caso in cui essa non possa agire esercitando i propri poteri di autotutela. L’esempio tipico è il caso in cui l’atto impugnato sia stato adottato da altra PA. In conclusione di tale questione, si è voluto garantire il principio della parità di trattamento rispetto al controinteressato.

Nonostante ci siano punti fermi in relazione al ricorso incidentale, non è pacifico l’ordine di trattazione del ricorso incidentale e principale. Questa è una esigenza richiesta dalla prassi per arrivare ad una decisione.

Dinanzi a una disciplina positiva lacunosa, è intervenuta la giurisprudenza sia nazionale che comunitaria.

A livello nazionale si è espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in diverse pronunce, delle quali sono rilevanti quelle del 2008 e del 2011.

Nel 2008, i giudici di Palazzo Spada hanno deciso che l’ordine di esame debba essere deciso dal giudice per ogni singolo caso, tenendo conto dei principi di parità delle parti ed economia processuale. Soltanto se venga messa in dubbio la legittimità della procedura di gara, tanto che in caso di fondatezza dei ricorsi la PA sarebbe obbligata a indire una nuova gara, il giudice deve esaminare entrambi i ricorsi.

La dottrina, invece, richiama l’art. 76 del c.p.a., che fa riferimento all’art. 276, co. 2, del codice di procedura civile. Da questo si ricava che deve essere esaminato in via prioritaria il ricorso incidentale quando metta in discussione la legittimazione ad agire del ricorrente principale. Nel caso di fondatezza del ricorso incidentale, il giudice non deve proseguire con la trattazione del ricorso principale.

Alla luce di questo orientamento dottrinario, il massimo consesso amministrativo si è pronunciato nel 2011 creando la categoria del ricorso incidentale escludente. Nello specifico il ricorso incidentale deve essere esaminato per primo nel caso in cui censuri la legittimazione ad agire del ricorrente principale. Se l’impugnazione in via incidentale risulta fondata, preclude l’esame del ricorso principale. Il giudice, pertanto, deve limitarsi alle questioni di rito, non potendo passare alla trattazione nel merito del ricorso principale, per carenza delle condizioni dell’azione. In questa posizione della giurisprudenza è palese l’intento deflattivo del contenzioso.

Dal punto di vista dogmatico è la soluzione corretta poiché il giudice darebbe la precedenza alle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

Dal punto di vista della effettività della tutela, invece, causa più problemi poiché attribuisce una posizione di illegittimo vantaggio al ricorrente incidentale.

Per questa ragione la Plenaria ha rimesso più volte la questione alla Corte di Giustizia, in relazione alla conformità di una siffatta norma nazionale rispetto ai principi cardine del diritto europeo: tutela della concorrenza, non discriminazione, parità delle parti.

Il giudice euro-comunitario si è espresso più volte sulla questione ma sempre in termini costanti, dimostrando una netta presa di posizione.

Importanti punti di riferimento solo le pronunce Fastweb del 2013 e Puligienica del 2016, stabilendo che il giudice dello Stato Membro deve esaminare necessariamente sia il ricorso incidentale che quello principale, a garanzia del principio di effettività della tutela.

La giurisprudenza nazionale successiva al 2016 ha dimostrato di recepire l’orientamento del giudice comunitario, tuttavia, ha spostato l’attenzione dal vizio censurato al vantaggio sotteso al singolo ricorso. Il giudice, perciò, deve esaminare entrambi i ricorsi, ma solo nel caso in cui il ricorrente principale otterrebbe un vantaggio dall’accoglimento del suo ricorso. Nel caso in cui non ottenga alcun vantaggio, il giudice deve limitarsi alla trattazione del solo ricorso incidentale.

Questo ha riaperto il dibattito relativo all’effettività della tutela e il massimo giudice amministrativo ha nuovamente rimesso la questione alla Corte di Giustizia nel 2018.

Nel 2019 il giudice euro-comunitario si espresso ancora una volta (e si spera anche l’ultima), ma ha dimostrato di essere ancora legato al suo orientamento risalente al 2016.

In conclusione, il giudice deve esaminare entrambi i ricorsi in virtù del principio di effettività della tutela, molto importante a livello europeo e da tenere in considerazione a livello nazionale.


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Dott. Antonio D'Atteo

Laureato presso l'Università di Foggia, con tesi in Diritto Processuale Amministrativo dal titolo "Ordine di trattazione del ricorso principale e ricorso incidentale", attualmente praticante in diritto del lavoro e diritto tributario

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