Il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice tributario

Il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice tributario

Sommario: 1. Il fatto – 2. L’ordinanza interlocutoria – 3. Ragioni a fondamento delle Sezioni Unite – 4. La decisione

 

 

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili con sentenza pubblicata il 24 dicembre 2019, n. 34447 ha risolto un annoso contrasto afferente la giurisdizione in relazione al Giudice competente a conoscere le controversie riguardanti la prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento e/o intimazione di pagamento.

1. Il fatto

Il Tribunale Ordinario di Palermo nel giudizio in opposizione allo stato passivo instaurato ai sensi dell’art. 98 della Legge Fallimentare [i], dall’ente riscossore, dopo aver confermato la statuizione del giudice delegato, aveva ammesso al passivo i crediti del fallimento solamente parzialmente, essendo taluni crediti prescritti in virtù del termine di prescrizione decorso dopo la notifica delle cartelle non impugnate.

Avverso la predetta decisione l’Agenzia delle Entrate e Riscossione proponeva ricorso per Corte di Cassazione in quanto sosteneva che il decreto emesso dal Tribunale di Palermo violava l’art. 2 del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546[ii] in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.[iii], in quanto il giudice ordinario pur essendo a conoscenza dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla curatela fallimentare, avrebbe dichiarato l’estinzione dei crediti erariali per decorso del termine di prescrizione non rispettando il principio secondo cui, <<spetta al giudice tributario che è fornito di giurisdizione sull’obbligazione tributaria, conoscere dell’eccezione di prescrizione, anche se maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione stessa>>. Con ordinanza interlocutoria n. 20050 del 24 luglio 2019[iv] la Prima Sezione ha trasmesso gli atti al Presidente per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

2. L’ordinanza interlocutoria

La prima sezione eccepiva riserve sull’orientamento secondo cui, in sede di ammissione al passivo fallimentare, il curatore ha facoltà di eccepire la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella in considerazione di un fatto estintivo dell’obbligazione che involge sia l’an che il quantum del tributo, sicché la giurisdizione sulla relativa controversia spetta al giudice tributario.

Le Sezioni Unite osservano come, sulla scorta della sentenza della medesima Corte n. 144 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), come sostituito dal D.Lgs 26 febbraio 1999, n. 46, art.16, non si può presente quel vuoto di tutela normativa che aveva indotto ad assegnare alla giurisprudenza tributaria le controversie aventi ad oggetto questioni e fatti successivi alla notifica della cartella, come nel caso della prescrizione. Ragion per cui è possibile assegnare la giurisdizione al giudice ordinario.

3. Ragioni a fondamento dell’orientamento delle Sezioni Unite

L’orientamento consolidato dalle Sezioni Unite è frutto di un’elaborata interpretazione che si fonda sull’analisi dell’art. 2 del D.Lgs n. 546 del 1992, secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende a “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi in ogni genere e specie”. Ne consegue che il Giudice tributario sia l’unico competente a conoscere ogni controversia relativa sia all’an che al quantum del tributo dovuto, ivi compresa la prescrizione del credito tributario maturato successivamente alla formazione del titolo esecutivo racchiuso nella cartella esattoriale.

Asserito ciò, i giudici di legittimità evidenziano come, in verità l’art. 2, del D.Lgs n. 546 del 1992, sostituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, prevede che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50”.

Dunque rileva come la notifica della cartella di pagamento non impugnata dal contribuente, nel giudizio tributario, determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che sfugge alla giurisdizione del giudice tributario non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione che è proprio del rapporto tributario.

La Suprema Corte, in conclusione, afferma che la giurisdizione del giudice ordinario sussiste in tutte le controversie che si collocano a valle della notifica della cartella di pagamento ove non vi è spazio per la giurisdizione del giudice tributario e l’azione esercitata dal contribuente assoggettato alla riscossione, che non riguarda la mera regolarità formale del titolo esecutivo o di atti della procedura, debba qualificarsi come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.[v] essendo contestato il diritto di procedere a riscossione coattiva per fatto estintivo successivo al formarsi della pretesa.

4. La decisione

Con sentenza n. 3447 emessa il 24 dicembre 2019 e depositata il 27 dicembre 2019, le S.U. hanno rigettato il ricorso presentato dall’Ente Riscossore per due ordini di motivi.

Il primo motivo si fonda sulla base del principio secondo cui qualora, in sede di ammissione al passivo fallimentare, sia eccepita dal curatore la prescrizione del credito tributario maturata a posteriori della notifica della cartella di pagamento, che segna il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo, viene in considerazione un fatto estintivo successivo dell’obbligazione tributaria la cui competenza per giurisdizione non è attribuibile al giudice tributario bensì al giudice ordinario (nel caso di specie al G.E.) in sede di verifica dei crediti e il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva.

Il secondo motivo di rigetto si pone sull’omessa considerazione del Tribunale che il termine di prescrizione applicabile alla fattispecie de quo non era quello quinquennale, bensì quello decennale, essendo le cartelle notificate e non opposte e, quindi, essendo la pretesa tributaria divenuta definitiva.

In conclusione, l’insegnamento della Corte di legittimità è riassumibile nell’assunto secondo cui nei casi di opposizione alla riscossione esattoriale il Giudice competente a conoscere l’eccezione di prescrizione verificatasi successivamente alla notifica della cartella di pagamento è il Giudice ordinario (e non il Giudice Tributario) trattandosi di una fattispecie di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., dunque proponibile senza limiti temporali, ed essendo questa rimessa dinanzi la giurisdizione ordinaria.

 

 


Note
[i] Art. 98 Legge fallimentare (Impugnazioni) “1. Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione. 2. Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione è proposta nei confronti del curatore. 3. Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore. 4. Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili decorsi i termini per la proposta della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore. 5. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con il decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata”.
[ii] Art. 2 del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992 n. 546 (Oggetto della giurisdizione tributaria) “1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. 2. Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. 3. Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio”.
[iii] Art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso) “1. Le sentenze pronunziate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”.
[iv] Vedi Ordinanza interlocutoria n. 20050 del 24 luglio 2019.
[v] Art. 615 c.p.c. (Forma dell’opposizione) “1. Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o per valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla procedura contestata. 2. Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa [disp. att. 184]. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto [disp. att. 184,195, 186]. Nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”.

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