Il trattamento sanitario nel caso dei Testimoni di Geova

Il trattamento sanitario nel caso dei Testimoni di Geova

L’articolo 32 della Costituzione prevede che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

I medici, nello svolgimento della loro attività, si trovano dinnanzi ad una vera e propria sfida quando i loro pazienti sono testimoni di Geova. I seguaci di questa fede, per profondi principi religiosi, ritengono che non sia loro consentita la pratica della trasfusione. Sostanzialmente i Testimoni di Geova non accettano il sangue intero omologo o autologo, eritrociti concentrati, globuli bianchi o piastrine.

Molti fedeli di questa religione permetteranno solo l’uso della macchina cuore-polmone (non avviata con sangue), dell’apparecchiatura per la dialisi o di apparecchiature affini qualora la circolazione extracorporea è ininterrotta.

In casi come questo il personale sanitario non deve preoccuparsi di eventuali responsabilità; questo perché i Testimoni di Geova prenderanno le adeguate misure legali per esonerarlo da ogni responsabilità conseguente al loro consapevole rifiuto del sangue.

I Testimoni di Geova accettano liquidi sostitutivi che non contengono sangue. L’uso di queste e di altre accurate tecniche ha permesso ai medici di eseguire interventi chirurgici piuttosto complessi su ogni tipo di pazienti Testimoni (che siano adulti o minorenni). È stato quindi adottato per tali pazienti uno standard di assistenza medica che si concilia con il principio di curare la “persona integrale”.

Il problema principale per il personale medico si presenta nel momento in cui vi sono situazioni di emergenza in cui è necessario intervenire.

La posizione dei Testimoni di Geova riguardo i trattamenti sanitari

Paradossalmente i testimoni di Geova non rifiutano completamente i trattamenti sanitari; anzi tra le loro file vi sono numerosi medici. Però il loro essere profondamente religiosi li porta a credere che il rifiuto alle trasfusioni sia scritto all’interno di passi sacri come: “Solo non dovete mangiare la carne con la sua anima, col suo sangue” (Genesi 9:3-4); ‘Ne devi versare il sangue e lo devi coprire di polvere’ (Levitico 17:13-14); e: ‘Astenetevi dalla fornicazione e da ciò che è stato strangolato e dal sangue’ (Atti 15:19-21)[1].

Pur non essendo previsto in nessuno dei versetti poc’anzi citati, i Testimoni di Geova rifiutano la trasfusione di sangue intero, di eritrociti concentrati e di plasma, nonché la somministrazione di globuli bianchi e di piastrine. Il credo religioso dei Testimoni, però, non vieta categoricamente l’uso di parti come albumina, immunoglobuline e preparati per l’emofilia; ciascun Testimone deciderà, in piena autonomia, personalmente se accettarli.

Inoltre i Testimoni di Geova ritengono che il sangue prelevato dal corpo debba essere distrutto; ed a questo proposito, i seguaci di questa fede rifiutano anche le autotrasfusioni di sangue pre-depositato. Sono, inoltre, contrari alle tecniche di raccolta o emodiluizione che nel corso dell’intervento operatorio comportano la conservazione di sangue[2].

Per quanto riguarda, infine, i trapianti, i Testimoni di Geova ritengono che non vi sia alcun passo sacro che li vieti; per queste ragioni è lasciata libera scelta a ciascun credente se accettarli o meno.


[1] Ehovah’s Witnesses and the Question of Blood. Brooklyn, NY, Watchtower Bible and Tract Society, 1977, pp. 1-64.

[2] Molti Testimoni però consentono l’uso di apparecchiature per la dialisi o della macchina cuore-polmone (non avviata con sangue) nonché il ricupero del sangue nel corso dell’intervento operatorio purché la circolazione extracorporea sia ininterrotta; il medico vorrà chiedere a ogni singolo paziente ciò che la sua coscienza gli comanda.


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