Inosservanza del Decreto “Io resto a casa” e contestazione dell’art. 650 c.p. Come comportarsi?

Inosservanza del Decreto “Io resto a casa” e contestazione dell’art. 650 c.p. Come comportarsi?

Come tutti sappiamo, il Presidente del Consiglio su proposta del Ministro della Salute, in data 09/03/2020, ha esteso a tutto il territorio nazionale le misure adottate il giorno 08/03/2020 per alcune zone del Nord Italia al fine di contenere il contagio da Coronavirus.

In particolare, dal combinato disposto dei due DPCM, si evince come siano da evitare (il divieto assoluto è previsto solo per soggetti positivi o in quarantena, ma ça va san dire è comunque il caso di astenersi!) gli spostamenti sia all’interno del proprio Comune di residenza, sia – soprattutto – quelli al di fuori di esso, a meno che tali spostamenti non siano determinati da: 1) comprovate esigenze lavorative; 2) situazioni di necessità; 3) spostamenti per motivi di salute; 4) rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

Per l’attuazione (e per il rispetto!) delle misure di contenimento previste dal Decreto, su tutto il territorio nazionale le forze di polizia, statali e locali, stanno effettuando controlli a campione sugli automobilisti in transito al fine di verificare se i loro spostamenti siano giustificati dalle cause dapprima richiamate.

Difatti, qualora non lo siano, entra in gioco l’art. 4, comma 1, DPCM 8 Marzo 2020 in forza del quale “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.

Rispetto a tale previsione, prima di illustrare come ci si debba comportare in caso di contestazione, è necessaria fare una precisazione: il circolante senza giusto motivo andrà incontro alla sanzione prevista dall’art. 650 c.p.; tuttavia la clausola di salvezza “salvo che il fatto costituisca più grave reato” consente di punire il reato più grave se, ad esempio, egli renda false dichiarazioni al Pubblico Ufficiale in occasione del controllo (art. 495 c.p.).

La differenza è evidente in punto di sanzioni: la condanna ad una pena pecuniaria nel primo caso, la reclusione nel secondo.

Volendo prescindere dalle fattispecie di reato più gravi (si confida, difatti, nel buon senso di tutti…) l’art. 650 c.p. dispone che “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda, fino a € 206,00”.

Tale norma disciplina una contravvenzione (da non confondere con quelle previste dal Codice della Strada, in quanto si tratta di un vero e proprio reato!) ed è quella che, tecnicamente, viene definita norma penale in bianco: vale a dire una norma di rango primario che, per la determinazione del reato, rinvia ad una fonte secondaria individuata, nel nostro caso, nel DPCM.

E la condotta incriminata consiste proprio nell’inadempimento delle disposizioni del Decreto.

Ma cosa succede all’automobilista che, fermato dalle forze di polizia, sia sprovvisto di una causa di giustificazione?

Conseguenza dall’inottemperanza è l’apertura di un vero e proprio procedimento penale (è sufficiente questo per distinguere tale ipotesi dalla contravvenzione prevista dal Codice della Strada) cui seguirà l’irrogazione di una sanzione alternativa tra 3 mesi di arresto o € 206,00 di ammenda.

In altri termini l’automobilista “scellerato” viene invitato dalle forze dell’ordine a fornire le proprie generalità, ad eleggere domicilio ed a procedere con la nomina di un difensore di fiducia (in mancanza viene assegnato un difensore d’ufficio).

Le Autorità procedono, conseguentemente, con la comunicazione della notizia di reato alla Procura della Repubblica competente per territorio.

Successivamente alla comunicazione della notizia di reato si apre un possibile scenario: cioè che il procedimento penale si concluda con un decreto penale di condanna che dispone l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria.

Difatti, posto che il reato (contravvenzione) di cui all’art. 650 c.p. può essere alternativamente punito con l’arresto o l’ammenda, qualora il Pubblico Ministero ritenga, ai sensi dell’art. 459 c.p.p., di applicare la sola pena pecuniaria, ne fa richiesta motivata al Giudice per le Indagini Preliminari il quale, in caso di accoglimento, emetterà il decreto inaudita altera parte, cioè senza il contraddittorio tra le parti.

A questo punto, ricevuta la notifica del provvedimento di condanna, è fondamentale che l’automobilista non provveda al pagamento della sanzione ivi disposta.

E tanto perché il pagamento corrisponderebbe alla esecuzione della condanna con conseguente menzione nel casellario giudiziale: in seguito al pagamento, cioè, il soggetto non risulterebbe più incensurato.

Dunque, appena ricevuta la notificazione del provvedimento del GIP, è necessario che il condannato si rechi da un avvocato il quale entro 15 giorni dalla notifica provvederà alla c.d. “opposizione a decreto penale di condanna” con richiesta di oblazione.

L’oblazione è un istituto giuridico in forza del quale, per gli illeciti di lieve gravità, il pagamento di una certa somma estingue il reato. In particolare, ai sensi dell’art. 162 bis c.p., per le contravvenzioni punite, alternativamente, con l’arresto o con l’ammenda, il pagamento di una somma pari alla metà del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa (oltre alle spese processuali) estingue il reato.

Con l’ordinanza di ammissione all’oblazione, il Giudice titolare del procedimento fissa la somma da versare entro un termine e ne fa dare notizia al richiedente, il quale potrà assumere informazioni in cancelleria sulla quantificazione esatta delle spese processuali.

Una volta eseguito il versamento, l’oblato deve depositare presso la cancelleria GIP una delle copie del modello F23 con la data di accettazione ed il timbro dell’istituto bancario/ufficio presso il quale è stato eseguito il pagamento.

Il Giudice, in seguito alla prova di avvenuto pagamento, emette sentenza di non doversi procedere con la quale dichiara l’estinzione del reato.


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