Interdittiva prefettizia antimafia: normativa e principi generali

Interdittiva prefettizia antimafia: normativa e principi generali

Secondo quanto previsto dagli artt. 91 e ss. del Codice Antimafia, i presupposti per il rilascio del provvedimento interdittivo da parte dell’autorità prefettizia territorialmente competente, sono individuati nei casi di decadenza, sospensione o divieto come effetto delle misure di prevenzione, ex art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011, nonché nei tentativi di infiltrazione mafiosa, desumibili a norma dell’art. 84, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011.

Orbene, l’autorità prefettizia, mediante l’informativa antimafia esprime in via preventiva un motivato giudizio concernente il possibile pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa e permette di interdire qualsivoglia rapporto con la P.A. o l’ottenimento di qualsiasi sussidio, beneficio economico o sovvenzione. In particolare, il quarto comma dell’art. 84 stabilisce le fattispecie relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione della suddetta misura ossia: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli artt. 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter, del codice penale, dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all’art. 12 quinquies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione; c) salvo che ricorra l’esimente di cui all’articolo 4 della legge 24 novembre 1981 n. 689, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell’art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei soggetti indicati nella lettera b) dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste; d) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno ai sensi del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982 n. 726, ovvero di quelli di cui all’art. 93 del presente decreto; e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della lettera d); f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia.

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, l’interdittiva antimafia ha lo scopo di anticipare il momento in cui la P.A. può intervenire in sede di autotutela amministrativa, al fine di evitare le eventuali ingerenze della criminalità organizzata nell’attività d’impresa e ciò risulta evidente anche dal disposto normativo del comma 3 dell’art. 84 del decreto legislativo n. 159/2011 in base al quale, le informative prefettizie hanno ad oggetto la verifica dell’esistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate, da cui si evince che è sufficiente anche la mera eventualità che l’impresa possa, anche in via indiretta, favorire la criminalità. In ambito giurisprudenziale, il Consiglio di Stato ha individuato i principi ai quali si devono attenere le prefetture in sede di emanazione delle informative antimafia sia individuando gli elementi oggettivi rilevanti in materia, sia evidenziando i criteri per la motivazione di tali misure, in particolare, “la motivazione del provvedimento prefettizio deve indicare gli elementi di fatto posti alla base di tale valutazione, desunti da provvedimenti giudiziari, atti di indagine, accertamenti svolti dalle Forze di Polizia in sede istruttoria ed esplicitare le ragioni in base alle quali, secondo la logica del <<più probabile che non>>, sia ragionevole dedurre da uno o più di tali elementi indiziari, gravi, precisi e, se plurimi, anche concordanti il rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa anche solo eventualmente, per relationem, con richiamo ai provvedimenti giudiziari o agli atti delle stesse Forze di Polizia, laddove già contengano con chiarezza il percorso logico di siffatta valutazione” ( Cons. Stato Sez. III del 03.05.2016 n. 17343).

Infine, risulta particolarmente importante la ratio dell’istituto individuata dal Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa il quale afferma che “nella salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: l’interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti «affidabile») e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge”. (Cons. Stato Sez. III del 16.06.2016 n. 2683).


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Ettore Errigo

Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" ed abilitato all'esercizio della professione di avvocato. Ha svolto la pratica forense presso l'Avvocatura dello Stato e dal 2018 collabora presso uno studio legale di Ragusa specializzato in diritto civile. Si occupa prevalentemente di consulenza ed assistenza in materia di obbligazioni e contratti nonchè in materia di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e del contenzioso in materia sanitaria.

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