La c.m.s. va esclusa dal calcolo ai fini del tasso-soglia

La c.m.s. va esclusa dal calcolo ai fini del tasso-soglia

Tenuto conto del tenore dell’art. 1852 c.c., secondo cui “il correntista può disporre in qualunque momento delle somme risultanti a suo credito”, sin dai primi studi compiuti in materia, alla “commissione di massimo scoperto”, consistente nella percentuale applicata dalla banca sulla punta massima di utilizzo del credito, è stato attribuito dalla dottrina il carattere “di corrispettivo dell’obbligo della banca di tenere a sua disposizione (dell’accreditato n.d.r.) una determinata somma e per un tempo determinato ….. più frequentemente è conteggiata ad ogni chiusura di conto (provvisoria o definitiva) in una misura percentuale sul massimo scoperto del periodo considerato e cioè sulla esposizione massima effettivamente raggiunta” (G. Molle – I contratti Bancari , pag. 176).

Più affinate e recenti elaborazioni, nel confermare tale carattere di corrispettivo, meglio ne evidenziavano la sinallagmaticità nel contesto del contratto di apertura di credito in conto corrente, illustrando come: “L’introduzione di una commissione sul credito accordato rinviene il suo fondamento nell’esigenza di riconoscere nell’ambito dell’unitario rapporto instauratosi tra banca e cliente in conseguenza della conclusione di un contratto di apertura di credito in conto corrente una duplice utilità in favore dell’accreditato: l’erogazione effettiva dei fondi, a cui corrisponde in termini di controprestazione l’addebito degli interessi pattuiti e la contestuale messa a disposizione dei fondi stessi, con conseguente obbligo di erogare il credito a carico della banca a semplice richiesta da parte del cliente. Orbene non può essere revocato in dubbio che anche la seconda prestazione debba trovare adeguata remunerazione da parte del cliente. Essa comporta un sicuro onere per la banca che è comunque costretta, a prescindere dal concreto utilizzo da parte dei clienti, a tenere a disposizione degli stessi una certa giacenza liquida con corrispondente incremento del costo di gestione della propria tesoreria. Di contro gli affidati conseguono un sicuro vantaggio economico, potendo meglio gestire la propria liquidità in considerazione appunto della facoltà garantitagli di poter, in qualsiasi momento e senza preavviso, conseguire l’erogazione del credito, nei limiti dell’affidamento. (V. Farina – La determinazione giudiziale del credito bancario in conto corrente, B.B.T.C., 1999, 3, 340).

E che tale sia la corretta attribuzione di funzioni e natura della provvigione in argomento trova la più valida conferma nella definizione che la Banca d’Italia formulava in proposito nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura – aggiornamento febbraio 2006”: “Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto. Tale compenso – che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni – viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento”.

Così delineata la natura e funzione della provvigione in questione, appare evidente come la stessa non possa essere ricompresa nel computo del TEG di cui all’art. 2, I comma, della citata Legge 108/96.

Ed invero, la predetta norma non contiene alcuna espressa menzione della commissione di massimo scoperto.

Di più: basti considerare che i Decreti Ministeriali trimestrali – vigenti ratione temporis – di rilevazione dei tassi soglia ai fini dell’applicazione della disciplina sull’usura, pur prevedendo, esplicitamente la misura delle commissioni di massimo scoperto, puntualizzavano in proposito, già con il primo di tali decreti, del 22 marzo 1997: “La commissione di massimo scoperto è stata oggetto di autonoma rilevazione e pubblicazione, similmente a quanto avviene nell’applicazione dell’analoga legislazione in Francia”; formula costantemente perpetuata.

In coerenza, la Banca d’Italia, vale a dire l’organo tecnico deputato dal Legislatore alla rilevazione ed elaborazione dei dati di riferimento, ancora nelle disposizioni in materia, contenute nel “Bollettino di Vigilanza, n. 12 – Dicembre 2005”, altrettanto esplicitamente evidenziava come: “ ….. la commissione di massimo scoperto (infra CMS) non rientra nel calcolo del TEG ed è rilevata separatamente; la misura media rilevata, espressa in termini percentuali, è riportata in calce nelle tabelle dei tassi”.

La motivazione di tale esclusione riposava peraltro sulla piana considerazione che, al contrario del tasso di interesse, trattasi di un onere la cui quantificazione sfugge a qualunque possibile previsione della Banca, essendo (al pari di altri oneri quali, ad esempio, le spese per le singole operazioni disposte dal correntista) unicamente ragguagliata, come visto, alla condotta del cliente, attraverso le modalità di utilizzo del fido dallo stesso attuate, e rimessa quindi esclusivamente alla libera volontà di quest’ultimo (P. Ferro-Luzi – Ci risiamo (a proposito dell’usura e della commissione di massimo scoperto) – Giur. comm. 2006, 5, 671).

E peraltro, avveduta della estraneità, per natura e funzione, della commissione di massimo scoperto all’ambito tecnico-giuridico della categoria degli interessi, la più affinata giurisprudenza non ha mancato di riconoscere: “ … l’introduzione di una commissione sul credito accordato trova il suo fondamento nell’esigenza di riconoscere nell’ambito del rapporto unitario instaurato con la banca una duplice utilità in favore del cliente accreditato: l’erogazione effettiva dei fondi e la contestuale messa a disposizione dei fondi con obbligo di erogare il credito, a semplice richiesta da parte del cliente. Controprestazione della prima condotta della banca è l’addebito degli interessi pattuiti e controprestazione della seconda è costituita, appunto, dalla c.m.s. (…). Appare sufficientemente provato che la c.m.s., in ragione della sua natura e delle sue funzioni, non può, a differenza dell’anatocismo, essere considerata una componente dell’interesse o una modalità di calcolo dell’interesse” (Trib. Torino, 9 aprile 2001, inedita; nello stesso senso App. Lecce, 27 giugno 2000, inedita).

Ed ancora: La commissione di massimo scoperto è il corrispettivo destinato a remunerare la specifica prestazione della banca consistente immediata ed integrale messa a disposizione dei fondi di cui all’apertura di credito, con il conseguente obbligo per la banca di erogare il credito a semplice richiesta del cliente; in maniera “anomala” rispetto alla sua funzione viene calcolata (non sull’importo del fido accordato, ma) sul massimo saldo dare del cliente, con riferimento a ciascun periodo di liquidazione degli interessi, ma non costituisce una componente degli interessi od una modalità di loro calcolo, essendo destinata ad operare su un piano diverso e a remunerare una diversa controprestazione della banca” (Trib. Torino, 23 luglio 2003 in Giur. merito 2004, 283).

La risalente pronuncia della Corte di Appello di Milano, Pres. Rel. Raimondo Mesiano, intervenendo sul punto, con sentenza del 12 gennaio 2016 ha chiosato come segue“In materia di usura oggettiva, per espressa previsione di legge la commissione di massimo scoperto non entra nel computo del TEGM per il periodo ante 2010, per cui non rileva ai fini della verifica del superamento del Tasso Soglia. Invero, la L. n. 2 del 2009, la quale è una legge dello Stato in senso formale ed ha quindi pari dignità rispetto alla legge sull’usura, nel prevedere un nuovo sistema di rilevazione “all inclusive”, ha espressamente stabilito che il sistema di calcolo del TEGM invalso precedentemente presso la Banca d’Italia, che era caratterizzato dalla esclusione della CMS dal calcolo degli interessi, sia considerato valido fino a tutto il 31 dicembre 2009.”.  

Altrettanto lapidaria, e conforme alla pronuncia testé citata, è la sentenza del Tribunale di Palermo, Dott. Giuseppe De Gregorio, datata  17 febbraio 2016: “La commissione di massimo scoperto (CMS) non deve essere conteggiata ai fini della determinazione del tasso soglia. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della L. 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la B.D., emana disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’articolo 2 della L. 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni. La formula indicata dalle istruzioni della B.D. con esclusione dal calcolo del T.E.G. delle commissioni di massimo scoperto, si applica fino all’entrata in vigore della nuova disciplina, evidentemente sino a quel momento dovendosi considerare la CMS come voce estranea alla erogazione del credito. Sostenere che anche prima della introduzione della nuova disciplina normativa, la commissione di massimo scoperto avrebbe dovuto essere inclusa nel tasso applicato dal singolo operatore (TEG), condurrebbe ad un risultato incongruente, poiché da una parte, la CMS dovrebbe essere inclusa nel TEG, a fronte di un tasso soglia costituito dal TEGM + 50% che non include la CMS.”. (Conformi anche  Tribunale Modena, Dott. Paolo Siracusano, 03 febbraio 2016  n.250; Tribunale di L’’Aquila, dott. Ciro Riviezzo, 03 marzo 2016, n.208; Tribunale di Rovigo, dott.ssa Pierangela Cossu, 11 marzo 2015; Tribunale di Lecco, dott.ssa Federica Trovò, 07 agosto 2015, n.602; Tribunale di Milano, dott.ssa Cinzia Cassone, 24 settembre 2015, n.10737; Tribunale di Lodi, dott.ssa Arianna D’Addabbo, 21 ottobre 2015; Tribunale di Monza, dott. Giovanni Battista Nardecchia,  11 novembre 2015).

Autorevole  e recentissima conferma di tale orientamento proviene dalla Suprema Corte, sent. n. 12965/2016, che dopo aver chiosato “la pattuizione di interessi usurari non è, infatti, eventualità che si verifica nei soli contratti di mutuo, bensì in qualsivoglia contratto avente funzione creditizia al quale può essere associata la corresponsione di interessi, compresa dunque l’apertura  di credito in conto corrente” ha poi chiaramente affermato che la c.m.s., applicata dagli istituti di credito ante Legge n. 2 del 2009, non deve essere presa in esame quale base di calcolo del tasso usurario, fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009: “la commissione di massimo scoperto, applicata fino all’entrata in vigore dell’art. 2-bis d.l. n. 185 del 2008, deve ritenersi in thesi legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il TEGM – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d’Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinate il tasso soglia usurario, dato atto che ciò che è avvenuto solo dal 1 gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM; ne consegue che l’art. 2-bis del d.l. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644, co. 3, cod. pen., bensì disposizione con portata innovativa dell’ordinamento […] derivandone che per i rapporti bancari esauritesi prima del 1 gennaio 2010, allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non debba tenersi conto delle CMS applicate dalla banca ed invece essendo tenuto il giudice a procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso-soglia usurario”.

Da tali univoche e concordi conclusioni, normative in primis, giurisprudenziali e dottrinarie poi, nel senso della acclarata estraneità della commissione di massimo scoperto all’ambito concettuale degli interessi, non si può che ricavare la categorica esclusione, al riguardo, di ogni possibile ipotesi di anatocismo a proposito del periodico computo delle commissioni in parola, a meno di arbitrarie forzature dell’inequivoco disposto dell’art. 1283 c.c..

Al tempo stesso si deve altresì escludere che risulti corretta – con riguardo alle richiamate disposizioni allora vigenti – l’impostazione in ordine alla inclusione della commissione in argomento nel computo del TEG.


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Antonello Amari

Praticante Avvocato abilitato
Pr. Avvocato abilitato dell'Ordine di Roma; Amministratore di Condominio; Mediatore Civile e Commerciale; Collaboratore delle seguenti riviste: "Giurimetrica", edita da Alma Iura s.r.l.; rivista online "Exparte Creditoris"; rivista online "Il caso.it".

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