La Cassazione condanna la banca per patema d’animo causato al correntista

La Cassazione condanna la banca per patema d’animo causato al correntista

Commento a Cass. civ., sez. I, 13 settembre 2021, n. 24643

Il danno morale da patema d’animo è inteso come sofferenza soggettiva e può derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudichi un diritto inviolabile della persona. L’onere della prova grava in capo al soggetto leso e va assolto, anche tramite presunzioni semplici.

Sommario: 1. Il ricorso per cassazione e i motivi – 2. La posizione della Cassazione sul danno da stress o da patema d’animo – 3. La prova del danno sofferto nella decisione della Cassazione – 4. Da fatti noti è possibile risalire a fatti ignoti: quali i limiti sulla loro sindacabilità in sede di legittimità?

 

1. Il ricorso per cassazione e i motivi

La sentenza, Cassazione civile, sez. I, 13 settembre 2021, n. 24643[1], affronta la tematica del danno morale in relazione all’inadempimento della banca nel periodo in vigenza del rapporto contrattuale con il correntista. La questione di diritto, posta all’attenzione della Suprema Corte, riguarda il ritardo della banca nell’accreditare la somma di 253.385,70 euro in favore di quest’ultimo.

La vertenza approda in Cassazione a seguito di ricorso promosso dalla banca avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano[2]che, aveva condannato l’istituto bancario a risarcire il cliente/correntista, quantificando in 5.000,00 euro il danno non patrimoniale subìto dallo stesso, quale conseguenza del ritardo nell’adempimento.

La sentenza della Corte d’appello condannava, in effetti, la banca a risarcire il danno causato al cliente, indicato in un sensibile «patema d’animo», di un livello tale da richiedere l’uso di psicofarmaci per sopportare gli effetti dello stress, causato dal lungo tempo di attesa dell’accredito.

La banca promosse ricorso per cassazione, articolando la propria posizione difensiva su un unico motivo, ossia la violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c.. Per la banca, la Corte milanese avrebbe condannato erroneamente al risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto avrebbe ritenuto provato il danno morale sulla base di un’unica presunzione, ossia che il bonifico avesse ad oggetto una somma di danaro molto elevata. Sostenne la ricorrente che il ritardo, di circa un mese per l’accredito delle somme, fosse del tutto inidoneo a fondare una prova presuntiva. Ad avviso della banca, la legge richiederebbe l’esistenza di più «presunzioni gravi, precise e concordanti».

2. La posizione della Cassazione sul danno da stress o da patema d’animo

La Corte di legittimità ha ritenuto non fondato il motivo di ricorso. Per la Cassazione, la correttezza del decisum della Corte d’appello risiede nella natura giuridica del danno morale, qualificabile come una sofferenza di carattere soggettivo, patita dal danneggiato.

Nei suoi precedenti giurisprudenziali, la Cassazione ha già avuto occasione di precisare che, il danno morale è una voce dell’ampia categoria del danno non patrimoniale. Questo può originare anche da un inadempimento contrattuale che determini un pregiudizio ai danni di un diritto inviolabile della persona[3], quale ben può essere il diritto alla salute o alla integrità psicofisica del soggetto. La Corte precisa che, deve trattarsi di un “danno da stress o da patema d’animo”.

3. La prova del danno sofferto nella decisione della Cassazione

Per corrente giurisprudenza, l’onere di provare tale danno resta gravato in capo al soggetto leso e va fornito da questi, anche tramite presunzioni semplici[4]

I Giudici di Piazza Cavour rilevano che, ai fini della prova per presunzioni, di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., non necessita che tra il fatto noto e quello ignoto “sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità desumibile da regole di esperienza (cfr. Cass. 8605 del 2015, 656 del 2014)”[5].

In ragione di ciò, la Corte di Cassazione rileva anche un altro profilo in tema di presunzioni. La sentenza impugnata ha accertato correttamente, in via presuntiva, il danno da «patema d’animo», partendo da un dato incontestato (cioè: l’inadempimento tardivo della banca nell’accredito di somme), per giungere, così, ad individuare un altro fatto, ossia il conseguenziale «patema d’animo», quale stato patologico, sofferto dal cliente a causa del ritardato adempimento della banca.

La sentenza in commento, precisa che, nel caso in esame, ci si troverebbe in presenza di una valutazione di tipo presuntivo -come tale insindacabile dal giudice di legittimità- e può essere fondata dal giudice di merito sulla base, anche, di una sola presunzione, purché grave e precisa. Tra le pronunce richiamate dalla sentenza in commento, la Corte di legittimità menziona la propria recente ordinanza, sez. I, 19.04.2021 n. 10253[6],  dove si è affermata la possibilità che da un certo fatto noto possa risalirsi ad un fatto ignoto per via di deduzioni logiche.

4. Da fatti noti è possibile risalire a fatti ignoti: quali i limiti sulla loro sindacabilità in sede di legittimità?

Il richiamo giurisprudenziale operato dalla Corte consente un ulteriore ordine di osservazioni. La valutazione, eseguita dal giudice di merito, resta censurabile in sede di legittimità nei ristretti limiti di cui all’art. 360, n.5, c.p.c., ossia nel caso di mancato esame di fatti storici, anche quando siano veicolati da elementi indiziari non esaminati e, dunque, non considerati dal giudice sebbene decisivi[7].

L’anomalia motivazionale, per essere censurabile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., deve tramutarsi in una violazione di legge costituzionalmente rilevante[8], rendendo così configurabile un sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza. La condizione è che resti circoscritto ai casi di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che sia stato oggetto di discussione tra le parti e, come tale, idoneo a determinare -nel caso di suo esame- una decisione di merito potenzialmente diversa da quella impugnata[9].

Nel caso della sentenza in commento, ne deriva la non rilevanza dell’art. 360, n.5, c.p.c., rendendosi inoperabile, in sede di legittimità. la censura sul giudizio di merito, espresso dalla Corte d’appello di Milano. Su tali basi, la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I, 13 settembre 2021, n. 24643, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso dell’istituto bancario. Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

 

 

 

 

 


Note bibliografiche
[1]Cass. civ., sez. I, sentenza n.24643 del 13.09.2021 (ECLI:IT:CASS:2021:24643CIV), ud. 08.06.2021, Presidente DE CHIARA Carlo, Relatore LAMORGESE Antonio Pietro, www.italgiure.giustizia.it .
[2] Id., ricorso per Cassazione, rubr. R.G. n. 22615/2018, avverso sentenza n. 418/2018 Corte App. Milano, dep.24.01.2018.
[3] Cass. civ., sez. III, 24.10.2011, (ud. 07.10.2011, dep. 24.10.2011), n.21999, massimata in Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1502; In sentenza si legge: “Premessa la natura meramente descrittiva delle singole voci di danno non patrimoniale, è vero che il danno morale, quale voce del danno non patrimoniale, ben può derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudichi, come nella specie, un diritto inviolabile della persona (Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass. 29 novembre 2010, n. 24143)”; In dottrina, BENINI G., Risarcimento del danno non patrimoniale, (nota a sentenza Cassazione civile, sez. III, sentenza 24/10/2011, n. 21999), in Studium iuris, 2012, n. 3, CEDAM, p. 353.
[4] In merito di confronti, ex multiis, Cass. n.19434/2019; Cass. n. 23754/2018; Cass. n. 2886/2014.
[5] Così in Cass. Civ., n. 24643/2021, p.3.
[6] Cass. civ, Sez.I, ord. n.10253 del 19.04.2021 (ECLI:IT:Cass:2021:10253Civ), ud. 19.11.2020, Presidente DE CHIARA Carlo, Relatore LAMORGESE Antonio Pietro, in www.italgiure.giustizia.it .
[7] Cass. civ, Sez.1°, Ordinanza n.10253 del 19.04.2021: “con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, nonché quando la motivazione non sia rispettosa del minimo costituzionale”.
[8] Così Cass., Sez. II, ord. 22.09.2019, n. 21572.
[9] In tal senso Cass. SS.UU., Sent. 25.06.2019, n. 16983 in www.italiure.giustizia.it.
Ivi: “Invero, nella specie trova applicazione – ratione temporis – l’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che consente soltanto la denuncia dell’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti; non è ammesso, invece, il sindacato sulle anomalie motivazionali che presenta la sentenza impugnata, salvo che tali anomalie si risolvano in una violazione di legge costituzionalmente rilevante”.

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Avvocato, iscritta presso Ordine Avvocati di Salerno, con patrocinio in Corte di Cassazione e altre Magistrature Superiori. Laureata in Giurisprudenza nel 1994 presso UNISA-Università degli Studi di Salerno. Tra i vari, titoli conseguiti si annoverano: Specializzazione universitaria in professioni legali; Master universitario in E-Government e Management della Pubblica Amministrazione; Master universitario in diritto amministrativo. Dal 2019 è membro confermato del Consiglio Direttivo Provinciale di Salerno dell’associazione Nazionale-Europea A.N.AMM.I.. Ha, inoltre, conseguito idoneità in concorso pubblico per titoli ed esami per attività giuridico-amministrativo e medico-legale del laboratorio di igiene e medicina del lavoro presso UNISA (Dipartimento di medicina e chirurgia), Scuola Medica Salernitana dell´Università degli studi di Salerno. Dal 2020 ha conseguito titoli di aggiornamento professionale per funzioni di mediatore civile e commerciale; idoneità REI CINECA (collaboratori Area Economica) per docenza, esercitazioni/laboratori, didattica presso UNIMIB Università degli Studi di Milano-Bicocca; idoneità Collaboratori Alta Formazione triennio 2019 - 2022 - Area Giuridica/ Higher Education Collaborators – presso UNIMIB Università degli studi Milano Bicocca.

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