La Cassazione riconosce la violenza sessuale tramite whatsapp

La Cassazione riconosce la violenza sessuale tramite whatsapp

Sommario: 1. Premessa – 2. La vicenda – 3. La decisione – 4. Conclusioni

 

1. Premessa

Di recente la Corte di Cassazione è tornata a far luce su una questione controversa che è stata oggetto per anni di interventi da parte della giurisprudenza di legittimità, ovvero la nozione di atto sessuale quale oggetto della condotta di cui all’art. 609-bis c.p.[i]

Negli anni ’90 l’orientamento prevalente qualificava gli atti sessuali in termini di condotte idonee al soddisfacimento della concupiscenza sessuale del soggetto attivo, in linea, dunque, con la nozione di atti di libidine precedente alla riforma[ii].

Nel 1998 gli Ermellini, con un intervento particolarmente pregnante, hanno affermato che «la connotazione sessuale dell’atto fa assumere alla nozione un significato prevalentemente oggettivo e non soggettivo come, invece, avveniva per quella di atti di libidine, e determina un restringimento dell’area di rilevanza penale di alcuni aspetti marginali dei c.d. atti di libidine, giacché il riferimento al sesso comporta un rapporto corpore corpori che, però, non deve limitarsi alle zone genitali, ma comprende anche tutte quelle ritenute dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica ed antropologico-sociologica erogene tali da dimostrare l’istinto sessuale con esclusione di quelle espressioni di libido connotate da una sessualità particolare. […] Inoltre, poiché l’aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali del rapporto interpersonale, devono includersi nella nozione di atti sessuali tutti quelli, indirizzati verso zone erogene, che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione»[iii].

L’evoluzione giurisprudenziale sul tema ha prodotto una diversa interpretazione del concetto in esame, per cui ci si riferirebbe agli atti sessuali come alla «somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine»[iv]  e , dunque, a «qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ancorché fugace ed estemporaneo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato e normalmente idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale»[v].

Con la pronuncia in commento la Corte Suprema ha asserito come il contatto fisico nell’atto sessuale non si possa ritenere elemento dirimente ai fini della sussumibilità della condotta nella fattispecie di violenza sessuale.

2. La vicenda

Con la sentenza n. 25266/2020[vi] la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con cui l’indagato deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di violenza sessuale, aggravato dall’essere la vittima minore di età.

Nel caso di specie, l’uomo, responsabile di aver inviato una serie di messaggi sessualmente espliciti mediante WhatsApp ad una ragazza e di averla costretta ad inviargli fotografie della stessa tipologia, sotto la minaccia di pubblicare la chat, riteneva che la condotta posta in essere fosse inquadrabile nell’alveo della condotta di adescamento di minorenni ex art. 609-undecies c.p.[vii], nota anche come “child grooming”.

La difesa, pertanto, sosteneva che non si potesse configurare il reato di violenza sessuale in assenza di incontri o di induzione al compimento di pratiche sessuali e che non sarebbe stato leso il bene giuridico della libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale e del corretto sviluppo dell’integrità psico-fisica della minore.

3. La decisione

La Corte di legittimità ha ritenuto di rigettare il ricorso confermando quanto evidenziato dal Tribunale del riesame, e in particolare come la violenza sessuale risultasse «pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale»[viii].

Lo stesso Tribunale, poi, aveva evidenziato l’elemento della minaccia, reso particolarmente rilevante nel caso di specie dalla strumentalizzazione della minore età della vittima e dalla creazione di una condizione di psicologica subornazione, idonea a minare la libertà della ragazza di determinarsi razionalmente nelle scelte da compiere.

È stata, inoltre, confermata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, di conseguenza, della misura della custodia cautelare in carcere, alla luce di pregresse condotte analoghe poste in essere dall’indagato nei confronti di altre minorenni, dell’incapacità di controllare i propri impulsi e le proprie pulsioni sessuali e dell’elevato rischio di recidiva.

4. Conclusioni

Con la recente pronuncia pare assottigliarsi la linea di confine tra il reato di adescamento di minore e quello di violenza sessuale, pertanto, ciascuna valutazione dovrà essere effettuata sulla base delle circostanze del caso concreto, in considerazione della diversa configurazione degli elementi costitutivi del reato configuratosi.

Alla luce delle considerazioni esposte, pare che la giurisprudenza abbia inteso, dunque, prestare maggiore attenzione a reati connotati da condotte deplorevoli e commessi mediante strumenti telematici, dei quali si riconosce la particolare insidiosità per le modalità di realizzazione e per i risvolti psicologici e sociologici che ne derivano.

 

 


[i]«Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi».
[ii] In tal senso Cass. pen., Sez. III, 15 novembre 1996, Coro, in Guida dir., 1997, n. 8, pag. 76 ss.: «la condotta vietata dall’art. 609-bis […] ricomprende oltre a ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto fisico diretto con il soggetto passivo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell’individuo attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente. L’antigiuridicità della condotta resta connotata, dunque, da un requisito soggettivo (la finalizzazione all’insorgenza o all’appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) innestantesi sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sfera sessuale e ad eccitare o a sfogare l’istinto sessuale del soggetto attivo».
[iii] Cass. pen., Sez. III, 27 aprile 1998, Di Francia, in Giust. pen., 1999, II, 135 s., ed in Foro it., 1998, II, 505 ss.
[iv] Cass. pen., Sez. III, 28 settembre 1999, n. 2941, Carnevali, Cass. pen., 2000, 3316.
[v] Cass. pen., Sez. III, 23 settembre 2004, n. 37395, Albano, in Guida dir., 2004, fasc. 34, 74.
[vi] Cass. pen., Sez. III, 8 settembre 2020, n. 25266, in www.juriswiki.it.
[vii] «Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater 1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione». Il reato è stato introdotto dalla Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali.
[viii] Cass. pen., Sez. III, 8 settembre 2020, n. 25266, cit.; nello stesso senso Cass., Sez. III, 30/10/2018, n. 17509, rv. 275595.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Ilenia Vitobello

Ilenia Vitobello, nata a Trani (BT) il 18 maggio 1997. Ha conseguito il diploma di maturità classica presso il Liceo Classico "A. Casardi" di Barletta con votazione 100/100 e Lode. Termina il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l'Università LUISS Guido Carli il 6 luglio 2020, con votazione 110/110 e Lode, discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "Il trattamento punitivo dei sex offender". Attualmente svolge la pratica forense presso uno Studio Legale di Roma.

Articoli inerenti