La confisca in materia ambientale

La confisca in materia ambientale

Sommario: 1. Premessa – 2. Articolo 452-undecies c.p. – 3.  Funzione ripristinatoria-risarcitoria della confisca – 4. La sentenza Cass. pen., Sez. III, n. 15965/2020 – 5. Rapporti tra l’articolo 452-quaterdecies c.p. e l’articolo 452- undecies, ult. co., c.p.

 

1. Premessa

Preliminarmente a qualsivoglia disamina in ordine alla effettiva e difforme operatività della confisca disciplinata dall’art  452 undecies c.p., preme segnalare che la presente misura ablativa non rappresenta un istituto di nuovo conio nell’ambito dei reati contro l’ambiente.

Infatti, la piena e concreta applicabilità del citato istituto [1], in materia di rifiuti, deve ricondursi alla entrata in vigore del D. Lgs 152/2006, che, con specifico riferimento al reato p. e p. dall’art. 260,  abrogato dal  D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21,  ha disposto la confisca relativamente alle aree tramutate in discariche abusive o ai mezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti.

Si rammenta, a tal riguardo, che l’articolo 260 del d.lgs. 152/2006 è stato inizialmente oggetto di modifica per effetto della legge n. 68/2015 (c.d. “legge sugli eco-reati”), la quale ha inserito  un comma 4-bis volto ad estendere ulteriormente  i poteri di confisca.

Per ragioni di completezza espositiva si ripropone in modo pedissequo il comma summenzionato: “è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca”.

Sul punto, deve precisarsi che La Legge n. 68/2015 ha dilatato notevolmente il perimetro di azione dell’istituto de quo, attraverso la previsione  di nuove fattispecie delittuose.

La Legge in commento, infatti, ha introdotto nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente” (Libro II, Titolo VI-bis, artt. 452-bis-452-terdecies).

In aggiunta, l’art 260 rubricato “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” è trasmigrato, integralmente, nel corpo del codice penale.

 In particolar modo la fattispecie delittuosa de qua  – abrogata dal  D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21- risulta attualmente riprodotta, in modo pedissequo, nel nuovo articolo 452 quaterdecies del codice penale (inserito dall’art. 3 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103).

2. Articolo 452-undecies c.p.

L’art. 452 undecies del codice penale – compreso nel ventaglio delle norme sopracennatedispone la confisca obbligatoria per alcune fattispecie delittuose, nella specie:

“1.Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452 bis452 quater452 sexies452 septies e 452 octies del presente codice, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato.

2.Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca

3.I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi.

4.L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi”.

L’articolo 452 undecies  c.p. –  contrapponendosi alla ipotesi di confisca facoltativa disciplinata dall’art 240 c.p. comma 1-   statuisce la piena obbligatorietà della misura ablativa delle cose che servirono a commettere il reato, del profitto e del prodotto del reato allorquando si concretizzino le ipotesi in esso enumerate.

Al secondo comma è previsto, in via subordinata, l’obbligo della c.d. confisca per equivalente, che opera, appunto, qualora la confisca tradizionale non sia possibile.

 In siffatte ipotesi, il Giudice dovrà  individuare i beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ordinarne la confisca.

Ciò nonostante, a scopo premiale, la confisca non viene disposta- comma 4- nel caso in cui il colpevole abbia provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi o, se necessario, alla bonifica [2].

La normativa di riferimento, nel porsi come obiettivo la soppressione di qualsiasi situazione di vantaggio derivante dalla commissione delle condotte antigiuridiche, dà piena voce al principio comunemente espresso con la locuzione “chi inquina paga” di  responsabilità ambientale: il singolo  o l’azienda responsabile del danno ambientale hanno il dovere di pagarne la riparazione .

Non a caso il comma 3 dell’articolo in oggetto statuisce che i beni confiscati siano messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’utilizzo per la bonifica dei luoghi.

La ratiolegis  si desume agevolmente dalla mera lettura della norma, che, nel disporre uno specifico vincolo di destinazione in ordine ai beni confiscati, o ai  loro eventuali proventi che dovranno essere assegnati alla pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi, avvalora l’intento del Legislatore di  assegnare al bene ambiente un ruolo centrale ai fini di una tutela rafforzata e maggiormente effettiva del  bene giuridico di prioritaria importanza costituzionale.

3. Funzione ripristinatoria-risarcitoria della confisca

Il vincolo ablativo, sulla scorta delle pregresse argomentazioni, sembra aver subito una evidente metamorfosi da un punto di vista strutturale, atteso che, proprio con esplicito riferimento all’art. 452 undecies cp, i contorni afflittivi risultano decisamente sfumati.

Per vero, i dati estrapolati dall’analisi sistematica e congiunta della normativa vigente in materia consentono di qualificare la confisca come strumento risarcitorio-ripristinatorio.

Bonifica e riduzione in pristino rappresentano “l’obiettivo elitario da conseguire” e precettivamente imposto dalla legge e la confisca non trova applicazione nella ipotesi in cui «l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi», secondo la previsione dell’ultimo comma dell’art. 452 undecies c.p. [3]

La medesima finalità  è riscontrabile, altresì, al terzo comma del medesimo articolo, che connette i proventi ottenuti attraverso i beni confiscati alla bonifica dell’ambiente inquinato, finendo con l’attribuire alla medesima confisca una connotazione di tipo ripristinatorio, piuttosto che punitiva.

Un ulteriore aspetto interessante è la misura premiale introdotta dal legislatore all’ultimo comma dell’articolo in oggetto.

E’, infatti, esclusa l’applicazione della misura della confisca nel caso in cui “l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi”.

La disposizione assume innegabili connotazioni di norma premiale, in quanto volta all’applicazione di un beneficio incentivante.

4. La sentenza Cass. pen., Sez. III, n.  15965/2020

Ora, in odine alla riconosciuta premialità della confisca ambientale,  nelle aule di giustizia si è più volte paventata la possibilità di escludere  l’obbligo del vincolo ablativo nelle  ipotesi di ripristino dello stato dei luoghi seguenti alla violazione prevista dall’art. 256 del d.l. n. 152/2006.

Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sul tema assai dibattuto innanzai ai Giudici di merito, hanno asserito, in nuce, che: “è diversa la funzione riconducibile alla confisca di cui all’art 452-undecies cod. pen., rispetto a quella discendente dalla violazione delle disposizioni contravvenzionali. La confisca ex. art. 452-undecies cod. pen., presenta, infatti, profili peculiari, in quanto caratterizzata non tanto da una funzione punitivo-sanzionatoria, bensì da una funzione risarcitoria-ripristinatoria, laddove, invece, la confisca ex art. 260-ter D.lgs. n. 152 del 2006 integra una misura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva”.

Ebbene, la Suprema Corte, nello svolgimento della sua funzione nomofilattica, pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il Tribunale aveva rigettato l’appello cautelare proposto avverso il provvedimento emesso dallo stesso Tribunale di Frosinone – con il quale era stata rigettata la richiesta di restituzione di un autotreno di proprietà̀ di una società, di cui l’imputato era direttore tecnico, sottoposto a sequestro in relazione al reato contravvenzionale di cui all’art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006, per avere trasportato rifiuti speciali pericolosi e non, in assenza delle necessarie autorizzazioni, – ha affermato che   il terzo comma dell’art 452-undecies c.p., prevedendo che i beni confiscati siano messi nella disponibilità della pubblica amministrazione, vincola la destinazione dei beni confiscati o dei proventi esclusivamente alla bonifica dei luoghi, mentre un’analoga previsione non si rinviene nelle norme che disciplinano la confisca per la violazione delle disposizioni previste dal codice dell’ambiente.

E l’attività di bonifica, per tale intendendosi l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, sottosuolo o acque sotterrane, è di consueto molto onerosa per il soggetto tenuto a compierla ed in ogni caso per l’amministrazione, nella cui disponibilità devono essere posti i beni assoggettati a vincolo. Non è un caso, dunque, che il legislatore abbia subordinato la disapplicazione della confisca allo svolgimento dell’attività di bonifica e abbia riservato tale istituto premiale ai soli delitti in grado di produrre sull’ambiente effetti disastrosi e talvolta irreversibili; mentre ha lasciato fuori dall’ambito applicativo della norma le ipotesi colpose, generalmente incapaci di produrre un effetto inquinante di tale nocività. Infatti, se l’applicazione della confisca svolge di consueto una funzione deterrente, che disincentiva dal porre in essere azioni delittuose di rilevante gravità, l’effetto positivo rappresentato dall’eliminazione della confisca risulta pienamente giustificabile in un’ottica di effettività della tutela penale e di ottimizzazione delle risorse pubbliche, nella misura in cui, a seguito della realizzazione del fatto di reato, incentiva il suo autore a procedere alla bonifica o al risanamento dello stato dei luoghi per godere del beneficio. Deve, inoltre, rilevarsi che l’omessa previsione, nell’ambito delle fattispecie contravvenzionali, di un’ipotesi di disapplicazione della confisca analoga a quella prevista dall’art. 452-undecies cod. pen., è controbilanciata dalla previsione di un particolare meccanismo di estinzione del reato – modellato sul meccanismo della prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro – il cui ambito applicativo è circoscritto alle sole fattispecie contravvenzionali. La legge n. 68 del 2015, con l’art. 1, comma 9, è infatti intervenuta anche sul d.lgs. n. 152 del 2006, introducendo una parte VI-bis recante la “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” che contempla, agli artt. 318-bis e ss. una procedura di estinzione del reato, la cui operatività è subordinata all’adempimento, da parte del responsabile della violazione, di una serie di prescrizioni tendenti al risanamento dell’integrità ambientale, oltre che al pagamento di una somma di denaro. In particolare, essa opera a seguito della verifica circa l’esito fausto delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza al contravventore ai fini dell’eliminazione della contravvenzione, nonché del pagamento della sanzione amministrativa.

5. Rapporti tra art. 452-quaterdecies c.p. e art. 452-undecies, ult. co., c.p.

L’articolo disciplinante l’istituto della confisca ambientale opera nell’ambito di un perimetro normativo dai contorni ben definiti, infatti il primo comma enumera ,in modo tassativo, le fattispecie delittuose rispetto alle quali opera il comma 4 dell’art 452 undecies c.p.

La menzionata tassatività risulta ulteriormente corroborata da quanto perentoriamente asserito dal Giudice di Legittimità nel corpo della  sentenza n. 30691 del 2021, Cass. Pen., III Sez.:

La pronuncia in oggetto ha precisato in modo definitivo i limiti oltre i quali l’ultimo comma dell’art 452 undecies c.p. non opera, infatti deliberando in ordine al rapporto tra la fattispecie di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.) e la disposizione di cui all’art. 452-undecies, ultimo comma, c.p. secondo la quale l’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi, evidenzia che “non coglie nel segno la censura difensiva che prospetta una interpretazione estensiva dell’art 452- undecies, ultimo comma, cod.pen., nel senso di ricomprendere nell’ambito applicativo di tale articolo anche il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”.

Prosegue la sentenza: “Quale effetto premiante il comportamento ripristinatorio tenuto dal soggetto post delictum, è disposto all’ultimo comma della medesima disposizione, che l’istituto della confisca non trova applicazione nei casi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dei luoghi (“L’istituto della confisca non trova applicazione nelle ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di rispristino dello stato dei luoghi”). Tale ultima disposizione è correlata a quanto specificamente previsto nel primo comma dello stesso articolo con riferimento ai delitti ivi menzionati e ne costituisce una deroga. La lettera del legislatore è chiara nell’indicare tassativamente le condotte delittuose che rientrano nell’ambito dispositivo della norma in esame e, tra queste, non viene contemplato il reato di cui all’art. 260 d.lgs 152/2006, ora disciplinato dall’art. 452-quaterdecies cod. pen. Oltre al chiaro elemento letterale vanno considerati anche profili di carattere sistematico. Va considerato, infatti, che nella legge 22 maggio 2015 n. 68 quando il legislatore ha voluto fare riferimento diretto al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, allora contemplato dall’art. 260 digs 152/2006, ne ha fatto espressa menzione, come avvenuto nell’art. 452-decies cod.pen., che disciplina il ravvedimento operoso. Inoltre, lo stesso legislatore del 2015 ha inserito, nel disposto dell’art. 260 del d.lgs 152/2006, il comma 4 bis, la confisca obbligatoria delle cose  che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, disciplinando, quindi, in maniera specifica e separata la misura ablatoria correlata allo specifico delitto ambientale di cui all’art. 260 menzionato. Risulta evidente, quindi, che il legislatore ha voluto escludere il reato di attività organizzate per il traffico illecito dal novero dei delitti per i quali, nell’ipotesi di messa in sicurezza e bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, non trova applicazione l’istituto della confisca di cui all’art. 452-undecies cod.pen”.

 

 

 

 

 

 


[1] La confisca,  nella forma prevista dall’art 240 c.p., consiste nell’espropriazione a favore dello Stato dei beni che servirono o furono destinati a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.
[2] Si intende per bonifica secondo quanto indicato dal Testo Unico Ambientale, all’art. 240, comma 1, lett. p), rubricato “Definizioni”, quale “insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio
[3] Sul punto, ancora, A. R. DI LANDRO, La funzione ripristinatoria nel diritto penale ambientale,63-64, cit, sul ruolo della bonifica in termini di teoria generale del reato, come condizione obiettiva di punibilità negativa ex art. 44 c.p. ovvero come causa di non punibilità sopravvenuta e sui riflessi pratici, e non solo dogmatici, della questione.

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Avv. Antonietta Balestrino

Iscritta presso l'Ordine degli avvocati di Salerno. Specializzazioni: - reati tributari; - abuso edilizio, -reati contro la P.A e contro l'amministrazione della giustizia.; - reati di associazione di stampo mafioso; - reati contro il patrimonio e contro la persona; - reati societari e fallimentari, -conoscenza approfondita, teorica e pratica dei diversi aspetti dell'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza.

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