La cooperazione internazionale e la politica di sviluppo dell’Unione Europea

La cooperazione internazionale e la politica di sviluppo dell’Unione Europea

Sommario: §1. Introduzione – §2. Il quadro normativo – §3. Il ruolo delle istituzioni europee – §4. Principali strumenti della cooperazione europea – §5. Un’azione dell’UE più forte ed efficiente in un mondo che cambia: il nuovo consenso europeo in materia di sviluppo

 

§1. Introduzione

L’Unione europea  è uno dei principali attori e donatore mondiali per quanto riguarda gli aiuti internazionali allo sviluppo, uno dei quattro aspetti principali delle sue politiche esterne. Le basi giuridiche della cooperazione allo sviluppo sono stabilite nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea al titolo III. L’obiettivo principale di questa politica è ridurre la povertà, rivolgendosi ai paesi più bisognosi e concentrandosi su aspetti quali la protezione sociale, la promozione della crescita sostenibile, la difesa dei diritti umani e della democrazia, la gestione delle sfide ambientali e climatiche, l’istruzione, l’occupazione, lo sviluppo delle imprese, l’agricoltura sostenibile e l’energia. La politica di sviluppo dell’UE si è sviluppata gradualmente: già il Trattato di Roma del 1957 aveva disposto la creazione di un Fondo europeo di sviluppo  finalizzato a concedere aiuti finanziari alle colonie e ai territori d’oltremare associati all’UE con cui alcuni degli Stati fondatori vantavano legami storici. Da allora gli strumenti organizzativi e finanziari della cooperazione allo sviluppo europea, nonché il quadro giuridico di riferimento,sono stati estesi per includere tutti i paesi in via di sviluppo e sottosviluppati e sono profondamente mutati per rispondere alle disparate esigenze nel contesto globale in continua evoluzione.

§2. Il quadro normativo

I valori e gli obiettivi generali su cui si fonda attualmente l’azione dell’Unione Europea sulla scena internazionale ed in particolare della cooperazione allo sviluppo sono rintracciabili nelle disposizioni generali sull’azione esterna di cui all’articolo 21 del TUE che richiama i principi della democrazia, dello Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà  nonché il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale universalmente considerato.

I principi generali dell’azione politica europea in questo settore sono, altresì, propriamente disciplinati nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). L’articolo 4 par. 4 precisa, infatti, espressamente che l’Unione ha competenza concorrente per condurre azioni e una politica comune, senza che l’esercizio di tale competenza possa impedire agli Stati membri di esercitare le loro competenze in materia[1]. Infatti in un’ottica sinergica le politiche di cooperazione allo sviluppo dell’Unione e quelle degli Stati membri si rafforzano e si completano reciprocamente tale che le agenzie di sviluppo degli Stati membri spesso attuano i programmi finanziati dall’UE congiuntamente alle proprie politiche. L’obiettivo primario, anche se arduo, è la riduzione e, in prospettiva, l’eliminazione della povertà a livello mondiale nel rispetto degli impegni e delle decisioni delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali competenti. Il raggiungimento di quest’obiettivo non esclude l’importanza di altri scopi a esso connessi e, principalmente, quelli indicati all’art. 21: il mancato richiamo di questi fini nell’art. 208 del TFUE risponde, pertanto, solo ad una necessità di ordine tra le norme evitando una confusione tra un insieme eterogeneo di fini. In tal senso si colloca la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE resa nella causa C-377/12 chiamata a pronunciarsi sulla nozione di “cooperazione allo sviluppo”.  Ancorché collocati nell’attuale art. 21 TUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha esteso la definizione di cooperazione allo sviluppo che continuerebbe dunque ad essere caratterizzata anche da obiettivi  ulteriori da quello «primo di eliminare la povertà. In particolare “l’obiettivo centrale della cooperazione allo sviluppo è l’eliminazione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile, in particolare mediante l’impegno per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio. (…) Dal momento che l’eliminazione della povertà ha carattere multidimensionale, la realizzazione di tali obiettivi implica, riflettendo la visione dell’Unione per lo sviluppo esposta nel consenso europeo, l’attuazione di tutta una serie di attività riguardanti lo sviluppo [in esso] menzionate[2]”.

L’articolo 210 TFUE, in tal proposito, stabilisce inoltre che, al fine di favorire la complementarietà e l’efficacia delle azioni, l’Unione e gli Stati membri coordinino le rispettive politiche di cooperazione, concertandosi sui rispettivi programmi di aiuto, anche in sede multilaterale e possono intraprendere anche azioni congiunte. L’articolo 211 TFUE enuncia un ulteriore e generale principio di collaborazione in materia, stabilendo che nell’ambito delle rispettive competenze l’Unione Europea e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali.

Gli altri due capi del titolo III della Parte quinta del TFUE disciplinano rispettivamente la cooperazione economica, finanziaria e tecnica della UE con i Paesi terzi (artt. 212-213 TFUE) e l’aiuto umanitario (art. 214 TFUE). Relativamente al primo ambito, l’Unione, collaborando con gli Stati membri e con le organizzazioni internazionali competenti, conduce azioni di cooperazione economica e azioni di assistenza specialmente in campo finanziario, con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo, per i quali si adotta la politica di cooperazione allo sviluppo. Tali azioni sono coerenti con la politica di sviluppo dell’Unione e sono condotte nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna. In relazione all’aiuto umanitario invece, le azioni adottate e condotte dall’Unione Europea mirano a fornire assistenza, soccorso e protezione alle popolazioni dei paesi terzi vittime di calamità naturali o provocate dall’uomo, per far fronte alle necessità umanitarie risultanti da queste diverse situazioni. Queste azioni di aiuto umanitario sono condotte conformemente ai principi del diritto internazionale e ai principi di imparzialità, neutralità e non discriminazione e quindi ovvero fornisce i suoi aiuti a tutte le popolazioni mondiali in maniera indiscriminata.

Tuttavia in termini pratici la cooperazione allo sviluppo, per definizione politica settoriale, “sta assumendo i tratti di una politica di cooperazione globale; una politica nell’ambito della quale l’Unione non si limita a promuovere l’eliminazione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile, ma tende a stabilire un quadro politico e sociale nel quale si realizzi anche una sorta di omogeneità dei valori politici di fondo fra l’Unione e i Paesi terzi”[3].

§3. Il ruolo delle istituzioni europee 

Gli organi UE coinvolti nella politica di cooperazione sono principalmente il Parlamento Europeo e il Consiglio, che deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria sulle norme generali e sugli altri aspetti finanziari di settore “adottano le misure necessarie per l’attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo[4]”. Questa disposizione pone le due istituzioni su un piano di parità, facendo dello sviluppo uno dei pochi settori della politica estera in cui il Parlamento detiene tali poteri. La materia è definita attraverso programmi pluriennali di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo o programmi tematici (art.209 TFUE). Inoltre concludere con Paesi terzi e con organizzazioni internazionali competenti qualsiasi accordo utile alla realizzazione degli obiettivi di cui all’art.21 TUE, anche se quest’aspetto non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nei consessi e nelle sedi internazionali e a concludere accordi in materia. In questo contesto alla Banca europea per gli investimenti, invece, spetta il compito di contribuire all’attuazione delle misure di cooperazione attraverso la concessione e la gestione di finanziamenti, cosi come meccanismi specifici quali il Fondo europeo di sviluppo, il Fondo euro mediterraneo d’investimento e di partenariato o il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa. Anche nell’ambito della cooperazione economica e finanziaria, cosi come nel campo dell’aiuto umanitario, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria, salvo quanto specificato dall’art.213 che disciplina una procedura legislativa speciale nel caso in cui un paese terzo esige un’assistenza finanziaria urgente da parte dell’Unione, il Consiglio, su proposta della Commissione adotta le decisioni e le misure  che ritiene opportune per superare, eventualmente, le difficoltà.

Oltre a definire una proposta di quadro politico in materia, spetta alla Commissione Europea l’adozione delle iniziative utili a promuovere il coordinamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo di Unione e Stati membri. A tal fine la Commissione è coadiuvata dalla Direzione generale Cooperazione internazionale e sviluppo (DG DEVCO) che rende effettivi e concreti le politiche, i programmi e i progetti destinati allo sviluppo e all’aiuto esterno rispondendo al Commissario europeo per la Cooperazione internazionale, gli Aiuti umanitari e la Risposta alle Crisi.

§4. Principali strumenti della cooperazione europea

Dal diritto derivato dell’UE si desumono alcuni strumenti funzionali all’azione esterna e alla cooperazione dell’UE relativo al periodo 2014-2020 tra cui rivestono importanza i regolamenti che istituiscono lo strumento UE per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, il regolamento che istituisce e disciplina uno strumento di partenariato per la cooperazione coi paesi terzi. Il Regolamento 233/2014 si propone l’attuazione dello Strumento per la Cooperazione allo Sviluppo (SCS) attraverso cui l’Unione Europea mira a ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo, nonché a promuovere uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile, la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e il buon governo[5]. Caratteristico è l’insieme delle attività poste in essere per garantire la suddetta assistenze e che comprende programmi geografici[6] che supportano i programmi di cooperazione bilaterali e regionali in settori che coprono i bisogni essenziali con i paesi in via di sviluppo che figurano nell’elenco dei beneficiari di APS;  i programmi tematici, complementari ai primi, composti da un programma di beni pubblici e sfide globali, e un programma di organizzazioni della società civile e delle autorità locali; un programma panafricano per sostenere il partenariato strategico tra l’Africa e l’Unione e per coprire le attività di natura transregionale continentale o mondiale in e con l’Africa[7]. Questo programma sarà complementare ad altri strumenti di finanziamento che vengono utilizzati in Africa, come il Fondo di Sviluppo Europeo che verrà analizzato nel prosieguo. Quanto al Regolamento 234/2014, esso istituisce lo “Strumento di Partenariato per la Cooperazione con i Paesi terzi” uno strumento di sostegno  che estende i partenariati di cooperazione e i dialoghi politici a settori e argomenti che vanno al di là della cooperazione allo sviluppo e che svolgono un ruolo sempre più importante nelle questioni di portata mondiale, tra cui la governance mondiale, la politica estera, l’economia internazionale, nonché nei consessi e negli organismi multilaterali come il G8 e il G20. Tra gli obiettivi specifici del regolamento rientrano il sostegno “alle strategie di partenariato per la cooperazione bilaterale, regionale e interregionale dell’Unione, promuovendo i dialoghi politici e sviluppando approcci e risposte collettivi alle sfide di portata planetaria[8]”.

Le tipologie di finanziamento attraverso le quali possono essere erogati i fondi dell’Unione Europea nell’ambito dell’azione esterna sono enunciate nell’articolo 23 della proposta di regolamento che istituisce lo strumento di vicinato e cooperazione. Molti di questi, tra cui sovvenzioni, finanziamenti misti o strumenti finanziari, fanno parte del Fondo Europeo di Sviluppo[9] (EFSD). Creato nel 1957 dal trattato di Roma e lanciato nel 1959, il Fondo europeo di sviluppo è il principale strumento dell’Unione per la cooperazione allo sviluppo e la fornitura di aiuti allo sviluppo ai Paesi dell’Africa, del Pacifico e dei Caraibi (ACP) e ai Paesi e territori d’oltremare (OCT). A differenza degli altri strumenti europei di cooperazione finanziati dal bilancio dell’Unione, il Fondo europeo di sviluppo è stato istituito da un accordo interno degli Stati membri in seno al Consiglio ed è, quindi, un fondo esterno al bilancio generale dell’Unione Europea ed è alimentato da contributi diretti forniti dagli Stati membri. Ogni cinque anni i rappresentanti degli Stati si incontrano a livello intergovernativo per decidere l’importo da destinare al fondo e per sovraintenderne l’esecuzione, in seguito, invece, la Commissione Europea gestisce il Fondo conformemente agli obiettivi e agli indirizzi della politica di cooperazione allo sviluppo. Come analizzato precedentemente, poiché gli Stati membri perseguono politiche proprie in materia di aiuti e sviluppo in concomitanza a quella dell’Unione, per garantirne la complementarità devono coordinare tali politiche con l’UE e in quest’ottica gli Stati membri possono anche stipulare accordi di cofinanziamento o fornire contributi volontari al FES. Benché la Commissione europea è responsabile della gestione delle operazioni effettuate con risorse dl FES, dall’altro è la Banca centrale per gli investimenti che gestisce direttamente il “Fondo investimenti”. In particolare, lo strumento mira a favorire una buona governance e una crescita sostenibile nelle aree destinatarie dei finanziamenti e si concentra su un massimo di tre settori per Paese, ad eccezione di contesti particolarmente fragili. Tuttavia ogni FES è istituito per un periodo di circa cinque anni e dispone di regole finanziare proprie: l’accordo interno che ha istituito l’11º FES (Accordo di Cotonou riveduto) è stato firmato dagli Stati membri partecipanti, riuniti in sede di Consiglio, nel giugno 2013 ed è entrato in vigore il 1º marzo 2015.L’11° FES copre il periodo fra il 2014 e il 2020 e dispone di una dotazione di 30,5 miliardi di euro, mentre altri 2,6 miliardi di euro[10] saranno resi disponibili dai fondi Banca di investimento europea sotto forma di prestiti.

Un ulteriore strumento strategico adottato in seno alle istituzioni europee è il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, istituito nel settembre del 2017. Guidato dagli obiettivi  dell’azione esterna dell’Unione quali sanciti all’articolo 21 TUE, dagli obiettivi della politica di cooperazione allo sviluppo dell’Unione di cui all’articolo 208 TFUE, l’EFSD si prefigge di promuovere e sostenere investimenti destinati principalmente all’Africa e al vicinato dell’Unione, tramite la fornitura di finanziamento sotto forma di sovvenzioni, garanzie e altri strumenti finanziari, al fine di favorire uno sviluppo economico e sociale sostenibile e inclusivo, e promuovere la resilienza socio-economica dei paesi partner[11]. Il Fondo è uno strumento che permette di contribuire al conseguimento degli obiettivi enunciati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030), in particolare l’eliminazione della povertà, e degli impegni assunti nel quadro della politica europea di vicinato. L’Agenda 2030 riconosce, difatti, la migrazione internazionale come una realtà multidimensionale di grande rilevanza per lo sviluppo dei paesi di origine, transito e destinazione, che richiede risposte coerenti e onnicomprensive, pur sottolineando il potenziale del contributo dei migranti alla crescita inclusiva. Mediante il sostegno a tali investimenti, l’EFSD dovrebbe contribuire ad affrontare le specifiche cause socioeconomiche della migrazione scaturite dalla povertà, dai conflitti e dal sottosviluppo,dalla disuguaglianza, dalle violazioni dei diritti umani, nonché a contribuire al reinserimento sostenibile dei migranti che ritornano nei loro paesi di origine e al rafforzamento delle comunità di transito e d’accoglienza. L’obiettivo dell’EFSD è in linea con la strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione, che inserisce sfide quali la migrazione e la resilienza all’interno della politica estera globale dell’Unione. Il suo obiettivo è altresì coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con il diritto internazionale dei diritti umani, il quale assicura che nell’affrontare le questioni dello sfollamento forzato e della migrazione irregolare sia adottato un approccio fondato sui diritti umani. In quanto parte del piano per gli investimenti esterni dell’Unione (PIE), l’EFSD dovrebbe inoltre contribuire all’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (Accordo di Parigi), concentrando gli investimenti nei settori che promuovono la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi. Secondo quando previsto dal Regolamento UE che istituisce il Fondo Europeo per lo Sviluppo Sostenibile, il 28 % dei finanziamenti dovrebbe essere destinato a settori quali le energie rinnovabili e l’efficienza delle risorse energetiche[12]. In questa sede è opportuno evidenziare che gli investimenti dell’EFSD dovrebbero essere distinti da altre iniziative messe in atto nel contesto della politica migratoria dell’Unione nei confronti dei paesi terzi, e quindi dovrebbero completarle e rafforzarle. Le operazioni dell’EFSD dovrebbero essere complementari rispetto ad altre forme di sostegno, tra cui il mandato per le operazioni di prestito esterno della Banca europea per gli investimenti (BEI), l’iniziativa della BEI sulla resilienza economica e lo strumento per gli investimenti stabilito dall’Accordo di partenariato tra i membri del gruppo dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico da un lato e la Comunità europea e i suoi Stati membri dall’altro.

Per completezza di analisi, infine, occorre menzionare un ulteriore Strumento dell’Unione europea che contribuisce alla stabilità e alla pace, adottato con il Regolamento 230/2014 nel marzo del 2014 e che  resta in vigore fino al 31 dicembre 2020.Quest’ultimo istituisce uno strumento (lo Strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace) che fornisce, per il periodo dal 2014 al 2020, un sostegno diretto alle politiche esterne dell’Unione “nei settori della risposta alle crisi, della prevenzione dei conflitti, della costruzione della pace e della preparazione alle crisi e nel far fronte a minacce globali e trans regionali[13]”. Le tipologie di assistenza previste si concentrano su tre priorità basilari: risposta rapida alle crisi o alle crisi emergenti per prevenire conflitti politici o per garantire che le situazioni non degenerino in conflitti armati tra cui rientra il sostegno all’attuazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza, il sostegno ai tribunali penali internazionali, e le misure intraprese nell’ambito di questa priorità non superano solitamente i diciotto mesi; la seconda priorità è la prevenzione dei conflitti, costruzione della pace e preparazione alle crisi[14]; ed infine l’assistenza per far fronte a minacce globali e trans regionali[15] tra cui rientrano la lotta al terrorismo, criminalità organizzata o mitigare i rischi nucleari , radiologici, batteriologici e chimici. Le misure adottate nell’ambito delle ultime due priorità sono a lungo termine.  Per una maggiore efficacia delle misure da adottare, “una misura di assistenza straordinaria può avere una durata massima di diciotto mesi e può essere prorogata di un ulteriore periodo fino a sei mesi per due volte, fino a una durata totale massima di trenta mesi” nel caso di imprevisti alla sua esecuzione, purché ciò non comporti un aumento del costo della misura. Nel caso di crisi e conflitti protratti, la Commissione può adottare una seconda misura di assistenza straordinaria, la cui durata non può superare diciotto mesi. In questo caso i contributi a sostegno delle cause summenzionate sono assegnati come donazioni a soggetti terzi che svolgono attività di aiuto esterno:sono soggetti ammissibili alla partecipazione cittadini o persone giuridiche stabilite in uno Stato membro, in un Paese candidato. Tra gli attori non statali[16], invece, che possono beneficiare del sostegno finanziario a titolo di questo strumento rientrano organizzazioni non governative, organizzazioni rappresentative di popolazioni indigene, organizzazioni professionali e gruppi d’iniziativa locali, organizzazioni rappresentative degli interessi economici e sociali ma altresì organizzazioni culturali, organizzazioni di ricerca e scientifiche.

§5. Un’azione dell’UE più forte ed efficiente in un mondo che cambia: il nuovo consenso europeo in materia di sviluppo

Il nuovo Consenso europeo per lo sviluppo,propone una nuova visione strategica che, dal 2017, guiderà l’attuazione della politica europea in questa materia in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, rappresentando, dunque,  rappresenta la pietra miliare della politica di sviluppo dell’UE. Se infatti per la politica europea di sviluppo l’obiettivo primario resta  l’eliminazione della povertà, con l’Agenda 2030 cambia la declinazione delle azioni messe in campo per perseguirlo. Il nuovo Consenso europeo recepisce i principi dell’Agenda 2030, e dei suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDD), riguardanti le c.d “5P” le persone, il pianeta, la pace, la prosperità e il partenariato e, per la prima volta, si applica in tutti i suoi elementi a tutte le istituzioni europee e a tutti gli Stati membri. L’attuazione dell’Agenda avverrà in stretto coordinamento con quella dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e di altri impegni internazionali, compresa la nuova agenda urbana adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2016.  La Dichiarazione Comune del Parlamento Europeo, Consiglio e Consiglio Europeo  sottolinea, infatti, che “ il passaggio dagli obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) agli obiettivi di sviluppo sostenibile rispecchia il mutato approccio allo sviluppo globale: esso si fonda sullo sviluppo sostenibile e sui diritti umani ed è pienamente coerente con i valori e i principi dell’UE. L’Agenda 2030 e i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) sono universali e si applicano a tutti i paesi in tutte le fasi di sviluppo, sulla base della titolarità nazionale e della responsabilità condivisa. I partenariati multilaterali sono essenziali per l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile[17]”. Si definisce, in questo modo, una posizione comune e coerente rispetto ad alcuni cambiamenti globali che si sono manifestati a partire dal 2005 sulla scena mondiale, adottando una strategia che integra le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo sostenibile e sottolinea i legami tra lo sviluppo e altre politiche, inclusa la pace e la sicurezza, gli aiuti umanitari, la migrazione e il clima.

Il “Primo Consenso europeo”, adottato nel 2005, in linea con gli Obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), ha definito per la prima volta in cinquant’anni di cooperazione, il quadro dei principi comuni entro cui l’UE e i suoi Stati membri hanno realizzato le rispettive politiche di sviluppo in uno spirito di complementarità e sui quali si basava la politica di sviluppo a livello internazionale fino al 2015.

Il nuovo Consenso integra per la prima volta le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo sostenibile e sottolinea l’interazione tra sviluppo, pace e sicurezza, aiuti umanitari, migrazione, ambiente e clima. La sua applicazione è trattata in maniera globale, basandosi su quanto convenuto con il programma d’azione di Addis Abeba nel 2015, parte integrante dell’Agenda 2030 (nel contesto della terza conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo) delinea un “nuovo paradigma di attuazione tramite l’utilizzo efficace di strumenti finanziari e non, ponendo in primo piano l’azione interna e la validità delle politiche[18]”. Il suddetto programma d’azione combina l’aiuto con altre risorse e con un approccio rafforzato volto a garantire la coerenza delle politiche per lo sviluppo, ponendo l’accento su partenariati più mirati che coinvolgono  un’ampia gamma di soggetti interessati e di paesi partner.

Tuttavia l’adozione dell’Agenda 2030 e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile da parte della comunità internazionale ha segnato una tappa importante per la realizzazione dello sviluppo sostenibile a livello mondiale. L’Unione europea, che ha partecipato attivamente ai negoziati, resta in prima linea nella sua attuazione e realizzazione.

 

 


[1] Art.4, par.4 TFUE.
[2] Commissione europea c. Consiglio dell’Unione, C-377/12, ’11 giugno 2014, par.42.
[3] BARTOLONI,M.E., La cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea con i Paesi terzi: da politica contro la povertà a cooperazione globale?, in Diritti umani e Diritto internazionale, Il Mulino, vol. 8, 2014, pp.1-6 (pp. 663-668), p.6. Disponibile al seguente indirizzo: http://www.sidi-isil.org/wp-content/uploads/2014/08/Maria-Eugenia-Bartoloni.pdf.
[4] Art.209 TFUE.
[5] Art.3 e 5 del Reg.233/2014.
[6] Ivi, art.5.
[7] Ivi, art.9.
[8] Regolamento 234/2014, art.1,1 lett.a).
[9] Cfr. Commissione europea, Allegati della proposta di regolamento del parlamento europeo e del consiglio che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale {sec(2018) 310 final} – {swd(2018) 337 final}, 14 giugno 2018, art.23,26.
[10]Dati dal Fondo europeo di sviluppo. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:r12102&from=EN  DECISIONE DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2013 relativa a misure transitorie di gestione del FES dal 1o gennaio 2014 fino all’entrata in vigore dell’11o Fondo europeo di sviluppo (2013/759/UE). Disponibile al seguente indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013D0759&from=IT
[11]Art.3 REGOLAMENTO (UE) 2017/1601 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 settembre 2017 che istituisce il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD), la garanzia dell’EFSD e il Fondo di garanzia dell’EFSD.
[12] Ibidem, par.10.
[13] REGOLAMENTO (UE) N. 230/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2014 che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace, art.1, par.1.
[14] Ivi, art.4.
[15] Ivi, art.5.
[16] Ivi, art.1.
[17] Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione europea (2017/C 210/01), par.2.
[18] Ivi, par.3.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti