La crisi della concezione unitaria dell’invalidità: la c.d. annullabilità assoluta

La crisi della concezione unitaria dell’invalidità: la c.d. annullabilità assoluta

Con una recente pronuncia del 20 giugno 2017, la n. 15268, la Suprema Corte si è pronunciata circa la peculiare categoria della c.d. annullabilità assoluta. Il caso prende le mosse da un contratto tramite il quale un soggetto trasferiva ad un altro un terreno oggetto di assegnazione fondiaria, dichiarato in prima battuta nullo dai giudici di prime cure in quanto attuato in violazione delle disposizioni di cui alla L. n. 379/1967, essendogli stato dato corso, cioè, prima della scadenza del vincolo trentennale di legge, in mancanza dell’autorizzazione dell’ente che aveva proceduto all’assegnazione ed in favore di un soggetto privo della qualifica di coltivatore diretto.

Prima di entrare nel cuore della questione è doverosa una breve premessa.

La categoria dell’invalidità del contratto, come noto, inquadra dentro una cornice unitaria i rimedi legislativi della nullità e dell’annullabilità del contratto.

Tradizionalmente tali rimedi sono avvinti da una ratio politica che muta a seconda degli interessi tutelati dalle rispettive norme: la nullità è codicisticamente posta ad appannaggio di interessi generali mentre l’annullabilità mira a salvaguardare interessi particolari, rectius le condizioni soggettive dell’autonomia privata. L’annullabilità rispecchia il disvalore che l’ordinamento nutre nei confronti di negozi giuridici formatisi in modo imperfetto a causa di circostanze quali il dolo, l’errore, la violenza psicologica, l’incapacità dei contraenti, che hanno impedito all’autore del negozio di autodeterminarsi in maniera libera e consapevole.

Il discrimen tra le due figure di invalidità, dunque, è dato dalla caratterizzazione degli interessi protetti.

Per tale motivo la nullità rende il negozio improduttivo di effetti ab origine, è insanabile, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, imprescrittibile e può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse. Di contro, il contratto annullabile per antonomasia produce i suoi effetti fino a quando non giunga una sentenza costitutiva di annullamento volta a rimuoverli (ex tunc), si prescrive nel breve termine di cinque anni e può essere azionata solo su impulso della parte la cui posizione è stata lesa (trattasi quindi di una legittimazione relativa). L’annullabilità è di conseguenza volta ad evitare che uno dei contraenti possa profittare dello stato di “menomazione volitiva” in cui versava l’altro al momento della conclusione del negozio.

Orbene, l’evoluzione legislativa dell’ultimo decennio ha portato ad una rivisitazione della categoria dell’invalidità tout court considerata, introducendo, in primo luogo, numerosi nuovi casi di nullità del contratto, chiamate all’uopo dalla dottrina nullità speciali. Tale specialità dipende o dalla natura delle fonti da cui la relativa disciplina promana, trattandosi per lo più di norme extracodicistiche o di leggi speciali ed avendo per lo più origine sovranazionale, oppure dalla peculiarità della classe di soggetti che si tende a proteggere (vedasi, tra tutte, la disciplina consumeristica ex D.lgs. n. 206/2005). Tali ultime nullità sono generalmente denominate nullità di protezione, possono farsi valere non da chiunque ne abbia interesse, ma soltanto dalla parte nel cui interesse sono state poste, potendo la stessa trarne più vantaggio rispetto all’esperimento della c.d. nullità assoluta.

Le nullità relative si distinguono, comunque sia, dal rimedio dell’annullabilità, non rappresentandone, come di primo acchito si potrebbe essere portati a pensare, un mero “doppione”: la nullità relativa persegue pur sempre interessi generali e/o di massa, riflettendo comunque situazioni aventi portata generale (ad es. la regolazione del mercato) seppur mediante l’intermediazione di interessi aventi natura particolare.

Allo stesso modo, ed in maniera speculare, sul versante dell’annullabilità si assiste ad una progressiva messa in crisi delle sue caratteristiche fondanti, essendo stata oramai coniata la categoria della c.d. annullabilità assoluta, esperibile, cioè, da chiunque vi abbia interesse. La ratio sottesa a tale peculiare rimedio è la finalità di tutelare interessi di natura diversa che trascendono quelli individuali dei contraenti e, pertanto, chiunque ha la possibilità di esperirne la relativa azione in giudizio.

Ritornando alla soluzione della controversia oggetto della succitata sentenza, sulla scorta di quanto appena argomentato, i giudici della Cassazione, rispetto ai giudici di merito, ritengono che l’invalidità di cui agli artt. 4 e 6 L. 379/1967 sia da inquadrare proprio nell’ambito dell’annullabilità assoluta “essendone rimessa l’iniziativa finalizzata alla sua declaratoria oltre che all’Ente che ha proceduto all’assegnazione, a chiunque vi abbia interesse, e ciò in considerazione dell’interesse a tutela del quale la sanzione è previsa, che trascende gli interessi meramente individuali dei contraenti”. (vedasi anche la precedente pronuncia di Cass. II sez. Civ., 25/6/2012 n. 10577). Tale vizio, pertanto, ha una portata più ampia che non coinvolge unicamente la libera autonomia contrattuale delle parti, involgendo interessi capaci di dispiegare i propri effetti sulla collettività. Pertanto, potrà agire in giudizio anche chi, soggetto terzo ed ulteriore rispetto alle parti di un determinato rapporto, sia comunque portatore di un interesse ad agire nel caso concreto.

Corollario di tale sentenza è, altresì, l’impossibilità di procedere alla convalida del contratto annullabile ex art. 1444 c.c.: tale opzione risulta impedita proprio dalla finalità della sanzione, volta a tutelare interessi di natura diversa e più ampia rispetto a quelli individuali dei singoli contraenti. Il potere di convalida, finalizzato come noto a stabilizzare gli effetti provvisori di un contratto annullabile in espressione dell’autonomia dei contraenti, risulta pertanto inapplicabile al caso de quo, essendo come ovvia conseguenza preclusa la possibilità di valutare la conformità dell’assetto programmato al proprio interesse reale, in funzione del quale è conferito il potere di convalida.

La categoria dell’invalidità, dunque, per effetto degli interventi giurisprudenziali degli ultimi anni, si plasma e muta in considerazione delle nuove esigenze di tutela, rendendo sempre meno netti e più labili i confini tra le due figure rimediali dell’annullabilità e della nullità, adattandosi alle situazioni concrete e pertanto ormai quasi scevre di qualsivoglia apriorismo.


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Rossella Staine

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