La detenzione di sostanze stupefacenti: tra favoreggiamento e responsabilità concorsuale

La detenzione di sostanze stupefacenti: tra favoreggiamento e responsabilità concorsuale

Sommario: 1. L’ inquadramento normativo – 2. Il favoreggiamento nei reati permanenti – 3. La questione controversa

 

1. L’ inquadramento normativo

Preliminarmente, è opportuno precisare che il reato permanente, quale figura di creazione giurisprudenziale, si caratterizza per la protrazione nel tempo, per effetto di una condotta persistente e volontaria dell’agente, dell’offesa dallo stesso posta in essere verso un bene giuridico tutelato dall’ordinamento.

In tale ipotesi, dunque, il momento del perfezionamento è distinto da quello della consumazione del reato, mentre le due fasi si sovrappongono nei reati istantanei.

Invero, nei reati permanenti il compimento dell’azione criminosa perfeziona il reato che si consuma con la protrazione della condotta antigiuridica, con la quale si raggiunge il culmine di gravità dell’offesa.

Con riguardo alle fattispecie penali che rilevano ai fini della trattazione, l’art. 73 d.p.r. 309/1990 (t.u. in materia di stupefacenti) incrimina numerose condotte, tra le quali la produzione, il traffico e la detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Si tratta di una norma penale parzialmente in bianco, integrata nel precetto da atti di natura amministrativa, che sulla base degli artt. 13 e 14 d.p.r. 309/90, predispongono gli elenchi contenenti le sostanze di cui è vietata la circolazione.

La Corte di legittimità ha confermato la piena aderenza della norma al principio di legalità, perchè è la legge che indica i presupposti, il carattere, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell’autorità amministrativa.

La lunga e dettagliata elencazione di condotte dell’art. 73 viene spiegata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 29316 del 2015, con la volontà legislativa di includere ed equiparare tutti quei comportamenti che direttamente o indirettamente possano consentire, favorire, stimolare, permettere o indurre il commercio e l’uso delle droghe.

In tale ottica, si comprende l’equiparazione, anche in punto di trattamento sanzionatorio, di condotte preparatorie quali la coltivazione e la raffinazione rispetto ad attività che si pongono in una fase più avanzata dell’iter criminis, quali vendita e cessione.

Quanto al delitto di favoreggiamento personale, di cui all’art. 378 c.p., posto a tutela dell’interesse al corretto ed efficiente svolgimento delle attività di investigazione e di ricerca svolte dall’autorità giudiziaria e dalla polizia giudiziaria, si configura mediante una condotta di aiuto fornito all’autore di un reato ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche.

Si tratta di un reato a forma libera, di pericolo, in quanto è necessaria l’idoneità della condotta posta in essere al perseguimento degli obiettivi indicati dalla norma, in ossequio al principio di offensività.

Ciò che rileva, in particolare, è che il contributo sia fornito in un momento successivo alla commissione di un reato rispetto al quale non può configurarsi l’ipotesi del concorso.

Occorre precisare che, ai fini della configurabilità del delitto di favoreggiamento, è sufficiente che il reato presupposto integri gli estremi del tentativo e, in ipotesi di reato permanente, che abbia avuto inizio la permanenza, ovvero che si sia incardinato il processo criminoso.

2. Il favoreggiamento nei reati permanenti

In tale contesto, si delinea un profilo problematico in relazione ai reati permanenti, e, in particolare, alla condotta di favoreggiamento posta in essere durante la permanenza.

Non si dubita, infatti, della sussistenza del reato di favoreggiamento, qualora la condotta sia posta in essere in un momento successivo alla cessazione della permanenza, che corrisponde al compimento dell’ultimo atto.

Quanto all’aiuto prestato in costanza di permanenza, invece, si confrontano due diversi orientamenti.

Stando al primo, si ritiene che qualsiasi condotta di aiuto prestato in fase di permanenza sia inquadrabile nell’ipotesi del concorso nella commissione del reato, risultando integrato il favoreggiamento solo con riguardo a condotte cronologicamente collocate in una fase successiva alla cessazione della permanenza (Sez. 3, Sentenza n. 364 del 17/09/2019 Ud.  (dep. 09/01/2020) Rv. 278392 – 03, ipotesi in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la qualificazione della condotta degli imputati come concorso nel reato di favoreggiamento della prostituzione di cui all’art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 e non come favoreggiamento reale o personale, perché l’azione illecita era avvenuta in costanza della consumazione del primo reato, di natura abituale).

A fronte di un secondo orientamento, si reputa astrattamente ammissibile la compatibilità tra il favoreggiamento e il reato permanente, purché si valuti analiticamente la direzione finalistica della condotta. (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 28890 del 11/06/2019 Ud.  (dep. 03/07/2019) Rv. 276571 – 01).

L’adesione a tale opzione ermeneutica consente di analizzare i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, con particolare riguardo ai reati in materia di stupefacenti, per individuare il discrimen tra l’ipotesi del favoreggiamento e quella del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p.

3. La questione controversa

Di recente, la Cassazione, con sentenza n. 41579 del 23/06/2021 (dep. 16/11/2021), ha nuovamente affrontato il tema del rapporto tra il delitto di favoreggiamento e la responsabilità concorsuale in relazione ai reati permanenti, con specifico riferimento alla detenzione di sostanze stupefacenti.

Il delitto de quo costituisce un’ipotesi esemplificativa dell’adesione della giurisprudenza al secondo orientamento cui si è fatto riferimento, ravvisando la distinzione tra favoreggiamento e concorso nel reato nell’elemento psicologico dell’agente, dunque nella direzione finalistica della condotta.

In particolare, i giudici di legittimità, in tema di detenzione di sostanze stupefacenti, hanno chiarito che la responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente non può desumersi dalla circostanza che la droga sia custodita in luoghi accessibili della casa familiare, dal momento che la mera convivenza non può essere assunta quale prova del concorso morale (in tal senso. Sez. 6, n. 52116 del 15/11/2019, Finizio, Rv. 278064).

In tale situazione potrebbe ravvisarsi l’ipotesi della connivenza non punibile, qualificabile in termini di mera condotta passiva.

È necessario, infatti, ai fini della sussistenza della responsabilità concorsuale, che l’agente realizzi un contributo partecipativo, morale o materiale, alla condotta criminosa altrui, connotato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di contribuire alla realizzazione dell’evento illecito anche mediante l’agevolazione o il rafforzamento del proposito criminoso del concorrente (Cfr. Sez. 4, n. 21441 del 10/04/2006, Piscopo, Rv. 234569; Sez. 6, n. 14606 del 18/02/2010, lemma, Rv. 247127; Sez. 4, n. 4948 del 22/01/2010, Porcheddu e altro, Rv. 246649; Sez. 6, n. 44633 del 31/10/2013, Dioum e altri, Rv. 257810; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Caradonna e altro, Rv. 264454 – 01).

L’apporto causale del concorrente alla determinazione dell’evento deve tradursi in una maggiore utilità o sicurezza rispetto al risultato finale, ovvero alla permanenza della condotta di detenzione.

Non vi è alcun dubbio che condotte di aiuto all’occultamento della sostanza stupefacente al momento dell’accesso delle forze dell’ordine nell’appartamento, ovvero condotte di resistenza attiva nei confronti degli ufficiali di polizia giudiziaria volte a ritardare od ostacolare il loro accesso all’appartamento ove è custodita la droga, rappresentano un valido apporto causale e quindi integrano condotte di concorso nel reato.

In relazione alla compatibilità tra il favoreggiamento e la detenzione di stupefacenti, la giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 12793 del 6/2/2007, Camera ed altro, Rv. 236195) fa registrare un indirizzo secondo cui, nel caso di detenzione illecita di stupefacenti, il delitto di favoreggiamento non è configurabile, in quanto qualunque agevolazione del colpevole, in costanza di tale condotta, si risolve inevitabilmente in un concorso quantomeno morale con il colpevole, mentre il fine che si intende conseguire con la detenzione della droga è irrilevante, sicché è configurabile tale reato e non quello di favoreggiamento nella condotta di chi abbia conseguito la materiale disponibilità della droga anche solo per aiutare taluno ad eludere le indagini dell’autorità (cfr. Cass. sez. VI, 2 luglio 1994, RV. 198764; Cass. sez. VI, 21 gennaio 1994, RV. 196122; Cass. sez. VI, 17 dicembre 2003, Rv. 227986; Cass. sez. IV, 8 marzo 2006, Rv. 233724).

Secondo un indirizzo di segno contrario, rispetto all’intervento di un soggetto nell’azione relativa al reato permanente posto in essere da altri, può ravvisarsi alternativamente il concorso nel reato permanente o il delitto di favoreggiamento personale, alla luce di una concreta valutazione dell’elemento soggettivo.

Compete, pertanto, al giudice di merito l’esame circa il profilo psicologico dell’agente per accertare se in lui vi fosse l’intenzione di partecipare positivamente all’azione già posta in essere da altri, oppure di aiutare il responsabile del reato ad eludere le investigazioni dell’autorità.

Ampliando la prospettiva dell’analisi, si rileva come, in tema di associazione per delinquere e sequestro di persona, si sia affermato un indirizzo conforme all’orientamento da ultimo richiamato.

In particolare, in tema di sequestro di persona, si ritiene ipotizzabile il favoreggiamento personale anche se l’attività viene posta in essere durante la fase esecutiva del sequestro, sulla base del rilievo per cui il reato risulta commesso non già quando è cessata la permanenza, ma quando siano realizzati gli elementi costitutivi, cioè quando la vittima viene privata della sua libertà, attenendo la fase successiva all’esecuzione del reato.

Di conseguenza, l’intervento di un terzo volto a favorire l’autore del reato non si risolve necessariamente in un apporto concreto alla protrazione dell’illecito, ma può dar luogo al reato di favoreggiamento, qualora l’aiuto prestato si risolva nella sottrazione alle ricerche e non costituisca un contributo alla perpetuazione della situazione antigiuridica.

Di recente, è stato ribadito il principio che individua nell’elemento psicologico dell’agente, il discrimine tra la condotta che costituisce concorso nel reato e la condotta configurabile in termini di favoreggiamento personale.

La Corte ha precisato che si tratta di un profilo da valutarsi in concreto, per verificare se l’aiuto consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l’espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall’intenzione  di realizzare una facilitazione alla cessazione del reato  (Sez. 4, n. 6128 del 16/11/2017 dep. 08/02/2018, Forgiarini, Rv. 271968 in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per la detenzione di stupefacente a titolo di concorso, in ragione della mancata verifica dell’elemento soggettivo relativo alla condotta dell’imputata, integrata dall’aver gettato gli involucri contenenti lo stupefacente fuori dal veicolo in cui si trovava il coimputato, reo confesso, precisando la necessità di desumerlo da individuabili modalità pratiche, riferibili ad epoca antecedente all’attività elusiva).

Nella sentenza da ultimo intervenuta sul tema (Sez. III, n. 41579/2021), la Suprema Corte ha confermato il principio di diritto secondo il quale, per ritenere sussistente la penale responsabilità a titolo di concorso nella detenzione di sostanze stupefacenti, è necessario dimostrare l’apporto causale del concorrente alla determinazione dell’evento, apporto che deve configurarsi in termini di funzionalità, utilità o maggiore sicurezza rispetto al risultato finale, ossia al permanere della condotta di detenzione.


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Ilenia Vitobello

Ilenia Vitobello, nata a Trani (BT) il 18 maggio 1997. Ha conseguito il diploma di maturità classica presso il Liceo Classico "A. Casardi" di Barletta con votazione 100/100 e Lode. Termina il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l'Università LUISS Guido Carli il 6 luglio 2020, con votazione 110/110 e Lode, discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "Il trattamento punitivo dei sex offender". Attualmente svolge la pratica forense presso uno Studio Legale di Roma.

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