La dignità umana in rapporto alle evoluzioni genetiche: questioni di natura bioetica

La dignità umana in rapporto alle evoluzioni genetiche: questioni di natura bioetica

1. La dignità umana in rapporto alle evoluzioni genetiche: la rinascita dell’idea di dignità umana nell’alveo della bioetica[1]. Un breve focus concettuale.

La questione dell’ingegneria genetica e delle manipolazioni, conduce direttamente o indirettamente a quesiti di ordine bioetico ed afferenti alla dignità umana.

Al giorno d’oggi, è l’idea della dignità umana ad acquisire un ruolo sempre più centrale nel dibattito bioetico e biogiuridico. “Forse nessun altro concetto dell’etica è dibattuto oggigiorno in modo così appassionato e al contempo in maniera così controversa come il concetto di dignità umana”[2]. Pertanto, la rilevanza è tale da far giustamente ritenere in una vera e propria “rinascita” dell’idea di dignità umana[3].

A riguardo, è indubbio il tentativo di “sminuire” la portata del concetto di dignità ad una mera e semplicistica espressione religiosa; ergo il tentativo di legare l’idea di dignità umana ad un’unica appartenenza di matrice religiosa, esprimendone il “sospetto” che la stessa idea non sia altro che un “mascheramento” della dottrina ebraico-cristiana dell’uomo come immagine di Dio, non in grado pertanto di rispondere all’esigenza tipica della bioetica di poter continuare su una basa universalmente condivisibile.

Tenuto conto di ciò, si evince l’erroneità nella minimizzazione del significato della dignità umana attraverso esclusive ragioni religiose. Più idonea, invece, appare la tesi secondo cui, pur riconoscendo che l’idea di dignità umana stia in rapporto di “oggettiva corrispondenza” nei confronti della specifica antropologia ebraico-cristiana dell’uomo come immagine di Dio, l’oggettiva corrispondenza non comporti un rapporto di “fondazione esclusiva”[4].

La convinzione che in questa prospettiva si fa valere è che nell’idea di dignità umana si trovano storicamente a convergere tradizioni etico-antropologiche differenti: la tradizione classica con l’apertura all’universale che riconosce all’uomo, in quanto partecipe del “logos”; la tradizione ebraico-cristiana con il suo assunto sulla considerazione che ogni essere umano sia ad “immagine di Dio” e di Lui “capace”; la tradizione moderna con la radicalizzazione dell’autonomia morale del soggetto.

Dunque, ci sono buone ragioni per sostenere che l’idea di dignità umana maturata nel confronti con le succitate tradizioni sia parte della nostra eredità culturale[5]; facendo sì che tale eredità culturale si trasformi in riferimento normativo fondamentale.

Un concetto, pertanto, semanticamente denso che esprime in sé ed assieme il massimo dell’universalità ed il massimo della particolarità: è alla polarità universale-particolare che si possono ricondurre i significati con cui l’appello alla dignità umana in etica e in particolare in bioetica.

In sintesi, l’eventuale difficoltà di argomentare la dignità umana non dipende dalla vaghezze ed indeterminatezza del concetto, quanto piuttosto dalla tensione che strutturalmente lo costituisce. Una tensione che deve essere mantenuta e che la sua composizione possa essere trovata a livello pratico e cioè attraverso un’attenta interpretazione di che cosa il rispetto per la dignità umana esiga nei singoli casi; affinché la stessa dignità umana possa essere la base per l’argomentazione bioetica.

Alla base di questa proposta c’è l’idea del rapporto tra universale e particolare: l’idea che l’universale debba calarsi e prendere corpo nell’assunzione delle particolarità personali non come una spiacevole concessione, ma come un’indispensabile condizione del suo senso[6].

2. Conclusioni

In conclusione, è plausibile sostenere comunque che la vera “via di uscita” delle genetica è pienamente garantita da un approccio bioetico alla tematica.

La cui bioetica è però da intendersi, generalmente, come quella che affronta i problemi morali connessi alla vita dell’uomo; mentre, specificatamente, il significato di bioetica più confacente è quello religioso o meglio quello sostenuto dal magistero cattolico. Rifacendosi ad un’impostazione filosofica di carattere neo-tomistico, questa versione concepisce la natura come ordinata finalisticamente secondo un progetto divino: nella natura vi è un ordine costitutivo di carattere finalistico, e ci sono leggi di natura in cui questo ordine si manifesta in quanto progettato da un legislatore divino.

Gli atti dell’uomo, pertanto, sono dotati di valore morale, cioè giusti e buoni, se rispettano la legge e l’ordine naturale. Come specificato nell’Enciclica di papa Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, e nella prefazione dell’allora Cardinale Ratzinger: «il concetto di natura esprime il fatto che l’uomo è prodotto di una ragione creatrice ed egli stesso è con la ragione aperto ad essa: l’essere umano viene da un’idea di Dio e non dall’autorganizzazione della materia, che casualmente assurge a ragione».

In questa impostazione, quindi, il principio morale supremo prescrive il rispetto dell’ordine e del finalismo naturale. La natura ordinata secondo il progetto divino è donata da Dio all’uomo, che ne è solo il custode, non potendo interferire con le sue leggi. E poiché ogni essere deve agire conformemente al fine che è stato ad esso assegnato, e il finalismo intrinseco dell’organismo umano è la conservazione e la riproduzione della vita, dal principio del rispetto dell’ordine naturale viene dedotto un principio morale subordinato che prescrive il rispetto della vita umana, la sua non-disponibilità all’uomo e quindi la sua sacralità[7].


[1] Per approfondire: Viafora C., L’argomentazione bioetica: una proposta basata sul rispetto per la dignità umana, in C. Viafora – A. Gaiani (a cura di), A lezione di bioetica, 96 e ss; Martina L.P., Ingegneria genetica e terapia genica. A confronto con le questioni bioetiche, in Collana di Monografie Biologiche, Aracne Editrice, Roma 2017.

[2] Kapust A., Menschenwürde auf dem Pruefstand, in Philosophische Rundschau, 2007, 297-307 (cit. p.208).

[3] Per una prima documentazione di tale “rinascita: cfr. Becchi P., Il dibattito sulla dignità umana: tra etica e diritto, in E. Furlan (a cura di), Bioetica e dignità umana. Interpretazioni a confronto a partire dalla Convenzione di Oviedo, Franco Angeli, Milano 2009, 113-142.

[4] Sono le ragioni che, a livello costituzionale, si rintracciano nell’opera che Rodotà connota come “rivoluzione della dignità”: Rodotà S., II diritto di avere diritti, Laterza, Bari 2012. L’idea di Rodotà è che “l’innovazione più significativa del costituzionalismo dell’ultimo dopoguerra è affidata al principio di dignità”.

[5] Un ruolo cruciale alla dignità umana emerge nei due principali documenti internazionali relativi alla bioetica: Convenzione di Oviedo del Consiglio d’Europa (1997) e la Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani dell’Unesco (2005).

[6] Pavan A., Dignità della persona e diritti dell’uomo, in A. Pavan (a cura di), Dire persona. Luoghi critici e saggi di applicazione di un’idea, Il Mulino, Bologna 2003, 399-406.

[7] Cfr. Magni S.F. – Massarenti A., Etica ed esercizio della medicina, in A. Pagnini (a cura di), Filosofia della medicina. Epistemologia, ontologia, etica e diritto, Carocci Editore, Roma 2010, 499; Martina L.P., Ingegneria genetica e terapia genica, Aracne Editrice, Roma 2017.


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Luigi Piero Martina (Lecce, 1992). Laureato con 110 e lode in Giurisprudenza (con qualifica Summa cum Laude) presso la Pontificia Università Lateranense, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea a carattere sperimentale. Laureato con il massimo dei voti in Operatore Giuridico di Impresa, del Lavoro e delle Pubbliche Amministrazioni, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea in materia di contrattualistica pubblica. Laureando in materie economiche e Avvocato Comunitario. Dipendente del Sovrano Militare Ordine di Malta. Ex Segretario e Tesoriere dell’Associazione Internazionale Lateranense della Pontificia Università Lateranense ed ex Consulente Professionale presso la Fondazione “Civitas Lateranensis” . Ex Consulente Professionale presso la Cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee della Pontificia Università Lateranense. Autore scientifico ed ex Tutor Accademico presso la succitata università. Componente dell'Osservatorio di Studi sulla Dualità di Genere della Pontificia Università Lateranense. Membro del Gruppo Interdisciplinare di Ricerca in Neurobietica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Responsabile Qualità Accademica della Scuola di Alta Formazione e Studi Specializzati per Professionisti.

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