La donazione obnuziale. Compatibilità con la figura della donazione indiretta

La donazione obnuziale. Compatibilità con la figura della donazione indiretta

La donazione, secondo la definizione data dall’art. 769 cod. civ., è il contratto con il quale una parte arricchisce un’altra per spirito di liberalità, disponendo in suo favore di un diritto ovvero assumendo verso di essa un’obbligazione.

La donazione rientra nel novero dei negozi a titolo gratuito, ma non ne esaurisce la categoria. Da una parte, infatti, la gratuità, ossia l’assenza di corrispettivo, non implica necessariamente un arricchimento della controparte, che invece è elemento essenziale e strutturale nella donazione. D’altra parte, una prestazione eseguita senza corrispettivo non è necessariamente liberale. Costituisce, infatti, una liberalità soltanto l’atto con cui una parte arricchisce un’altra senza esservi tenuta in virtù di una obbligazione giuridica o naturale e per soddisfare un proprio interesse non patrimoniale.

Parallelamente, la donazione non estingue nemmeno il novero degli atti liberali. Il nostro ordinamento contempla diverse ipotesi di negozi caratterizzati da un intento liberale strutturalmente diversi dalle donazioni: il riferimento è alle liberalità d’uso, contemplate all’art. 770, co. 2, cod. civ., alle liberalità atipiche per contenuto e alle donazioni indirette (art. 809 cod. civ.).

La donazione rappresenta, dal punto di vista della natura giuridica, un contratto tipico. In virtù della sua natura contrattuale, la sola volontà del donante di favorire il donatario mediante un’attribuzione patrimoniale è insufficiente al perfezionamento del negozio: affinché l’effetto favorevole si produca è necessaria l’accettazione del donatario nelle forme stabilite dalla legge (art. 782 cod. civ.).

Sotto questo profilo, la donazione in riguardo di matrimonio presenta una peculiarità: a norma dell’art. 785 c.c., la donazione obnuziale si perfeziona senza bisogno di accettazione da parte del beneficiario. Il dictum legislativo ha sollevato dubbi circa la natura giuridica della figura in esame.

Secondo l’opinione maggiormente accreditata, la donazione obnuziale, in virtù del perfezionamento in assenza di accettazione, non costituirebbe un contratto bensì un negozio unilaterale recettizio. Sicché, l’utilizzo del termine “donazione” nell’ambito della disposizione de qua potrebbe spiegarsi nel modo seguente: quest’ultimo non sarebbe riferito alla donazione intesa come “contratto”, bensì alla donazione come attribuzione patrimoniale effettuata per spirito di liberalità, rinvenibile, come tale, tanto in un contratto quanto in un atto unilaterale.

Secondo altro orientamento, invece, la donazione obnuziale rappresenterebbe un’ipotesi di contratto con obbligazioni a carico del solo preponente, ex art. 1333 cod. civ. In assenza di esplicita indicazione normativa, apprezzabile pare la tesi conservativa, che difende la struttura contrattuale della donazione obnuziale. Del resto, dal punto di vista morfologico, la scambio di proposta e accettazione contemplato all’art. 1326 cod. civ. è soltanto uno dei modi di perfezionamento del contratto. D’altra parte, l’art. 785 cod. civ., nell’affermare che la donazione a causa di matrimonio si perfeziona senza bisogno di accettazione, non esclude che essa possa concludersi in modo diverso, ad esempio in assenza del rifiuto del beneficiario nel termine richiesto dalla natura dell’affare, ai sensi dell’art. 1333, co. 2, cod. civ.

La donazione obnuziale non presenta peculiarità rispetto alla donazione soltanto dal punto di vista strutturale, ma anche in punto di disciplina.

La divergenza di struttura e di disciplina della donazione obnuziale rispetto alla donazione ex art. 769 cod. civ. risiede nella rilevanza attribuita, in questo particolare tipo di donazione, al motivo che giustifica l’arricchimento del donatario. La donazione obnuziale consiste, infatti, in un’attribuzione patrimoniale fatta da un futuro coniuge all’altro ovvero da un terzo verso uno o entrambi i futuri coniugi ovvero verso i nascituri, in vista del futuro matrimonio.

Le nozze rappresentano, in prima battuta, il motivo fatto oggetto di condizione sospensiva: il matrimonio è l’evento futuro ed incerto al verificarsi del quale è subordinata l’efficacia del negozio. La donazione obnuziale costituisce, infatti, una figura ad hoc di donazione sottoposta a condizione, insieme alla donazione di riversibilità, di cui all’art. 791 cod. civ, nonché alla donazione con riserva di cui all’art. 790 cod. civ.

D’altro canto, il matrimonio, quale motivo della donazione, non rappresenta soltanto l’evento futuro e incerto dedotto in condizione, ma contribuisce a definire la causa tipica della fattispecie. Mentre nella donazione ex art. 769 cod. civ. il motivo della liberalità rimane nascosto e, dunque, giuridicamente irrilevante, nella donazione obnuziale il motivo della disposizione inerisce al piano causale, in quanto l’attribuzione patrimoniale viene effettuata, per spirito di liberalità, non solo in vista ma anche a causa delle nozze. Quanto appena esposto, trova conferma all’art. 785, co. 2, cod. civ. a mente del quale l’annullamento del matrimonio importa nullità della donazione: si può aggiungere, per assenza di causa. Ne consegue che, laddove l’attribuzione sia consistita nel trasferimento della proprietà di un bene, per effetto dell’annullamento del matrimonio, il donante viene automaticamente ripristinato nella titolarità del bene ceduto, per riottenere la disponibilità materiale del quale potrà esperire l’azione personale di restituzione ovvero le azioni reali a tutela della proprietà, di rivendicazione o di mero accertamento (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 945 del 4 aprile 1973).

La rilevanza causale attribuita al motivo nella donazione obnuziale spiega, in particolare, il diverso regime giuridico rispetto alla donazione ex art. 769 cod. civ.: a differenza di quest’ultima, infatti, la donazione obnuziale non può essere revocata dal donante per ingratitudine o per sopravvenienza di figli (art. 805 cod. civ.) e non obbliga il donatario a prestare gli alimenti al donante (art. 437 c.c.).

Per il resto, la donazione obnuziale è un negozio assoggettato allo stesso regime di forma previsto per la donazione. Sicché, per aversi donazione in riguardo di matrimonio anziché donazione ex art. 769 c.c., è necessaria la forma dell’atto pubblico ed è indispensabile che l’atto faccia espresso riferimento ad un matrimonio individuato (Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 1989, n. 5410).

La donazione obnuziale condivide la caratteristica della rilevanza causale del motivo con la figura della donazione remuneratoria (art. 770, co. 1, cod. civ.): anche nella donazione remuneratoria assume rilevanza funzionale il motivo sotteso alla donazione. In questo caso, il donante favorisce il donatario con un’attribuzione patrimoniale come forma di riconoscenza, in considerazione dei suoi meriti ovvero per speciale rimunerazione. Anche qui, l’incidenza causale del motivo della donazione spiega il perché della irrevocabilità della donazione e dell’estraneità del donatario all’obbligo alimentare. Tuttavia, a differenza della donazione obnuziale, la donazione remuneratoria si perfeziona con l’incontro delle volontà positive (proposta e accettazione) del donante e del donatario.

Il motivo che spinge un soggetto a porre in essere un negozio giuridico è lo scopo individuale da lui perseguito. Perlopiù, il motivo in funzione del quale taluno addiviene alla conclusione di un negozio non viene comunicato alla controparte. Di qui il principio per cui i motivi individuali, che restano estranei al tessuto contrattuale, sono giuridicamente irrilevanti. All’opposto, quando il motivo individuale assume rilevanza nell’ambito dell’assetto contrattuale (ad esempio, è fatto oggetto di condizione) ovvero acquista un’incidenza causale, diventa giuridicamente rilevante. A mente dell’art. 1345 cod. civ., il contratto è nullo se il motivo è illecito, è comune alle parti e rappresenta l’unica ragione del patto. Da qui, è consentito affermare che le figure della donazione obnuziale e della donazione rimuneratoria non rappresentano un’eccezione al principio generale della irrilevanza dei motivi nel contratto, ma rappresentano soltanto figure contrattuali ad hoc in cui il motivo acquista incidenza causale tipica, così determinando, tra l’altro, l’assoggettamento delle due fattispecie ad un diverso regime giuridico.

Per converso, nella donazione ex art. 769 cod. civ., lo spirito di liberalità, causa del contratto, deve essere tenuto distinto dai motivi i quali, come avviene per i contratti in genere, sono sconosciuti e, di regola, giuridicamente irrilevanti. Tuttavia, nell’ambito della donazione, ai motivi è riservato un margine di rilevanza maggiore rispetto ai contratti in genere. Infatti, la donazione può essere annullata per errore sul motivo, di fatto o di diritto, quando risulta dall’atto ed è il solo che ha determinato il donante a disporre (art. 787 cod. civ.) e, d’altra parte, il motivo illecito rende nulla la donazione anche se non è comune alle parti (art. 788 cod. civ.). In tema di donazione, così come nell’ambito della successione testamentaria, il Legislatore ha voluto riservare riguardo prevalente alla volontà di chi subisce un depauperamento per spirito di liberalità, così ampliando i confini della rilevanza giuridica dei motivi individuali.

La donazione non esaurisce, come anticipato, il novero degli atti liberali. Nella categoria delle liberalità, la legge disciplina compiutamente il contratto di donazione, distinguendo da quest’ultimo la liberalità d’uso di cui all’art. 770, co. 2, cod. civ. Le liberalità diverse dalla donazione, anche dette liberalità atipiche, comprendono due tipologie di atti. In primo luogo, gli atti che procurano al beneficiario un arricchimento di contenuto diverso rispetto alla donazione: se la donazione consiste nella disposizione di un diritto ovvero nella assunzione di un’obbligazione, la liberalità atipica per contenuto consiste, ad esempio, nella rinuncia ad un diritto a favore del beneficiario (a titolo esemplificativo, si pensi alla rinuncia per spirito di liberalità dell’usufruttuario al relativo diritto in favore del nudo proprietario). In secondo luogo, rappresenta una liberalità atipica la donazione indiretta. La donazione indiretta consiste in un atto con cui è attribuito ad un soggetto un arricchimento di contenuto identico a quella della donazione ma attraverso l’utilizzo di uno strumento giuridico diverso dal contratto di donazione. La donazione indiretta è caratterizzata, come ogni altro contratto indiretto, dall’utilizzo di un mezzo non tipicamente rivolto a quello scopo che viene raggiunto, pertanto, indirettamente.

La donazione indiretta segue il regime giuridico dell’atto con il quale la liberalità viene realizzata, fermo restando il disposto dell’art. 809 c.c., il quale fa comunque salva l’applicazione al negozio indiretto delle norme che regolano la revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli e l’azione di riduzione per lesione della quota legittima.

In relazione alle figure della donazione obnuziale e della donazione indiretta, la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi sulla compatibilità tra i due istituti. L’orientamento avallato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione sembra, ormai, pacifico: il Collegio, infatti, ha escluso a più riprese la compatibilità tra le due figure (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. IV, 7 giugno 2017, n. 14203; Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2006, n. 15873), argomentando come segue. Il Collegio ha rilevato che la donazione obnuziale è un negozio formale e tipico, caratterizzato dalla espressa menzione nell’atto pubblico della ragione della attribuzione patrimoniale. Proprio l’espressa menzione nell’atto pubblico della ragione della liberalità, che aderisce al piano causale, giustifica le rilevanti deroghe in tema di disciplina, quali, si ripete, la non revocabilità del contratto e l’estraneità del donatario all’obbligo alimentare. La massima della più recente sentenza sull’argomento, infatti, recita come segue: “ai sensi dell’articolo 785 del Cc la donazione obnunziale, essendo un negozio formale e tipico caratterizzato dall’espressa menzione nell’atto pubblico delle finalità dell’attribuzione patrimoniale, eseguita da uno degli sposi o da un terzo in riguardo di un futuro determinato matrimonio, è incompatibile con l’istituto della donazione indiretta, in cui lo spirito di liberalità viene perseguito mediante il compimento di atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769 del cc; infatti, la precisa connotazione della causa negoziale, che deve espressamente risultare dal contesto dell’atto, non può rinvenirsi nell’ambito di una fattispecie indiretta, nella quale la finalità suddetta, ancorché in concreto perseguita, può rilevare solo quale motivo finale degli atti di disposizione patrimoniale fra loro collegati ma non anche quale elemento tipizzante del contratto, chiaramente delineato dal legislatore nei suoi requisiti di forma e di sostanza, in vista del particolare regime di perfezionamento, efficacia e caducazione che lo contraddistingue dalle altre donazioni” (Cass. civ., sez. IV, 7 giugno 2017, n. 14203).

In conclusione, la questione può essere così riassunta: se il motivo che sorregge l’arricchimento patrimoniale del donatario non emerge dall’atto, troverà applicazione il principio generale della irrilevanza giuridica dei motivi individuali, per cui il beneficio patrimoniale può essere conseguito tramite il contratto di donazione ovvero per mezzo di un negozio giuridico diverso, avente già una propria causa. Laddove, per converso, il motivo della attribuzione liberale, consistente nella celebrazione del futuro matrimonio, emerga dall’atto, quest’ultimo non potrà che essere stipulato nelle forme previste dalla legge, stante l’indissolubile nesso tra causa della donazione obnuziale, forma e regime giuridico.

 

 

 

 


Riferimenti normativi:
art. 785 c.c.
art. 805 c.c.
art. 437 c.c.
art. 769, 770, 787, 788, 790, 791 c.c.
art. 809 c.c.
art. 1333 c.c.
Riferimenti giurisprudenziali:
Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 1989, n. 5410
Cass. civ., sez. IV, 7 giugno 2017, n. 14203
Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2006, n. 15873
Cassazione civile, Sez. II, 4 aprile 1973, n. 945
Dottrina:
Minussi, M. Paladini, A. Renda, Manuale di diritto civile, 2019
Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, 2012

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