La funzione amministrativa tra semplificazione e sussidiarietà orizzontale, con particolare riguardo alle autorizzazioni

La funzione amministrativa tra semplificazione e sussidiarietà orizzontale, con particolare riguardo alle autorizzazioni

La funzione amministrativa è da decenni al centro di un’evoluzione che muove dalla riconsiderazione dei rapporti tra Stato e cittadini, i quali non risultano più improntati in un’ottica autoritaria ma piuttosto verso un confronto paritario.

Ciò ha comportato un progressivo ridimensionamento dei compiti dapprima assegnati unicamente allo Stato che oggi si snodano sempre più nella direzione di una partecipazione responsabile dei privati in compiti prettamente amministrativi.

Tanto premesso, è necessario occuparsi della funzione amministrativa.

Essa è genericamente intesa come il prodotto dell’attività autoritativa della pubblica amministrazione, in quanto espressione del potere attribuitole dalla legge per il perseguimento dei fini istituzionali.

La concezione classica di Stato autoritario, alla quale faceva da contraltare la soggezione del privato, è mutata a seguito di importati interventi legislativi dettati da un duplice ordine di ragioni. 

Da un lato, vi è stato un ripensamento del ruolo della persona.

Lungo questo versante si collocano le riforme finalizzate a porre al centro del sistema la persona e la partecipazione di questa ai procedimenti decisionali che la interessano. Il privato, dunque, da mero soggetto passivo del pubblico potere, diviene protagonista dell’attività amministrativa. A conferma di quanto detto si richiama la l. n. 241/1990, la quale ha riconosciuto i  diversi diritti che spettano al privato nel procedimento amministrativo.

Dall’altro, invece, a scardinare la tradizionale attività amministrativa, si segnalano i mutamenti sociali ed economici che hanno indotto il Legislatore a rivedere le politiche in materia di spesa pubblica, produttività e migliore allocazione delle risorse.  Tali esigenze sono attuate attraverso la rilettura dell’attività amministrativa alla luce dei principi del buon andamento in senso finanziario (artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.) ed in senso economico (art. 97, comma 2, Cost).

Il primo è stato realizzando introducendo nella Costituzione il principio del “pareggio di bilancio” modificando gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. In particolare, esso prevede l’obbligo di pareggiare il bilancio cercando un equilibrio tra le entrate e le spese ed evitando che si ricorra all’indebitamento come mezzo di finanziamento.

Il secondo costituisce, invece, una tecnica di contenimento del debito pubblico poiché impone la riduzione dei costi dell’azione amministrativa e si prefigge l’obiettivo di realizzare il medesimo risultato con con un minore dispendio di risorse.

Si ritiene che il principio del buon andamento in senso economico trovi il suo referente normativo all’art. 97, comma 2, Cost. nella parte in cui si afferma che gli uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

L’intervento legislativo più significativo in materia di riduzione dei costi e di ottimizzazione della produttività è stato di cui alla legge delega n. 15/2009 (cosiddetta riforma brunetta).

E’ il caso di rilevare che il buon andamento in senso economico, rappresentando una tecnica di contenimento del debito pubblico che impone la riduzione dei costi dell’azione amministrativa pur realizzando il medesimo obiettivo con un minore dispendo di risorse, trova la sua estrensicazione mediante gli strumenti della semplificazione e della sussidiarietà.

La semplificazione risponde all’esigenza di modernizzare il sistema pubblico in funzione del taglio dei costi per l’amministrazione, i cittadini e le imprese. Essa, inoltre, segna il passaggio dall’amministrazione di servizio all’amministrazione di risultato e mira ad una gestione manageriale delle risorse disponibili che si snoda in strategie di valutazioni, previsioni e strumenti di contratto.

Il principio del buon andamento in senso economico, pur essendo ritenuto immanente nell’art. 97 Cost., trova il suo appiglio normativo nella legge n. 59/1997 (cosiddetta legge Bassanini), nel cui art. 20 si fa riferimento alla semplificazione normativa ed amministrativa.

La prima opera attraverso un’opera di bonifica dell’assetto normativo, volta ad eliminare la molteplicità di disposizioni normative non più attuali o ridondanti, seguita poi da un lavoro di sistemazione delle leggi in raccolte (testi unici e codici).

La seconda, invece, è diretta al taglio dei costi per i cittadini e per le imprese mediante l’eliminazione degli interventi amministrativi non più necessari (cosiddetta deregulation) ed attraverso la semplificazione organizzativa (chiamata better regulation). 

Diverse sono le conseguenze che discendono dalla semplificazione normativa.

Si cita ad esempio la circostanza che dal una maggiore chiarezza delle normativa discende una maggiore efficienza nell’attività amministrativa ed una maggiore rapidità del procedimento.

Per quando riguarda la semplificazione amministrativa, anche questa trae il suo fondamento normativo nell’art. 20, comma 3, l. n. 59/1997, nella parte in cui prevede l’eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale ove non vi contrastino interessi pubblici alla difesa nazionale, ordine, sicurezza pubblica, amministrazione della giustizia, regolamentazione dei mercati e tutela della concorrenza, salute, etc.

Meritano un cenno anche l’ipotesi di sostituzione delle autorizzazioni, licenze, concessioni, nulla osta, che non implichino discrezionalità amministrativa con una denuncia di inizio attività, e la previsione della revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte a specifici settori espressamente previsti (art. 20, lett. g, l. n. 59/1997). 

La norma ha previsto, inoltre, la riduzione dei procedimenti attraverso la sostituzione dell’attività amministrativa diretta con forme di autoregolamentazione da parte degli interessati (art. 20, lettera d, comma 4, l. n. 59/1997), e la possibilità di utilizzare strumenti di diritto privato da parte delle amministrazioni, salvi i casi in cui è necessario l’esercizio del potere autoritario (art. 20, lettere f, ed f bis, comma 4, l. n. 59/1997), assurgendo qui lo strumento privatistico a modello d’elezione per l’azione amministrativa nel perseguimento dell’interesse generale. 

Nell’ottica di una sempre più stringente semplificazione delle funzione amministrativa si colloca anche la l. n. 124/2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (riforma Madia). Ben vero, la l. n. 124/2015 contiene prevalentemente deleghe legislative volte a riorganizzare l’amministrazione statale e la dirigenza pubblica, proseguire e migliorare l’opera di digitalizzazione della p.a., riordinare gli strumenti di semplificazione dei procedimenti amministrativi ed elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative.

La riforma Madia rappresenta l’ultima evoluzione del percorso sopra esaminato, il quale mira ad incidere sul rapporto tra cittadino e p.a., in una visione olistica che mette al centro del sistema il destinatario del servizio e non l’apparato che fornisce il servizio stesso.

Tanto chiarito con riguardo alla semplificazione, occorre ora soffermarsi sul principio di sussidiarietà.

Esso, in generale, opera come criterio di distribuzione dei compiti con preferenza per i livelli di governo più vicini ai bisogni della collettività.

Il fondamento del principio in esame va ravvisato nella circostanza che, allocando il compito al potere più vicino all’oggetto del medesimo, tale compito sarà svolto meglio.

Il principio di sussidiarietà opera in una duplice direzione.

In verticale, opera come criterio di distribuzione dei compiti tra i vari enti pubblici territoriali che che compongono la Repubblica, in orizzontale, invece, ripartisce le competenza tra pubblico e privato.

A livello europeo il principio in esame viene espressamente sancito all’art. 13 TFUE secondo cui, l’intervento dell’Unione è ammesso, solo se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati Membri. 

Nel nostro ordinamento, invece, la sussidiarietà nella sua dimensione orizzontale ha fondamento nell’art. 118 Cost., (come riformato nel 2001), unitamente al Titolo V della Costituzione che consacra un federalismo in senso ascendente: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Provincie e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”

Esso, inoltre, si combina con l’art 41 Cost. cosicché viene prevista la partecipazione dell’autonomia privata in settori tradizionalmente riservati all’agire pubblico, al punto da determinare una cessione di funzioni pubbliche ai privati in settori in cui gli stessi sono in grado di conseguire il miglior risultato, dando vita al fenomeno della esternalizzazione o privatizzazione di attività pubbliche.

A livello di legislazione ordinaria, l’art. 4 della l. n. 59/1997 dispone che i conferimenti di funzioni agli enti locali più vicini ai cittadini debbono avvenire nell’osservanza del principio di sussidiarietà, attribuendo le responsabilità pubbliche all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicine ai cittadini.

Mentre, l’art. 3 del d.lgs. 267/00 sancisce che comuni e province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono adeguatamente essere esercitate dalla autonomia dei privati e delle loro formazioni sociali. 

Inquadrati i referenti normativi, si nota adesso che il principio di sussidiarietà orizzontale opera su tre distinti livelli: Stato, società e mercato.

Nello Stato, tramite la soppressione di enti autarchici, l’incremento dell’autonomia di quegli enti di confine tra pubblici poteri e società civile (come le Università e le Camere di Commercio), la devoluzione ai privati di attività di interesse generale in cui il ruolo dello Stato è immanente alla sua esistenza e funzione (come l’amministrazione della giustizia nella mediazione di cui al d. lgs. n. 28/2010 o la gestione della sicurezza pubblica di cui all’art. 134 R.D. n. 773/1931). 

Nella società, attraverso la possibilità per i privati di affiancare enti pubblici nella gestione di compiti propri del Welfare come le fondazioni volte al perseguimento di scopi di utilità sociale, e attraverso la previsione di forme societarie per enti privati nel perseguimento di scopi non di lucro, con cui gli stessi si finanziano e reinvestono gli utili per il perseguimento di utilità sociali (cosiddetta impresa sociale l. n. 118/2005).

Nel mercato, con la privatizzazione dell’impresa pubblica, la liberalizzazione delle attività economiche private e dei servizi pubblici economici. 

Da quanto sopra detto, si nota come non sia sempre agevole cogliere il confine tra semplificazione e sussidiarietà orizzontale; invero, vi sono casi in cui i i due concetti sono così vicini che sembrano sfumare.

Ci si riferisce all’ultimo settore, ovvero quello del mercato, in cui il detto principio converge sino a sfumare nel principio di semplificazione. 

Con specifico riferimento al mercato, si osserva che, sotto il versante delle privatizzazioni, il principio di sussidiarietà ha determinato l’uscita dal gioco dello Stato dall’economia, con la progressiva privatizzazione di enti pubblici economici e società pubbliche (si pensi al d.lg. n. 175/2016 in materia di società a partecipazione pubblica).

Dal versante delle liberalizzazioni che riguardano i servizi pubblici, invece, si assiste all’apertura del mercato un tempo chiuso ai privati. 

Ciò ha comportato la soppressione di quel sistema amministrativo che afferiva all’accesso e all’esercizio di tali attività soggette a controllo pubblico.

L’ipotesi più richiamata è quella prevista dal D.P.R. n. 34/2000 che ha segnato il passaggio da un sistema pubblicistico, di verifica dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria in capo ai soggetti contraenti con la p.a., ad un sistema di verifica affidato ad organismi di diritto privato di attestazione (Societa organismi di attestazione, cosiddette SOA).

Ulteriore fattispecie di attribuzione di poteri amministrativi ai privati è quella di cui all’art. 1, comma 368, lett.b) l. n. 266/2006, che attribuisce, ad imprese dotate di personalità giuridica di diritto privato, dei poteri istruttori e certificativi in ordine al possesso di requisiti previsti dalla legge da parte dei propri associati relativamente a procedimenti autorizzatori.

Resta a questo punto da soffermarsi sulle autorizzazioni e verificare in che modo esse si rapportano con la semplificazione e la sussidiarietà orizzontale.

Le autorizzazioni costituiscono una funzione amministrativa discrezionale avente ad oggetto atti della p.a. ovvero atti e attività dei privati, ed hanno natura costitutiva o permissiva in quanto volte ad ampliare la sfera giuridica del destinatario in settori quali: il commercio, le professioni, i servizi e la pubblica sicurezza. 

Esse trovano la loro ragione nelle esigenze di programmazione e di controllo secondo cui lo Stato, nel bilanciamento degli interessi in gioco e nella valutazione delle istanze di utilità sociale nel caso concreto, rimuove un limite preesistente in capo al destinatario. 

Le tipologie in cui si sostanziano le autorizzazioni hanno la forma delle: dispense, esenzioni, abilitazioni, registrazioni, iscrizioni e licenze.

E’ il caso di rilevare che, nella liberalizzazione delle attività economiche private vengono a confluire entrambi i principi di semplificazione e di sussidiarietà; tuttavia, a volte il Legislatore accorda prevalenza per la semplificazione con interventi di deregulation, altre volte della sussidiarietà orizzontale.

Si nota come lo stesso Legislatore propenda per la semplificazione della funzione autorizzatoria nell’ambito della SCIA (art. 19, l. n. 241/1990) e del silenzio-assenso (artt. 2 e 20, l. n. 241/1990), modificati di recente dalla Riforma Madia (l. n. 124/2015 ) e dai relativi decreti di attuazione.

In particolare, l’art. 18 bis l. n. 241/1990 prevede che, dall’avvenuta presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni, viene rilasciata immediatamente, anche in via telematica, una ricevuta che attesta l’avvenuta presentazione dell’istanza, della segnalazione e della comunicazione ed indica i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta, ove previsto, a rispondere, ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento dell’istanza, e può costituire comunicazione di avvio del procedimento. 

E’ stato, inoltre, modificato il comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241/90, secondo cui l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. 

In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. 

Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa.

L’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata. 

A ben vedere, permane la funzione nel controllo e nell’accertamento dei requisiti da parte dell’amministrazione competente entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della scia.

Infatti, il potere di verifica non è finalizzato all’emanazione dell’atto autorizzatorio all’esercizio dell’attività ma al controllo della corrispondenza di quanto dichiarato rispetto alle prescrizioni normative stabilite nel caso specifico. 

In sostanza, al principio autoritativo si sostituisce quello dell’autoresponsabilità del privato.

In tema di sussidiarietà orizzontale, invece, va segnalata la Direttiva CE n. 123/2006 in materia di libertà di stabilimento e circolazione dei servizi, ispirata a principi di non discriminazione (art. 9 comma 1 lett a, secondo cui il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore), e necessità (art 9 comma 1 lett b, che sancisce la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale) la cui finalità è volta alla realizzazione del mercato unico. 

La normativa italiana vi ha dato attuazione con il d.lgs. n. 59/10 e con successivi interventi legislativi recanti disposizioni sull’accesso e l’esercizio di attività di servizi ed in materia di regimi autorizzatori.

La normativa si applica a qualunque attività economica, di carattere di carattere imprenditoriale o professionale diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altre prestazione di carattere intellettuale; sono tuttavia escluse: le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri, la disciplina fiscale delle attività di servizi ed i servizi di interesse economico generali).

Una particolare attenzione merita la previsione di cui al d.l. n. 138/11 ove il principio di sussidiarietà orizzontale è presente nel dettato dell’art 3, in tema di abrogazione di indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e attività economiche, allorquando prevede che Comuni, Province, Regioni e Stato adeguino i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei casi ivi previsti. 


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Fabio Toto

Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2010, con la votazione di 105/110, presso l’Università Lumsa di Palermo, discutendo una tesi in materia di Diritto Commerciale. Ottiene, nel 2012, il diploma di specializzazione per le professioni legali presso la Scuola di Specializzazione Lumsa di Palermo e parallelamente svolge il tirocinio presso gli Uffici Giudiziari del Palazzo di Giustizia di Palermo. Per la preparazione teorica, ha frequentato corsi di formazione giuridica avanzata, tenuti da Consiglieri di Stato, approfondendo, in particolare, il diritto civile, penale ed amministrativo. È iscritto all’albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo dal 2016 (Tess. n. 224/16). In qualità di autore ha scritto per riviste scientifiche ed è cultore di istituzioni di diritto pubblico presso l’università degli studi di Palermo.

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