La giurisprudenza della Cassazione e le modalità di notifica degli atti: le modalità di notifica ex art. 140 c.p.c. e 143 c.p.c.

La giurisprudenza della Cassazione e le modalità di notifica degli atti: le modalità di notifica ex art. 140 c.p.c. e 143 c.p.c.

Sommario: Introduzione – 1. Irreperibilità relativa e rifiuto di ricevere il plico: la raccomandata C.A.D. (e la differenza con la raccomandata C.A.N.) – 2. Notifica ex art. 143 c.p.c.: la reale efficacia delle ricerche

 

Introduzione

Negli ultimi anni, la Suprema Corte è più volte intervenuta per rendere maggiormente precise le tutele di chi riceve atti impositivi (in particolare dalla Agenzia delle Entrate – Riscossione), in relazione soprattutto alle diverse modalità di notifica.

Il filo conduttore delle pronunce di seguito in esame, e relative a diverse modalità di notifica, è il fatto che quando non vi è diretta e immediata conoscenza da parte del destinatario del plico, come nel caso della notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e 143 c.p.c., pur operando per presunzione di ricezione, è necessario che vi sia la maggiore tutela possibile, pur nel bilanciamento delle esigenze del notificatore, ma con un onere della prova aggravato in capo di quest’ultimo, il quale, nel caso dell’art. 140 c.p.c., dovrà produrre l’avviso di ricevimento del C.A.D., e nel caso dell’art. 143 c.p.c. nelle ricerche approfondite e mirate, prioritariamente, alla consegna nelle mani del destinatario o, in subordine, ai soggetti indicati ex art. 139 c.p.c..

1. Irreperibilità relativa e rifiuto di ricevere il plico: la raccomandata C.A.D. (e la differenza con la raccomandata C.A.N.)

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n°10.012 del 15 aprile 2021, hanno risolto il contrasto interno relativo al rituale perfezionamento della notifica, con particolare riferimento alla questione se sia sufficiente produrre il primo avviso di ricevimento, con relative attestazioni, oppure se sia necessario che il notificante depositi l’avviso di ricevimento della “raccomandata informativa” (C.A.D.).

Un primo orientamento (cfr. tra le meno risalenti Corte di Cass., sent. n°2.638/19), riteneva sufficiente che “l’Ente impositore notificante produca in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto notificando con l’attestazione di spedizione del C.A.D.”: d’altronde, l’art. 8, comma 4, della legge n°890 del 1982, statuisce che “la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”. Per il più risalente orientamento, dunque, si riteneva sufficiente l’attestazione della spedizione della C.A.D., indipendentemente dal ricevimento di quest’ultima, e contenuto nell’avviso di ricevimento dell’atto notificando.

A partire dalla Ordinanza n°5.077 del 21 febbraio 2019, la Corte ha cambiato indirizzo, ritenendo che dinanzi alla notifica effettuata in caso di assenza temporanea del destinatario ovvero di persone idonee alla ricezione dell’atto notificando, si considera perfezionata la procedura notificatoria solo quando si verifica, in concreto, l’avvenuta ricezione della C.A.D..

La conseguenza è che il notificante, ossia parte resistente, è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento (nello stesso senso, cfr. Cass., sent. n°6.363/2020, n°21.714/2020, n°23.921/2020, n°25.140/2020 e n°26.078/2020).

Le Sezioni Unite, recentemente, hanno evidenziato come, a differenza di quanto avviene ex art. 139 c.p.c., nel caso dell’art. 140 c.p.c. “non si realizza alcuna consegna, ma solo il deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (ovvero nella notifica codicistica presso la Casa comunale)”. Tanto basta per prevedere un maggiore rigore nella comunicazione dell’avvenuto deposito, per dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto.

Sulla scorta di tale ragionamento, le Sezioni Unite hanno sancito il principio secondo il quale “in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della l. n°890 del 1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima”.

Invece, per la procedura prevista ex art. 139 c.p.c. è sufficiente la prova (in giudizio) della semplice spedizione della raccomandata attestante l’avvenuta notifica, in quanto questa avvenuta nelle mani di un familiare convivente con il destinatario o al portiere (o a un addetto alla ricezione atti), etc. e si presume che il plico venga consegnato al destinatario.

Ciò, purché avvenga nei luoghi indicati ex art. 139 c.p.c., al fine di effettuare la consegna in luoghi comuni al consegnatario e al destinatario, nel quali si può presumere vi siano incontri quotidiani (o comunque frequenti): solo in questo caso si può ipotizzare fondatamente che la persona legata da rapporti di famiglia o di collaborazione con il destinatario provveda a trasmettergli l’atto ricevuto (cfr. Corte di Cass., ord. n°24.681 dell’8 ottobre 2018).

2. Notifica ex art. 143 c.p.c.: la reale efficacia delle ricerche

Nel caso di irreperibilità assoluta, a differenza di quanto avviene ex art. 140 c.p.c., l’indirizzo del destinatario deve essere ignoto nonostante le ricerche svolte: ne consegue che l’ufficiale giudiziario, in assenza di informazioni relative al destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, deve compiere ogni ulteriore indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione (cfr. Corte di Cassazione, ord. n°8.638/2017).

L’ordinaria diligenza per vincere l’ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta dev’essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’art 1147 c.c. e deve concretizzarsi nel compimento di ogni indagine astrattamente idoneo all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’art. 139 c.p.c. (Cass. Sent. n°19.012/2017), compreso “accedere nel luogo di ultima residenza nota, al fine di attingere, anche nell’ipotesi di riscontrata assenza di addetti o incaricati alla ricezione della notifica, comunque eventuali notizie utili in ordine alla residenza attuale del destinatario della notificazione” (cfr. Corte di Cassazione, sent. n°18.385/2003).

Ebbene, recentemente, con ordinanza n°40.467 del 16 dicembre 2021, la Corte di Cassazione ha confermato questa tendenza, stabilendo che non basta la generica indicazione di “vane le ricerche esperite sul posto” a integrare un fatto rispetto al quale, la parte interessata, abbia l’onere di proporre querela di falso per smentirla, ma ha la valenza di una valutazione non assistita dalla efficacia di atto pubblico.


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Dal 2014 svolgo la professione forense presso il Foro di Napoli, in ambito civile. Nel 2015 ho collaborato, insieme ad altri, al Manuale di diritto d’autore curato dal Prof. Fabio Dell’Aversana, dedicandomi alla parte relativa ai contratti dello spettacolo. Nel 2017 e nel 2019 ho partecipato all’IGF, rispettivamente di Bologna e di Torino, dove ho trattato il tema dell’identità e della privacy dei minori in Rete, argomento trattato anche al convegno «Insert law to continue» tenuto alla Federico II di Napoli e, nel giugno 2021, nel convegno «La scuola e le sfide del Covid». Nel 2020 ho collaborato, insieme ad altri, al volume «Il valore della Carta dei diritti di Internet», a cura di Laura Abba e Angelo Alù, con il contributo intitolato: «La sicurezza in Rete e il delicato equilibrio tra vari interessi in gioco» e anche al volume «Stato di diritto, emergenza, tecnologia», edito su Consultaonline a cura di Giovanna De Minico e di Massimo Villone, con il contributo «Coronavirus e principio di uguaglianza: problematiche e spunti». Tra il 2020 e il 2021 ho affrontato il tema dello smart working sia nel breve saggio «Il diritto alla disconnessione: questioni pratiche e possibili tutele», su Rassegna Astrid, 16/2020, poi pubblicato in spagnolo nella Revista de Ciencia de la Legislaciòn, 9/2021, sia, con la Dott.ssa Valentina Sapuppo, nell’articolo «Diritto alla disconnessione: utopia o certezza normativa» pubblicato su e-learning specialist.eu l’8 marzo 2021. Nel 2021 ho collaborato, insieme ad altri, al volume «La Pubblica Amministrazione del futuro. Tra sfide e opportunità per l’innovazione del settore pubblico», a cura di Angelo Alù e di Alessia Ciccarello, con il contributo intitolato: «Discorsi d’odio, social e libertà di espressione: quis custodiet custodes?», argomento trattato anche il 14 maggio 2021 come speaker nell’ambito del ciclo di conferenze «Internet per tutti, a scuola con Isoc».

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