La legge 119/2017: l’obbligo vaccinale e le sue criticità

La legge 119/2017: l’obbligo vaccinale e le sue criticità

Sommario: Premessa – 1. Il background normativo antecedente – 2. L. 31 luglio 2017 n. 119 – 3. La c.d. procedura semplificata e gli adempimenti vaccinali – 4. I profili di criticità

I nostri bambini, tutti i bambini, hanno diritto ad una protezione che un’autocertificazione non offre, perché non esiste nessuna garanzia di controllo, perché non è previsto un termine certo e a scuola si può entrare anche senza, perché le conseguenze di un abuso di questo strumento non sarebbero limitate a chi lo commette e ricadrebbero sugli altri, proprio sui più fragili”.

Così recita la lettera che venti donne, mamme di bambini immunodepressi, hanno pubblicato online, dopo aver appreso l’intenzione del governo di rimandare ancora di un anno l’obbligo vaccinale.

Il documento si presenta chiaro, lineare, apertamente pro vaccini, con il dichiarato intento di far sentire la voce di chi non può scegliere, di chi subisce le scelte altrui, di chi denuncia il pericolo di falsi nell’autocertificazione e sa che non sarà ascoltato.

E così si riaccende il dibattito che già due mesi prima, il 25 giugno 2018 aveva riempito le pagine di cronaca, con la morte della piccola Giulia uccisa dalla meningite in 4 ore a Rozzano, a soli sei anni. La bambina non era stata vaccinata. Pesano, oggi, le parole del padre che rivolgendosi a Salvini afferma: “Non deve decidere il genitore, i vaccini devono essere obbligatori”, nel suo caso “Il vaccino non garantisce, ma avrebbe aiutato”.

La scoperta della vaccinazione come strumento idoneo ad immunizzare il corpo dalle malattie infettive viene comunamente accreditato al medico Edward Jenner, tra la metà del 1700 e i primi del 1800. Con il termine vaccino si intende “qualsiasi prodotto immunobiologico in grado di indurre una immunizzazione attiva”, mentre con il termine vaccinazione si intende “qualunque procedura usata nell’uomo o negli animali per indurre una immunizzazione attiva”.

La vaccinazione consiste nella somministrazione di un vaccino sia a scopo profilattico, ossia per creare uno stato immunitario nei confronti di una o più malattie, sia a scopo terapeutico, con l’intento di potenziare gli anticorpi presenti nell’organismo, in presenza di una malattia già in atto.

1. Il background normativo antecedente

In Italia, la riforma del Titolo V della Costituzione con la L. 3 del 2001, volto alla deregulation delle competenze e responsabilità in materia sanitaria con l’esclusiva competenza dello Stato circa la determinazione delle “prestazioni sanitarie essenziali”, e i Piani di prevenzione vaccinale sino al 2016/2018 tendevano al “superamento dell’obbligo vaccinale”. Favorevoli sostenitrici del “dissenso informato” alcune Regioni, autonome nell’organizzazione e gestione del sistema sanitario così come previsto dalla riforma Costituzionale del 2001, avevano di fatto abolito la distinzione tra vaccini obbligatori e facoltativi, rendendo la vaccinazione una libera scelta dei genitori.

Neanche il Tribunale per i Minorenni ostacolava il percorso di libera determinazione, di stampo europeo intrapreso dalle Regioni, ritenendo plausibile una limitazione dalla responsabilità genitoriale solo ove l’inottemperanza all’obbligo avesse comportato una situazione di pregiudizio al minore, posto il preminente interesse alla salute psico – fisica dello stesso. Innumerevoli sono state in venti anni le pronunce di non luogo a provvedere emesse dai giudici minorili sulla base di una impossibilità sanzionatoria, ogni qual volta il rifiuto alla vaccinazione fosse “informato” e ben ponderato. Complice anche la giurisprudenza di legittimità che denunciava la fallacità dell’obbligo vaccinale dinanzi a fatti concretamente pregiudizievoli per il minore.

L’intento, prima facie, era chiarissimo: responsabilizzare i genitori, rendendoli consapevoli artefici di scelte importanti per la vita dei loro figli, scelte raccomandate dalle istituzioni ma non imposte e dunque prive di qualsivoglia coercizione.

2. L. 31 luglio 2017 n. 119

Tuttavia sono proprio le Regioni, a fronte dei dati emessi dalla OMS, in merito alla c.d. “immunità di gregge”, a determinare una brusca inversione di marcia.

La prima è l’Emilia Romagna che con la L. R. n. 19 del 2016, nel ridisegnare i servizi da 0 – 3 anni, introduce come requisito d’accesso “l’aver assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”.

Di li a poco, sulla scia di un fervore emergenziale nasce il cd. Decreto Lorenzin, n. 73 del 2017 poi convertito in legge n. 119 del 2017, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, sebbene lo stesso Gentiloni ne avesse smentito l’urgenza in sede di Conferenza stampa per la presentazione del D.L. 73/2017.

Ai sensi dell’art. 1 della L. 119/2017 per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati, è disposta l’obbligatorietà e la gratuità delle seguenti vaccinazioni:

  1. Anti – poliomelitica;

  2. Anti – difterica;

  3. Anti – tetanica:

  4. Anti – epatite B;

  5. Anti – pertosse;

  6. Anti – Haemophilus influenzae tipo b;

  7. Anti – morbillo;

  8. Anti – rosolia;

  9. Anti – parotite;

  10. Anti – varicella.

Con la espressa possibilità per il Ministro di disporre la cessazione della obbligatorietà per una o più vaccinazioni.

Di dubbia legittimità costituzionale sembra essere poi la previsione normativa della obbligatorietà vaccinale, per i minori stranieri non accompagnati, sino alla maggiore età. Prestando così il fianco a censure per contrasto con il principio di uguaglianza dell’art. 3 Cost., nonché il mancato rispetto dell’art. 14 CEDU, in merito al godimento dei diritti e delle libertà ivi contenute indiscriminatamente.

La legge inoltre diversifica il trattamento sanzionatorio stabilendo tre procedure: una transitoria per l’a.s. 2017/2018; una per l’a.s. 2018/2019 ed infine una semplificata per l’a.s. 2019/2020, in seguito ritenuta concretamente applicabile anche per l’a.s. 2018/2019 solo nelle Regioni munite di una Anagrafe Vaccinale.

3. La c.d. procedura semplificata e gli adempimenti vaccinali

La tendenza è quella di istituire in ogni regione una Anagrafe Vaccinale che consenta, in termini brevi, di accedere alla posizione sanitaria di ogni minore che voglia iscriversi all’anno scolastico successivo, tramite la collaborazione dei dirigenti scolastici e dei responsabili educativi delle scuole dell’infanzia e primarie. Individuati i soggetti inadempienti, verranno invitati a depositare la documentazione attestante l’avvenuta vaccinazione, documentazione che poi sarà trasmessa alle ASL per l’attivazione del recupero degli inadempimenti.

Pesa la scelta intrapresa dal Governo, ed in vigore solo dall’anno scolastico 2019/2020, di considerare la mancata presentazione della documentazione richiesta causa di esclusione e motivo di decadenza dall’iscrizione per i servizi educativi dell’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi comprese quelle private.

Il danno arrecato al minore sarebbe pregiudizievole alla sua crescita ed altresì contrario alla Costituzione nonché alla legge delega n. 53/2003, che nell’espresso obiettivo di tutelare gli interessi del minore afferma che “la scuola dell’infanzia di durata triennale, concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia ed unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria”.

E dunque oltre a generare una disparità, essendo la mancata vaccinazione, causa di esclusione solo per i bambini da zero a sei anni e non anche per quelli da sei a sedici per i quali è prevista solo una multa, si pone anche in contrasto con i principi della Carta Costituzione, laddove l’art. 31, comma 2, afferma che “la Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo, nonché l’art. 34 Cost. che senza lasciare spazio a fraintendimenti dichiara la scuola “aperta a tutti”.

Diventa sempre più problematica la scelta e lo scontro tra il diritto all’autodeterminazione, in parte affermato nell’art. 5 della Convenzione di Oviedo, e l’interesse alla salute della collettività sancito dall’art 32 della Costituzione.

4. I profili di criticità

Solo la preminente necessità di tutela collettiva può, come nel caso dei trattamenti obbligatori, comprimere il diritto alla autodeterminazione delle scelte mediche.

È dunque l’immunità di gregge, la necessità di tutelare anche chi di scelte non ne ha, come i figli immunodepressi delle venti mamme che pochi giorni fa hanno sottoscritto il loro appello disperato, la ratio della coercizione vaccinale. Ma non solo. La ratio è anche quella di sottrarre alla disponibilità di genitori, tutori, affidatari, scelte determinanti che non possono essere lasciate all’apprezzamento del singolo ma che necessitano dell’intervento di un’autorità sanitaria.

Così la Cassazione, in tema di vaccinazioni obbligatorie ha rilevato che la vaccinazione non può essere rifiutata per una generica convinzione o per ignoranza del genitore, essendo necessaria la specifica indicazione, caso per caso, delle ragioni che rendono la vaccinazione pregiudizievole per il minore.

Che l’interpretazione volta a sostituire la volontà del genitore con quella dell’organo pubblico abbia assai scarse possibilità di prevalere è incontestabile essendo, per legge, la volontà dell’incapace sostituita dal rappresentate legale, unico autorizzato a darle voce.

E dunque non si può negare che la legge sia affetta da superficialità e poca chiarezza, tuttavia essa si fa portatrice di un tema importante, che non può essere ignorato. Su questioni così delicate la chiarezza sistemica della Costituzione lascia spazio ad incertezze ed indecisioni. Chi vorrebbe scegliere e non può, chi può scegliere e non vuole. È questione di compromessi. Senza inneggiare al contrattualismo Lockiano, bisognerebbe però ricordare che lo stato nasce come forma di vita comune, dove appianare le divergenze al fine preminente di assicurare la salute e la serenità di tutti.

Con tutte le criticità e le debolezze di una legge, che la stessa Consulta afferma non essere “irragionevole”, ritengo che lo strumento dell’obbligo vaccinale debba essere normativamente e socialmente discusso, per non danneggiare l’interesse di chi rimane comunque il reale destinatario: il minore.


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Giulia Romana Guida

Dottoressa in Giurisprudenza. Praticante avvocato presso il foro di Roma e tirocinante presso il Tribunale per i Minorenni. Tesi di laurea in diritto Penale: "Violenza di genere e movente culturale".

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