La “meritevolezza” del debitore nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento

La “meritevolezza” del debitore nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento

Sommario: 1. Premessa – 2. Il Decreto Ristori e la riforma delle procedure da sovraindebitamento  – 3. I presupposti per l’accesso alle procedure da sovraindebitamento ex L. 3/2012: cenni – 4. Il requisito della meritevolezza – 5. La meritevolezza nell’accordo con i creditori – 5.1. L’accordo di composizione della crisi tramutato in concordato minore: cenni – 5.2. Condizioni ostative all’ammissibilità della domanda di accordo – 6. La meritevolezza nel piano del consumatore – 6.1. Il piano del consumatore: ieri, oggi e domani: cenni – 6.2. Condizioni ostative all’ammissibilità del piano del consumatore – 7. La meritevolezza nella liquidazione dei beni – 7.1. La liquidazione dei beni: cenni – 7.2. Condizioni ostative all’ammissibilità della procedura liquidatoria e conseguente esdebitazione – 8. La meritevolezza nell’esdebitazione del debitore incapiente – 8.1. La procedura del debitore incapiente. Cenni introduttivi – 8.2. Le condizioni ostative all’accesso alla procedura e l’esdebitazione – 9. Conclusioni

 

1. Premessa

Le procedure della crisi da sovraindebitamento devono considerarsi un efficiente rimedio introdotto dal legislatore per colmare l’eccessiva esposizione debitoria dei consumatori, nonché l’incapacità di molti soggetti, cosiddetti “non fallibili” ad adempiere alle obbligazioni contratte.

Ogni anno in Italia migliaia di famiglie, di consumatori, di professionisti, di pensionati, di imprenditori minori, di imprenditori agricoli, di start up, pur avendo assunto con diligenza i propri impegni economici, non riescono più a farvi fronte, rimanendo indietro con le rate dei pagamenti, subendo pignoramenti e finiscono col trovarsi in una condizione di vita precaria, di grande sofferenza, che troppo spesso sottrae la speranza.  Sin dalla grave crisi, molteplici impulsi affinché venisse colmato il vuoto normativo presente nel nostro Paese, per poter arginare il problema del sovraindebitamento di tutti i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare.

Per tali ragioni, nel 2012 è stata introdotta una disciplina volta a favorire il superamento del debito di consumatori ed imprese non fallibili, ossia la L. 3/2012 intitolata “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. La L. 3/2012 ingloba in sé istituti giuridici che possono consentire una via d’uscita a chi possiede specifici requisiti, garantendo quella dilazione che le banche non concedono più, talvolta una riduzione più o meno grande dei debiti e, se ne ricorrono i presupposti, possono addirittura condurre all’esdebitazione, ossia la liberazione da ogni pendenza economica.

Con l’avvento di tale normativa – tenuto conto del contesto storico-economico – il legislatore si era posto l’obiettivo di prevenire il ricorso al mercato dell’usura, ma anche e soprattutto, di introdurre una disciplina idonea a dirimere le situazioni di insolvenza del debitore non fallibile o del consumatore, dando una chance agli stessi di cancellare la loro posizione debitoria e ripartire nuovamente (c.d. fresh restart) e riassumere una posizione attiva nel complesso economico, senza restare esclusi a causa dell’indebitamento.

Il fine di tali procedure si rinviene nella c.d. esdebitazione, ossia il soggetto beneficia di una liberazione dai debiti non soddisfatti – dichiarati inesigibili – potendo così reinserirsi nel mercato, senza l’incombenza di azioni esecutive dei creditori. Si tratta di uno strumento potente con requisiti stringenti, sui quali sarà chiamato a decidere il Tribunale con l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi.

Tuttavia, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, sin dalla loro entrata in vigore, non hanno trovato amplia applicazione, così come ci si aspettava.

2. Il Decreto Ristori e la riforma delle procedure da sovraindebitamento

Con la L. 18 Dicembre 2020, n. 176 di conversione del d.l. 28 Ottobre 2020, n. 137 (c.d. Decreto Ristori, recante misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19) pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 24 Dicembre 2020, sono state introdotte importanti novità alla L. 3/2012. L’introduzione di tali modifiche ha sostanzialmente concretizzato un’anticipazione di norme a favore del debitore, già contenute nel Codice della Crisi d’Impresa che, a causa del suo prolungato differimento della sua entrata in vigore, non sarebbero state applicabili in questo momento di emergenza epidemiologica[1].

Come detto, la riforma inquadrata nel Codice della Crisi sarebbe già dovuta entrare in vigore; tuttavia, a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, con il d.l. n. 23/2020 “Decreto Liquidità”, sono state disposte misure, che mirano a sostenere la continuità aziendale delle imprese in crisi. In tema di procedure da sovraindebitamento, il legislatore si è premurato di effettuare un duplice intervento normativo: da un lato, ha modificato la predetta disciplina all’interno del Codice della Crisi; dall’altro, ha anticipato tali modifiche inserendo nella L. 3/2012 alcune disposizioni già contenute negli artt. 65 e ss. del Codice della Crisi.

Tale duplice intervento si è avuto dapprima con il d.lgs. 26 ottobre 2020 n. 147 (c.d. Correttivo che ha modificato le norme sul sovraindebitamento contenute nel Codice della Crisi) e successivamente con la legge di conversione 18 dicembre 2020 n. 176 del d.l. 28 ottobre n. 137, con la quale sono stati inseriti e modificati alcuni articoli della L. 3/2012. Tali modifiche permettono un agevole accesso alla procedura, pur permanendo una serie di ostacoli e vincoli nell’applicazione pratica.

Come di seguito si analizzerà meglio, per poter accedere alle procedure di composizione della crisi da è necessario che il debitore non fallibile sia in possesso dei presupposti soggettivi e oggettivi[2].

Prima di giungere all’analisi dei presupposti di accesso alle procedure e dei requisiti ostativi, è necessario un breve raffronto tra le vigenti denominazioni delle procedure e la ridenominazione delle stesse nel nuovo Codice della crisi.

Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, ad oggi vigenti, sono:

Accordo con i creditori: non è richiesto un giudizio del Giudice, al quale comunque l’istanza dovrà essere presentata. L’accordo richiede altresì il voto favorevole del 60% dei creditori e, nell’ipotesi in cui l’accordo venga raggiunto, il Giudice non potrà rigettare l’istanza del debitore. Tale procedura da sovraindebitamento può essere utilizzata anche per debiti derivanti da attività economiche dell’interessato;

Piano del consumatore: è sottoposto al giudizio espresso del Giudice designato, non presente sia nell’accordo sia nella liquidazione del patrimonio ed è riservato alle persone fisiche che abbiano agito per finalità non imprenditoriali. Tale procedura potrà essere invocata da tutti quei soggetti che abbiano contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale;

Liquidazione del patrimonio: comporta l’integrale spossessamento e la vendita di tutti i beni del debitore – fatta eccezione dei beni impignorabili e dei beni necessari al sostentamento personale e della famiglia – e la cessione dei suoi crediti. Nella procedura in esame, è prevista la formazione dello stato passivo da parte del liquidatore nominato e la conseguente dismissione dei beni del debitore e distribuzione del ricavato tra i creditori;

Esdebitazione del debitore incapiente: nuova “procedura” introdotta con la miniriforma, che si applica laddove il debitore non fallibile, meritevole di essere esdebitato, non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Tale beneficio potrà essere concesso una sola volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro 4 anni dal decreto del giudice, laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%.

Nel nuovo codice della crisi tali procedure di composizione, avranno una diversa denominazione e saranno così denominati:

Ristrutturazione dei debiti del consumatore e del Concordato minore (attuale Accordo di ristrutturazione) entrambi disciplinati al Capo II del Titolo IV (artt. da 65 ad 83). Nella specie, all’art. 65 CCII verranno regolamentate le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, mentre all’art. 66 CCII verrà regolamentata la disciplina delle procedure familiari;

Liquidazione controllata del sovraindebitamento verrà invece regolamentata separatamente, più precisamente nel Capo IX del Titolo V (artt. Da 268 a 277).

Ciò premesso, appare opportuno precisare che il debitore consumatore può, ad oggi, accedere alternativamente all’accordo con i creditori, alla liquidazione dei beni con possibile esdebitazione, ovvero al piano del consumatore; mentre, nel caso di debitore quale soggetto non fallibile – e dunque soggetto che abbia contratto debiti per l’esercizio dell’attività imprenditoriale – può accedere alternativamente all’accordo con i creditori ovvero alla liquidazione del patrimonio, con possibile esdebitazione.

In conclusione, l’idea di fondo che permea sia nella vigente sia nella futura normativa è quella di consentire a tutti i soggetti sovraindebitati, non fallibili, di riacquistare un ruolo attivo nel mercato mediante una composizione controllata della sua posizione debitoria divenuta ormai inesigibile.

3. I presupposti per l’accesso alle procedure da sovraindebitamento ex L. 3/2012: Cenni

L’accesso alle procedure di composizione della crisi, ai sensi della L. 3/2012 – così come riformata ex L. 176/2020 – e consentito ai soggetti che possiedono i cosiddetti presupposti soggettivi e oggettivi. L’individuazione dei soggetti ai quali è consentito l’accesso a tali procedure è effettuata avuto riguardo a tutti quei soggetti cui non si applica l’ancora vigente Legge Fallimentare.

Pertanto, i soggetti che possono accedere a dette procedure sono:

  • Il piccolo imprenditore, persona fisica non fallibile, ossia sotto la soglia di fallibilità ex art. 1 l. fall.. Sono qualificati come tali le persone fisiche che esercitano, in via principale o accessoria, un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi (art. 2082 c.c.) che non superano le soglie di fallibilità;

  • Enti e società al di sotto delle soglie di cui all’art. 1 l. fall.;

  • Imprenditori cessati da oltre 1 anno: sono tutti gli imprenditori, individuali o collettivi, che abbiano cessato l’attività ed abbiano effettuato la cancellazione dal Registro delle imprese da oltre 12 mesi;

  • Socio di società di persone o socio/garante di società di capitali: il socio illimitatamente responsabile di una società cessata da oltre 1 anno, o il socio illimitatamente responsabile che non faccia più parte della compagine sociale da oltre 1 anno per morte, recesso, esclusione o cessazione della quota sociale, che abbia perduto da oltre 1 anno la responsabilità illimitata a causa di operazioni di trasformazione, fusione e scissione, non è fallibile, ed è dunque soggetto alla procedura di sovraindebitamento. Con la riforma, è consentito al socio persona fisica illimitatamente responsabile di società di persone – anche fallibile – proporre un piano del consumatore o un accordo con cui definire la propria posizione debitoria di natura strettamente personale, non derivata da attività commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, né riconducibile ai debiti contratti dalla società. La riforma ha previsto altresì due fattispecie particolari, ossia garantisce l’accesso alla procedura familiare al socio illimitatamente responsabile di accedere – introdotta con l’art. 7 bis -, nonché al socio illimitatamente responsabile che si sia costituito fideiussore in favore della società[3];

  • Startup innovative di qualsiasi dimensione: per startup innovative deve intendersi la società di capitali, anche costituite nella forma di società cooperative, non quotate, che operano nel campo dell’innovazione tecnologica e che presentano una serie di requisiti, tra i quali: a) nuova costituzione o costituite da meno di 5 anni; b) possiedono la sede in Italia ovvero in Europa, purché con filiale in Italia; c) devono avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; d) non devono distribuire utili; e) devono avere un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro;

  • Imprenditore agricolo: nozione progressivamente ampliata ai sensi dell’art. 2135 c.c., a mente del quale è imprenditore agricolo colui che eserciti una delle seguenti attività: a) coltivazione del fondo, b) selvicoltura, c) allevamento di animali ed attività connesse, intese come attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale;

  • Artigiani: l’art. 2083 c.c. definisce piccolo imprenditore l’artigiano che eserciti un’attività organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia;

  • Enti collettivi non commerciali (associazioni, fondazioni, comitati, onlus, partiti, sindacati): da intendersi tutti quegli enti forniti o meno di personalità giuridica che esercitano attività senza scopo di lucro e che hanno una rilevanza sociale potendosi occupare, a titolo esemplificativo, di promozione del volontariato, assistenza sociale, cooperazione, ovvero tutela dei diritti; tali soggetti, quando svolgono parzialmente attività commerciale, sono assoggettabili alle procedure concorsuali, mentre nell’ipotesi in cui tali enti no-profit non dovessero superare i valori ex all’art. 1 della l. fall., essi potranno accedere alle procedure di sovraindebitamento;

  • Debitori civili e consumatori: il codice civile delinea la figura del debitore civile inteso come il soggetto che deve eseguire una prestazione. La l. 3/2012 individua il concetto di debitore inteso quale consumatore. La norma, così come riformata dalla miniriforma, connota la figura del consumatore[4] qualificando come tale il soggetto che potrà essere inquadrato solo quale persona fisica, ossia quel soggetto che abbia assunto obbligazioni estranee e non riferibili ad attività d’impresa o professionali;

  • Professionisti intellettuali, artisti e altri lavori autonomi: i professionisti sono soggetti i quali svolgono in forma individuale o in forma collettiva come associazioni che esercitino professioni intellettuali. Gli artisti, inquadrabili nei lavoratori autonomi dello spettacolo, non svolgono attività economica nell’accezione di cui all’art. 2082 c.c.. Infine, rientrano nella categoria residuale degli “altri lavoratori autonomi” tutti quei soggetti che esercitino attività libere che non necessitano il sostenimento di un esame di Stato.

Oltre a delineare i presupposti soggettivi, la legge subordina l’accesso alle procedure da sovraindebitamento alla sussistenza di una situazione di sovraindebitamento, ossia “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempiere regolarmente”[5].

Dunque, deve intendersi sovraindebitato il soggetto che si trovi nella definitiva incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni assunte. È necessario che il debitore non sia più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

La norma si preoccupa di rimarcare il concetto di perdurante squilibrio[6] patrimoniale, da intendersi come squilibrio finanziario, quantificato mediante il raffronto tra obbligazioni e valori patrimoniali che siano prontamente liquidabili (ossia le attività finanziarie di cui si può esigere la conversione immediata in moneta).

Pertanto, l’insolvenza non deve essere connotata dal carattere della transitorietà, ma deve comportare un’incapacità di adempiere regolarmente rispetto non solo alle scadenze pattuite, ma anche ai mezzi di pagamento e alla capacità di procurarseli.

Al fine di poter verificare la reale sussistenza di tale presupposto, non è sufficiente il mero confronto tra le sole attività e passività del debitore, ma occorre valutare la capacità di soddisfacimento dei creditori, nei modi e tempi ragionevoli.

Sul punto, la Cassazione[7] ha statuito che per stabilire lo stato di insolvenza, è necessario valutare “se i beni patrimoniali siano prontamente liquidabili, perché, in caso negativo, il presupposto dell’insolvenza può essere riscontrato anche in ipotesi di eccedenza dell’attivo sul passivo”. Questo determina che, anche nell’ipotesi in cui il soggetto è patrimonializzato, ma tale patrimonio non è prontamente liquidabile, il debitore può qualificarsi come insolvente e pertanto “fallibile”.

Nella valutazione dell’ammissibilità alle procedure di sovraindebitamento, deve verificarsi altresì anche la sussistenza di debiti non scaduti.

Con la L. 176/2020, all’art. 7, c. 2, sono stati delineati ed implementati i requisiti che devono essere posseduti dal soggetto sovraindebitato che voglia accedere ad una delle procedure previste dalla normativa in esame. Più precisamente, il debitore non deve:

  • essere soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo;

  • aver fatto ricorso, nei precedenti 5 anni, ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento;

  • aver subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti previsti agli artt. 14 e 14 bis (impugnazione e risoluzione dell’accordo e revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore);

  • aver fornito documentazione che non consenta una ricostruzione della sua situazione economica e patrimoniale;

  • aver beneficiato dell’esdebitazione per due volte;

  • limitatamente al piano del consumatore, aver determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode;

  • limitatamente all’accordo di composizione della crisi, aver commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Pertanto, nella valutazione dei vari presupposti di ammissibilità, sarà necessario tener conto dello status del debitore; difatti, ove trattasi di consumatore, dovrà considerarsi l’entità del patrimonio e le possibili entrate che potrebbero essere impiegate per far fronte al soddisfacimento dei creditori, mentre, ove il sovraindebitamento riguardi il debitore imprenditore, l’analisi dovrà essere effettuata tenendo conto lo stato aziendale e la collocazione dell’attività svolta nel mercato.

4. Il requisito della meritevolezza

Come ampiamente segnalato nelle pagine che precedono, il leitmotiv che permea le procedure di sovraindebitamento, ante e post riforma, è rappresentato dalla facoltà riconosciuta al debitore di ottenere la cancellazione dei propri debiti attraverso l’esdebitazione, con conseguente refresh start[8] e reinserimento del soggetto nel mercato economico.

In linea con quanto recepito attraverso la recente Direttiva UE 1023/2019[9], a sua volta richiamata nel decreto legislativo correttivo del CCI[10], il tema dell’esdebitazione costituisce il comune denominatore delle procedure di sovraindebitamento.

Inizialmente, la L. 3/2012 entra in vigore non prevedendo alcuna possibilità di esdebitazione nei confronti del debitore.  Difatti, con il d.l. 179/2012, il legislatore ha inteso estendere l’esdebitazione – già contenuta nella legge fallimentare – anche alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, comportando ciò l’integrale liberazione dai debiti contratti dal debitore.

Con la riforma si sono determinate molteplici modifiche alle previgenti procedure, comportando ciò un ampliamento di maggiore portata del concetto di esdebitazione. Nella specie, ai sensi dell’art. 278 CCII è stata ampliata la platea dei beneficiari, invero, oltre al consumatore, anche le imprese “sotto soglia” possono accedere all’esdebitazione[11].

Il concetto di esdebitazione è strettamente connesso al concetto della cosiddetta meritevolezza[12] del debitore.

Per meglio poter comprendere il connubio tra esdebitazione e meritevolezza, così come disciplinato nelle procedure della L. 3/2012, è necessario individuare i criteri che permettono di discernere il debitore meritevole di accedere a tali procedure rispetto al debitore non meritevole.

Comune denominatore tra le varie procedure è rappresentato dalla modalità mediante la quale il soggetto-debitore ha contratto obbligazioni.

Invero, il concetto di meritevolezza[13] viene meno tutte le volte in cui il debitore abbia assunto obbligazioni con la consapevolezza, ovvero con la ragionevole previsione di non poterle adempiere. Ne deriva da ciò che, deve escludersi la sussistenza di un accesso meritevole tutte le volte in cui il debitore abbia assunto obbligazioni, o sia ricorso al credito bancario, con la consapevolezza, ovvero la ragionevole previsione, che si sarebbe trovato nell’impossibilità di adempiere. Da ciò discende che la diretta conseguenza che, al debitore che ha colpevolmente causato il proprio sovraindebitamento, sarà negato l’accesso alle procedure ogniqualvolta questi abbia contezza, o ne avrebbe dovuta avere – secondo diligenza – di non poter far fronte alle obbligazioni assunte.

La ratio delle disposizioni è quella di evitare disinvolte[14] ed incaute assunzioni di debiti, nella speranza di poter beneficiare di un procedimento che stralci i debiti con effetti esdebitativi. Questo perché l’istituto dell’esdebitazione è stato pensato dal legislatore quale mezzo per garantire una nuova chance a tutti quei soggetti schiacciati dal peso insostenibile di un debito insopportabile, che finirebbe per gravare non soltanto sul singolo, bensì anche sull’intero mercato economico.

Rimarcato in questa sede il concetto di meritevolezza genericamente inteso, occorre di seguito specificare ed inquadrare nelle varie procedure della crisi da sovraindebitamento, così come riformate, quali sono i presupposti oggettivi che determinano l’accesso meritevole alle procedure ex L. 3/2012.

5. La meritevolezza nell’accordo con i creditori

5.1. L’accordo di composizione della crisi tramutato in concordato minore: cenni

L’accordo di composizione della crisi è stato concepito dal legislatore sulla falsariga dell’art. 182 bis l. fall. (accordi di ristrutturazione dei debiti).

Con le modifiche apportate alla L. n. 3/2012, ad opera del d.l. 179/2012, la disciplina dell’accordo di composizione delle crisi ha subito una radicale cambiamento, avvicinandosi significativamente a quello del concordato preventivo: l’originaria struttura negoziale ha ceduto alla regola per cui l’approvazione della proposta, ad opera della maggioranza qualificata (60% dei crediti ammessi al voto ex art. 11, c. 2), vincola i creditori dissenzienti, con un conseguente effetto esdebitativo anche nei confronti di questi ultimi.

Sussiste però una significativa differenza tra il futuro concordato minore e l’accordo di composizione della crisi ex artt. 7 e ss. legge 3/2012: la legittimazione.

Nell’accordo ex L. 3/2012 essa è riconosciuta sia in capo all’imprenditore sottosoglia sia al consumatore, mentre nel concordato minore ex art. 74 CCI, è qualificato come istituto riservato ai soli imprenditori che non hanno accesso alle procedure “maggiori” ed ai professionisti, escludendo in radice la legittimazione dei consumatori.

Al contempo, il nuovo Codice predilige anche per il concordato minore quelle soluzioni che, sulla falsariga di quanto previsto per il concordato preventivo, consentono la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale: il concordato minore liquidatorio è proponibile esclusivamente in caso di “apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori”.

Al fine di colmare eventuali lacune all’art. 65, c. 2, CCI è statuito che si applicano, per quanto non specificamente previsto, le disposizioni del Titolo III, in materia di disciplina unitaria per le procedure concorsuali maggiori, “in quanto compatibili”.

La novella legislativa ha introdotto una previsione di grande impatto che consente ai soci illimitatamente responsabili di ottenere l’esdebitazione per i debiti sociali, a seguito dell’esdebitazione ottenuta dalla società. Grazie a tale intervento, certamente risulterà incentivato il ricorso all’accordo con i creditori da parte delle società di persone, evitando così la necessità per i soci illimitatamente responsabili di affiancare una domanda di sovraindebitamento, come persone fisiche, a latere di quella presentata dalla società per ottenere la liberazione dai debiti non soddisfatti nel concorso della procedura della società.

La proposta ex art. 74 c. 3, CCI deve indicare “in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi” e deve altresì essere accompagnata da un apposito piano, nonché dalla documentazione elencata dall’art. 75 CCI[15]. Il dato normativo rimette all’autonomia del debitore le scelte sul contenuto dell’accordo e del piano, che da un lato, può essere il più vario e, dall’altro, avere come obiettivo, sia la prosecuzione sia la liquidazione dell’impresa.

Il ricorso è accompagnato dal piano, che chiarisce la complessiva attività di ristrutturazione finanziaria e patrimoniale funzionale al soddisfacimento dei creditori ed al superamento della crisi. Il contenuto non è predeterminato e la scelta è dovuta alla volontà di non rendere complessa la procedura. La sua funzione è fondamentale perché alla luce del piano, i creditori votano la proposta di concordato minore (proprio come nel concordato preventivo).

A norma dell’art. 76, c.2 CCI, la domanda deve essere accompagnata da una relazione particolareggiata dell’OCC, la quale riveste nell’ambito del concordato minore la stessa funzione che nel concordato preventivo è affidata all’attestazione sulla fattibilità economica del piano, svolta dal professionista e dalla relazione del commissario giudiziale. In particolare:

  1. l’indicazione delle cause di indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere obbligazioni;

  2. l’esposizione delle ragioni che hanno condotto allo stato di sovraindebitamento;

  3. l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dei creditori;

  4. la valutazione in ordine alla completezza e attendibilità della documentazione e in ordine alla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria;

  5. l’indicazione presumibile dei costi della procedura;

  6. la percentuale, delle modalità e dei tempi di soddisfacimento dei creditori;

  7. l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove contemplate nella proposta.

5.2. Condizioni ostative all’ammissibilità della domanda di accordo

La L. 3/2012 individua, all’art. 7, con un’accezione in senso negativo, i presupposti che escludono l’ammissibilità della domanda di accordo con i creditori.

Più precisamente, sono ostative all’ammissibilità: a) l’assoggettamento del debitore alle procedure concorsuali maggiori; b) l’avere fatto ricorso nei cinque anni precedenti alle procedure di sovraindebitamento; c) l’avere subito la risoluzione dell’accordo omologato o la revoca dell’omologazione, rispettivamente ai sensi degli artt. 14 e 14 bis; d) l’avere fornito documentazione che non consente al gestore di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore; e) l’avere già ottenuto l’esdebitazione per due volte; f) che il debitore abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

La valutazione dei requisiti di ammissibilità alla procedura è demandata al Gestore di Composizione della Crisi (nominato dall’OCC), il quale ha il compito di redigere la cosiddetta relazione particolareggiata di cui all’art. 9, c. 3 bis, che attesta la fattibilità del piano[16]. Tra i compiti attributi al gestore, vi è quello di indicare nella relazione particolareggiata se il finanziatore, per la concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del soggetto sovraindebitato. Tale valutazione risulta molto articolata, ove la stessa non sia ancorata ad un mero calcolo che preveda una semplice sottrazione dalle entrate della rata posta a carico del debitore, garantendo la sostenibilità finanziaria. Ci si chiede altresì se tale competenza attribuita al gestore possa essere equiparata – tenuto conto anche della futura disciplina del concordato minore assimilata al concordato liquidatorio – ai compiti cui è chiamato il curatore o il commissario liquidatore, nella valutazione di ricorso abusivo al credito nelle procedure concorsuali.

Nelle ipotesi in cui, non sia stata operata tale analisi pima di concedere il finanziamento al soggetto-debitore, il finanziatore non potrà opporsi all’omologa del piano conseguente al raggiungimento delle maggioranze necessarie di cui all’art. 10. Sul punto, all’art. 12, c. 3 ter, è stata introdotta la previsione in base alla quale il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né può far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.

Pertanto, ai fini della determinazione della meritevolezza nella procedura di accordo con i creditori, e conseguente accesso a tale strumento, il gestore è l’unico soggetto chiamato a verificare – sulla base della documentazione ricevuta nonché delle successive indagini svolte – l’assenza di atti in frode ai creditori compiuti dal debitore negli ultimi cinque anni.

Si richiama in questa sede una decisione del Trib. Milano del 2016, che ha demandato all’OCC il compito di indagare sulle cause dell’indebitamento, sulla diligenza del debitore nell’assunzione delle obbligazioni, sulle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte, sull’attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo delle procedure, sulla solvibilità del debitore negli ultimi cinque anni e dunque, in sintesi, sulla condotta tenuta dal debitore nel periodo antecedente l’accesso alla procedura, affinché il gestore possa valutare il debitore meritevole dei vantaggi che derivino dal buon esito della procedura[17].

In detta procedura, il Giudice è soggetto “estraneo” ad ogni valutazione sul punto, fatta eccezione nelle ipotesi in cui debba pronunciarsi sulle opposizioni presentate dai creditori in sede di omologa dell’accordo. Tale impostazione appare in linea rispetto alla posizione di preminenza che è attribuita al ceto creditorio, il quale mediante il proprio voto esprime il parere sulla proposta avanzata dal sovraindebitato, accettando o meno il piano unitamente alla relazione particolareggiata redatta dal gestore incaricato.

Sulla base di tale prospettazione, non si comprendono le ragioni per le quali il legislatore del CCI abbia previsto l’accesso a tale procedura alle sole imprese minori, escludendo il consumatore dal futuro concordato minore. Tale modifica normativa, sottrae il consumatore dalla possibilità di poter raggiungere un accordo con il ceto creditorio, consentendo l’accesso al solo piano del consumatore, che prevede una valutazione della meritevolezza più stringente, il cui compito è demandato sì al gestore, ma in via principale al Tribunale.

6. La meritevolezza nel piano del consumatore

6.1. Il piano del consumatore: ieri, oggi e domani: cenni

Il piano del consumatore è la procedura da sovraindebitamento che può essere presentato soltanto dal privato consumatore. Appare necessario in questa sede, soffermarsi sulla definizione di consumatore, delineata sia dalla L. n. 3/2012, sia da giurisprudenza di legittimità, per poter individuare i soggetti che possono accedere ai diversi tipi di procedure da sovraindebitamento.

Ai sensi dell’art. 6, c. 2, lett. b) della L. 3/2012, è definito consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una società appartenenti ad uno dei tipi regolati nel capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per debiti estranei a quelli sociali.

Sulla nozione di consumatore si è altresì espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza del 1° febbraio 2016, n. 1869[18], la quale si sofferma sul tema del sovraindebitamento e sull’inquadramento del debitore-consumatore, analizzando la figura del consumatore in virtù della natura delle obbligazioni contratte da quest’ultimo e dei suoi oneri tributari. Con la sentenza citata, la Corte di Cassazione offre una visione più ampia del concetto di consumatore, catalogando i debiti in due distinte categorie, una privata ed una imprenditoriale o professionale; quest’ultima impedirebbe di definire il debitore quale consumatore e conseguentemente consentirgli l’accesso al piano del consumatore.

Definito il concetto di consumatore, è necessario circoscrivere per sommi capi la procedura in esame.

Il piano del consumatore si esplica in una proposta di stralcio operato sulla complessiva esposizione debitoria e conseguente rateizzazione del debito residuo – in media 6/7 anni al fine dell’esdebitazione (il c.d. fresh start o second chance), cioè la liberazione dai creditori per tutti i debiti residui non soddisfatti. Tale procedura prevede una valutazione molto stringente, dapprima da parte dell’O.C.C., poi da parte del Giudice, circa il requisito della meritevolezza[19] del debitore, come di seguito si analizzerà. Valutata la meritevolezza del debitore, il Giudice omologa il piano e lo rende esecutivo nei confronti di tutti i creditori, prescindendo dal loro consenso, disponendo per tale provvedimento la pubblicità.

La proposta di accordo, che il soggetto sovraindebitato può presentare per ristrutturare la posizione debitoria al fine di superare la particolare situazione, è a contenuto aperto, nel senso che può prevedere qualsiasi modalità per la soddisfazione dei crediti, anche mediante la cessione dei redditi futuri.

6.2. Condizioni ostative all’ammissibilità del piano del consumatore

Per quanto attiene il piano del consumatore, anche in detta ipotesi l’art. 7 della L. 3/2012 individua i presupposti di accesso alla procedura.

A differenza dell’accordo con i creditori, si aggiunge la previsione del secondo comma alla lett. d) ter, la quale precisa che, “limitatamente al piano del consumatore, la proposta non è ammissibile quando il consumatore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”.

Inoltre, con l’intento di rimarcare il presupposto già enunciato, ai sensi dell’art. 9, c. 3 bis, il debitore è chiamato a dimostrare la totale assenza di colpa nell’aver causato il sovraindebitamento. Tale richiamo si collega con quanto disposto all’art. 12 bis, c. 3, a mente del quale il Giudice omologa il piano del consumatore soltanto quanto “esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali”.

Con detta procedura si rende più ampio il sindacato del Giudice chiamato ad indagare, caso per caso, sempre alla luce della relazione del gestore, la meritevolezza del consumatore. Difatti, tali norme sembrano limitare i casi di sovraindebitamento meritevole o incolpevole[20], lasciando spazio soltanto alle ipotesi in cui il debitore possa allegare e provare, quale causa del sovraindebitamento, uno shock esogeno. Nel piano del consumatore risulta del tutto evidente un giudizio rafforzato sulla meritevolezza rispetto ad ogni altra procedura e conseguentemente un sindacato lasciato alla discrezionalità e alla sensibilità del singolo Giudice.

Se l’area del sovraindebitamento incolpevole può esser facilmente individuabile – a titolo esemplificativo, si rimanda a tutti quegli eventi imprevedibili come il licenziamento, separazione, perdita di un familiare che sosteneva economicamente la famiglia -, al contrario, le ipotesi di sovraindebitamento colpevole possono essere le più svariate.

Al fine di evitare una generica esclusione dal piano del consumatore a tutti qui soggetti che abbiano colposamente determinato il proprio indebitamento, giurisprudenza di merito ha ritenuto meritevole il soggetto ludopatico[21] in via di guarigione[22]. La l. 3/2012 diviene un vero e proprio strumento sociale volto al reinserimento di quei soggetti che dimostrino di fare un percorso di autodeterminazione e di autogestione consapevole del proprio patrimonio. Nel caso di soggetto ludopatico, che ha dato luogo al proprio sovraindebitamento, se dimostra di aver avuto un comportamento incolpevole per effetto della patologia psichiatrica, potrebbe ritenersi superato il profilo della non meritevolezza[23].

Altra ipotesi di indebitamento non colpevole contemplata è rappresentata dalla L. 44/1999 e L. 108/1996, che quali prevedono disposizioni in favore delle vittime di usura ed estorsione, che abbiano contratto obbligazioni in conseguenza di intimidazioni ambientali, reati associativi finalizzati all’estorsione.

Tuttavia, proprio a causa delle numerose difficoltà interpretative del dettato normativo in relazione al concetto di colpa, sia per l’ampia discrezionalità concessa al Giudice – al quale si rischia di attribuire il ruolo del “moralizzatore” – nella valutazione di detti requisiti, sia per la mancanza di specifiche direttive da parte del legislatore, il piano del consumatore non ha ancora avuto il riscontro applicativo che meriterebbe.

Con la riforma ed il futuro avvento del CCI, il legislatore si è sforzato di bypassare il concetto di colpa, individuando gli ulteriori criteri: assenza di mala fede o di frode.

Il ricorso del consumatore a detta procedura deve trovare la sua giustificazione, dal punto di vista dell’elemento oggettivo, nella sussistenza di esigenze particolarmente meritevoli di tutela giuridica sostenute dalla documentazione allegata al ricorso; mentre, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, il ricorso deve essere fondato sulla diligenza del debitore, al momento dell’assunzione delle obbligazioni, nel valutare la sussistenza della ragionevole prospettiva di poterle adempiere in quanto proporzionate alle proprie capacità economiche[24].

Connesso alla meritevolezza è il tema del cosiddetto merito creditizio.

Sul punto, l’art. 124 bis del T.U.B.[25], in combinato con l’art. 283 CCI, in base al quale l’OCC nella sua relazione deve indicare se il soggetto finanziatore “abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita”, impone una valutazione ex ante che deve essere posta in essere dal finanziatore prima della concessione del finanziamento. Tale previsione, si ripercuote nell’accesso alla procedura sin ora analizzata, poiché il finanziatore che non abbia effettuato le opportune indagini prima di concedere il finanziamento non potrà presentare opposizione o reclamo in sede di omologa del piano, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore[26]. Per cui, l’ente finanziatore, prima della stipula del contratto, ha l’onere di vagliare la posizione finanziaria di colui che richiede l’accesso al finanziamento, non potendo il creditore, successivamente ed in caso di inadempimento, far valere la situazione di difficoltà economica cui versava il debitore al momento della stipula del contratto di finanziamento. In realtà, l’indagine dell’istituto erogante dipende in grande misura dalle informazioni rese dal consumatore, avendo le banche dati consultabili la possibilità di vedere solamente le obbligazioni contratte con i soggetti tenuti alla registrazione nelle banche dati, mentre rimangono del tutto estranee a tale possibilità tutte le obbligazioni contratte con privati o con società non tenute all’iscrizione in banche dati.

A ciò si aggiunga che in giurisprudenza, in ogni caso, la preventiva valutazione del merito creditizio, al momento dell’erogazione del finanziamento da parte del creditore, non incide sulla validità del contratto, né sulla responsabilità del debitore ex art. 2740 c.c., poiché, in senso contrario, si potrebbe correre il rischio di introdurre una causa di elisione della garanzia patrimoniale a seguito dell’errata valutazione del merito creditizio, nel caso in cui il debitore abbia assunto l’obbligazione, tacendo di comunicare al creditore una serie di circostanze che, se conosciute, lo avrebbero persuaso a negare l’accesso al credito.

La più recente giurisprudenza, peraltro, con un orientamento consumer-oriented, ha affermato che la valutazione del merito creditizio da parte degli istituti di credito, ai fini della stipulazione di contratti di finanziamento, sarebbe elemento idoneo a rafforzare a valle il giudizio da parte del giudice in ordine alla meritevolezza del debitore.

La ratio della norma è dunque quella di tutelare il mercato creditizio e il richiedente il finanziamento, prevedendo una consulenza finanziaria diretta a consentire al cliente di esser informato, al fine di prendere una decisione consapevole in merito alla conclusione del contratto rispetto alla sua posizione debitoria.

In conclusione, può affermarsi che, la lettura combinata dei requisiti soggettivi ed oggettivi che devono essere valutati, fa sì che il Giudice concluda in senso negativo il giudizio di meritevolezza nelle ipotesi in cui il consumatore si sia rappresentato e abbia voluto la condotta che è causa determinante ed esclusiva dell’accesso al mercato creditizio, con conseguente situazione di sovraindebitamento. Tale situazione si riscontrerà tutte le volte in cui il soggetto abbia fornito false informazioni, escludendosi così la colpa del debitore ogniqualvolta l’ente finanziatore abbia grossolanamente e negligentemente valutato l’accesso al mercato creditizio, non garantendo la corretta informazione del consumatore.

7. La meritevolezza nella liquidazione dei beni

7.1. La liquidazione dei beni: cenni

La procedura di liquidazione del patrimonio è disciplinata dagli artt. 14 ter L. 3/2012, rappresenta uno strumento giuridico proponibile, alternativamente rispetto alla proposta di accordo o di piano di composizione della crisi, dal debitore sovraindebitato. È richiesta la liquidazione di tutti i beni per poter soddisfare (verosimilmente) parzialmente i propri creditori e beneficiare, a determinate condizioni, dell’effetto esdebitatorio.

La procedura di liquidazione del patrimonio si svolge secondo un iter che parte dalla formazione dell’inventario e dell’elenco dei creditori, passando per la presentazione delle domande di partecipazione, la formazione del passivo e la liquidazione dell’attivo.

Pacifici sono i presupposti per l’accesso alle procedure: deve sussistere lo stato di sovraindebitamento e la mancata ricorrenza dei requisiti di accesso ad altre procedure concorsuali. Diversi ed ulteriori sono invece gli elementi necessari affinché il giudice possa ammettere la domanda di un soggetto (in astratto) legittimato, dichiarando aperta la procedura, sui quali ora più da vicino ci si sofferma.

Sono soggetti alla domanda di liquidazione tutti i beni del debitore (tantoché deve essere allegato alla stessa l’inventario), tra cui sono sicuramente individuabili quelli attuali, gli accessori, le pertinenze ed i frutti, nonché i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi all’apertura della procedura; al contrario, ne sono esclusi i crediti impignorabili (assolutamente o relativamente), i crediti alimentari, di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e così tutto ciò che il debitore guadagni con la sua attività. Andranno poi ulteriormente escluse le somme, quantificabili/quantificate dal Giudice solo in relazione al caso concreto, strettamente necessarie al debitore per il mantenimento proprio e della sua famiglia, nonché i frutti dell’usufrutto legale sui beni del figlio, il fondo patrimoniale, e i relativi frutti (salvo quanto previsto dall’art. 170 c.c.).

È necessario soffermarsi sul contenuto dell’istanza e dell’allegata relazione particolareggiata che dovrà predisporre il gestore dell’OCC; quest’ultima deve contenere:

  • l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell’assumere volontariamente le obbligazioni;

  • l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte;

  • il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni;

  • l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

  • il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Verificati i requisiti di cui all’art. 14-ter, il Giudice è chiamato verificare che il debitore non abbia, nei cinque anni precedenti alla proposizione dell’istanza, posto in essere atti in fronde ai creditori.

Tali sono i limiti codificati dal legislatore entro i quali il debitore sovraindebitato è ammesso a fruire della procedura liquidatoria.

A seguito della presentazione della procedura ed accertato il completamento del programma di liquidazione – comunque non prima di 4 anni del deposito della domanda di liquidazione da parte del debitore – il Giudice dispone con decreto la chiusura della procedura di liquidazione. Il debitore persona fisica, entro un anno dal decreto di chiusura della procedura, può presentare ricorso al Giudice per l’esdebitazione.

7.2. Condizioni ostative all’ammissibilità della procedura liquidatoria e conseguente esdebitazione

Per la liquidazione dei beni, il giudizio di meritevolezza è similare a quello previsto per l’accordo con i creditori.

L’art. 14 ter della L. 3/2012 statuisce che il debitore che versa in stato di sovraindebitamento può presentare domanda di liquidazione dei beni quando ricorrono le condizioni di ammissibilità di cui all’art. 7, comma 2, lettere a) e b).

L’assenza di atti in frode è requisito preliminare per l’accesso alla procedura liquidatoria, e la valutazione di tale requisito è demandata al Giudice prima dell’emissione del decreto di apertura della procedura liquidatoria.

Tuttavia, il concetto di meritevolezza, per sé similare a quello previsto nell’accordo con i creditori, dovrebbe esser declinato in maniera più ampia, posto che la procedura liquidatoria prevede che il debitore metta a disposizione dei creditori tutto il proprio patrimonio e le utilità future e quota parte del proprio reddito, per i successivi quattro anni. Tale conclusione è in linea con la stessa ratio della norma introdotta nell’ambito di una legge per contrastare l’usura e con la disciplina dettata dall’Unione Europea, che spinge per la liberazione definitiva dai debiti.

Nonostante ciò, la legge n. 3 del 2012 continua, a differenza di quanto correttamente previsto dal CCI, ad imporre al debitore, all’esito della liquidazione dei beni, di sostenere ulteriori costi per accedere al tribunale al fine di richiedere la propria esdebitazione.

L’impostazione bifasica della procedura liquidatoria appare del tutto incoerente con lo spirito della norma. Questo comporterebbe l’ingiustificata possibilità che il debitore dopo aver avuto accesso alla liquidazione dei beni, aver messo a disposizione dei creditori tutto il suo patrimonio, possa non ottenere l’esdebitazione, in quanto ritenuto meritevole per l’accesso alla procedura, ma non meritevole ai fini dell’esdebitazione.

Difatti, ai sensi dell’art. 15, comma 2, l’esdebitazione è esclusa quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali. Tale situazione che impone ex post una valutazione di meritevolezza, in sede di istanza di esdebitazione, risulta incongruente dal punto di vista sistematico poiché non si comprende, che cosa il debitore possa fare di più che mettere a disposizione dei creditori l’intero proprio patrimonio. Inoltre, se per le prime due procedure l’esdebitazione è automatica, non si comprende come in questa sede il legislatore non prevede quell’automatismo già previsto per le altre procedure di composizione della crisi.

Bisognerà attendere l’avvento del CCI[27] per rimediare a tali questioni che già la stessa giurisprudenza di merito ha iniziato a dirimere.

8. La meritevolezza nell’esdebitazione del debitore incapiente

8.1. La procedura del debitore incapiente. Cenni introduttivi.

Tra le novità più rilevanti introdotte dalla miniriforma vi è l’istituto che prevede la liberazione del debitore incapiente.

La nuova procedura di sovraindebitamento, inserita nella legge n. 3 del 2012 dal Decreto Ristori e già presente nel CCI, è disciplinata all’art 14 quaterdecies. Il legislatore ha inteso dare una seconda opportunità a tutti quei soggetti, potenzialmente produttivi, ma bloccati ed inghiottiti nella voragine del sovraindebitamento.

Prima di analizzare la nuova procedura occorre chiarire che cosa si intende per debitore incapiente, ovverosia tutti quei debitori, persona fisica, non fallibili che non posseggono utilità, potranno liberarsi dai propri debiti anche senza offrire immediatamente alcuna risorsa ai creditori[28], fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del Giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei debitori in misura non inferiore al 10%.

La domanda di esdebitazione viene presentata dal debitore persona fisica meritevole per il tramite dell’OCC al tribunale competente, corredata della documentazione indicata al comma 3 dell’articolo in esame e dalla relazione dello stesso organismo. In particolare, la relazione deve indicare le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni, l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori, nonché la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda. Occorre rilevare al riguardo l’importanza della previsione in base alla quale il ricorrente deve fornire l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate sue e dei componenti del suo nucleo familiare.

L’organismo di composizione della crisi deve altresì indicare nella propria relazione, come nella procedura prevista per il consumatore, se l’ente finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita; a tale fine, si ritiene idonea una quantificazione non inferiore a quella indicata al comma 2.

Il procedimento si conclude con un decreto emesso dal giudice adito che concede l’esdebitazione, valutata la sussistenza della meritevolezza e l’insussistenza di atti di frode, ovvero di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento.

8.2. Le condizioni ostative all’accesso alla procedura e l’esdebitazione

Come annunciato nel paragrafo che precede, anche per la procedura prevista per il debitore incapiente permane la valutazione della meritevolezza.

Le condizioni per ottenere la misura agevolata, di carattere straordinario, risiedono nella impossibilità del debitore di poter mettere a disposizione dei creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura senza ulteriormente indebitarsi.

Questo significa che il debitore non deve essere privo di beni e avere un reddito talmente basso da dover essere interamente utilizzato per i bisogni suoi e della sua famiglia. Il beneficio ha una connotazione eccezionale e straordinaria, al fine di non pregiudicare il ceto creditorio e quindi evitare l’abuso di detta procedura.

Ai fini della concessione dell’esdebitazione, permane, quindi, anche in questa procedura una valutazione della meritevolezza del debitore con finalità di contrasto all’abuso nel ricorso alle procedure di sovraindebitamento.

A differenza di quanto potrebbe riscontrarsi nelle altre procedure, il legislatore ha individuato i requisiti per l’accesso oggettivizzandoli.

Partendo da una ricostruzione letterale della norma, l’indagine deve avere ad oggetto: in primo luogo, l’assenza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore tali da renderlo immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura e ciò indipendentemente dalla relativa idoneità decettiva degli stessi; in secondo luogo, l’assunzione o meno – colposamente o dolosamente -,  consapevole oppure avendo la ragionevole previsione, di obbligazioni di natura pecuniaria, pur essendo (secondo un parametro di diligenza media) nell’impossibilità di adempierle; tali obbligazioni possono riguardare anche un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.

Inoltre, poiché non è detto che il debitore permanga incapiente per tutta la vita, la norma prevede in capo a quest’ultimo l’obbligo di informare, pena la perdita del beneficio concesso, il Giudice della presenza di eventuali sopravvenienze rilevanti, mediante presentazione della dichiarazione annuale – per i successivi 4 anni dall’omologa – tali da soddisfare il 10% dell’ammontare dei crediti.

La mancata esdebitazione dell’incapiente porta a fare sì che lo stesso continui ad essere oggetto di procedure esecutive individuali da parte dei creditori, aggravando, in questo modo, il carico di lavoro dei tribunali, e facendolo permanere in un “limbo debitorio” che lo costringerebbe a fare ricorso ai crediti al di fuori dei canali legali, con il conseguente impatto negativo sul sistema economico nazionale, ovvero, più semplicemente suggerendogli di attendere l’uscita dalla finestra temporale dei cinque anni oggetto di esame da parte del gestore della crisi[29].

9. Conclusioni

In conclusione, le norme del CCI, anticipate dalla L. 176/2020, hanno un forte valore promozionale, in quanto tese a promuovere la realizzazione di valori che non appartengono alla comunità economica e sociale in cui viviamo, abituata ad abusare di istituti giuridici nati per altre finalità per frodare le ragioni dei creditori. Finalità della norma è quella di mettere a disposizione del debitore non fallibile strumenti per comporre i propri debiti e successivamente esdebitarsi, per poter esser reintrodotto nel mercato economico.

La valutazione della meritevolezza – ove non inquadrata specificatamente – potrebbe costituire un requisito ostativo al successo dell’istituto, poiché la maggior parte dei soggetti sovraindebitati assume negligentemente obbligazioni, sia per ignoranza sia come forma mentis inculcata dalla nostra società consumeristica.

Occorre dunque, a parere di chi scrive, specificare i presupposti per l’accesso alle procedure ed alla conseguente esdebitazione, di modo tale che i soggetti chiamati alla valutazione del requisito della meritevolezza – sia l’OCC sia il Giudice – abbiano delle linee guida, senza che si lasci agli stessi discrezionalità di sorta.

Tale inquadramento non può certamente demandarsi alla sola giurisprudenza di merito o legittimità, ma dovrebbe essere lo stesso legislatore a definire il perimetro della colpa, mala fede, frode e della diligenza del debitore[30]. L’accezione negativa prevista per tali presupposti non basta, questo perché si attribuirebbe ai soggetti deputati alla valutazione della meritevolezza un compito molto gravoso che rischierebbe per l’effetto di veder omologato o meno un piano in un Tribunale piuttosto che in altro Tribunale.

A sommesso avviso di chi scrive, al fine di incentivare le procedure in esame anche nel nostro Paese, appare necessario inquadrare e dare una portata applicativa di maggior rilievo a tali procedure, eliminando ovvero mitigando gli eventuali ostacoli di accesso, evitando i possibili abusi delle procedure. Qualora si dovesse dare una lettura eccessivamente rigorosa e letterale dei presupposti previsti dalla L. 3/2012, si limiterebbe l’accesso alle procedure nelle sole ipotesi in cui il sovraindebitamento derivi da shock esogeno, così escludendo una serie di soggetti cui inizialmente si voleva garantire l’accesso.

È necessario, dunque, promuovere l’applicazione della L. 3/2012, consentendo così a tutti i soggetti sovraindebitati non fallibili uno strumento che renda concreta la seconda chance, indicata come obiettivo dalla Raccomandazione della Commissione Europea del 12 marzo 2014[31].

 

 

 

 

 


[1] L. PANZANI, “Sovraindebitamento: l’aggiornamento della L. 3/2012. Qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo”, in il fallimentarista.it, 2 marzo 2021. “La legge sul sovraindebitamento è stata profondamente modificata dalla L. 18 dicembre 2020 n. 176, di conversione del Decreto Ristori, anticipando molte delle novità previste in materia dal codice della crisi. La nuova disciplina, emendando il testo della L. 3/2012, ha però previsto regole in parte diverse da quelle del codice della crisi”.
[2] F. CESARE, Il nuovo sovraindebitamento modificato dalla legge di conversione del Decreto Ristori, in ilfallimentarista.it, 5 gennaio 2021. “La L. 18 dicembre 2020 n. 176, ha convertito il D.l. n. 137/2020 mutando la disciplina del sovraindebitamento e inserendo all’art. 4-ter nel corpo del c.d. Decreto Ristori. Dopo diversi tentativi di modifica naufragati, la l. n. 3/2012 subisce l’interpolazione di molteplici disposizioni che anticipano il codice della crisi, come noto rinviato al settembre 2021. Esso è rubricato semplificazioni in materia di accesso alle procedure di sovraindebitamento per le imprese ed i consumatori. Il legislatore ha dunque inteso ampliare le maglie per l’accesso all’istituto: è lecito concludere che tra più opzioni interpretative, sempre possibili in una trama normativa piena di aporie, dovrà essere oggi preferita la soluzione che consenta l’apertura della procedura rispetto a quella che la neghi. Dalla lettura della rubrica della nuova legge mi pare evidente che non saranno più giustificate letture restrittive pur giustificate da un’interpretazione letterale. Le norme del codice della crisi anticipatamente in vigore sono quelle della versione anteriore al Decreto Correttivo, poiché l’emendamento che modifica la L. 3/2012 era stato predisposto prime dell’entrata in vigore dell’ultima revisione del CCII. Le disposizioni sono entrate in vigore dal 25 dicembre 2020, salva la possibilità di chiedere un termine fino a novanta giorni per l’aggiornamento della proposta o della domanda attualmente pendente per armonizzarla con la nuova disciplina, che espressamente si applica anche ai procedimenti in corso. Va precisato che in termine ovviamente non può essere richiesto se l’accordo di composizione della crisi è stato già rigettato dai creditori.”
[3] M. MANDICO, Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito, 2021, Maggioli Editore. “La posizione del fideiussore nell’ambito delle procedure di composizione della lite è stato un tema discusso; sul punto ci si è domandati se il consumatore in stato di sovraindebitamento per obbligazioni di garanzia prestate in favore di un soggetto imprenditore potesse o meno legittimamente accedere al piano del consumatore ex art. 6, 1 co., e art. 12-bis L. 3/2012, con le peculiarità che esso presenta.” Sulla questione si veda in senso contrario cfr. Trib. Foggia, sez. I, 23 Luglio 2015, mentre in senso favorevole cfr. Trib. Torino, 7 agosto 2017 e Cass. Civ., sez. VI, 16 gennaio 2020 n. 742.
[4] Trib. Bergamo, decreto del 16 dicembre 2014. “Ai fini dell’ammissibilità del piano del consumatore, al Giudice spetta, anzitutto, la verifica sull’esistenza del presupposto soggettivo consistente nella qualità di consumatore come definito all’art. 6, comma 2, lett. b) L. n. 3/2012, nonché del presupposto oggettivo del sovraindebitamento e la verifica inerente l’elaborazione di un piano a contenuto libero ed atipico, di soddisfacimento del ceto creditorio. Inoltre, il Giudice ha il dovere di controllare sul rispetto delle norme imperative, quale quella che condiziona il soddisfacimento parziale dei creditori privilegiati alla preferibilità del trattamento proposto rispetto a quanto deriverebbe dalla liquidazione a valore di mercato dei beni su cui il privilegio insiste”.
[5] E. SABATELLI, I creditori nella composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore, in I Battelli del Reno – Rivista On line di Diritto ed Economia dell’Impresa, 13 luglio 2013 “Benché la prima parte della disposizione non sia felicissima, dal momento che pone a fondamento della valutazione dello stato di perdurante squilibrio due termini disomogenei: l’esposizione debitoria complessiva proiettata nel tempo (le obbligazioni assunte, ancorché non scadute) e la considerazione attuale e statica dell’attivo (il patrimonio prontamente liquidabile), si deve, tuttavia, ritenere che la formulazione vigente sia migliore di quelle che la hanno preceduta, poiché fuga ogni dubbio circa la sussistenza della legittimazione del debitore ad attivare le procedure di composizione della crisi, anche se si trovi in una situazione di dissesto non irreversibile”.
[6] R. DRISALDI, Sovraindebitamento. L’ammissibilità, in Giuda al Diritto, n. 3, 14 gennaio 2012, p. 32. “È importante definire questo momento poiché è necessario porre un limite al concetto di crisi e delimitare così l’accesso alla procedura di composizione (e quindi ai suoi benefici) al fine di evitare abusi da parte di debitori che, pur trovandosi in un mero stato di difficoltà, potrebbero approfittare dello strumento per spostare i sacrifici sui creditori”, in tal senso anche C. RINALDI, Il procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento: note a prima lettura, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 2012, p. 3.
[7] Cass. Civ., sez. I, 7 giugno 2012 n. 9253.
[8] F. MACARIO, Sovraindebitamento e procedure di esdebitazione per i debitori “non fallibili”, in Osserv. dir. civ. e comm., 2012, p. 218 il quale afferma che “In sede di prime valutazioni della nuova disciplina, il quesito fondamentale è sulla sua effettività, ossia se questa rafforzi o indebolisca il sistema, tanto in termini giuridici quanto – e forse prioritariamente, in questo particolare frangente – in chiave economica generale, evidenziandosi in tal senso l’esigenza di valutare la vicenda dell’esdebitazione del debitore civile anche alla luce dell’analisi economica del diritto (in particolare, della behavioral law & economics) e in considerazione della c.d. “democratizzazione” del credito al consumo (di recente riformato in Europa, per opera della direttiva 2008/48/C, recepita in Italia nel 2010), senza dimenticare che si possono – si dovrebbero, in una seria analisi del problema – pure considerare i “paradossi della discharge”.
[9] Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 15 / 25 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132, (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza), in G.U.C.E., 26 giugno 2019, n. L. 172/18. All’interno delle definizioni contenute all’art. 2 della Direttiva, per “esdebitazione integrale” si intende “l’impossibilità di far valere nei confronti di un imprenditore i debiti che possono essere liberati, oppure la cancellazione dei debiti insoluti che possono essere liberati in quanto tali, nel quadro di una procedura che può prevedere la realizzazione dell’attivo o un piano di rimborso o entrambe le opzioni”.
[10] S. BIANCONI, La direttiva europea su ristrutturazione preventiva e esdebitazione e il nuovo codice della crisi d’impresa, in Bancaria, 2019, p. 57.
[11] G. D’AMICO, Il sovraindebitamento nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Contratti, 2019, p. 329, il quale afferma che: “Sempre nell’art. 278 del Codice troviamo, al comma 3, una prima novità nella disciplina dell’esdebitazione, che consiste nell’estensione del beneficio anche alle società, come si ricava dal fatto che la norma dispone che “possono accedere all’esdebitazione… tutti i debitori di cui all’art. 1, comma 1”. Per l’innanzi, invero, si riteneva che l’esdebitazione potesse riguardare soltanto le persone fisiche, atteso che per le società la chiusura del fallimento dovrebbe comportare l’estinzione della società stessa”; in tema si veda anche: L. STANGHELLINI, Il codice della crisi d’impresa: una primissima lettura (con qualche critica), in Corr. Giur., 2019, 451, che evidenzia come l’esdebitazione sia stata “curiosamente estesa alle società”.
[12] Per meritevolezza deve intendersi che il sovraindebitato non deve aver posto in essere atti (anche di natura omissiva) che hanno cagionato un danno ai creditori.
[13] S. LEUZZI, La ristrutturazione dei debiti del consumatore sovraindebitato tra conferme e novità, in Rivista telematica In executivis, 27 maggio 2019: “L’art. 69 CCII fissa alcune Condizioni soggettive ostative. Il particolare regime di favore accordato al consumatore trova, infatti, il suo contrappeso nella necessaria ricorrenza del requisito della meritevolezza, che deve qualificare la sua condotta; quest’ultima deve connotarsi per l’assenza di colpa in relazione alla situazione di sovraindebitamento nella quale il debitore si è venuto a trovare. Ne consegue che non solo è ostativo all’accesso alla procedura l’avere già ottenuto l’esdebitazione nei cinque anni precedenti o comunque per due volte – palesandosi detta circostanza come di per sé indicativa di una condotta imprudente – ma anche l’avere determinato con grave colpa il sovraindebitamento e quindi – essenzialmente – l’aver assunto obbligazioni sproporzionate alla capacità di adempimento oppure aver omesso di svolgere una possibile attività lavorativa idonea all’adempimento degli obblighi assunti. A maggior ragione, sono impeditive all’accesso allo strumento le condotte improntate alla frode dei creditori o comunque contrassegnate dalla malafede. Tali condotte, come previsto dall’art. 282, impediscono, altresì, l’esdebitazione di diritto in caso di liquidazione controllata. L’esclusione del meccanismo del voto è rimpiazzata da un approfondito giudizio del tribunale sulla meritevolezza che, nel contesto del “Codice della crisi e dell’insolvenza”, disvela la dimensione di assenza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento. È in questa prospettiva che occorre allegare alla proposta di piano la relazione dettagliata sulle cause dell’indebitamento, sulla diligenza adoperata dal consumatore nell’assumere le obbligazioni, e sulle ragioni della sua incapacità di adempiervi. Benché ora targata dall’attributo della gravità, la colpa sembra con certezza rendere meritevole solo il debitore attinto da eventi imprevedibili. Esemplificativamente, il soggetto vittima dell’usura, la persona licenziata, la vittima di una ludopatia certificata.
[14] M. FABIANI, Crisi del debitore civile. Crescita economica…, secondo il quale “Poiché, in virtù delle direttive comunitarie, il nostro legislatore si è dovuto occupare della disciplina del credito al consumo e in particolare del profilo del “credito responsabile”, era logico che avrebbe rappresentato un evidente disincentivo al credito responsabile il consentire al debitore renitente di promuovere PCC a ripetizione (il triennio appare sin troppo generoso), anche se ora assistito dalla tutela penale”.
[15] Art. 75 CCI: Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati: “1. Il debitore deve allegare alla domanda: a) il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata; b) una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria; c) l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute. L’elenco deve contenere l’indicazione del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti; d) gli atti di straordinaria amministrazione di cui all’articolo 94, comma 2, compiuti negli ultimi cinque anni; e) la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa. 2. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. 3. Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
[16] La previsione de “esposizione delle ragioni che hanno condotto allo stato di sovraindebitamento” deve essere letta in relazione all’art. 76, c. 3, ove si stabilisce che la relazione particolareggiata deve anche indicare “se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore”. In pratica si tratta di una meritevolezza indiretta perché ciò che è oggetto di valutazione è il comportamento del finanziatore, il quale ex art. 80 CCI non può opporsi all’omologa se ha colpevolmente causato la debitoria, o l’ha aggravata.
[17] Trib. Milano, 18 novembre 2016, il quale ha affermato che: “La disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, come parte della dottrina non ha mancato di evidenziare, appare essere in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in materia di concordato preventivo, essendo il tribunale chiamato a più riprese e sotto diversi profili a verificare la meritevolezza del soggetto sovraindebitato. Lo dimostra la previsione secondo cui l’O.C.C. deve indagare sulle cause dell’indebitamento, sulla diligenza del debitore nell’assunzione delle obbligazioni, sulle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte, sull’attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo delle procedure, sulla solvibilità del debitore negli ultimi cinque anni e dunque, in sintesi, sulla condotta tenuta dal debitore nel periodo antecedente l’accesso alla procedura. In questo contesto si colloca anche l’aver imposto al debitore di fornire l’elenco degli atti dispositivi degli ultimi cinque anni, si che l’O.C.C. possa valutarli e l’aver condizionato l’ammissibilità del piano del consumatore, dell’accordo di composizione della crisi e della liquidazione dei beni come prevista dall’art.14 ter della legge, all’accertamento da parte del giudice, senza necessità di sollecitazione alcuna, della mancanza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore, che, se esistenti, lo rendono immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura indipendentemente dalla loro idoneità decettiva. Lo conferma il fatto che l’esistenza di atti di frode rende inammissibile sia l’accordo, che richiede una manifestazione di volontà da parte dei creditori, sia il piano del consumatore e la procedura di liquidazione dei beni, che non necessitano invece dell’adesione del ceto creditorio. Sarebbe infatti irragionevole ritenere che la medesima espressione – atti di frode – che ricorre sia nell’art.10 che negli artt. 12 bis e 14 quinquies della legge in esame vada interpretata diversamente a seconda che sia formulata una proposta di accordo o il debitore faccia ricorso ad una delle altre procedure previste dalla medesima legge”.
[18] Si riporta la massima ufficiale della pronuncia; “La nozione di consumatore abilitato al piano, quale modalità di ristrutturazione del passivo e per l’esercizio delle altre prerogative previste dalla L. 3/2012, pur non escludendo il professionista o l’imprenditore – attività non incompatibili purché non residuino, o comunque, non siano più attuali obbligazioni sorte da esse e confluite nell’insolvenza -, comprende solo il debitore, persona fisica, che abbia contratto obbligazioni, non soddisfatte al momento della proposta di piano, per far fronte ad esigenze personali, familiari ovvero attinenti agli impegni derivanti dell’estrinsecazione della propria personalità sociale e, dunque, anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria, salvi solo gli eventuali debiti di cui all’art. 7, c.1, terzo periodo che vanno pagati in quanto tali sulla base della verifica di effettività assolutoria commessa al Giudice nella sede di cui all’art. 12 bis, c. 3 della L. 3/2012”.
[19] Trib. Napoli, sez. VII, 12 ottobre 2016 “L’accertamento circa la c.d. meritevolezza del debitore, da svolgere nel corso e all’esito dell’udienza che il Giudice è tenuto a fissare ai sensi del comma 1° dell’art. 12-bis, l. n. 3/2012, costituisce il proprium del giudizio di omologazione del piano del consumatore che deve contenere una moratoria ragionevole e tollerabile per il soddisfacimento dei creditori.
[20] C. CAPOZZI, La diligenza del debitore nella relazione particolareggiata del gestore della crisi: un concetto di meritevolezza o solo un controllo degli atti in frode?, in ilcaso.it, 29 maggio 2021 “il controllo sulla diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni non può essere confuso, anche nella procedura di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, con il controllo sull’esistenza di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori; esso afferisce all’atto da cui trae origine il debito e postula una verifica ampia e attenta della diligenza tenuta dal debitore in tale occasione, verifica che andrà effettuata secondo la c.d. tecnica della prognosi postuma. In altre parole, nell’effettuare il controllo occorre porsi idealmente ex ante e valutare la condotta del debitore sulla base del modello prefigurato dalla normativa in esame: l’OCC, prima, nel fornire le informazioni, e il giudice, poi, al momento dell’apertura della procedura o dell’omologa del piano del consumatore, devono chiedersi se un debitore onesto nel senso del diritto comunitario avrebbe assunto, data la sua situazione patrimoniale e finanziaria, una nuova obbligazione che, aumentando i debiti, avrebbe determinato immediatamente o potuto determinare a breve una situazione di sovraindebitamento.
[21] Secondo le Linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da gap, elaborato dal Ministero della Salute nel 2015, con il termine ludopatia sin intende una dipendenza patologica da gioco d’azzardo ovvero l’incapacità di resistere alla tentazione di giocare d’azzardo o scommettere. Trattasi di un disturbo compulsivo complesso, definito e inquadrato come malattia, che compromette le attività personali, familiari e lavorative.
[22] Trib. Catania, 17 febbraio 2015.
[23] Sul punto Trib. Cuneo, 19 giugno 2017, Dott.ssa Natalia Fiorello.
[24] A. GHEDINI e M.L. RUSSOTTO, Crisi d’impresa e Insolvenza – La meritevolezza del debitore: ieri, oggi e domani, in ilcaso.it, 18 febbraio 2021: “Le norme del CCI, anticipate con la L. 176/20, non pare abbiano eliso il requisito della meritevolezza. La finalità delle norme sul sovraindebitamento sono, ora come allora, quelle di mettere a disposizione del debitore non fallibile strumenti per comporre i propri debiti e infine esdebitarsi, per essere reintrodotto nel tessuto economico. Ma in questi strumenti non manca mai un filtro, basato sulla valutazione della diligenza del debitore; poiché il legislatore non può consentire l’esdebitazione di un soggetto irresponsabile o inaffidabile. Suggestivo e comprensibile attribuire a questo strumento una funzione di ammortizzatore sociale atto a rimediare a situazioni di forte indebitamento causate dalla perdurante crisi economica e irrimediabilmente aggravate dalla terribile situazione pandemica; destinato a liberare dai debiti soggetti che comunque non potrebbero mai pagarli, e che, gravati dai debiti, non avrebbero mai la possibilità di avere una vita dignitosa. Ma la funzione sociale esula, allo stato attuale della legislazione, dagli istituti positivamente disciplinati. La previsione della meritevolezza, sia pure con la irrilevanza della colpa lieve nell’assumere l’obbligazione (con tutti i dubbi che verranno dalla interpretazione pratica delle varie declinazioni del grado della colpa), costituisce quindi un ostacolo al successo dell’istituto, poiché molto spesso il debitore, pur essendo assolutamente negligente nell’assumere ulteriori debiti rispetto a quelli che può sopportare ha come motivazione la mera sopravvivenza.”.
[25] “Verifica del merito creditizio”, il quale recita: “Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Se le parti convengono di modificare l’importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell’importo totale del credito. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni attuative del presente articolo.”
[26] G. LIMITONE, Meritevolezza, shock esogeno (eventi imprevedibili) e merito creditizio, in ilcaso.it, 2 dicembre 2020. “La dissimmetria informativa esistente tra finanziatore e finanziato va intesa sempre a favore del primo, che è in grado di conoscere quale sia la reale capacità di solvenza del futuro debitore prima e meglio di quest’ultimo”.
[27] Art. 282 CCI “Esdebitazione di diritto”: “1. Per le procedure di liquidazione controllata, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale, iscritto al registro delle imprese su richiesta del cancelliere. Il decreto che dichiara l’esdebitazione del consumatore o del professionista è pubblicato in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia. 2. L’esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall’articolo 280 nonché nelle ipotesi in cui il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. 3. Il provvedimento di cui al comma 1 o il provvedimento con cui il tribunale dichiara la sussistenza delle preclusioni di cui al comma 2 è comunicato al pubblico ministero, ai creditori e al debitore, i quali possono proporre reclamo ai sensi dell’articolo 124; il termine per proporre reclamo è di trenta giorni.”
[28] F. CESARE, Il nuovo sovraindebitamento modificato dalla legge di conversione del Decreto ristori, op. cit.. “La novità più deflagrante è l’introduzione dell’esdebitazione dell’incapiente ex art. 14 quaterdecies, mutuata tout court dall’art. 283 CCI. Qualora non si possa offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura senza ulteriormente indebitarsi e senza discendere al di sotto di una soglia minima di reddito pari all’assegno sociale aumentato della metà e normalizzato secondo i parametri ISEE sopra richiamati, è possibile l’immediata dichiarazione di inesigibilità dei debiti. La domanda può essere presentata una volta sola nella vita con la sola assistenza dell’organismo di composizione della crisi e dunque apparentemente senza il patrocinio legale, posto che la norma prevede che il ricorso venga depositato tramite il gestore.”
[29] N. SOLDATI, Il sovraindebitamento e la babele della meritevolezza, in www.dirittodellacrisi.it, 25 Maggio 2021.
[30] N. SOLDATI, Il sovraindebitamento e la babele della meritevolezza, op. cit. “Il maggior dubbio che permane quando si parla di meritevolezza per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento è rappresentato dal fatto che, per quanto il legislatore abbia tentato di oggettivizzare i requisiti, permane sempre in capo al Giudice una discrezionalità che può avere come effetto quello di ritenere meritevoli ovvero non meritevoli, i debitori a parità di condizioni da tribunale a tribunale”.
[31] G. LIMITONE, Meritevolezza, shock esogene (eventi imprevedibili) e merito creditizio (Nota a Trib. Livorno 6 novembre 2020), op. cit.

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Avv. Giusy Introna

Avv. Giusy Introna Avvocato civilista iscritta presso Ordine degli Avvocati di Bari dal 26.01.2021. Gestore della crisi da sovraindebitamento c/o l'Ordine degli Avvocati di Bari. Esperta in materia di procedure da sovraindebitamento, diritto immobiliare, diritto industriale ed intellettuale, recupero crediti, tutela dei consumatori. Per info e consulenze e-mail: avv.giusyintrona@gmail.com

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