La nullità della vendita di immobile “abusivo”

La nullità della vendita di immobile “abusivo”

La Suprema Corte, con la recente sentenza  n. 25811/2014, ha confermato un suo precedente orientamento (Cass. 17 ottobre 2013 n. 23591) schierandosi a favore di una nullità sostanziale degli atti di trasferimento di immobili che non siano in regola con la normativa urbanistica.

La Corte ha dunque inteso ribadire la sanzione della nullità sostanziale del contratto che abbia ad oggetto un edificio abusivo ed è ritornata sulla tormentata questione della natura formale o sostanziale di tale nullità.

Sul punto l’art. 40 della l. 28.02.1985, n. 47 recita: agli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, qualora gli stessi non contengano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35.

La medesima norma, prosegue affermando che:  la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 10 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.

La sanzione rigorosa della nullità viene dunque alleviata dalla previsione di una sanatoria dell’atto, attraverso una dichiarazione integrativa, anche proveniente da una sola delle parti contrattuali, concessa solo, si badi bene, nel caso di immobili in possesso dei requisiti di regolarità urbanistica .

La nullità in parola colpisce solo gli atti traslativi tra vivi o di costituzione o scioglimento della comunione tra vivi di diritti reali, mentre sono validi i contratti ad effetti obbligatori, con cui per esempio si costituisce un diritto personale di godimento (es. locazione), poiché lo sfruttamento economico dell’immobile abusivo non è contrario all’ordine pubblico.

Tale sanzione non colpisce invece gli atti mortis causa, di conseguenza è trasferibile la proprietà dell’edificio abusivo a titolo ereditario ed anche di legato, o dividere i beni che pervengano per successione.

Esenti da nullità sono anche i trasferimenti derivanti da aggiudicazioni all’asta pubblica, in sede di esecuzione forzata immobiliare, amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa.

L’art. 46 n.3 D.P.R. 01/380 fa poi salvi gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.

La poca chiarezza nella formulazione dell’art. 40 della l. 28.02.1985, n. 47  ha alimentato copiosi dibattiti in dottrina e giurisprudenza in punto di natura giuridica della sanzione della nullità.

Autorevole dottrina ha addirittura posto in dubbio la stessa natura della sanzione, ipotizzando, a discapito del nomen, una più adeguata inefficacia del contratto sottoposta a condizione sospensiva della dichiarazione ( Luminoso; Mariconda).

Dal canto suo la giurisprudenza non ha questionato la qualifica della sanzione ma si è interrogata sulla natura formale o sostanziale di tale nullità.

Secondo un primo e più risalente orientamento la nullità prevista dall’art. 40 della l. 47/1985 è una nullità di tipo formale. Tale corrente giurisprudenziale prediligeva un’interpretazione letterale e restrittiva dell’art. 40 della l. 47/1985.

Da tale interpretazione discendeva  che, la sanzione della nullità del contratto poteva conseguire solamente e direttamente all’assenza della dichiarazione richiesta dalla legge, senza che a ciò si accompagnasse la verifica della effettiva regolarità urbanistica del bene.

Da tale orientamento derivava la paradossale possibilità di evitare la nullità con dichiarazioni anche non veritiere.

In breve bastava che l’atto pubblico contenesse la dichiarazione dell’alienante, a prescindere dalla veridicità del contenuto, per evitare la nullità. Questo orientamento si fondava principalmente su argomenti giuridico-formali quali il carattere tassativo delle ipotesi di nullità ed il divieto di applicazione  analogica a fattispecie non espressamente considerate da una norma. Negli stessi termini si è posta anche la giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 46/2014).

Un secondo e più recente orientamento,  inaugurato con le pronunce n. 28194/2013 e n. 23591/2013, assume che si tratti di  nullità di tipo sostanziale, nel senso che oltre alla dichiarazione urbanistica (anche integrativa), debbano necessariamente sussistere delle condizioni urbanistico-edilizie di commerciabilità del bene.

In sostanza la Corte, effettuando un cambio di rotta rispetto al precedente orientamento,  afferma che ciò che è sanabile è il requisito formale della mancata dichiarazione, ferma restando la necessità che i titoli da dichiarare sussistano ab origine, poiché la loro mancanza non è sanabile.

A tale secondo orientamento ha aderito  la Seconda Sezione della Cassazione con la sentenza  n. 25811/2014, ribadendo la natura sostanziale della nullità prevista dall’art. 40 della l. 47/1985 e privilegiando la ratio della norma, che è quella di ostacolare la commerciabilità di immobili irregolari.

Gli Ermellini in tale pronuncia hanno puntualizzato che  la non perfetta formulazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, consente tuttavia di affermare che dalla stesa è desumibile il principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullità di carattere formale per gli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi.

In ultima analisi, la sanatoria prevista dalla legge, la quale sottrae il contratto dalla comminatoria della nullità, può operare solo se la mancanza delle dichiarazioni non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dall’inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti sono stati stipulati.


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