La nuova frontiera delle cripto valute e l’affannoso adeguamento normativo

La nuova frontiera delle cripto valute e l’affannoso adeguamento normativo

La cripto valuta, per come si evince dalla etimologia dello nome stesso, è una valuta ‘nascosta‘ in quanto fruibile solo attraverso la conoscenza di un determinato codice informatico (parliamo delle cd. ‘chiavi di accesso’ pubbliche e private).

È facile intuire che trattasi di un qualcosa che non esiste in forma fisica ma che viene generata e scambiata esclusivamente per via telematica; ciò non vieta, però, che una transazione commerciale possa essere conclusa mediante lo scambio, in modalità peer-to-peer, di cripto valuta. A ben vedere, quindi, può essere utilizzata per acquistare beni e servizi al pari di una qualsivoglia moneta avente corso legale.

La regolamentazione delle cripto valute

Argomento difficile e insidioso è quello relativo alla regolamentazione di dette cripto valute.

Le cripto valute, di fatto, sono, di regola, emesse da soggetti privati in modo decentralizzato e, pertanto, non vengono sottoposte al controllo di autorità centrali o comunque di autorità pubbliche, che ne potrebbero garantire la stabilità di valore nel tempo.

Le stesse, infatti, sono soggette ad oscillazioni di valore influenzate dal mercato e da ulteriori fattori.

Ciò ha determinato la necessità di elaborare una solida base normativa volta a disciplinare le cripto valute e la loro circolazione.

A livello europeo, si è assistito alla presentazione di una proposta di regolamento; tale regolamento, ha l’obiettivo di creare  una disciplina unitaria, con medesime regole tra gli Stati membri, di tutte le cripto-attività non soggette alla disciplina dei servizi finanziari (il riferimento è al Regolamento “Markets in Crypto-Assets” (MiCa)).

Contemporaneamente al problema relativo alla disciplina delle cripto valute in circolazione, la autorità pubbliche si sono interrogate anche con riferimento alla possibilità di immettere in circolazione cripto valute in modo centralizzato al fine di superare il carattere decentralizzato che contraddistingue quelle finora presenti.

Il riferimento, in questo caso, è al CBDC (Central Bank Digital Currency); tema, questo, affrontato durante il G7 tenutosi a Washington nell’ottobre 2021. Nel corso del summit, di fatto, sono stati fissati tredici principi che le autorità centrali dovranno tenere debitamente in considerazione in caso di emissione di valute digitali a livello centrale.

Il tema delle cripto valute ha suscitato interesse anche a livello nazionale tanto che è attualmente presente, in Senato, il Disegno di Legge numero 2572 contenente la normativa positiva italiana sulle valute virtuali.

Con tale novella il legislatore ha l’intento di superare la situazione di incertezza in cui si trova la regolamentazione delle cripto valute, soprattutto in relazione al trattamento fiscale.

L’anzidetto disegno di legge, al comma 1, definisce la valuta virtuale come “una forma di unità matematica” a sua volta definita come “l’unità minima matematica crittografica, statica o dinamica, suscettibile di rappresentare diritti, con circolazione autonoma(1).

Al comma 2, invero, il disegno di legge inquadra la valuta virtuale dal punto di vista fiscale. Novità di maggiore rilievo, in tal senso, sarebbe costituita dalla definizione del momento impositivo, che non coinciderà con il prelievo così come avviene per le valute estere, che avverrà nel momento di utilizzo della cripto valuta come mezzo di pagamento o la sua conversione in una valuta tradizionale.

Sorge, a tal punto, un quesito ossia se le cripto valute, così come delineate, vadano o meno denunciate nelle dichiarazione dei redditi dei loro possessori.

In attesa che il legislatore arrivi ad un lavoro normativo definitivo, alcuni sostengono che non si dovrebbe procedere in tal senso ma per altri, di contro, la loro denuncia nella dichiarazione reddituale sarebbe obbligatoria sul presupposto che le stesse siano equiparabili alle attività di natura estera.

In base all’articolo 4 del decreto legislativo 167/ 90, di fatto, i possessori di tali attività aventi natura estera sono obbligatori ad indicarle nel quadro RW della dichiarazione dei redditi da presentare annualmente.

Di conseguenza, se risulta nella dichiarazione dei redditi, le stesse potrebbero essere facilmente pignorabili.

Nella specie, secondo una linea interpretativa prevalente, le cripto valute appartengono alla categoria dei beni immateriali che, come tali, possono formare oggetto di diritti pur non essendo dotati di una corporalità propria.

Allo stato attuale, da un punto di vista prettamente teorico, le valute digitali risulterebbero, pertanto, beni assoggettabili alla procedura pignoratizia.

 

 

 

 

 


(1) La fornita nozione di valuta virtuale, così come riportata, integra la definizione già presente nell’ordinamento italiano, ex articolo 1 comma 2 lettera qq del Decreto Legislativo 231/2007.

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