La polizza fidejussoria: il suo impiego nell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria per il danno cagionato dall’operatore economico

La polizza fidejussoria: il suo impiego nell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria per il danno cagionato dall’operatore economico

Sommario: 1. Il caso in breve – 2. Sulla natura giuridica della polizza fidejussoria tra atipicità e inquadramento sistematico – 3. La risoluzione del caso di specie: si può pervenire allo svincolo della polizza fidejussoria?

 

1. Il caso in breve

Con sentenza emessa dal Tribunale di omissis in data 15/07/2020 la Ditta omissis veniva condannata al risarcimento del danno in favore del sig. omissis, per il danneggiamento di beni mobili nel corso di alcuni interventi di ripristino post sisma.

Il soggetto convenuto era pertanto la ditta aggiudicataria dei lavori in questione; lavori che avrebbe dovuto espletare in favore del committente Comune di omissis.

Il fatto controverso è stato inquadrato dal Giudice civile nella fattispecie di cui all’art.2051 c.c., e dunque qualificato come ipotesi di responsabilità oggettiva da cose in custodia.

Riassumendo brevemente i fatti di causa è emerso che la ditta appaltatrice era unica responsabile del danno cagionato al terzo, in virtù di due elementi essenziali.

In primo luogo, la sussunzione del fatto nell’art.2051 c.c., in combinato disposto con le norme private in materia di appalto, comporta la rilevanza del principio dell’autonomia dell’appaltatore nell’esecuzione dei lavori sulla scorta di una propria organizzazione di mezzi e risorse.

Tale aspetto implica che l’appaltatore sia unico responsabile del danno cagionato a terzi per il sol fatto del nesso causale secondo cui, più probabilmente che non, il bene è cagione l’evento lesivo.

Ciò che rileva concerne essenzialmente il potere di custodia sulla cosa fonte di danno, essendo allo scopo sufficiente la mera detenzione del bene da parte dell’obbligato.

In secondo luogo, la responsabilità solidale tra la PA committente e l’operatore economico può aversi solo qualora il danneggiato dimostri che il danno è conseguenza di un ordine impartito dal direttore dei lavori, ovvero che vi sia una culpa in eligendo da parte della Committente o ancora nel caso in cui vi sia una promiscuità nella perimetrazione del cantiere.

Questa ultima ipotesi si verifica quando il perimetro di cantiere non sia completamente chiuso al traffico stradale e pedonale, cosa che invece non accade in ipotesi di chiusura totale, ove vengano prese tutte le opportune precauzioni in materia di sicurezza.

Al di fuori di tale contesto, il venir meno della responsabilità in capo all’appaltatrice si verifica con la  sola riconsegna dell’opera.

Tale principio, desunto dall’art. 1665 c.c., appare particolarmente significativo, posto che la riconsegna del bene al committente costituisce il passaggio di consegne, non solo in termini di detenzione, ma soprattutto in punto di responsabilità.

Nel settore dei lavori pubblici, in particolare, gli obblighi derivanti dalla condizione di custode vengono meno nel momento in cui si determina la fine dei lavori mediante il certificato finale e provvisorio di collaudo, ovvero mediante il certificato di regolare esecuzione, ripristinando in capo alla P.A. lo status di responsabile del bene leso.

Nel caso di specie il Tribunale ha accertato sulla base delle evidenze probatorie l’insussistenza delle predette condizioni, posto che al momento della lesione non v’era stata né la riconsegna dell’opera, né c’era possibilità d’accesso o transito all’interno del cantiere.

Da ciò si è dedotto che, nei fatti di causa, la Stazione Appaltante non potesse ritenersi responsabile in solido con l’appaltatore, dovendosi piuttosto verificare la sussistenza di circostante che legittimerebbero il danneggiato a chiedere e ottenere lo svincolo della polizza fidejussoria, stipulata dall’appaltatrice ai sensi dell’art.103 d.lgs.50/2016.

La norma in oggetto, come noto, implica un duplice regime di tutela in favore, non solo della Stazione Appaltante, ma anche di eventuali terzi danneggiati dalla condotta dell’aggiudicataria.

Del resto l’art.103 è ispirato a una ratio di garanzia che caratterizza  tanto il primo comma, in cui è contemplata la c.d. garanzia definitiva, richiesta a pena di invalidità del contratto, che può assumere la veste o di cauzione o di fidejussione, quanto i commi 7 e ss. ove è previsto che l’esecutore è tenuto a consegnare alla Stazione Appaltante, almeno 10 giorni prima della consegna dei lavori, una polizza di assicurazione.

Quest’ultima si scinde in due tipologie di differente funzionalità: la prima tipologia garantisce la P.A. dai danni cagionati dall’esecutore a impianti e opere anche preesistenti; la seconda ha natura di R.C. e assolve l’Amministrazione dai danni cagionati a terzi.

Ai fini che qui interessano, ci si limita a considerare la polizza di assicurazione di cui al comma 7, nella parte in cui esplica la funzione di assicurare la P.A. dai danni subiti da terzi nel corso dell’esecuzione dei lavori.

Il caso di specie, per l’appunto, concerne il danno cagionato da cose in custodia nell’ambito di un cantiere, riconducibile alla disciplina dell’art.2051 c.c.

L’art.103 comma 7 stabilisce altresì che il termine della copertura assicurativa inizia a decorrere dalla data della consegna dei lavori e termina con la data di emissione del certificato di collaudo provvisorio e del certificato di regolare esecuzione o comunque decorsi 12 mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato.

Tanto premesso appare opportuno compiere un excursus circa la natura giuridica della polizza fidejussoria, tenendo presente che si tratta di un istituto dalla connotazione civilistica adespota (ovvero privo di politicizzazione nel diritto civile), la cui essenza è però conforme alla fase privata del rapporto negoziale tra P.A. ed esecutore.

2. Sulla natura giuridica della polizza fidejussoria tra atipicità e inquadramento sistematico

Da sempre dibattuta nella giurisprudenza di legittimità è la qualificazione giuridica delle polizze fidejussorie.

La ragione è duplice: da un lato si ravvisa la loro attitudine derogatoria rispetto alle norme in materia di fidejussione, dall’altro viene in evidenza il carattere ibrido, che ha sovente indotto una parte minoritaria delle giurisprudenza ad attribuire loro natura assicurativa.

La principale caratteristica delle polizze fidejussorie è insita nella funzione “cauzionale” o “indennitaria” che queste assolvono.

Esse, invero, hanno lo scopo di tenere indenne il creditore da un’eventuale inadempimento e gli consentono di rivolgersi al garante (di norma un istituto di credito), a prescindere dall’inadempimento del debitore.

Nella prassi viene utilizzata la terminologia contrattuale “a prima richiesta” o “a semplice richiesta”.

In mancanza di un riferimento normativo nel Codice del ’42 è evidente la difficoltà qualificatoria e sistematica di questa fattispecie, che non può definirsi appieno né come fidejussione, né come cauzione, né come assicurazione.

L’articolato dibattito dottrinale e giurisprudenziale fa emergere due posizioni antitetiche circa l’individuazione della disciplina applicabile.

Taluno rinviene nell’istituto un contratto misto, nel quale i tratti prevalenti sono quelli della garanzia fidejussoria ex art.1936 c.c., ove non espressamente derogata dalle parti.

Secondo questa corrente di pensiero la causa del negozio risiederebbe nell’esigenza di garantire l’adempimento della prestazione, dovuta al creditore da un terzo, e non invece nel trasferimento o la copertura di un rischio, come accade nei rapporti assicurativi.

Di converso, l’orientamento maggioritario concepisce la polizza come un contratto autonomo di garanzia atipico, il quale non ripete i caratteri morfologici della fidejussione, anzi se ne discosta ampiamente (si parla di fidejussio indemnitatis).

Viene in rilievo una prima difformità tra i due negozi, insita nel fatto che la polizza non mira a garantire l’assolvimento dell’obbligazione principale per mezzo di un’identica prestazione, bensì ad assicurare al creditore la presenza di un soggetto solvibile che lo tenga indenne dall’inadempimento.

Alla base della mancata accessorietà tra la polizza e l’obbligazione cui essa accede risiede la fungibilità della prestazione principale con quella assicurata; il creditore può infatti pretendere dal garante soltanto un indennizzo o un risarcimento, che lo tuteli dall’ inadempimento.

Diversamente nella fidejussione il rapporto di vicariato tra garante e debitore costituisce l’essenza di un legame accessorio tra i negozi, che implica l’identità tra il rapporto di valuta e quello di provvista.

Da parte del fidejussore si richiede infatti l’esatto adempimento dell’unica prestazione principale.

Tale assunto è avvalorato dal fatto che la polizza è valida anche se intervenuta successivamente rispetto all’inadempimento delle obbligazioni garantite (ex multisCass. 27.05.2002 n.7712, Cass. 21.02.2008 n.4446).

Altra fondamentale differenza attiene alla posizione di terzo che investe il beneficiario della garanzia.

Nella polizza parti del contratto sono infatti il debitore principale e il garante in veste di promittente, mentre il creditore accetta il contenuto della garanzia nei termini in cui è formulata dalle parti. Diversamente, nella fidejussione il rapporto negoziale intercorre tra il fidejussore e il creditore principale, il debitore restando estraneo a tale convezione, in ragione del fatto che il primo è tenuto a garantire la medesima obbligazione.

Il contratto autonomo di garanzia, dunque, potrebbe rappresentare un modello di contratto a favore di terzo ex art.1411 c.c., ovvero di accollo cumulativo esterno.

Ulteriore caratteristica è necessaria onerosità della polizza, la quale è stipulata sempre in cambio di un corrispettivo, mentre la fidejussione può essere anche a titolo gratuito.

In definitiva, sebbene vi sia un’affinità dal punto di vista causale tra i due negozi, rinvenibile dal medesimo scopo di offrire al creditore la garanzia dell’esito positivo dell’operazione economica, la differenza è sostanziale: le polizze appartengono alla categoria delle garanzie di tipo indennitario, le fidejussioni alle garanzie di tipo satisfattorio.

Occorre dunque verificare quale sia il criterio di individuazione.

Come accennato poc’anzi nelle polizze è prassi l’apposizione della clausola “a prima richiesta”, prescindendo dallo stato patologico del rapporto di valuta.

A questa formula di contenuto si affianca l’altro elemento sostanziale del negozio, ovvero la deroga espressa all’art.1957 c.c., a mente del quale il fidejussore può sempre sollevare nei confronti del creditore le eccezioni relative al rapporto di valuta con il debitore principale

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la formula “a prima richiesta” rappresenta un indizio utile a qualificare la polizza come un negozio autonomo rispetto all’obbligazione principale, ma non ancora sufficiente, non potendo la volontà di deroga all’art.1956 essere implicita all’inserimento della formula (cfr. Cass. 07/01/2004 n.52).

Invero, affinché si possa qualificare la polizza come contratto autonomo, non rileva tanto la dicitura “a prima richiesta” o “a semplice richiesta”, bensì l’intenzione delle parti, esteriorizzata mediante l’inserimento di una clausola derogatoria espressa, che indica l’esclusione della facoltà del garante di sollevare le eccezioni relative al rapporto di valuta.

In tal senso la Corte d’Appello di Perugia ha interpretato una convenzione negoziale in termini di contratto autonomo di garanzia atipica.

Nel caso di specie si è ritenuto che non rileva il mancato utilizzo delle formule “a semplice richiesta” o “a prima richiesta”, bensì l’impegno della debitrice di rimborsare al garante tutte le somme versate, con espressa rinuncia a sollevare ogni eccezioni, e l’intenzione di considerare la polizza come sostitutiva di una cauzione in favore dell’Ente pubblico.

Il ricorso a una struttura del tutto atipica è ammissibile in quanto espressione dell’autonomia negoziale che ispira l’art.1322 c.c., e si rinuncia alle eccezioni relative all’obbligazione principale, fatte salve quelle tra garante e beneficiario.

Del resto, la possibilità per il creditore di esigere dal garante una prestazione diversa (una sorta di datio in solutum) a titolo indennitario, non è altro che l’essenza dell’autonomia negoziale. Un’autonomia tra privati che si discosta sia dal modello fidejussorio che dall’rapporto obbligatorio ordinario, ove la prestazione in luogo d’adempimento deve essere sempre accettata dal creditore, ex art.1197 comma 1 c.c.

3. La risoluzione del caso di specie: si può pervenire allo svincolo della polizza fidejussoria?

E’ dunque possibile individuare un punto fermo: l’istituto della polizza, essenzialmente adespota nel codice civile, ha un proprio ancoraggio positivo nell’art.103 d.lgs.50/2016, che però da per scontata una natura giuridica di difficile inquadramento.

Sta di fatto che nel contesto dei lavori pubblici, la polizza si rivela un utile strumento di garanzia, idoneo a sopperire situazioni di danneggiamento conseguenti all’attività di cantiere e ciò consente di rispondere al quesito iniziale.

Nel caso di specie è stata stipulata una polizza fidejussoria ai sensi dell’art.103 comma 7 D.Lgs.50/2016 tra l’impresa omissis e la società assicurativa,  avente ad oggetto la copertura assicurativa per danni da esecuzione, per responsabilità civile a terzi e garanzia di manutenzione, la cui efficacia sarebbe stata di due mesi successivi alla scadenza del singolo premio dovuto, con l’obbligo per la Stazione Appaltante di sostituirsi al contraente nel pagamento del premio.

La norma è chiara nel precisare che la polizza copre un lasso di tempo che va dal momento della stipula fino all’emissione del certificato provvisorio di collaudo o del certificato di regolare esecuzione lavori, ovvero decorsi 12 mesi dalla data di ultimazione lavori risultante dal relativo certificato.

Con riferimento alla polizza in questione, con la Determinazione del responsabile del servizio Lavori Pubblici si è provveduto ad approvare il collaudo tecnico amministrativo finale dei lavori e precisare che lo svincolo della polizza fidejussoria di cui sopra sarebbe stato subordinato all’esito del contenzioso tra il danneggiato e la ditta appaltatrice; contenzioso il cui esito è già stato esplicato in apertura della narrativa.

In definitiva si può concludere che, in virtù della sentenza del Tribunale di omissis che condanna l’impresa a risarcire il danno nei confronti dell’attore e alla luce del dispositivo di Dterminazione dirigenziale recante la condizione di cui sopra, si ritiene che la polizza fidejussoria possa essere impiegata ai fini del risarcimento del danno nei confronti del sig. omissis.


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