La prevenzione della corruzione: best practice

La prevenzione della corruzione: best practice

La corruzione è un fenomeno molto diffuso che comporta una serie di effetti a livello sociale, morale, economico e politico, che inesorabilmente compromette la governance, impedendo lo sviluppo e falsa la concorrenza; produce conseguenze sulla giustizia, rendendo insidiosi i diritti umani, con l’effetto nefasto al contrasto del fenomeno della povertà.

Fanalino di coda, rendendo drammatica per l’Italia la classifica tra gli Stati del vecchio Continente fino al 2016, nel 2021 l’Italia si colloca al 52° posto della classifica di Transparency International CPI 2020, organizzazione che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione a livello globale. L’indice di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica in numerosi Paesi di tutto il mondo.

Il valore italiano dell’indice di percezione della corruzione mantiene l’Italia ben lontano dai vertici della classifica e da paesi con cui siamo soliti confrontarci, come la Germania, al 9° posto; altrettanto lontani dal confronto con i Paesi Scandinavi che da sempre occupano i primi posti.

A livello mondiale (Corruption Perceptions Index 2020) l’Italia si piazza al 52° posto, e secondo l’indagine dell’ente no profit, grazie proprio all’introduzione di pertinenti provvedimenti, in modo particolare la Legge n.190/2012, meglio nota come legge anticorruzione, l’Italia ha effettuato un percorso di recupero, avanzando da allora ben 12 posizioni.

Rispetto allo scorso anno, sarà stato l’effetto pandemia, l’Italia ha dovuto registrare la perdita di una posizione ma in ogni caso, è possibile sostenere che la strada da percorrere è ancora lunga per raggiungere la via della trasparenza e la legge da sola non è sufficiente per risolvere il problema.

La necessità di mettere mano al fenomeno corruttivo tanto invaso nella nostra società e di porre le basi per il necessario contrasto è stata provocata da una serie diversificata di fattori. In primis, v’è finalmente la raggiunta consapevolezza dell’ingente danno economico provocato dalla corruzione e dalla sua incidenza sul PIL, sulla competitività e concorrenza, sugli investimenti esteri;

nondimeno, l’ulteriore presa coscienza del danno reputazionale che contrasta con la logica (già tradizionale) del profitto ad ogni costo. Poi ovviamente gli inviti sempre più pressanti, vincolanti e ripetuti dell’OCSE, del Consiglio d’Europa e del GRECO (Gruppo di azione europea contro la corruzione), dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite, delle organizzazioni internazionali come Transparency International e delle associazioni internazionali di categoria.

Al tal riguardo, le più disparate iniziative internazionali, tese ad un comune metodo di contrasto al fenomeno della corruzione evidenziano quelle che sono le istruzioni in materia di corruzione e di best practice, tutte necessarie per la sua prevenzione; quest’ultima di portata rilevante anche in ordine al tema della responsabilizzazione degli enti ed operatori economici per gli ulteriori effetti della responsabilità penale, per l’omessa adozione di tecniche efficaci di prevenzione a fronte di comportamenti di natura corruttiva.

Sussiste, pertanto, un percorso da porre in essere teso a procedimentalizzare il tema delle misure di prevenzione della corruzione. All’uopo, il diritto internazionale ritiene che tale procedimento passa attraverso l’adozione della strategia cosiddetta risk based, secondo cui ogni ente deve preliminarmente porsi l’annosa questione del rischio del fenomeno corruttivo; l’adozione di un metodo dovrà necessariamente  svilupparsi attraverso una successione di fasi concettuali ed operativi, distinti in una prima fase c.d. risk assessment, tesa alla verifica della sussistenza di fenomeni di una certa rilevanza corruttiva ed una fase postuma c.d. risk mitigation and management, indirizzata all’adozione delle decisioni assunte in ordine al rischio rilevato.

Su detta questione, la Convenzione di Merida determina un inerente apparato di organizzazione, basato ai principi di imparzialità, integrità e, soprattutto, di accountability, secondo il quale ogni pubblica amministrazione deve uniformarsi; più precisamente: in ordine al sistema di assunzione del personale, il percorso dovrà essere fondato sui principi di efficacia, di trasparenza di valutazione del merito; al riguardo l’adozione di codici di condotta; adozione di misure utili a favorire la segnalazione di condotte di corruzione; accoglimento del principio di trasparenza in tutta la P.A.

Proprio in ordine al tema della segnalazione di fenomeni illeciti e della necessaria tutela del dipendente pubblico, l’istituto del whistleblowing, disciplinato dall’art.9 della Convenzione di Merida, vincola le parti contraenti a dotarsi di una propria legislazione a protezione del whistleblower; con qualche anno di ritardo, anche l’Italia, con la Legge n. 179/2017, ha provveduto alla disciplina di tale istituto. Di notevole rilevanza risulta la raccomandazione 2014 del Comitato del Consiglio d’Europa che ha accolto 29 principi su cui l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, con rapporto del 19.05.2015 e con la raccomandazione 2073/2015 propone l’adozione di una convenzione ad hoc.

La piattaforma WistleblowingPA, introdotta nel 2018, ha consentito di portare nelle Pubbliche Amministrazioni italiane quell’idea innovativa che potesse consentire il dialogo con chi segnala illeciti o fenomeni corruttivi all’interno dell’Ente e che, soprattutto, garantisse anonimato e sicurezza.

Fermo restando la indubbia rilevanza dell’istituto e, soprattutto, quelle che erano le migliori aspettative, in Italia non pare che il wistleblowing abbia conseguito gli effetti sperati.

La Relazione annuale dell’ANAC al Parlamento consente di valutare i primi anni di applicazione dell’istituto dalla sua introduzione: “Il numero delle segnalazioni di comunicazioni di misure ritorsive pervenute ad ANAC nel corso dell’anno 2020 è stato pari a 622, con una riduzione del 28,75% rispetto all’anno precedente”.

Eppure, il whistleblowing è un istituto su cui gli Organismi internazionali stanno puntando molto; infatti la relazione ANAC informa che l’Unione Europea sta sostenendo tre progetti, tutti qualificati dalla Presidenza del Consiglio e dalla Commissione europea come di “high priority”, di cui il primo è dedicato a “Supporting the whistleblowing function in ANAC”. Inoltre, sempre nell’ambito delle sinergie tra i Paesi dell’Unione, l’ANAC sta profondendo grandi energie nella “Rete delle autorità europee per l’integrità e il whistleblowing” (NEIWA).

A fronte dell’evoluzione di contesti giuridici in materia di contrasto al fenomeno corruttivo, la ISO 37001 è il primo standard internazionale sui sistemi di gestione, pubblicata la prima volta il 15 Ottobre 2016. Lo standard in aderenza alle best practices internazionali supporta le organizzazioni operanti in qualsiasi settore nella riduzione del rischio d’impresa e dei costi legati alla corruzione che varia in base a diversi fattori. Pertanto, la ISO 37001, facilmente integrabile con altri sistemi già adottati, prevede procedure di controllo che risultano adeguati e coerenti con le caratteristiche della struttura organizzativa. Essa costituisce una vera e propria opportunità di sviluppo delle politiche aziendali nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa e fornisce requisiti minimi e spiegazioni utili per l’implementazione e il benchmarking di un sistema di gestione anti-corruzione.

Sempre nell’ambito della best practice internazionali, notevole rilevanza assume la trasparenza amministrativa, quale veicolo di controllo sociale e di promozione del miglioramento continuo delle amministrazioni.

Al riguardo, proprio nel settore degli appalti pubblici, settore nevralgico per la P.A., ritenuto più vulnerabile ai fenomeni corruttivi, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n.407/2017, adottata dal Congress of Local and Regional Authorities, promuove i principi per informare e condurre alla trasparenza gli appalti pubblici, ritenendo assolutamente necessaria quell’azione di impulso e trasparenza in ordine alla pubblicazione di informazioni adeguate sulla procedura di appalto adottata e sui relativi contratti.

Sempre in tema di contrasto alla corruzione, i trattati internazionali e nello specifico la Convenzione penale, predisposta dal Consiglio d’Europa, ritiene di dover coordinare l’azione di prevenzione della corruzione attraverso appositi modelli di istituzioni: mentre ogni Stato contraente ha adottato differenti modelli di recepimento delle norme convenzionali, l’Italia ha previsto come proprio modello istituzionale l’ANAC che ha ottenuto l’accreditamento dall’United Nations Office for Drugs and Crime, stante la sussistenza della qualità di indipendenza, autonomia finanziaria e competenza per azione di prevenzione.

Al riguardo, l’ultimo rapporto ONU riconosce l’importanza della legge anticorruzione e, soprattutto, che l’Italia abbia intrapreso “una serie di passi per promuovere la trasparenza generale a livello governativo e l’utilizzo di dati aperti, come quelli sulla trasparenza sulle informazioni che riguardano gli appalti”.

In conclusione: se queste sono le indicazioni internazionali in tema di best practice, è necessario avviare un processo teso al cambiamento dell’approccio culturale ed etico. Un approccio corretto e trasparente deve innanzitutto essere fatto proprio da tutti coloro che lavorano all’interno di un’azienda o di un’istituzione, ed è per questo che la formazione gioca un ruolo fondamentale.

Ma non è solo una questione di etica: a parere di chi scrive, al di là delle misure da porre in campo per neutralizzare i fenomeni corruttivi, misure tutte efficaci ed in alcuni casi sicuramente da migliorare, non è da sottovalutare che questo oramai corposo impianto di misure ha ovviamente bisogno di tempo e, soprattutto, ha bisogno di uno scatto culturale perché una legislazione per quanto innovativa può certamente favorire ma non certo imporre; in ogni caso, quel percorso iniziato con la Legge n.190/2012 lascia quella piacevole e diffusa consapevolezza che quel movimento culturale e morale già in atto sosterrà le “nuove generazioni le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”, nella convinzione che solo un miglioramento complessivo culturale potrà consentire di vincere la difficile sfida al fenomeno atavico della corruzione.


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avv. Francesco Bello

Francesco Bello Avvocato del Foro di Matera esperto in diritto amministrativo, assiste gli Enti pubblici e le imprese in relazione alle problematiche connesse al diritto amministrativo ed agli appalti pubblici in generale. Ha conseguito il Master II Livello in Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori pubblico (L.n.190/2012) e privato (L.n.231/01) presso l'Università LUISS Roma ed ANAC; ha conseguito, altresì, il Master Interuniversitario II Livello in Diritto Amministrativo MIDA presso Università La Sapienza Roma

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