La questione del Kosovo tra guerra, indipendenza e pronuncia della CIG

La questione del Kosovo tra guerra, indipendenza e pronuncia della CIG

E’ necessario ricordare che questa piccola regione balcanica ha occupato per decenni la scena internazionale a causa dei molti conflitti sorti in seno ad essa, fino alla delibera della Corte Internazionale di Giustizia all’Aia.

Il Kosovo, i cui cittadini si chiamano Kosovari o albanesi del Kosovo, è situato a nord est dell’Albania (divisi da secoli dai loro fratelli albanesi, che invece hanno potuto vivere nei loro territori in modo indipendente).

Viene naturale chiedersi come mai nei Balcani non si è creata una unione tra i piccoli e grandi Stati esistenti.  In effetti, nel 1918 venne costituito lo Stato Yugoslavo che comprendeva il Regno Serbo, il Montenegrino, la Slovenia, i territori croati, compreso il Kosovo.Non era un’unione balcanica o federazione di diversi paesi con proprie separate culture e tradizioni, ma si trattava di un unico Stato con il forzato predominio della Serbia.

Eppure il Kosovo aveva una storia consolidata in quei territori abitato sin da tempi antichissimi dagli albanesi e dai loro predecessori, gli Illiri. Il Kosovo era comunque importante per la Serbia sia per la stretta vicinanza territoriale sia per  gli avvenimenti storici del passato come l’importante battaglia di resistenza cristiana ortodossa guidata dal principe serbo Lazar contro i turchi, proprio nella zona di Kosovo Polje nel 1389. Questi territori saranno insanguinati anche in tempi moderni proprio per la forzatura dei confini e per la predominanza dell’etnia serba.

Anche se in condizioni estreme, il Kosovo ha comunque saputo mantenere la propria identità nei secoli, aspirando da sempre alla propria indipendenza anche se ha subito ripetute violazioni dei diritti umani e non gli sono mai stati riconosciuti una propria identità linguistica, culturale e di tradizioni. Questo specialmente dopo gli anni ’80 a causa del mutate condizioni politiche interne.

Nel conflitto del 1991, in seno alla Federazione Jugoslava, la Slovenia e la Croazia acquisirono l’indipendenza. In seguito a questi avvenimenti, aumentarono le rivendicazione del Kosovo per ottenere una completa autonomia.

Queste pretese avevano come fondamento oltre all’impossibilità di un confronto politico proprio tra serbi, albanesi e kosovari, anche il verificarsi di una sequenza di avvenimenti repressivi nei confronti di questa popolazione ormai in posizione insostenibile.

Avvenimenti che attirarono anche l’attenzione della comunità internazionale, come accadde a Racak, dove la repressione serba agiva sotto la scusante del coinvolgimento di civili kosovari nel movimento indipendentista.

Le Nazioni Unite tentarono di far cessare le ostilità con la stesura di piani di pace, prima dell’intervento militare della Nato. La guerra non si poté evitare e risultò, poi, complessa e caotica. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 1199, e, dopo aver rilevato l’esistenza di una minaccia alla pace e alla sicurezza nella regione chiedeva ai sensi del Capitolo VII della Carta ONU “il cessate fuoco”, il ritiro delle forze di sicurezza serbe dalla regione kosovara per permettere il libero accesso agli osservatori umanitari.

Il rifiuto della Serbia di addivenire ad una soluzione del conflitto in base alle linee indicate dal Consiglio di Sicurezza, il rifiuto agli accordi di Rambouillet del 1999 per una soluzione politica della crisi, portarono inevitabilmente all’intervento militare della Nato nel giugno dello stesso anno.

L’intervento verrà sospeso solo quando, come stabilito nella risoluzione 1244, si verificò la ritirata delle truppe serbe. Successivamente si attuò il piano di pace proposto nella risoluzione stessa autorizzando la creazione di una forza per il mantenimento della pace, Kfor, sotto il comando di militari dei stati membri della Nato e la missione provvisoria delle Nazioni Unite, Unmik. Il Kosovo fù provvisto di un governo e di un parlamento provvisorio. Mentre, da un lato la situazione andava a normalizzarsi, dall’altro rimaneva irrisolta la questione dello status proprio della regione.

Sotto il protettorato internazionale nel 2007 vennero svolte elezioni  libere che portarono alla creazione di un governo e di un Presidente kosovaro. Il 17 febbraio 2018, il Parlamento proclamò la dichiarazione unilaterale d’indipendenza della Repubblica del Kosovo, riconosciuta da circa la metà degli stati membri dell’Onu.

Tuttavia, in ambito internazionale si crearono due schieramenti contrari: gli Usa a favore dell’indipendenza del Kosovo e la Russia, alleata della Serbia, contraria alla risoluzione dell’Onu. Anche a livello europeo alcuni Stati come Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia sono a favore, mentre altri hanno un diverso parere.

Con la nuova situazione politica, che ha determinato il passaggio da provincia serba a Stato indipendente, si spera che il Kosovo, dopo anni di sofferenze, sappia sfruttare in pieno i nuovi diritti conquistati e impiegarli per un ulteriore miglioramento sia politico che  economico.

Sicuramente anche l’ipotesi di un’eventuale unione con l’Albania potrebbe essere di stimolo proprio per gli albanesi per un aiuto e sostegno dei loro fratelli kosovari in questa fase di rinascita nazionale e di riconquista di diritti e dell’autonomia.

Nonostante le dure prove di questi anni e le svolte importanti nella via dell’autonomia il destino del Kosovo verrà contestato e discusso in ambito internazionale su proposta della Serbia,  questa volta davanti alla Corte più importante a livello globale, la Corte Internazionale di Giustizia.

Il 22 luglio 2010, la Corte ha definitivamente confermato l’indipendenza del Kosovo. Richiamata a dare il proprio parere sulla questione inerente alla conformità al diritto internazionale della dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo, la Corte ha risposto favorevolmente.

Nel parere la Corte ha confermato che la dichiarazione d’indipendenza non è in contrasto con il diritto internazionale. Questa decisione fa pensare che nei nostri tempi moderni le guerre hanno lasciato la via definitiva alle soluzioni diplomatiche, almeno in quei casi dove questo è possibile.

Dopo decenni passati a scrivere convenzioni, trattati, accordi internazionali finalmente si è raggiunta una pacifica soluzione della complessa questione balcanica.


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Mi sono laureata nel 2007 in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Pavia in Diritto Internazionale. Nel 2009 ho ottenuto dall'Ordine degli Avvocati di Milano il Certificato di Pratica Forense per l'abilitazione alla professione di Avvocato. Ho studiato diritto comparato a Strasburgo e ho potuto approfondire le mie conoscenze giuridiche con corsi di specializzazione in materie quali "Le regole di genere" presso l'Università di Bergamo, "Contracts:From trust to promise" presso l'Università di Harvard e "International Human Rights" presso Louvain University etc. Negli anni successivi alla laurea ho collaborato con diversi studi legali con attività di redazione di atti giudiziari e stragiudiziali nei rami principali del diritto, ricerca giurisprudenziale e dottrinale, traduzioni etc. Dal 2010 svolgo l'attività di libero professionista nell'ambito della consulenza legale. Nel 2017 ho completato presso la University of London il corso telematico in Global Diplomacy-Diplomacy in the Modern World. Ultimamente ho potuto svolgere anche studi in religione presso la Divinity School di Harvard. I miei recenti studi invece riguardano l'atteggiamento umano difronte ai disturbi psichici nel corso completato presso un'associazione che si occupa di volontariato in questo campo.

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