La responsabilità civile degli insegnanti

La responsabilità civile degli insegnanti

Tra le diverse figure di responsabilità extracontrattuale, espressamente tipizzate dal codice civile, v’è da annoverarsi anche quella degli insegnanti.

Più in particolare, l’art. 2048 cod. civ., rubricato “responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte”, si riferisce ai “precettori e a coloro che insegnano un mestiere o un’arte”, sancendo, al secondo comma, la responsabilità di quest’ultimi “del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti, nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.

In primo luogo, occorre chiarire che, con il lemma precettore, il codice civile si riferisce ad una categoria assai ampia di soggetti, nella quale rientrano gli insegnanti pubblici o privati, di qualsiasi ordine e rango, a prescindere dal titolo in base al quale insegnano ovvero dalla durata del loro incarico.

Con il termine maestro, al contrario, per conforme dottrina e giurisprudenza, il legislatore indica il soggetto presso il quale l’allievo svolge una attività di apprendistato, che può avere ad oggetto, indifferentemente, una professione, un mestiere ovvero un’arte.

Ai fini della configurabilità della responsabilità civile in commento assume, poi, carattere dirimente il dovere di vigilanza incombente sugli insegnanti, per il tempo nel quale gli alunni sono loro affidati, assai simile all’obbligo sussistente in capo ai genitori.

Pur non sostituendo i genitori nel dovere di educazione, difatti, i precettori sono onerati dello specifico obbligo di protezione e vigilanza, i cui connotati sono ravvisabili  nel dovere giuridico di attivarsi per impedire eventi dannosi cagionati dagli alunni ovvero a carico di questi.

La responsabilità degli insegnanti è, pertanto, una responsabilità per fatto altrui, poiché i precettori possono essere chiamati a rispondere di danni che non hanno direttamente cagionato ma che si sono effettivamente concretizzati per omessa o scarsa vigilanza, attenzione e cura.

Il terzo comma del succitato art. 2048 cod. civ., difatti, chiarisce che gli insegnanti possono essere liberati dalla responsabilità su di essi gravante “soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”; ne segue che, per liberarsi della presunzione di responsabilità, i precettori, non solo devono dimostrare di non essere stati in grado di spiegare interventi correttivi o repressivi per la fulmineità dell’evento ma, maggiormente, devono provare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari ed organizzative “idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo” (cfr. Cass. Civile, nr. 15321/2003; Cass. Civile, nr. 9542/1999; Cass. Civile, nr. 916/1999).

Autorevole e condiviso orientamento, tuttavia, chiarisce che i principi summenzionati e il genus della responsabilità extracontrattuale per culpa in vigilando sussistano, esclusivamente, nell’ipotesi in cui l’alunno, affidato alla vigilanza dell’insegnante, abbia procurato, dolosamente o colposamente, danni a soggetti terzi, durante le ore di lezione.

Nella particolare ipotesi in cui, invece, l’alunno abbia procurato danni a se stesso, anche per effetto di autolesioni, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno recentemente precisato che sia, più correttamente, applicabile il paradigma della responsabilità contrattuale.

Espressamente, l’impostazione attualmente dominante chiarisce che nel caso in cui l’alunno ponga in essere condotte auto lesive, durante il tempo di permanenza a scuola, la responsabilità sussistente in capo all’insegnante trarrà la sua fonte legittimante nel contatto sociale qualificato che il precettore instaura con l’allievo.

L’insegnante, dunque, sarà chiamato a rispondere, a titolo di responsabilità contrattuale, del danno che l’alunno si sarà auto-prodotto e avrà l’onere di provare, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., che l’inadempimento della sua obbligazione sia derivato “da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Per completezza espositiva, occorre ribadire che l’accettazione della domanda di iscrizione e la successiva ammissione dell’alunno comportano, anche per l’istituto scolastico presso il quale il precettore è dipendente, l’instaurazione di un negozio giuridico da contatto sociale qualificato, in virtù del quale la scuola assume diverse obbligazioni, tra le quali, chiaramente, quella di vigilare sulla sicurezza ed incolumità degli studenti, “nel tempo in cui essi fruiscono della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni” (cfr. Cass. Civile, nr. 2413/2014).

Tale ultimo assunto, così come precisato in giurisprudenza, implica la circostanza per la quale il tempo della vigilanza non si compone delle sole ore di lezione ma, al contrario, concerne tutte le fasi della vita scolastica, estendendosi alla ricreazione, alle gite scolastiche, ai corsi pomeridiani e a tutte le ore trascorse dagli alunni nei locali scolastici.

La responsabilità dell’istituto scolastico per i danni riportati dagli alunni, pertanto, ricorre anche quando l’evento lesivo si sia concretizzato fuori dall’orario delle lezioni, in quanto il dovere di vigilare e garantire la sicurezza e l’incolumità degli studenti sussiste sin da loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino, legittimamente, nei locali scolastici.


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Simona Vitale

Consulente legale, esperta in diritto civile e diritto di famiglia, appassionata di scrittura e buona lettura.

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