La responsabilità civile dello Stato e degli enti pubblici per il fatto illecito dei propri dipendenti

La responsabilità civile dello Stato e degli enti pubblici per il fatto illecito dei propri dipendenti

L’articolo 28 Cost. recita: “i funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi civili, penali e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici“.

Orbene, il fatto illecito commesso dal dipendente pubblico nell’esercizio delle proprie incombenze, da cui sia derivato un danno in capo ai consociati, obbliga in solido sia il funzionario, sia la Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno.

Il danneggiato, pertanto, potrà agire alternativamente nei confronti del dipendente pubblico o dello Stato, fermo restando che quest’ultimo, una volta liquidato il risarcimento, potrà esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del primo qualora nella sua condotta sia ravvisabile dolo o colpa grave.

Invero, la responsabilità del dipendente pubblico risponde al modello della responsabilità soggettiva, sebbene limitata ai soli casi di dolo e colpa grave, mentre quella dello Stato è qualificata, secondo una prima tesi giurisprudenziale, quale responsabilità diretta e soggettiva.

Secondo i fautori di tale tesi l’elemento che consente di poter riferire il fatto del funzionario pubblico allo Stato è la sussistenza di un rapporto di immedesimazione organica tra i due soggetti.

Infatti, la Pubblica Amministrazione in quanto persona giuridica, per poter  operare all’esterno si avvale di propri organi, i quali a loro volta sono costituiti da persone fisiche che agiscono in nome e per conto della stessa, con la conseguenza che gli effetti degli atti da loro compiuti si producono direttamente in capo al soggetto pubblico.

Ne deriva che, l’atto del dipendente pubblico compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché nel perseguimento dell’interesse pubblico, è direttamente imputabile all’ente di appartenenza.

Per effetto del rapporto di immedesimazione organica, dunque, viene meno la dualità soggetto pubblico-privato e il funzionario finisce per essere considerato un “prolungamento” dell’intero apparato amministrativo.

Tuttavia, il rapporto di immedesimazione organica è destinato a venir meno ogni qualvolta il funzionario pubblico agisca nel perseguimento di finalità egoistiche, privatistiche, del tutto estranee rispetto agli scopi pubblicistici cui deve tendere l’attività amministrativa, o ancora nel caso in cui si renda responsabile di un reato o eserciti le sue attività esorbitando dai poteri a lui conferiti.

In tali casi, continuare a riconoscere una responsabilità dello Stato, per il fatto del dipendente, significherebbe dar vita ad un’ipotesi di responsabilità da mera posizione o di garanzia e di conseguenza punire l’ente pubblico per un fatto che non sia in alcun modo a lui riferibile, né sotto il profilo soggettivo, né sotto quello oggettivo.

Pertanto, il venir meno del rapporto di immedesimazione organica comporta di riflesso il venir meno di qualsivoglia responsabilità diretta dello Stato .

Un differente orientamento giurisprudenziale, invece, qualifica la responsabilità dell’ente pubblico per il fatto del funzionario come una tipologia di responsabilità indiretta ed oggettiva.

Orbene, secondo tale impostazione, presupposto della responsabilità dell’ente pubblico è la sussistenza di un nesso di occasionalità necessaria, lo stesso che è alla base della responsabilità del committente privato per fatto del commesso di cui all’art. 2049 cc.

Si ritiene, invero, che affinché lo Stato possa essere chiamato a rispondere dei danni cagionati a terzi dal dipendente pubblico si debba accertare che sul piano causalistico il pregiudizio derivato in capo ai danneggiati sia conseguenza diretta, o almeno prevedibile, dell’esercizio delle funzioni pubbliche.

Pertanto, in virtù del principio ibi commoda ubi incommoda (di chi sono i vantaggi sono anche gli svantaggi), lo Stato beneficiato dall’attività svolta dal dipendente pubblico si fa carico altresì dei danni che dalla stessa potrebbero derivare.

Dunque, secondo una fictio iuris viene imputata allo Stato l’attività del dipendente configurandosi in tal modo una responsabilità indiretta per fatto soggettivamente altrui.

Inoltre, la giurisprudenza in varie pronunce ha sostenuto che  il nesso di occasionalità necessaria sussiste  anche quando il dipendente pubblico agisca nel perseguimento di fini privatistici o eccedendo i propri poteri, con il limite, tuttavia, della prevedibilità delle conseguenze dannose verificatisi.

Ne consegue che, a fronte di una condotta illecita esorbitante dall’esercizio di pubbliche funzioni, mentre il rapporto di immedesimazione organica viene meno, permane il nesso di occasionalità necessaria, sempre che la condotta illecita non rappresenti uno sviluppo anomalo ed imprevedibile dell’attività del preposto pubblico, ma sia stata occasionata da questa.

Per i fautori di tale tesi, pertanto, il regime di responsabilità applicabile allo Stato è quello civilistico di cui all’art. 2049 cc configurandosi in tal modo una responsabilità oggettiva per fatto altrui.

A dirimere il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con Sent. n.13246 del 16 Maggio 2019  hanno affermato il seguente principio di diritto:

“Lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del suo dipendente anche quando questi abbia approfittato delle proprie attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali o egoistiche ed estreanee a quelle della amministrazione di appartenenza, purchè la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa- e quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi- non sarebbe stato possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviati o abusivi o illeciti, non  ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo”

Le SS.UU dunque, riconoscono un regime composito della responsabilità dello Stato: diretta e soggettiva, ex. art. 28 Cost e 20143 cc, configurabile ogni qualvolta sussista il requisito del rapporto di immedesimazione organica tra Stato e pubblico dipendente, ossia quando risulti che quest’ultimo abbia agito nell’esercizio delle funzioni e poteri pubblici a lui attribuiti, nonché nel perseguimento del generale interesse pubblico; indiretta e oggettiva, ex art. 2049 cc, configurabile sulla base del nesso di occasionalità necessaria ritenuto sussistente anche qualora il funzionario pubblico abbia agito per scopi egoistici e privatistici cagionando un danno ingiusto ad un terzo con la propria condotta, purchè la stessa rappresenti pur sempre conseguenza prevedibile delle funzioni a lui attribuite.

Tale soluzione consente di equiparare il regime della responsabilità del preponente pubblico a quello del preponente privato, superando le criticità alle quali la prima tesi si espone, in termini di violazione del principio di eguaglianza ex art 3 Cost e del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

Invero, come si è detto, le cause che escludono il rapporto di immedesimazione organica, con conseguente esclusione della responsabilità dello Stato, non comportano parimenti l’esclusione del nesso di occasionalità necessaria ex art. 2049 cc; sul piano pratico ciò implica la sussistenza di una responsabilità del preponente privato a fronte dell’irresponsabilità del preponente pubblico, con ripercussioni anche sul danneggiato il quale sarà meno tutelato qualora il danno gli sia derivato da un dipendente pubblico.

Riconoscendo, invece, l’operatività di un regime composito (art. 28 Cost e 2049 cc, quali rimedi complementari), il preponente pubblico risponderà in tutti i casi nei quali è chiamato a rispondere il preponente privato, dunque anche in assenza di un rapporto di immedesimazione organica, sempre che sussista un nesso di occasionalità necessaria.


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