La responsabilità della banca per la concessione abusiva del credito

La responsabilità della banca per la concessione abusiva del credito

Le Fonti delle obbligazioni sono le ragioni costitutive del debito, tali fonti sono individuate dall’art. 1173.

Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni altro atto o fatto idonei a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. Le prime due fonti, contratto e fatto illecito, sono specifiche e determinate, mentre il terzo è un elemento generico idoneo a comprendere tutte le situazioni che, in base ai principi del nostro ordinamento, possono essere considerate meritevoli di tutela e come tali in grado di dare origine a obbligazioni e in tal senso si può parlare di atipicità delle fonti dell’obbligazione

Contratti produttivi di obbligazioni possono essere sia quelli disciplinati specificatamente dalla legge, i cosiddetti contratti tipici (ad es., la vendita), sia quelli che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Nel primo caso anche le obbligazioni derivanti dal contratto saranno determinate dalla legge (ad es., le obbligazioni principali del venditore), mentre nella seconda ipotesi le obbligazioni nascenti dal contratto saranno determinate dall’accordo tra le parti.

I fatti illeciti sono produttivi di obbligazioni in quanto qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcirlo; la materia dei fatti illeciti è caratterizzata dal principio della atipicità, per cui non sono previsti in modo specifico i singoli atti o fatti illeciti, mentre è determinato esplicitamente il contenuto dell’obbligazione che da essi deriva, cioè l’obbligo di risarcire i danni cc 2043.

Degli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni si possono ricordare le principali figure disciplinate dal legislatore: le promesse unilaterali che producono effetti obbligatori solo nei casi ammessi e disciplinati dalla legge, e tra le quali debbono essere compresi anche i titoli di credito; la gestione di affari altrui; il pagamento dell’indebito; l’arricchimento senza causa. Esistono anche obbligazioni che derivano dalla legge, in forza di una disposizione specifica che le stabilisce, come l’obbligo agli alimenti, a cui sono tenuti reciprocamente gli appartenenti a un nucleo familiare quando uno di essi si trovi in condizioni di indigenza.

In quest’ultima tipologia rientra la responsabilità da contatto sociale che è una forma particolare di responsabilità contrattuale che nasce però non da un “contratto”, bensì da un “contatto sociale”, ovverosia da un rapporto che si instaura tra due soggetti in virtù (non di un accordo tra le parti) ma di un obbligo legale oppure come conseguenza di un altro rapporto contrattuale instauratosi tra soggetti diversi rispetto a quelli del “contatto sociale”.

Il contatto sociale non ha fonte in una regola privata ma fonda una obbligazione fattuale, in tale categoria rientrano tutti quei rapporti in cui nascono obblighi e doveri reciproci, pur senza che sia stato stipulato un vero e proprio contratto; gli obblighi nascono invece dal contatto sociale tra due o più soggetti.

Per delineare il tipo di responsabilità imputabile alla banca che conceda abusivamente il credito occorre comprendere in cosa consista il fenomeno.

Con l’espressione concessione abusiva di credito si intende un illecito plurioffensivo, infatti la condotta della banca che continui a finanziare l’impresa insolvente anziché avviarla al fallimento, offre agli operatori di mercato una sensazione distorta, ingannandoli sulle reali situazioni dell’impresa finanziata e li induce a continuare a trattare con essa, come se fosse un’impresa sana, con la conseguenza che il suo fallimento viene artificiosamente ritardato con grave pregiudizio per la posizione di tutti i creditori: di quelli anteriori al fallimento tardivo, perché dovranno concorrere con altri creditori e riusciranno a recuperare una somma inferiore a quella che avrebbero riscosso, se il fallimento fosse stato dichiarato tempestivamente; dei creditori posteriori, perché essi a loro volta non avrebbero concesso credito, se il debitore fosse tempestivamente fallito.

Ma la condotta della banca ha anche altri risvolti derivanti dall’ingerenza più o meno intensa della banca nella gestione dell’impresa, e concorrendo così ad integrare un titolo di responsabilità della banca, eventualmente nel concorso con gli amministratori.

La concessione del credito si realizza per mezzo dell’attività contrattuale, l’abuso nella concessione del credito si inscrive nello spazio dell’abuso contrattuale: più precisamente, dell’abuso della libertà di concludere ed eseguire un contratto.

Nella concessione abusiva di credito l’attività contrattuale di finanziamento dell’impresa in crisi e la stipulazione ed esecuzione di singoli contratti valgono come condotte che, pur esplicandosi in una chiusa relazione tra banca e impresa, si manifestano nel contesto del mercato alterandone le condizioni di trasparenza.

Imputare alla banca una responsabilità per aver sostenuto quell’imprenditore, determinerebbe la nascita in capo alla stessa di una responsabilità che non è ascrivibile a colui che ha agito, pur avendo essa stessa operato come imprenditore; imprenditore che eroga credito. Del resto l’attività bancaria, sebbene sottoposta ad un imponente regime di vincoli e controlli che la arricchiscono di una dimensione pubblicistica, ai sensi dell’art. 10 del t.u.b. rimane pur sempre un’attività di impresa rispetto a cui non esiste alcuna norma che impedisca di concedere credito anche ad un soggetto in difficoltà.

La ristrutturazione finanziaria di un’impresa in difficoltà raramente è aliena dall’apporto di nuova finanza che spesso l’imprenditore non è in grado di profondere.

Di conseguenza l’imprenditore deve concludere contratti della più varia natura e soprattutto trovare supporto nel mercato finanziario, di guisa che la concessione di credito all’impresa in crisi, ancorchè rischiosa per il connaturato rischio di non recuperare il finanziamento erogato, non può tradursi anche nel rischio di responsabilità per l’istituto di credito in azioni risarcitorie, che, sommato al rischio delle revocatorie fallimentari, indurrebbe qualsiasi operatore finanziario ad abbandonare il campo.

Per l’effetto la responsabilità del banchiere per concessione del credito non può prescindere da un rigoroso accertamento dell’elemento soggettivo della condotta, la quale deve colorarsi dei caratteri propri del dolo o della colpa grave.

La responsabilità contrattuale è la responsabilità che deriva dall’inadempimento, dall’inesatto adempimento e dall’adempimento tardivo di una preesistente obbligazione che derivi da un contratto o altro fatto idoneo, si distingue dalla responsabilità extracontrattuale che deriva dalla violazione del generico obbligo di non ledere alcuno senza che prima della violazione sia possibile l’individuazione di una obbligazione.

La configurabilità stessa di una responsabilità per concessione abusiva di credito, è stata per lungo tempo discussa in passato. Una ampia condivisione si sta inoltre maturando sulla natura della responsabilità: che correntemente viene classificata come extracontrattuale (piuttosto che patrimoniale o contrattuale). Nondimeno, permangono avvolte nel dubbio importanti questioni, così da giustificarsi la tradizionale e ricorrente denuncia delle difficoltà ricostruttive della fattispecie.

Si discute, in particolare, sullo stato in cui deve versare l’imprenditore finanziato (irreversibile insolvenza o, più largamente e meno nitidamente, « crisi »); sull’elemento psicologico rilevante per il finanziamento abusivo (se necessariamente dolo o anche semplice colpa); sul ruolo da assegnare al finanziato (se da intendersi sempre comunque complice del finanziatore o anche vittima del finanziamento abusivo e perciò improduttivo e dannoso); sulla legittimazione all’azione (se argomentabile anche per il curatore fallimentare, oppure da ritenersi di esclusiva spettanza dei terzi danneggiati).

E’ quindi individuabile una duplice responsabilità in capo alla banca in ordine al danno subito da abuso di credito: una di natura extra-contrattuale in capo ai terzi, e una di natura contrattuale derivante da un danno diretto cagionato al patrimonio della stessa società fallita. Infatti, nel tentativo di fornire un’adeguata tutela ai creditori danneggiati ai fini della legittimità di proporre un’azione di risarcimento, in ambito di responsabilità aquiliana, non si può esentare dal riconoscere un danno diretto all’impresa come lesione della garanzia patrimoniale generica dei creditori ex art. 2740 cc., rappresentata dal patrimonio del fallito, garanzia diminuita o annullata dal ritardo stesso nel fallimento.

Tutti coloro che a vario titolo permettono o facilitano la ritardata dichiarazione di fallimento, possono essere suscettibili di responsabilità ex art. 2043, in quanto contribuiscono all’aggravamento del dissesto attraverso l’aumento delle passività, l’ulteriore dispersione dell’attivo e la prescrizione delle azioni revocatorie. A tal riguardo, il danno derivante da una concessione illegittima del credito ha quindi sì natura aquiliana, essendo il pregiudizio che segue alla insufficienza del riparto, pur dopo l’esperimento delle azioni esecutive, ma anche natura contrattuale. Il danno da incauto o fraudolenta erogazione del credito, diversamente dalla diminuzione che subisce il patrimonio del creditore per effetto dell’inadempimento, risale all’attività di un soggetto diverso dall’inadempiente, e richiede per il suo accertamento, prima ancora che per la sua liquidazione, l’esperimento delle azioni, per l’appunto di massa, che tendono alla conservazione della garanzia generica. Consegue che le due responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, risalgono a fatti pregiudizievoli distinti ed autonomi, i quali possono dare luogo a distinti eventi dannosi.

Il danno che deriva da siffatta attività andrà, comunque, valutato caso per caso nella sua esistenza e nella sua entità, essendo ben ipotizzabile che creditori che pur hanno diritto di partecipare al riparto non hanno titolo per il risarcimento da danno c.d. informativo, non avendo ricevuto danno dalla continuazione dell’attività di impresa.


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