La segnalazione alla centrale rischi è sempre legittima?

La segnalazione alla centrale rischi è sempre legittima?

La comunicazione alla Centrale rischi è stata fatta senza aver valutato la complessiva situazione finanziaria della ricorrente?

Costituisce orientamento costante dell’Arbitro Bancario Finanziario quello secondo il quale, ai fini della segnalazione a sofferenza, l’intermediario è tenuto ad operare una valutazione complessiva dell’esposizione debitoria del cliente, finalizzata a verificare se quest’ultimo possa considerarsi alla stregua di una stabile e consolidata incapacità di costui di onorare i propri debiti (Cfr tra le tante (Arbitro finanziario di Roma decisione n. 6668 del 20.7.16, Collegio di Roma 28.1.15 n. 688, Collegio di Milano 19.1.11, n. 136; Collegio di Roma 15.2.14 n. 888)

Del resto la stessa Corte di Cassazione ha costantemente espresso un consolidato orientamento secondo cui:

Ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazione sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “grave difficoltà economica” (Cass. 10.10.13 n. 23093 e 12.10.07 n. 21428)

La segnalazione di una posizione in sofferenza non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza (Cass. 1.4.09 n. 7958) (Cosi da ultimo Cass.9.7.14 n. 15609)

“In ordine all’appostazione di un credito a sofferenza e la conseguente segnalazione presso la Centrale dei Rischi, si rileva come l’iscrizione di un credito in detta categoria non può discendere dalla sola analisi dello specifico rapporto in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante ed il cliente. Il presupposto per l’iscrizione richiede, infatti, uno stato di insolvenza che, pur non dovendo presentare gli estremi di cui all’art. 5 della L. F., deve pur sempre essere concepito in termini di valutazione negativa della situazione patrimoniale complessiva apprezzata come deficitaria, ovvero di grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza. Nel caso concreto, la banca convenuta, che aveva proceduto alla segnalazione de qua nei confronti dell’attore, non aveva, come era invece suo onere fare, informato preventivamente il soggetto interessato, né aveva dimostrato alcun presupposto per tale segnalazione, si da dovere risarcire i danni subiti dal soggetto illecitamente segnalato ed eliminare totalmente ogni riferimento contenuto nella Centrale rischi relativamente all’illegittima appostazione in sofferenza del nominativo dell’attore”. (Trib. Roma 25.5.15 n. 11438)

La banca ha effettuato la segnalazione senza verificare se la situazione finanziaria del ricorrente fosse tale da poter giustificare la contestata segnalazione a sofferenza e se dunque, detto altrimenti, pur in assenza di un accertamento giudiziale di insolvenza, lo sconfinamento sia dipeso dall’effettiva incapacità cronica del ricorrente di fare fronte alla propria esposizione.

Né la copia dei bilanci degli esercizi precedenti e successivi dimostra che si trovasse in nessun modo in situazione di insolvenza

Nessun altro istituto prima aveva segnalato società a sofferenza. Non vi sono mai stati protesti e l’importo del titolo è veramente minimale. Di tali fattori tiene conto il Giudicante anche in sede di quantificazione e liquidazione dell’indennizzo (ABF Napoli del 21.5.15 n. 4175) atteso che i danni non patrimoniali sussistono per la sola erronea iscrizione.

In un simile contesto, delineante una situazione finanziaria in capo al ricorrente tutt’altro che assimilabile all’insolvenza, sia nel periodo precedente, che in quello successivo alla segnalazione, non vi è chi non veda come i presupposti stabiliti al Cap II, sez. 2 par. 5 della circolare della Banca d’Italia n. 139/91 fossero del tutto insussistenti e come, pertanto, la banca avrebbe dovuto astenersi dall’effettuare la contestata segnalazione a sofferenza.

Pur in assenza di specifici elementi di prova, a causa dell’illegittima segnalazione, la ricorrente ha patito sia il danno non patrimoniale, derivante dalla lesione alla propria reputazione (ciò vale anche per le società) sia quello patrimoniale, scaturito dalla difficoltà – anche essa affermabile in via presuntiva – di poter accedere al credito.(cfr per tali principi le decisioni Cass. 9.7.14 n. 15609, Cass. 1.10.13 n. 22396; 12.12.08 n. 29185; 4.6.07 n. 12929 e da ultimo Cass. 30.8.07 n. 18316; 4.6.07 n. 12929; 18.4.07 n. 9233; 28.6.06 n. 14977; 3.4.01 n. 4881; 23.3.1996 n. 2576

Sempre l’Arbitro Bancario finanziario di Roma nella decisione n. 688 del 28.1.15 in assenza di ulteriori elementi di prova, facendo ricorso al criterio equitativo, di cui all’art. 1226 c.c., tenuto conto dei precedenti dello stesso Collegio, ha ritenuto equo liquidare il complessivo importo di euro 5.000,00: ciò considerando il perdurare della segnalazione, l’entità dell’importo (molto piccolo) e l’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente. Parimenti ha liquidato, in assenza di prova di danno patrimoniale, sussistendo invece i danni non patrimoniali per la sola erronea iscrizione, la somma di euro 5.000,00 l’arbitro Bancario Finanziario di Napoli il 21.5.15 con decisione n. 4175

Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 2304/16 ha condannato la banca a versare la somma di euro 25.000,00 in favore dell’incolpevole cliente che a causa della segnalazione ha visto lesi l’immagine e la reputazione sociale e professionale e provocato un pregiudizio risarcibile di natura non patrimoniale. Per il giudice l’ente creditizio ha violato l’obbligo di comportarsi secondo buona fede sancito dagli art. 1175 e 1375 c.c. in virtù del quale non avrebbe dovuto procedere alla segnalazione “in assenza dei presupposti, o nell’oggettivo dubbio sulla loro esistenza, anche in considerazione dell’interesse del cliente  a non subire segnalazioni che, oggettivamente, possano compromettere il suo futuro accesso al credito” In tal caso poi, ai sensi dell’art. 1176 c.c. , la valutazione sulla diligenza del comportamento degli enti creditizi deve essere particolarmente rigorosa in virtù della delicata attività, consistente nel ruolo loro affidato e nell’esercizio del credito, che impone “controlli ripetuti, trasparenza e responsabilità, tali da poter tutelare l’affidamento generato nel pubblico”. Inoltre l’assenza di una preventiva comunicazione rende di per sé illegittima la segnalazione, ai sensi dell’art. 4 comma 7 del codice di autodisciplina degli intermediari, noma dotata di giuridicità e quindi vincolante. Ciò posto, per il giudice, l’illegittima segnalazione della banca, anche se non ha causato effetti dannosi diretti in capo all’imprenditore, è ugualmente lesiva della sua immagine pubblica e generatrice di un pregiudizio sotto il profilo non patrimoniale. Difatti, la reputazione sociale e professionale di un soggetto è “frutto della sedimentazione delle informazioni a suo riguardo, il cui inverso procedimento di destrutturazione, smobilitazione e oblio è assai più complicato e incerto, anche nei casi in cui sia procedimentalizzato e doveroso” come nel caso di specie. In sostanza, per il Tribunale, anche se la segnalazione è stata eliminata e comunque riferita ad un breve lasso temporale, è chiaro che essa ha posto l’imprenditore in cattiva luce “esponendolo ad una sorta di false light in public eye di fronte all’intero ceto bancario, dando pubblicità alla mezza verità di un saldo passivo (modestissimo) a suo debito ma fuorviando l’informazione relativa alla sua solvibilità

“A fronte dell’illegittima segnalazione di una posizione in sofferenza presso la centrale rischi, si ravvisa il danno da lesione all’immagine sociale della persona che si vede ingiustamente indicata come insolvente. Siffatta lesione rappresenta un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sua esistenza. Ne deriva la possibilità di far ricorso alla liquidazione del danno con criteri equitativi …, ammissibile allorché l’attività istruttoria svolta non consenta di dare certezza alla misura del danno stesso, come avviene quando, essendone certa l’esistenza, risulti impossibile o molto difficoltoso provare la precisa entità del pregiudizio economico subito” Trib. Cosenza ordinanza 16.2.17


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