La stabile organizzazione “occulta”

La stabile organizzazione “occulta”

Dopo aver enunciato in un precedente articolo le caratteristiche essenziali della stabile organizzazione nel comparto IVA, vediamo ora brevemente come il quadro si completi con deviazioni rispetto alle SS.OO. tipizzate dalle norme. Stiamo parlando delle cc.dd. stabili organizzazioni “occulte” ovvero quelle entità appartenenti ad un gruppo multinazionale localizzate in un diverso territorio per lo svolgimento di un’attività economica sostanziale, ma senza le caratteristiche formali richieste dalla legge.

Nello specifico si verifica che un soggetto economico residente, solo formalmente indipendente, agisce in realtà come pura estensione operativa del soggetto estero appartenente allo stesso gruppo [1].

Nella pratica è possibile enucleare due forme di stabile organizzazione “occulta” asservite a forme di possibile evasione od elusione, dal punto di vista della normativa nazionale: – S.O. di impresa estera sottodimensionata e non dichiarata al Fisco; – S.O. di impresa italiana, non dichiarata al Fisco o situata in un Paese a fiscalità privilegiata.

Nel primo caso si possono generare tre ulteriori fattispecie:

– S.O. “materiale” [2]. Si identifica con un centro di attività stabile dell’impresa estera in cui è presente un apprezzabile grado di stabilità, permanenza e adeguatezza strutturale per l’attività da esercitare. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di locali, immobili o macchinari, impianti e attrezzature varie a disposizione dell’impresa estera, non rilevando, al riguardo, il titolo in base al quale l’impresa abbia tale disponibilità.

– S.O. “personale” [3]. Coincide con la presenza di un agente di vendita dipendente, intendendosi per esso, l’agente che – pur essendo indipendente dall’impresa estera – svolge un ruolo principale nella conclusione dei contratti oppure dipende economicamente in modo prevalente dall’azienda estera mandante.

– S.O. “nidificata” [4]. L’impresa o il gruppo estero opera attraverso un soggetto giuridico autonomo formalmente identificato in uno Stato ma al cui interno possa “nascondere” una stabile organizzazione occulta.

Qualunque sia la sua connotazione, ai fini dell’Iva, la S.O. “occulta” assume rilevanza soprattutto per l’individuazione della territorialità delle prestazioni di servizi. Nelle cessioni di beni, invece, la territorialità ai fini della tassazione avviene sulla base della localizzazione dei beni e una stabile organizzazione determina il presupposto per individuare esclusivamente il soggetto tenuto al pagamento dell’imposta.

In caso di prestazioni di servizi “generiche”, qualora il committente di un prestatore nazionale è una società estera si applica l’articolo 7-ter del Decreto IVA e si ha non assoggettamento all’imposta; al contrario, in caso di committente stabile organizzazione italiana, l’operazione è imponibile in Italia con aliquota ordinaria.

Partendo da questi presupposti, il prestatore è chiamato ad accertare quale regime IVA applicare sulla base dei criteri legali e giurisprudenziali adottati per rilevare la natura della controparte contrattuale [5]. In tal caso infatti l’Amministrazione finanziaria potrebbe riqualificare l’operazione sulla base della presunzione dell’esistenza di una S.O. “occulta” in Italia di un soggetto estero. Spesso infatti il Fisco stabilisce che vi è la presenza di una S.O. “occulta” al fine di contestare a società italiane, controllata da una società estera, che all’interno della prima sia presente una stabile organizzazione “occulta” della seconda.

Pur nel silenzio del legislatore nazionale e nella presenza di metodologie accertative adoperate dall’Amministrazione finanziaria, gli artt. 11 e 53 del Regolamento UE n. 282/2011 costituiscono il cardine per poter stabilire se una sede secondaria nazionale integri i requisiti previsti per essere qualificata quale stabile organizzazione rilevante ai fini Iva e debitore d’imposta.

L’art. 11 prescrive infatti che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 44 della direttiva 2006/112/CE, la “stabile organizzazione” designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione.

Ed inoltre la “stabile organizzazione” designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di fornire i servizi di cui assicura la prestazione.

L’art. 53 poi afferma che si prende in considerazione esclusivamente una stabile organizzazione di cui dispone il soggetto passivo, qualora sia caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di effettuare la cessione di beni o la prestazione di servizi alla quale partecipa. Se un soggetto passivo dispone di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’IVA, si considera che tale organizzazione non partecipa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi, a meno che i mezzi tecnici o umani di detta stabile organizzazione siano utilizzati dallo stesso per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di tali beni o della prestazione di tali servizi imponibile effettuata in tale Stato membro, prima o durante la realizzazione di detta cessione o prestazione. Se i mezzi della stabile organizzazione sono utilizzati unicamente per funzioni di supporto amministrativo, quali la contabilità, la fatturazione e il recupero crediti, si considera che essi non siano utilizzati per la realizzazione della cessione di beni o della prestazione di servizi. Se tuttavia viene emessa una fattura con il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro della stabile organizzazione alla stessa, si considera, salvo prova contraria, che tale stabile organizzazione abbia partecipato alla cessione di beni o alla prestazione di servizi effettuata in tale Stato membro.

Evidentemente le norme citate non sono state ritenute dal Fisco italiano abbastanza chiare e molto spesso si è dovuto far ricorso a richiesta di chiarimenti [6] oppure adoperare dogmi accertativi poi devoluti a sentenze della giurisprudenza di legittimità.

Naturalmente il fenomeno ben si presta ad essere preminente ai fini dell’imposizione diretta, per poter acquisire tutte i possibili indizi ed acclarare l’esistenza di materia imponibile in uno Stato, mentre nel comparto IVA emerge in conseguenza dei criteri adottati dalle Autorità fiscali sul piano operativo ed accertativo. Ragionando in questi termini, l’esistenza della S.O. “occulta” si colloca in un disegno unitario di sottrazione all’imposizione diretta e indiretta dei proventi derivanti dalle attività svolte in un Paese [7].

Per quanto qui di interesse, in tema di soggettività passiva e possibili conseguenze fiscali dalla presenza di SS.OO: “occulte” nel territorio dello Stato, è possibile in definitiva ammettere: – omessa presentazione della dichiarazione IVA, sia dal punto di vista amministrativo (art. 8 del D.P.R. 322/98) che penale (Art. 5, D.Lgs. n. 471/97); – violazione in materia di reverse charge per gli acquisti di servizi dalla casa madre estera (Art, 6, comma 9-bis2 del D Lgs. n. 471/97); – violazioni degli obblighi IVA per i servizi B2C qualora adempiuti dalla S.O. “occulta” in vece della casa madre estera.

All’accertamento dunque della presenza di una S.O. “occulta” sotto il profilo formale (in primis “territorialità”) e sostanziale (ovvero “esercizio abituale di un’attività commerciale”, secondo i canoni di legge), ne deriva che il soggetto in questione diviene entità organizzativa situata sul territorio nazionale, costituente un centro di imputazione soggettiva con tutti gli obblighi fiscali connessi.

 

 

 

 

 

 


[1] Cfr. La stabile organizzazione materiale e personale. La stabile organizzazione ed il commercio elettronico, a cura della Commissione Fiscalità Internazionale dell’ODCEC di Pisa, 4 aprile 2016. [2] Cfr. Art. 5, paragrafo 1, Modello OCSE.
[3] Cfr. Art. 5, paragrafo 5, Modello OCSE.
[4] Cfr. Circolare GDF n. 1/2018 “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”. In essa si evidenzia che: «Qualora, tuttavia, i verificatori dovessero acquisire fondati elementi a sostegno del fatto che in seno all’entità di diritto italiano vengono, di fatto, svolte funzioni del tutto estranee a quelle formalmente dichiarate dalla medesima entità – peraltro, fortemente legate al core business del gruppo – ossia che vi è una netta divaricazione tra l’attività apparentemente svolta e quella effettivamente esercitata, al ricorrere dei presupposti, sarà possibile sostenere l’esistenza in Italia di una stabile organizzazione occulta di una società di diritto estero». [5] In vero, in una recente sentenza (C-547/18, pubblicata il 7 maggio 2020), ribadendo precedenti orientamenti, la Corte di Giustizia europea ha statuito che non si possono accollare al prestatore di servizi obblighi incombenti alle autorità tributarie, pretendendo che esso indaghi sui rapporti contrattuali tra una controllante e la sua controllata.
[6] Si veda a tal proposito il Working Paper n. 857 del 6 maggio 2015 della VAT Committee della Commissione Europea, in risposta a richiesta delle autorità italiane. [7] Cfr. “La Stabile Organizzazione tra normativa fiscale nazionale e sovranazionale: Limitazioni ed opportunità per l’impresa multinazionale”, a cura della Commissione di Studio U.N.G.D.C.E.C. “Fiscalità Internazionale”.

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