La tenuità del fatto: opposizione al proscioglimento, reato permanente e concorso formale

La tenuità del fatto: opposizione al proscioglimento, reato permanente e concorso formale

Cass. Pen., sez. III, 27 novembre2015, n. 47039

a cura di Enrico Favacchio

Il Fatto

Il Tribunale di Asti, aveva emesso sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, nei confronti dell’imputato, il quale era stato chiamato a rispondere dei reati di cui agli artt. 181 d.lgs. 42/2004 e 44, lett c) d.P.R. 380/01 per avere realizzato lavori di costruzione su terreno di proprietà comunale ed in assenza del permesso di costruire e relativa autorizzazione paesaggistica. Il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione avverso tale decisione.

La decisione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 47039 depositata il 27 novembre 2015, ha accolto il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti avverso la sentenza con la quale veniva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere stati dichiarati non punibili per particolare tenuità del fatto i reati di abuso edilizio da lui commessi. Orbene, la novella legislativa di cui al D.Lgs n. 28/2015 ha introdotto un nuovo comma 1-bis all’art. 469 c.p.p. in materia di sentenze predibattimentali di proscioglimento secondo cui «la sentenza di non doversi procedere è pronunciata anche quando l’imputato non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale, previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa, se compare».

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Il Tribunale aveva in sostanza ritenuto che nei casi di proscioglimento per particolare tenuità del fatto riferibili al nuovo comma 1 bis il legislatore, mediante l’uso della congiunzione «anche», avesse voluto soltanto garantire il contraddittorio tra le parti mediante audizione della persona offesa ma senza fare riferimento alcuno alla espressa opposizione di p.m. e imputato come prevista dal comma 1. Ciò era dovuto al fatto che l’intera materia fosse regolata in via differente, peraltro contenuta in un comma autonomo, e non richiamasse espressamente quel generale potere di opporsi alle sentenze di non doversi procedere.

Ne derivava dunque che, secondo il Tribunale, per garantire il rispetto delle finalità deflattive della novella legislativa, alle parti sarebbe stato assicurato ampio contraddittorio in merito alla non punibilità ex art. 131bis c.p. tuttavia, al contempo, doveva negarsi qualunque diritto di veto.

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Con sentenza, la Suprema Corte ha smentito le argomentazioni del Tribunale affermando il principio secondo cui, per emettere sentenza predibattimentale di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, è necessario che l’imputato ed il p.m. consensualmente non si oppongano: l’imputato ad esempio potrebbe avere interesse affinché la causa prosegua in dibattimento puntando magari ad un’assoluzione nel merito (in quanto la dichiarazione di non punibilità in esame comporta comunque l’iscrizione del procedimento nel casellario giudiziale). In sostanza non vi è stata alcuna ragione per ritenere che l’introduzione del nuovo comma 1 bis abbia in qualche modo escluso l’applicabilità del comma 1 nelle ipotesi di particolare tenuità.

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In merito alla compatibilità tra la natura permanente del reato ed i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. la Cassazione ha ritenuto formalmente corretta la qualificazione, datane dal p.m., del reato di abuso edilizio come reato permanente. Il reato permanente essendo caratterizzato non da una reiterazione della condotta quanto piuttosto da una sola condotta, i cui effetti si protraggono nel tempo, è inidoneo a rientrare nell’ambito dei comportamenti abituali descritti dal 131 bis c.p.: esso potrà tenersi in considerazione nel valutare globalmente la particolare tenuità, tuttavia è chiaro che quanto più tardi cessi la permanenza, tanto più difficile sarà rilevarne la sussistenza.

Il Collegio si esprime anche con riferimento al concorso formale di reati, avendo cura di precisare che questo non osta alla esclusione della punibilità della condotta, sempre che siano rispettati tutti i presupposti dell’art. 131 bis c.p.

Il terzo comma nell’elencare ciò che può considerarsi «abituale» include, oltre alle dichiarazioni di professionalità, tendenza e abitualità nel reato, anche le ipotesi di commissione di reati della stessa indole e le ipotesi di condotte plurime, abituali e reiterate. Essendo il concorso formale caratterizzato da un’unica azione od omissione deve ritenersi impossibile farlo rientrare tra le condotte plurime, abituali e reiterate di cui sopra, ed inoltre, con riferimento ai c.d. reati della stessa indole la Corte ha modo di precisare che l’art. 81 c.p. non è compatibile con essi, in quanto appunto riferito ad un’unica azione od omissione che conduca a più violazioni della medesima disposizione. In sostanza l’abitualità descritta dall’art. 131 bis è difficilmente confrontabile con una condotta unica che produca più violazioni.

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Enrico Favacchio

Enrico Favacchio nasce a Scicli nel 1986. Si laurea a Palermo nel 2013 discutendo una tesi in diritto penale sulla pericolosità sociale del reo e, immediatamente dopo, svolge una breve esperienza nel Foro di Ragusa, avviandosi alla pratica civilistica; l'anno successivo si trasferisce a Palermo dove, presso lo studio legale DI Benedetto, completa la pratica e lo studio delle materie processualpenalistiche. Nel mese di maggio 2015 perfeziona la conoscenza del diritto internazionale e dei temi di attualità internazionale ottenendo il diploma di politica internazionale presso l'Alta Scuola di Politica Internazionale istituita grazie alla collaborazione tra l'ISPI Palermo e la Fondazione Sicilia. Ad ottobre 2015 conclude con profitto la scuola forense "F. Parlavecchio" istituita presso l'Ordine degli Avvocati di Palermo.

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