La tutela cautelare nel processo amministrativo

La tutela cautelare nel processo amministrativo

Ai sensi degli articoli 55 e 98 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il ricorrente può ottenere l’emanazione di misure cautelari che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, «allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso» e chiedendo di paralizzare gli effetti di un provvedimento o di una sentenza di primo grado.

Ai sensi dell’articolo 56 del medesimo decreto legislativo, prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di «estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio», il ricorrente può chiedere al presidente dell’organo giurisdizionale, di disporre, con proprio decreto inoppugnabile, misure cautelari provvisorie.

Appare, quindi, chiaro che tale ultima facoltà, relativa all’esercizio dei poteri cautelari propri dell’organo giurisdizionale e non alla natura dell’atto su cui intervenire cautelarmente, si riferisce oltre che alle misure cautelari da esperire nei confronti del provvedimento impugnato in sede di appello cautelare, anche a quelle nei confronti di una sentenza impugnata.

La differenziazione processuale tra le due fattispecie consiste nell’essere il decreto presidenziale inaudita altera parte, ex articolo 56, finalizzato alla protezione della posizione giuridica soggettiva nelle limitate more della decisione collegiale in camera di consiglio sulla richiesta di misure cautelari, a prescindere dal contraddittorio, e viceversa nell’essere l’ordinanza collegiale ex articoli 55 e 98 finalizzata a assicurare interinalmente gli effetti della decisione del ricorso o dell’appello nel più ampio tempo necessario per l’udienza di merito.

La differenziazione processuale è specchio della differenziazione sostanziale tra il provvedimento cautelare monocratico e quello collegiale, la quale consiste nella diversità della protezione processuale e sostanziale garantita e quindi dei presupposti, rappresentati, per l’ordinanza ex articoli 55 e 98, dalla esistenza del solo «pregiudizio grave e irreparabile» e per il decreto ex articolo 56 dal vertersi «in caso di estrema gravità e urgenza». Questi attributi del caso sono tali da non consentire di frapporre indugi per paralizzare l’efficacia giuridica del provvedimento impugnato o della sentenza.

Dunque, il presupposto di cui all’articolo 56 deve essere interpretato nel senso che la esecuzione dell’atto o provvedimento nei cui confronti si prospetta la necessità di un intervento cautelare determinerebbe, per la posizione giuridica soggettiva vantata dal ricorrente, immediati effetti giuridici e fattuali irreversibili e irreparabili, tanto immediati da non consentire neppure di attendere il tempo intercorrente tra il deposito del ricorso e la prima camera di consiglio utile.

Tanto premesso, a parere dello scrivente, appare davvero evidente che la funzione dei provvedimenti cautelari interinali di competenza del presidente non è quella di anticipare gli effetti della tutela cautelare ordinaria, bensì quella di prevenire, «in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla camera di consiglio», il maturarsi di pregiudizi irreversibili a fronte dei quali risulterebbe inutile la concessione di un ordinario provvedimento cautelare collegiale nella camera di consiglio a ciò destinata.

In altri termini, si ritiene che per assicurare in pieno la tutela cautelare d’urgenza debba restare ferma ed impregiudicata ogni valutazione sul fumus boni iuris il cui apprezzamento è riservato all’udienza camerale di rinvio in composizione collegiale e si debba, invece, considerare esclusivamente la sussistenza del periculum in mora tenendo anche conto della diligenza e sollecitudine dimostrate dal ricorrente nel proporre l’impugnativa e la domanda cautelare, nonché di tutti gli interessi, ed in particolare di quelli pubblici e collettivi, coinvolti nella vicenda sottoposta al vaglio giudiziale.

Per ulteriori approfondimenti:

Processo Amministrativo: il decreto monocratico cautelare del Tar non è appellabile


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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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