La tutela della donna vittima di violenza sessuale

La tutela della donna vittima di violenza sessuale

L’ordinamento giuridico interno sanziona penalmente la violenza fisica e psichica a danno della donna con l’articolo 609-bis, stabilendo che chiunque attenti alla sfera intima e sessuale della vittima sarà condannato alla pena della reclusione dai sei ai dodici anni. Se il fatto è posto in essere a danno di minori o di conviventi o ascendenti si applicheranno le circostanze aggravanti di cui all’articolo 609-ter.

Secondo la giurisprudenza più recente si potrà parlare di violenza anche se non si verifica un rapporto sessuale completo: sarà, infatti, sufficiente per l’applicazione della pena della reclusione anche il “solo” contatto fisico non consensuale.

Attraverso un’indagine introspettiva della vittima si potrà dare rimostranza che il fatto si è verificato: l’ipnosi regressiva, utile a scavare nell’io della persona, potrebbe rilevarsi strumento adeguato a fornire la prova giuridica del reato, previo consenso informato della persona offesa al trattamento sanitario da svolgersi di fronte a psicoterapeuta.

I fatti di cronaca degli ultimi decenni consentono di analizzare in maniera organica le attitudini di vita dei soggetti colpevoli di violenza sessuale, reato che importa una minorazione psichica della vittima. Il reo assume le caratteristiche di uno stalker, soggetto che con continui e persistenti atti persecutori, ingenera timore nella persona offesa. Il più delle volte si tratta di ex conviventi o mariti che, trattando la donna come oggetto del desiderio ovvero di loro proprietà, si rendono colpevoli di violenza fisica e psicologica. Chiunque attenta alla sfera intima e privata della persona ovvero chi attenta alla salute o al più generale diritto alla vita della persona risponde anche di lesioni personali nel corpo e nella mente ovvero del più grave delitto del tentato o consumato omicidio, a seconda del verificarsi dell’evento dannoso.

Nel 2019 sono state apportate modifiche al codice penale dal cosiddetto codice rosso, introdotto per inasprire le pene e modificare i termini per proporre querela, anche se sussistono ipotesi di procedibilità d’ufficio da parte del pubblico ministero che viene per primo a conoscenza della notizia di reato. Il termine di sei mesi per presentare querela contro l’abuso è stato esteso a dodici mesi, al fine di garantire il diritto di difesa della vittima del reato di violenza sessuale.

Le donne vittime di violenza necessitano di supporto psicologico e di sostegno morale e economico per affrontare le spese giudiziali al fine di garantire che la giustizia faccia il suo corso: esiste nell’ordinamento giuridico interno il gratuito patrocinio per le spese legali e associazioni no profit a favore della vittima del reato.

Lo Stato deve assicurare dignità di vita alla donna: deve prendersene cura. È dovere della Repubblica rimuovere il disagio e il danno psicologico subito dalla donna.

É, dunque, obbligatorio intervenire con ogni mezzo coercitivo a carico della persona denunciata al fine di tutelare la persona offesa da ulteriori possibili atti persecutori: le forze dell’ordine o la procura che riceve la querela devono adoperarsi senza ritardo nell’applicazione di una misura cautelare preventiva per evitare conseguenze ulteriori dannose per la vittima: occorre predisporre la carcerazione o il pedinamento del denunciato che assicuri giustizia alla donna offesa dal reato. Se si procedesse a pedinamento del querelato si potrebbero evitare omicidi o lesioni personali gravi ovvero gravissime a danno di una persona che già è stata vittima di una prima azione delittuosa.

Negli istituti di istruzione, con il supporto di educatori, psicologi e forze dell’ordine si deve educare al rispetto dell’altro perché è attraverso la cultura della convivenza civile che si formano cittadini onesti e non violenti.


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